25.9.09

TRUZZI ED EMO???????????????

dal blog http://www.diteloame.splinder.com

TRUZZI ED EMO ?????????????



Miei cari amati amici blogger,


ricordate il mio post "Rabbia Giovane"? ... Quando l'ho scritto con una sorta di poesia in versi, non sapevo dell'esistenza di queste due bande o pseudo gruppi giovanili ai quali la stampa ha dedicato tanto spazio ultimamente. Della serie che non mi faccio mai gli affari miei e che la voglia di capire e confrontare quanto ci scorre attorno, "sinistro e silente" (mi sono autocitata dal profilo, credo siano i segni della demenza senile che avanza), sia sempre quella del ragionamento a sfondo sociologico e come sempre vengo ad esplicitare le mie farneticazioni.




I TRUZZI E GLI EMO ...




Chi sono ? .. Dopo aver sfrugugliato nei rispettivi blog forum e video dei rispettivi gruppi, ho deciso di mostrarvi il tal pensiero, senza giudicare solo per capire e fatelo anche se vi va. Però prima di mandare in play i video, una piccola considerazione la faccio altrimenti sto male ... I nipotini di Maria, figli di tal tronista e figlie e nipotine di Maria, hanno sviluppato un gruppo (mi riferisco ai truzzi) che fa ingrassare le case di moda (orrenda per me tipo camionista da calendario per gli uomini molto femminilizzati, e aiuto velina o ragazza immagine per le ragazze), i centri estetici per le cerette tanto care ai maschietti odierni, i chirurghi plastici per le donzelle, svuotando conti in banca di genitori "distratti", arricchendo carrozzieri e purtroppo pompe funebri, svuotando tanti cervellini che, totalmente privi di personalità e pensiero autonomo, continuano ad ingrassorare le fila dei nulla sapenti fare che però " Io sono fico, tu fai schifo!" ed altre liriche geniali dello stesso tipo. Per gli Emo invece,si denota una grande differenza, ma prima di esprimermi a favore o meno, devo approfondire ancora. Per ora posso dirvi che gli Emo (abbreviazione di emozionale) mi ricordano dei movimenti del passato di tipo esistenzialista, new age e simili. Ascoltano una musica che almeno è musica ed è buona, tentano di essere loro stessi senza seguire mode, anche se poi il "marcarsi" in un certo stile, la moda la fa lo stesso, ma almeno loro se la creano e qui la differenza è enorme. Adesso vi lascio ai video senza dire la frase retorica dei miei nonnni : "Come siamo caduti in basso" sono sempre stata per la creatività, l'arte e l'intelligenza affamata di sapere, mai seguito mode, meglio farsi imitare che seguire un gregge. Baci e buon fine settimana, chiedo perdono anche io a volte sbarello.

Rossella

La drudi, diffidare dalle imitazioni.

EMO A MILANO VIDEO









ROMA PIAZZA DEL POPOLO EMO TRUZZI













VIDEO DI RISPOSTA DI UNA TRUZZA AD UN EMO CHE LA CONTESTAVA EDIFICANTE DA VEDERE 



http://www.youtube.com/watch?v=YU-uw86FadQ&NR=1&feature=fvwp      CLICCATE SUL LINK





VIDEO DI RISPOSTA DI UN EMO AD UNA TRUZZA DA VEDERE PER CAPIRNE  IL PENSIERO ETC









Si consiglia di fermare con pausa per leggere attentamente gli scritti. Forse con rabbia giovane sono stata troppo tenera nell'infierire?!! .. Credo di si, meno male che non ci sono solo i nipotini di Maria (ne ha rovinate 3 di generazioni) ma esistono anche gi altri che sono la maggioranza e vivono per la miseria, la  loro vita ...
postato da: rosdrudidurella alle ore 14:59 |


la prima morte per la legge sulla sull'immigrazione un clandesti noi non va in ospeddale e preferisce di morire

 Oggi nel  giorno del clandestino  day  leggo sul il nord  sardegna   questa  tristissima   storia  . 
Evito ogni commento  per  evitare le  solite  banalità  di  circostanza  , e quindi preferisco che a parlare siano i fatti Oltre  che la    Musica  che  ho  in sottofondo in questo momento   "Dietro casa"  di Ludovico  Enaudi





adatta   a tale  evento  perchè spesso  tali   fatti avvengono dietro casa nostra  e  neppure  ce ne accorgiamo 



Arzachena.
 Da tempo il marocchino di 39 anni aveva rinunciato alle cure per la condizione di irregolare  Malato di tumore  ma  clandestino  muore  senza  assistenza medica

Lo status di irregolare non permetteva aSaidFenandi avere accesso allecure sanitarie

Francesco  giorgioni
francesco.giorgioni@epolis.sm

 Said Fenan aveva 39 anni e veniva dal Marocco. È morto poco prima della mezzanotte di mercoledì in un roulotte che era la sua casa, condivisa con un senza dimora tedesco che sarà
anche uno dei pochi a piangerne la fine. Said è morto solo come un cane, senza assistenza medica nè altri conforti. Perchè a chi non ha in tasca un permesso di soggiorno questa pietà umana non si può più riconoscere. E Said, clandestino,quel pezzo di carta in tasca non ce l'aveva.
Lottava da tempo contro un tumore alla gola che da mesi lo aveva condannato a morte. Gli ultimi giorni li ha trascorsi in una specie di ghetto stadio Biagio Pirina: quattro roulotte in mezzo ad una radura attorniata da eucalipti, tutt'attorno ville faraoniche con  piscina di una delle nuove zone residenziali di Arzachena, Comune della Costa Smeralda. Pare le abbiano fatte sistemare dal Comune, per dare un tetto pur precario a chi dalla vita non ha avuto fortuna. Come Said ci sia arrivato, in quella specie di villaggio, nessuno lo sa.
Prima   che subebntrasse  la norma che impedisce ai medici di assistere i clandestini, risulta che Said fosse stato per qualche tempo ricoverato all'ospedale di Olbia. In paese, qualcuno conferma che per un periodo Said avesse ricevuto assistenza dalla Caritas. Poi, per lui, l'esigenza di far la franca ha prevalso sull'istinto di sopravvivenza. Viveva imboscato, perchè andare dal medico avrebbe significato denunciare la sua condizione di irregolare e farsi espellere. Il male ha continuato a progredire senza che nessuna cura lo potesse ostacolare poi,nelle ultime settimane, le condizioni dell'immigrato marocchino sono peggiorate per le privazioni imposte dal Ramadan, che aveva osservato nonostante il fisico debilitato.
IL  coinquilino tedesco dicedi avere chiesto aiuto, vedendoche le condizioni di Said peggioravano di giorno in giorno.Ma il moribondo è rimasto da  solo, nella roulotte, anche nelle ultime ore della sua esistenza.Mercoledì sera, Said ha perso conoscenza. Gli abitanti della baraccopoli, un quarto d'ora prima di mezzanotte, hanno chiamato il 118 che ha inviato un'ambulanza. Lo hanno caricato, ma ormai le sofferenze di Said erano finite. Il suo corpo è stato trasferito nella sala mortuaria del cimitero a poche centinaia di metri dal suo letto di  morte. Passato a migliore vita.
Certamente migliore di quella che aveva vissuto, senza diritto all'assistenza perchè in tasca non aveva quel pezzo di carta,limite invalicabile per l'umana comprensione.

La  colonne  sonor   di oggi  è tratta  da http://clandestino.carta.org/  dove  trovate  gli audio 



  • Lampedusa 24/01/2009 di Giacomo Sferlazzo tratta dall'album "Il figlio di Abele"

  • Una barca in mezzo al mar Testo e musica di Annamaria Sarzotti

  • Il campo di Marco Rovelli tratto dall'album LibertAria




PER SEDURRE UN UOMO BASTANO 7 MINUTI!

PER SEDURRE UN UOMO BASTANO 7 MINUTI! Leggi ancora...

24.9.09

Violini d'Autunno


3 Autunno                                 Foto tratta dal Web.




Singhiozzi lunghi
dai violini
dell’autunno
mordono il cuore
con monotono
languore.
Ecco ansimando
e smorto, quando
suona l’ora,
io mi ricordo
gli antichi giorni
e piango;
e me ne vado
nel vento ingrato
che mi porta
di qua e di là
come fa la
foglia morta.


 


Paul Verlaine



 

AUTOEROTISMO: BASTA CON I TABù!

AUTOEROTISMO: BASTA CON I TABù! Leggi ancora...

20.9.09

animali e uomini nessuna differenza ?

  Questa  storia   che m'accingo a   rportare  tratta  da repubblica del 19\9\20009  e  dall'Ansa  è  a mio aviso  una dele testimonianze più  belle  e toccanti di come   fra  uomini e  a nimali non c'è  (   o sono sempre   di emno  )  le differenze fra uomo e   animali . Essa  è  anche  una risposta  a quei  gruuppi di dfondamentalisti  che ancora  restano  anti Darwiniani


Titus, addio al re dei gorilla
I compagni celebrano il funerale
È morto a 35 anni, i suoi "sudditi" lo hanno lavato e gli hanno dato l'estremo saluto. Lo aveva reso famoso il film di Dian Fossey ora il branco monta la guardia al suo corpo dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA - Lo seppelliranno vicino alla donna che gli ha dato il suo nome e che ha salvato la sua specie. Ma non subito. Per il momento, nessuno, o meglio nessun umano, può avvicinarsi al grande corpo immobile del re. I suoi sudditi lo hanno pulito, gli hanno dato l'estremo saluto e poi hanno cominciato a fargli la guardia. Gli uomini seguono la scena da rispettosa distanza. Perché non si scherza con i gorilla. Tantomeno subito dopo la morte del loro celebre sovrano. Si chiamava Titus, aveva 35 anni, pesava oltre 200 chili ed era stato a lungo il leader incontrastato dell'ultimo regno dei gorilla: le pendici del vulcano Visoke, lungo il confine del Ruanda, nel cuore dell'Africa tropicale.
Era diventato famoso grazie alla naturalista americana Dian Fossey, al documentario che lei aveva girato su di lui e la sua famiglia, "Gorillas in the mist" (Gorilla nella nebbia), al film interpretato da Segourney Weaver nel ruolo della Fossey e a un più recente documentario della Bbc intitolato "The Gorilla King".
Ora il "re dei gorilla" non c'è più. I ranger del parco nazionale del Ruanda avevano seguito (da lontano) la rapida malattia che lo ha precocemente ucciso. Ma non c'è più nemmeno la donna che gli ha dato la fama: Dian Fossey è stata assassinata nel 1985 da ignoti, nella baracca in cui dormiva vicino al vulcano, un delitto mai risolto anche se tutti i sospetti puntano sui cacciatori di frodo che la zoologa di San Francisco era riuscita a fermare prima che la specie dei gorilla diventasse estinta. Ora le autorità del parco, secondo quanto riporta la stampa britannica, aspetteranno il momento in cui sarà possibile recuperare il corpo di Titus e gli daranno sepoltura nel cimitero del centro ricerche di Karisoka, dove si trova la tomba della scienziata americana e dove continuano gli studi dei gorilla.
La Fossey era venuta a esplorare la catena di vulcani di Mikeno negli anni '70, per fare un censimento dei gorilla. Per due decenni, seguì da vicino e riuscì a stabilire un rapporto con un gruppo guidato da un grande esemplare maschio che lei aveva soprannominato "Uncle Bert", lo zio Bert.
Nel 1974, la primatologa decise di chiamare Titus uno dei figli di Bert. Cinque anni più tardi, anche il famoso documentarista e regista britannico David Attenborough entrò in contatto con la stessa famiglia di gorilla e si ritrovò a giocare con Titus, all'epoca un cucciolo, che si divertiva a saltargli sulla schiena.
Sembrava quasi gracile, invece è diventato un gigante e il leader del suo gruppo. Il re. Si sa che ha avuto più figli di ogni altro gorilla conosciuto. E a lui viene ascritto il merito di avere condotto la sua tribù in salvo, lontano dalla zona dei combattimenti, durante la guerra civile che portò al genocidio del 1983 in Ruanda. Titus fu il re dei gorilla per 15 anni. Poi, come in un dramma degno di Shakespeare, il trono fu usurpato da uno dei suoi figli, Kuryama.
Poco per volta, Titus accettò di non essere più il capo. Rimase però lo stesso nel gruppo, che continuò ad avere nei suoi confronti l'affetto e il rispetto riservati a un grande leader. I gorilla, per quanto ancora considerati una specie in pericolo, non sono più a rischio di estinzione. Sotto il vulcano del Ruanda è morto un re, e il suo popolo gli si stringe attorno.













Ruanda: morto il re dei gorilla
Titus, 35 anni, era diventata una star
(ANSA) - KIGALI, 15 SET - Un gorilla dal dorso argentato, conosciuto come il celebre ''Titus, il re dei gorilla'', e' morto di vecchiaia a 35 anni in Ruanda. Titus era diventato una star in Ruanda: lo scorso anno era stato protagonista del documentario 'Titus, il re dei gorilla'. ''La sua morte e' una grandissima perdita per il Ruanda'' si legge in un comunicato dell'Ufficio turismo. Il Parco dei Vulcani, per i suoi gorilla di montagna, e' una zona ad alta concentrazione turistica.(FOTO ARCHIVIO).

Onore ai nostri eroi italiani in missione di pace






 

Annalena Tonelli, missionaria laica, impegnata nella lotta contro lo sfruttamento dei poveri e delle donne, uccisa in Kenya nell'ospedale da lei stessa fondato.




Carlo Urbani, medico, presidente della sezione italiana di Medici Senza Frontiere. Presta la sua opera gratuitamente e non smette di denunciare che la causa prima delle malattie è la povertà. Agli inizi del 2000 si dedica allo studio della Sars, la terribile malattia respiratoria che minaccia tutto il mondo. Pur conscio dei rischi, continua a dedicarsi ai sofferenti, finché il morbo non contagia anche lui. Muore nel 2003.


Teresa Strada Sarti, presidente di Emergency, moglie di Gino Strada. Di lei abbiamo appena parlato. Muore di cancro a Milano il 2 settembre 2009. Ai funerali (cfr. le foto qui sotto) sono presenti moltissimi amici, artisti, musicisti, volontari, gente comune. Ma nessuna autorità. I giornali dànno notizia del decesso nelle pagine interne. Non tutte le tv comunicano l'avvenimento.







 







 



 


Alberto Cairo, medico, da vent'anni volontario a Kabul. Grazie alla sua opera incessante risana oltre 71mila disabili, tra i quali molte vittime di guerra, e riesce a curare le patologie ortopediche più tradizionali del popolo afgano.


 

A questi eroi, sparsi in varie parti del mondo, ne aggiungiamo altri, meno conosciuti. Onoriamo i 1700 morti giornalieri sul lavoro, caduti nell'adempimento del loro dovere per un salario di 1000 euro, e molto spesso in precarie condizioni di sicurezza. Siamo vicini agli operai dell'Innse e dell'Esab, da settimane aggrappati ai tetti delle loro fabbriche per salvaguardare uno scampolo d'impiego. Ci uniamo al grido di dolore di Stefano, anch'egli in bilico (metaforico e reale) ai piani alti della "Metalli Preziosi" di Paderno Dugnano. Facciamo nostra la pena degli (ex) studenti-lavoratori dei Civici licei serali di Milano, sgomberati due giorni fa dall'istituto nel quale si erano barricati. Vestigia perdute d'una metropoli solidale, che s'ingegnava per garantire l'accesso alla cultura a tutti, quando davvero "non era troppo tardi". Ora invece la subalternità diventa una condanna, irrevocabile e irremissibile. E gli ultimi saranno gli ultimi.


Fissiamo i nostri occhi negli occhi d'un'altra giovane italiana, Sanaa Dafani, troppo giovane per godersi sia la gioia, sia la balbettante libertà. A questo punto sento già le accuse: e i nostri parà della Folgore? Disfattista! antipatriottica! demagoga! comunista! In verità, non credo di dovermi spiegare né giustificare, specie con chi non vuol saperne di confrontarsi. Molti hanno scritto assai meglio di me: Khaled Hosseini, Carlo Olivieri, il summenzionato Gino Strada. E don Farinella, provocatorio e sulfureo come sempre. La franchezza è un strada erta. Ma resta l'unica percorribile. Forse una grazia, forse una condanna.

Daniela Tuscano







19.9.09

Abominio - 2

Mette a dura prova i nostri ideali, ma le tentazioni appartengono alla vita umana. Proprio perché non sono un'imbelle irenista, e ho sempre scritto con onestà, non temo di mostrare il seguente filmato.



E poiché, anche in queste ore buie per l'umanità, non temo le parole, spero abbiate fissato bene i volti dei due assassini di Sanaa Dafani, la cui vicenda ricalca quella della tristemente nota Hina Saleem. Li ho nominati al plurale, perché, se solo il maschio ha scatenato materialmente la sua furia belluina ("voleva decapitarla", ha accusato il fidanzato), la femmina che giustifica il suo complice-padrone è colpevole quanto lui. Maschio e femmina, non uomo e donna, non marito e moglie, non padre e madre, non famiglia. 45 anni lui, 39 lei, e ci appaiono così decrepiti e inguardabili. Tanto bella la ragazza, quanto brutti gli assassini. Orrenda la femmina, orrendo e senza scampo quel suo sguardo fisso, ottuso, cieco. La bruttezza dell'ignoranza, della cattiveria, e, sì dell'inferno che certamente attende lei e il suo compare. Bene ha fatto il Comune a giudicarla indesiderata e, come speriamo, a toglierle la potestà sulle altre due bimbe, sorelline di Sanaa, concepite in modo insano e inconsapevole (anche i ratti figliano) assieme al correo, nella probabile, vana attesa del nuovo Maschio Dominatore, l'Erede del Capo di Casa.


L'ignoranza non merita perdono umano, perché alla sua base c'è sempre un atto di volontà. Tutto il resto, la sventatezza, l'annullamento, deriva da questa radice malata. Non ho più nulla da aggiungere se non l'affilata condanna di Michele Serra, comparsa ieri su "Repubblica":


La pena peggiore, per il padre assassino di Sanaa Dafani e per tutti quelli come lui, sarebbe esere costretto ad assistere al futuro del mondo. Vedere morire lentamente il dominio dei padri, dei fratelli, dei mariti sulle mogli e le figlie. Vedere morire lentamente tutte quelle orribili leggi scritte da preti (maschi) di ogni religione bestemmiando e usurpando il nome di Dio, leggi e regole fonte di prigionia, di lutto, di mortificazione, di tristezza, di senso di colpa, di ignoranza, di esclusione, di discriminazione, di sottomissione per miliardi di esseri umani passati e presenti. Vedere la forza dell'eros che schianta l'albero fradicio della supersitizione e della costrizione. Vedere il disordine della libertà che vince sull'ordine cupo e idiota nel quale credono i padri padroni e le loro vecchie mogli asservite. Vedere la giovinezza (Sanaa aveva diciotto anni) trionfare sulla decrepitezza delle regole arcaiche.

Succederà. Ci vorranno ancora secoli, ma succederà. Peccato che il padre di Sanaa, e tutti quelli come lui, non possano essere puniti assistendo fino in fondo al crollo del loro orribile mondo, che mostra il bastone, la frusta, il coltello alla figlia che tenta la fuga. Famiglia e religione devono servire alle persone. Nessuna persona deve essere serva della famiglia e della religione.


Michele Serra



Fotogramma dal film Una questione d'onore (1965): un contadino sardo (Tognazzi) canta una serenata alla fidanzata. Pur amandola, l'uomo la uccide sospettandola di adulterio: tutto il paese (donne comprese) approva il gesto.

Gino Strada: «In Afghanistan è vera guerra. Dobbiamo ritirarci subito»

Per Gino Strada il sangue non ha un colore diverso a seconda della bandiera e il dispiacere è lo stesso per i soldati italiani uccisi ieri e per tutte le altre vittime della guerra. Non riesce neppure a capire perchè la Fnsi abbia rinunciato alla manifestazione di sabato per la libertà di informazione. «Con decine di morti ogni giorno... donne, bambini...non so, dev’essere per il clima di guerra. Stiamo vivendo da anni in un clima di guerra senza dircelo, anche se solo ultimamente è passata l’ipocrisia di chiamarla “missione di pace”. Un clima che sta avvelenando la coscienza civile, creando intolleranza, criminalità verso il diverso, lo straniero, l’altro da sè. È anche questo, la guerra».Il lascito di una casta, lo chiama. «I politici di 30 anni fa non lo avrebbero fatto in spregio della Costituzione ». Il 7 novembre del 2001: «l’entrata in guerra dell’Italia decisa dal 92 percento del Parlamento italiano, il voto più bipartisan della storia della Repubblica», per puro «servilismo verso gli Stati Uniti». «Che cosa ci avevano fatto i talebani? Niente. E poi cosa avevano fatto anche agli americani?». Forse non è troppo semplice, recentemente anche negli Usa gli analisti cominciano a porsi la stessa domanda: perchè siamo lì, cosa ci stiamo a fare?.Non c’erano afghani nel commando dei terroristi delle Torri gemelle. Ma la rappresaglia di Bush scattò lì, con Enduring Freedom, il 7 ottobre. Per colpire le basi di Bin Laden, si disse. Otto anni dopo più del l’80 percento dell’Afghanistan è tornato sotto il controllo dei talebani, di Bin Laden non c’è traccia, sono morti 1.403 militari stranieri, spesi centinaia di milioni di euro e il Paese è più povero e più criminale, produce il 90 percento dell’oppio del mondo. Dopo otto anni l’unico centro di rianimazione è quello di Emergency a Kabul, sei letti di terapia intensiva per 25 milioni di persone. Spendiamo 3 milioni di euro al giorno per la guerra. Sai cosa avremmo potuto con questi soldi in Italia per i poveri, gli emarginati, chi ha bisogno. In moneta afghana invece avremmo potuto aprire 600 ospedali e 10 mila scuole ». A Khost gli americani hanno costruito una strada, a Kajaki una diga, la Banca Mondiale lo scorso giugno ha stanziato altri 600 milioni di dollari di aiuti per la popolazione afghana... «Se si devono costruire dighe e ponti si mandino commando di ingegneri, non aerei telecomandati e bombe. Non tremila baionette, o fucili, per sostenere il dittatorello di turno ».Quanto ai soldi della cooperazione internazionale, «noi non abbiamo ricevuto una lira quindi non so - dice il fondatore di Emergency - ma gli afghani che si lamentano, anche ora alle presidenziali, dicono che i soldi sono serviti soprattutto a ingrassare funzionari ministeriali e signorotti della guerra». Lasciareil Paese, allora, andarsene unilateralmente o tutti insieme, e lasciare ai fanatici mujaeddin partita vinta? Non una bella prospettiva anche fosse realizzabile. «Finchè c’è l’occupazione militare ci sarà la guerra. Emergency lavora in Afghanistan da 10 anni, da tempi non sospetti. Abbiamo curato 2 milioni e 200 mila afghani, il 10 percento della popolazione. In pratica una famiglia su due, sono famiglie con centinaia di persone, ha ricevuto nostre cure. Per questo a Laskhargah non è mai stato torto un capello al nostro personale internazionale. Tutti dovrebbero porre fine a questa guerra e lasciare che gli afghani trovino la loro soluzione attraverso il dialogo, che per la verità non si è mai interrotto, tra le varie fazioni di talebani, mujaeddin e questo governo. Qual è l’obbiettivo di questa guerra?». Domanda che torna. «Le ultime due guerre internazionali- è la spiegazione di Strada - sono legate ai giacimenti di gas e petrolio. In Iraq perchè ci sono, l’Afghanistan invece è sulla via di transito dal Kazakistan e dalle altre ex repubbliche sovietiche». Pipeline di sangue. La nuova strategia McChrystal o la conferenza sull’Afghanistan, inutile parlarne con un chirurgo. Ad inquietarlo è che dei 35 feriti civili dell’attentato all’ospedale di Emergency a Kabul ne sono arrivati solo tre. Gli altri sono stati dirottati all’ospedale militare detto “dei 400 letti”, «struttura del tutto inadeguata, ma lì possono essere interrogati senza paroline dolci».

Senza titolo 1678

  VI PIACE LA CANZONE GUARDA COME DONDOLO DI EDOARDO VIANELLO ?  :-)


Image Hosted by ImageShack.usImage Hosted by ImageShack.us

ITALIANI e italiani

La morte è sempre dolorosa. Ancor più se ti sorprende giovane, nel pieno delle forze. E a maggior ragione quando è insensata (pur se, finora, non sono riuscita a trovare un vero senso a qualsiasi morte). I nostri sei parà, vittime di un crudele attentato a Kabul, erano giovani, erano "solidi professionisti" (M. Serra), consapevoli del loro destino.

Li rispetto, ma provo disagio quando OGNI GIORNO muoiono (e non in "missioni di pace") quattro operai sul lavoro e nessuno ne parla. Quando c'è chi perde quel lavoro e lo grida dai tetti, e in tv ci rabboniscono con fandonie sulla crisi "ormai alle nostre spalle". Quando ai precari incatenati sui provveditorati, e alcuni sono tali da vent'anni, giungono irrisioni e sputi, e nessuno ne parla. Quando ascolto un ministro affermare "noi non intendevamo esportare la democrazia" mentre invece era proprio questa la missione "salvifica" di cui si erano riempito la bocca Bush e i suoi vassalli, coi risultati che si sono visti. I talebani ci sono ancora, più forti di prima, Osama non è mai stato catturato, l'"economia" principale del Paese è data dal traffico d'oppio e non mi pare che i "nostri" l'abbiano fermato e/o garantito una maggior sicurezza alla popolazione, soprattutto femminile, di quei luoghi. E nessuno dice mai, oltretutto, che la maggior parte delle vittime di quell'assurdo conflitto sono civili, in particolare bambini. Se realmente si vuole aiutare quel paese, occorre ripensare a centottanta gradi alle "missioni". Non dico nemmeno di andarcene. Ma dico che, così com'è stata concepita, la missione è FALLITA ed è inutile fingere di non rendersene conto. "La chiamano missione di pace - denuncia un pulpito insospettabile come quello di Gioacchino Illiano, vescovo di Nocera Superiore, il paese di uno dei caduti - ma è una guerra vera e propria, per cui il governo dovrebbe assicurare maggiore tutela a questi ragazzi".



Abominio - 2

Mette a dura prova i nostri ideali - e Giuseppe Scano l'ha lucidamente sottolineato - ma le tentazioni appartengono alla vita umana. Proprio perché non sono un'imbelle irenista, e ho sempre scritto con onestà, non temo di mostrare il seguente filmato.

E poiché, anche in queste ore buie per l'umanità, non temo le parole, spero abbiate fissato bene i volti dei due assassini di Sanaa Dafani, la cui vicenda ricalca quella della tristemente nota Hina Saleem. Li ho nominati al plurale, perché, se solo il maschio ha scatenato materialmente la sua furia belluina ("voleva decapitarla", ha accusato il fidanzato), la femmina che giustifica il suo complice-padrone è colpevole quanto lui. Maschio e femmina, non uomo e donna, non marito e moglie, non padre e madre, non famiglia. 45 anni lui, 39 lei, e ci appaiono così decrepiti e inguardabili. Tanto bella la ragazza, quanto brutti gli assassini. Orrenda la femmina, orrendo e senza scampo quel suo sguardo fisso, ottuso, cieco. La bruttezza dell'ignoranza, della cattiveria, e, sì dell'inferno che certamente attende lei e il suo compare. Bene ha fatto il Comune a giudicarla indesiderata e, come speriamo, a toglierle la potestà sulle altre due bimbe, sorelline di Sanaa, concepite in modo insano e inconsapevole (anche i ratti figliano) assieme al correo, nella probabile, vana attesa del nuovo Maschio Dominatore, l'Erede del Capo di Casa.

L'ignoranza non merita perdono umano, perché alla sua base c'è sempre un atto di volontà. Tutto il resto, la sventatezza, l'annullamento, deriva da questa radice malata. Non ho più nulla da aggiungere se non l'affilata condanna di Michele Serra, comparsa ieri su "Repubblica":

La pena peggiore, per il padre assassino di Sanaa Dafani e per tutti quelli come lui, sarebbe esere costretto ad assistere al futuro del mondo. Vedere morire lentamente il dominio dei padri, dei fratelli, dei mariti sulle mogli e le figlie. Vedere morire lentamente tutte quelle orribili leggi scritte da preti (maschi) di ogni religione bestemmiando e usurpando il nome di Dio, leggi e regole fonte di prigionia, di lutto, di mortificazione, di tristezza, di senso di colpa, di ignoranza, di esclusione, di discriminazione, di sottomissione per miliardi di esseri umani passati e presenti. Vedere la forza dell'eros che schianta l'albero fradicio della supersitizione e della costrizione. Vedere il disordine della libertà che vince sull'ordine cupo e idiota nel quale credono i padri padroni e le loro vecchie mogli asservite. Vedere la giovinezza (Sanaa aveva diciotto anni) trionfare sulla decrepitezza delle regole arcaiche.
Succederà. Ci vorranno ancora secoli, ma succederà. Peccato che il padre di Sanaa, e tutti quelli come lui, non possano essere puniti assistendo fino in fondo al crollo del loro orribile mondo, che mostra il bastone, la frusta, il coltello alla figlia che tenta la fuga. Famiglia e religione devono servire alle persone. Nessuna persona deve essere serva della famiglia e della religione.

Michele Serra

Fotogramma dal film Una questione d'onore (1965): un contadino sardo (Tognazzi) canta una serenata alla fidanzata. Pur amandola, l'uomo la uccide sospettandola di adulterio: tutto il paese (donne comprese) approva il gesto.










ecco perchè non firmo e non aderisco ala manifestazione del 3 ottobre

   dal  sito gemello  http://www.censurati.it 


L'ipocrisia della FNSI e della 'libera stampa italiota'


ritratto di vipera


Dopo aver convocato una controversa manifestazione (per Travaglio e Floris) la FNSI rinvia tutto in nome dell'unità e del lutto nazionali dopo la morte dei 6 soldati in Afghanistan. Rinvia tutto di una settimana. Quando, a Roma e nelle stesse ore, è convocata una manifestazione dei precari della scuola. Per la propaganda di guerra si rinvia, per le vittime del più grande licenziamento di massa in Italia no...


La manifestazione per la libertà di stampa di oggi pomeriggio era stata convocata a seguito di alcuni episodi delle ultime settimane che hanno colpito alcuni giornalisti.


Era stata, perché ora non è più. O meglio, è stata rinviata di una settimana. La FNSI ha deciso di aggiungersi al clima di unità e lutto nazionale per la morte dei 6 soldati italiani in Afghanistan (ovviamente nessuno ricorda che sono morti anche civili afghani, in numero anche superiore, ma quelli non sono eroi, non sono persone degne di essere ricordate). Bisogna fermarsi, è doveroso unirsi al cordoglio nazionale. Tra una settimana, nelle stesse ore e sempre a Roma, è convocata la manifestazione dei precari della scuola, vittime del più grande licenziamento di massa della storia italiana. La manifestazione della FNSI si potrà fare, oggi no. Perché altrimenti verrebbe rovinato il clima di unità nazionale, si toglierebbe spazio alla retorica patriottarda e militarista, non potremmo vedere La Russa con l'elmetto su ogni canale. E Franceschini che piange lacrime di coccodrillo (come ogni politico che questa guerra ha voluto e votato e stravotato), affermando che il PD è 'un partito serio e responsabile' e quindi non toglierà l'appoggio ai 'nostri ragazzi'.


In guerra tra le prime vittime c'è la libertà di informazione e di pensiero. In guerra i giornalisti vengono censurati, boicottati, assassinati (basti ricordare Enzo Baldoni). E' impossibile denunciare quanto accade. Una manifestazione per la libertà di stampa, come ha sottolineato Flavio Lotti della Tavola della Pace (non certo uno dalle posizioni estremiste ...), non può non partire da questo: dal chiedere verità, giustizia, libertà nei teatri di guerra, lì dove l'Italia muove truppe del proprio esercito (qualcuno si ricorda cosa accadde due anni ad uno dei responsabili di Emergency in Afghanistan, rapito e torturato dalle milizie di Karzai? Ricordiamoci che la polizia afghana la stanno addestrando i carabinieri italiani e che il sistema giudiziario lo stanno organizzando gli italiani). A partire dall'Afghanistan dove la guerra imperversa, dove ogni giorno muoiono centinaia di persone. Pochi giorni fa è toccato a soldati italiani (ma quante persone sono morte da quel momento ad ora?), ma è una roulette che ogni giorno tocca moltissimi, in massima parte civili che nessuno ricorderà mai. Esattamente come in Italia con le morti sul lavoro. Gravissima piaga criminale, che ogni anno ammazza oltre mille persone, e che (tranne rari gravissimi casi) non finisce nei titoli del Tg1 (a proposito l'Umbria Olii continua a chiedere alle famiglie degli operai morti nel suo stabilimento risarcimenti multimilionari).


Gli episodi per i quali è stata convocata la manifestazione coinvolgono due giornalisti e tre quotidiani. Santoro ha scritto che la RAI non ha ancora permesso a Travaglio di firmare il contratto per la nuova serie di AnnoZero. Milena Gabanelli ha denunciato che la RAI da quest'anno non fornirà più copertura legale alle inchieste di Report. La prima puntata di Ballarò, la trasmissione di Giovanni Floris, è stata posticipata di due giorni per lo show di Berlusconi a 'Porta a Porta'. Berlusconi ha querelato, in pochi giorni, La Repubblica, L'Unità e Luciana Littizzetto (il bello è che la stessa battuta prima di lei l'aveva fatta Bossi, Berlusconi querelerà anche lui?) e attaccato pesantemente i giornalisti e il servizio pubblico RAI (soprattutto il Tg3).


Mobilitazione immediata, l'Italia sta scivolando verso il regime, la libertà di stampa è in pericolo. Sacrosante parole, giuste e condivisibili. Ma, sinceramente, oggi non sarei mai sceso in piazza. Perché questo sta succedendo da decenni, non da oggi. Perché l'articolo 21 della Costituzione Italiana non lo si può difendere solo in alcuni casi. In questi anni abbiamo avuto casi eclatanti di censure, omertà, intimidazioni.


Dieci anni fa Fulvio Grimaldi veniva cacciato da Liberazione, dopo essere stato già cacciato dal Tg3. Da allora televisioni e giornali non gli hanno dato minimamente spazio, nonostante abbia realizzato alcuni tra i documentari più belli della storia del giornalismo italiano e articoli giornalistici di rarissima e straordinaria bravura. Grimaldi può essere odiato o amato (e io confesso lo amo...), si può essere d'accordo o meno con quel che afferma (confesso che qualche volta non la penso come lui ...) ma resta uno dei più grandi giornalisti di razza in Italia. Nessuno ha mai invocato la libertà di stampa per lui?


Qualcuno si ricorda di Carlo Ruta, massacrato dalle procure di mezza Sicilia, l'unico sul quale le procure si mettono d'accordo per processarlo contemporaneamente, e che si vede condannato per stampa clandestina dopo che i rilievi della polizia postale hanno certificato l'opposto? Qualcuno, in questi giorni di mobilitazione per la libertà di stampa, ha chiamato Marco Benanti, cacciato dall'ANSA perché troppo pacifista e scomodo? Nei mesi precedenti le elezioni politiche del 2006 persino Fausto Bertinotti, allora segretario di Rifondazione Comunista, venne a Catania per lui. Lo abbracciò e affermò che la lotta di Marco era la sua, che l'avrebbe aiutato e difeso. Poi è diventato Presidente della Camera ...


Oggi avrebbe compiuto 50 anni Giancarlo Siani, giornalista de Il Mattino di Napoli ucciso dalla camorra. Le sue inchieste scomode non sono rientrate nella manifestazione che era convocata per oggi. In queste settimane si è tornato a parlare dei traffici di rifiuti tossici, uno dei più grandi business internazionali nel quale il nostro Paese è coinvolto. Qualcuno ha chiesto la riapertura del processo per l'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi perché stavano documentando quanto stava accadendo tra l'Italia e la Somalia (quando parliamo di pirati documentiamoci prima ...). Ma, oltre a Ilaria, qualcun'altro stava documentando questi traffici, arrivando a toccare interessi e potentati molto in alto: Mauro Rostagno. Qualcuno per favore si ricordi di lui, e si faccia giustizia di tutte le infamie dette prima, durante e dopo la sua morte, sia di lui che sulla sua comunità Saman.


In Sicilia, come da anni denuncia solitario Riccardo Orioles, la libertà di stampa non esiste. L'Ordine dei Giornalisti risponde direttamente a Mario Ciancio Sanfilippo, boss della grande stampa locale (essendosi aggiudicata anche la distribuzione dei grandi quotidiani, che manda nelle città a seconda della convenienza personale - a Catania La Repubblica non viene distribuita per esempio perché farebbe concorrenza al quotidiano di Ciancio e, tra le altre cose, vi scrive Umberto Santino che si ostina a parlare di mafia in Sicilia...) e i giornalisti liberi, come lui, Ruta, Benanti, Maniaci, Santino, vengono isolati.


Tutto questo (e molto altro, qui non riportato per brevità...) non è libertà di stampa. Bisogna difendere un democratico così democratico che gode del bombardamento dei campi profughi palestinesi e che difende la criminale aggressione di Gaza del dicembre scorso (Travaglio). Bisogna difendere un quotidiano che, insieme al Corriere della Sera, ha la pagina esteri più vergognosa sull'America Latina, capace di ogni menzogna (La Repubblica). Bisogna difendere un altro quotidiano che, nell'ultima estate, ha dedicato pagine e pagine alle falsità di Travaglio e alle false (o, in alcuni casi fatti risaputi e noti a tutti) rivelazioni del figlio di un politico corrotto dalla mafia, dedicando solo i ritagli millimetrici a Pino Masciari, imprenditore calabrese a cui hanno revocato la scorta perché si ostina ad andare nelle scuole e nelle piazze a dire che bisogna denunciare il racket come ha fatto lui (L'Unità).


La libertà di stampa è stracciarsi le vesti per lo spostamento di due giorni del 'Porta a Porta' nero (fateci caso, da Vespa predomina il bianco, da Floris i colori scuri...)...

Prima che sia troppo tardi e dalla sottocultura razzistica si passi ai genocidi e alla pulizia etnica









<< (....) Ma è tardi ormai per la questine morale...
è come imporre ai tuoi 26 figli un anticoncezionale. (....) >>

Laico reggae

per  il testo completo http://gubba71.splinder.com/post/6373993/LAICO+REGGAE


Lo so che dal titolo sembrerò esagerato e allarmnistico , ma è proprio in questo brodo che si sviluppano genocidi che e dittature che hanno caratterizzato e abbruttuito il secolo scorso . E poi e meglio intervenire a creare anticorpi culturali per evitare di ripetere tali errori .

Dopo le discussioni qui facebook : la prima sulla guarigione dell'indiano bruciato a nettuno 8 mesi fa , con un idiota che ho segnalato dove manifestava il suo odio e la sua exenofobia che ho prontamente cancellato \ stroncato suo nascere e segnalato all'abuse di fb per incitamento e odio razziale ., la seconda per io caso sanaa dove la madre persdona il marito dicendo che è colpa dela figlia , e da cui è nata una bellissima nota della nostra iscritta Daniela Tuscano  ( per chi di voi è mio amico in fb la trova qui http://www.facebook.com/posted.php?id=1531382630&start=0&hash=10269ad8a12299ac841b60a4f3150b3e ) alcune , nonostante la differenza d'opinioni e limite dei luoghi comunui : << Che razza di incivili. Possibile che non si riesca a fargli capire che le donne vanno rispettate e che sono esseri umani. Non capisco davvero l'atteggiamento della madre, come non fosse sua figlia. è una cultura - se cos... Visualizza altroì la vogliamo chiamare - troppo lontana dalla nostra e non credo ci sarà mai integrazione senza che una delle parti soccomba all'altra. Occorre guardare in faccia alla realtà. Gli immigrati vanno bene, ma devono avere una cultura compatibile con la nostra, altrimenti si arriva all'inevitabile scontro.., >> o << quando nasci in paesi con questa cultura ti porti addosso catene difficili da spezzare, nn tutte sono disposte a farsi ammazzare ma qualcuna c'è. onore alle poche.>> , ecc è statommolto proficuo e piacevole .
il terzo i vari episodi di razzismo e di xenofobia , prima circoscritti e limoitati a qualche imbecille e ora sempre più diffusi , soprattutto fra gliadolescenti come per esempio due  degli ultimi   casi

repubblica online del 17\9\2009

Un altro episodio di baby-bullismo a sfondo razziale in un
istituto di Treviso: gli studenti italiani hanno chiesto scusa
Costretto a cambiare scuola
lo insultavano: sporco kosovaro

di NICOLA PELLICANI

Costretto a cambiare scuola lo insultavano: sporco kosovaro
TREVISO - Un ragazzino kosovaro di tredici anni costretto a cambiare scuola perché preso in giro dai compagni di classe. Non ne poteva più di subire insulti razzisti, di ascoltare offese che lo ferivano, così ha chiesto ai genitori di cambiare scuola.
Un altro episodio di baby-bullismo a sfondo razziale che scuote Treviso, città simbolo del potere leghista in Veneto. Il nuovo caso viene a galla pochi giorni dopo che una sedicenne, scoperta a rubare ai Magazzini Coin, ha insultato il vigilante di colore che l'aveva sorpresa con un paio di pantaloncini e un reggiseno in borsa, senza averli pagati.
Storie quotidiane di razzismo che si consumano nel cuore del Nordest. La triste vicenda del ragazzino




kosovaro è emersa casualmente dopo un'ordinaria lite tra coetanei. E' successo che la titolare di un bar in centro città ha chiamato il 113 dicendo che all'interno del locale si era rifugiato un ragazzo di 13 anni italiano per sfuggire all'inseguimento di due coetanei kosovari.
All'arrivo delle volanti è emersa la vera storia, confermata dallo stesso ragazzino trevigiano. Il più piccolo dei kosovari ha infatti raccontato agli agenti che lo scorso anno è stato costretto a cambiare scuola a causa dei continui soprusi subiti dal giovane italiano, rifugiatosi all'interno del bar, spalleggiato dagli altri compagni di classe. Ha ricostruito per filo e per segno un anno scolastico da dimenticare, con i compagni di classe a sbeffeggiarlo dalla prima all'ultima ora. L'altro giorno l'incontro casuale per le strade di Treviso.

Il ragazzino italiano sostiene che la coppia di amici lo voleva picchiare, per questo lui si è rifugiato all'interno del bar. In realtà i due immigrati l'hanno rincorso perché sono stati offesi. Comunque sia, l'episodio ha consentito la ricostruzione di una vicenda ben più seria e triste. Gli agenti hanno ascoltato il racconto, confermato dal giovane italiano, che è stato poi accompagnato a chiedere scusa ai due kosovari. Così, quello che all'apparenza era sembrato un sopruso dei due stranieri si è rivelato l'esatto contrario. Il ragazzino trevigiano ha chiesto scusa, ma non è detto che la vicenda sia chiusa qui. Dovranno ora essere compiuti ulteriori accertamenti sui motivi che hanno indotto il tredicenne straniero a cambiare scuola.
E' finita invece in questura la sedicenne sorpresa a rubare da Coin al termine di una vicenda incredibile. Quando l'antitaccheggio posizionato all'uscita del grande magazzino ha iniziato a suonare, la guardia di colore incaricata di svolgere i controlli ha fermato la ragazza che, alla richiesta di controllare il contenuto della borsa ha perso la testa: "Negro di m...", si è messa ad urlare di fronte ai clienti del negozio allibiti. "Lasciami stare che tanto voi siete tutti spacciatori", ha poi aggiunto. Ma a finire in questura è stata lei.
Quindi è sempre più urgente nelle scuole una ora di religione che non sia solo religione cattolica o confessionale , ma educazione alle altre relifioni con cui l'italia non ha mai fatto i conti ( vedere le minoranze ebraiche e protestanti ) e ora anche di più ti soprattuttto nell'ultimi 20\30 con un flusso migratorio sempre più grande di immigrati di religione islamica . Un ora di educazione civica che non si limnite ad uinsegnarti la differenza fra costirtuzione e statuto albertino , ma ti insegni i valori di tolleranza ( non quella acritica e pelosa ovviamente ) e non violenza e legalità . Ma soprattutto la s toria non " ufficiale " ridotta per esigenze a poche righe o una paginetta quando va bene , sulla immigrazione italina avvenuta dopo il primo decennio dell'unità finno agloii anni '80 in europa ma in maniera particolare nelle americhe .

Infatti proprio mentre m'aggingo a concludere minritornano in mente questo scritto di Daniela Zini \ del gruppo di facebook DONNE IN LOTTA PER I DIRITTI UMANI - WOMEN IN STRUGGLE FOR HUMAN RIGHTS

Argomento: I NOSTRI EMIGRANTI NEL NUOVO MONDO: I GHETTI ITALIANI D'AMERICA
Daniela Zini ha scrittoil 14 agosto 2009 alle 21.59
AI SANS PAPIERS



I meridionali, i lombardi, i veneti, i piemontesi, avi di coloro che, oggi, formano negli Usa una colonia di oltre 12 milioni di persone, venivano avviati in squallidi abituri periferici, ove costituivano delle isole e ove continuavano a vivere nella condizione di “dagos”, termine spregiativo con cui gli americani chiamavano gli immigrati di origine latina.
Con l’unità d’Italia il Mezzogiorno fa un inaspettato, ulteriore passo indietro verso il silenzio e l’immobilismo sociale. Dopo il 1880, la depressione agricola blocca il Mezzogiorno proprio nel momento in cui il nord industriale inizia la sua rapida ascesa grazie anche alla protezione delle tariffe doganali. Il prezzo del grano, sceso a 22 lire al quintale, nel 1888, precipita a 13, 5, nel 1894. L’allora Ministro del Tesoro Sidney Sonnino sceglie proprio quel momento per aumentare il dazio sul grano e portare il prezzo del sale da 35 a 40 centesimi il chilogrammo. Nel sud, prevalentemente agricolo, ciò va a detrimento sia dei proprietari sia dei contadini, e per questi la terra nativa diventa ancora più inospitale. Nei paesi del sole a picco e delle donne in nero, per i poveri la vita si fa impossibile; per sopravvivere molti scelgono la strada dell’emigrazione in America.
E mare, mare, mare.
In condizioni quasi sempre bestiali i nostri vengono avviati verso il nuovo mondo, stipati su navi antiquate, senza acqua, senza conforti.
Racconta Edmondo De Amicis (1):
“E il caldo cocente non era il peggio: era un puzzo d’aria fracida e ammorbata, che dalla boccaporta spalancata dei dormitori maschili ci saliva su a zaffate fin sul cassero, un lezzume da metter pietà a considerare che veniva da creature umane, e da far spavento a pensare che cosa sarebbe seguito se fosse scoppiata a bordo una malattia contagiosa. Eppure, ci dicevano, non v’eran più passeggeri di quanti la legge consente che s’imbarchino in relazione con lo spazio. Eh! Che m’importa, se no si respira! Ha torto la legge. Essa permette che si occupi sui piroscafi italiani uno spazio maggiore quasi d’un terzo di quello che è concesso sui piroscafi inglesi e americani; e non è là a vedere se i tutto bene trovato dalla polizia alla partenza, sia mantenuto poi durante il viaggio; a impedire, per esempio, che s’imbarchino in altri porti più passeggeri di quello che rimanga di posti, e che si caccino viaggiatori sani nello spazio riservato agli infermieri, e che s’improvvisino dei dormitori alla bella diana. Quanto rimane da fare ancora dentro a questi bei piroscafi che il giorno della partenza si vedono luccicare come palazzi di principi! Sulla maggior parte, i marinai e fuochisti ci stanno come cani, l’infermeria è un bugigattolo, i luoghi che dovrebbero essere più puliti fanno orrore e per mille e cinquecento viaggiatori di terza classe, non c’è un bagno. E dican quello che vogliono gli igienisti che han fissato il numero necessario dei metri cubi d’aria: la carne umana è troppo ammassata, e che una volta si facesse peggio, non scusa: oggi ancora è una cosa che fa compassione e muove a sdegno.”
È un brano tratto da Sull’Oceano, che, in un primo tempo, De Amicis intitola I nostri contadini in America. Dalle annotazioni di De Amicis, in margine al manoscritto, sappiamo che il Nord America imbarcò per Buenos Aires 1600 passeggeri in terza classe, 20 in seconda e 50 in prima, oltre ai 200 uomini dell’equipaggio.
Analoghe erano le condizioni di viaggio dei contadini del sud, del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e dell’Italia Centrale diretti in America – avi di coloro che, oggi, formano una colonia di oltre 12 milioni di americani di origine italiana (2) –.
Per migliaia e migliaia di loro quella traversata resterà nella memoria come il ricordo dell’inferno.
Riascoltiamo De Amicis:
“Man mano che s’alzava la colonna termometrica, crescevano per il Commissario le occupazioni e i fastidi; principalissimo dei quali era il dormitorio delle donne, in cui doveva scendere molto sovente, di giorno e di notte, per ristabilire il buon ordine o vegliare alla pulizia. Anche a tener conto del da fare, sarebbe bastato quello spettacolo obbligatorio a disamorare dell’ufficio qualunque galantuomo. S’immaginino due piani sotto coperta, come due vastissimi mezzanini, rischiarati da una luce di cantina, e in ciascuno di essi tre ordini di cuccette posti l’un sull’altro, tutto intorno alle pareti e nel mezzo, e lì circa a quattrocento tra donne e bambini poppanti e spoppati, e trentadue gradi di calore. Qui, nella cuccetta più bassa, dormiva una donna incinta con un bimbo di due anni, sopra di lei una vecchia settantenne, sopra di questa una giovinetta sul primo fiore; là s’allungava una cafona calabrese accanto a una signora caduta nell’indigenza; più oltre un’avventuriera di città, che si dava il belletto al buio, a fianco di una contadina timorata di Dio, che dormiva con la corona del rosario tra le mani.”
Artisti, studenti, contadini analfabeti venuti dall’Europa portano un bagaglio di tradizioni culturali: folklore, oggetti, religioni, cibi e vivande, modo di concepire la famiglia e la comunità. Gran parte di questo patrimonio scompare nel processo di americanizzazione, ma una dose notevole entra a far parte della vita americana.
Gli ultimi arrivati, gli emigranti italiani, si trovano di fronte a una società sovente ostile e vengono avviati rudemente dai poliziotti di New York agli squallidi abituri periferici. Molti di quei poliziotti sono irlandesi, giunti con la precedente ondata migratoria, il cui privilegio sarà, rapidamente, contrastato da un’altra mafia, la latina.
Una civiltà erompe, turbinando tra i primi grattacieli: la metropoli si avvia verso i 4 milioni di popolazione e la molteplicità di una vita, che ha già assunto un ritmo troppo crudele e frenetico, atterrisce gli immigrati. La civiltà capitalistica, anche nel momento del suo massimo rigoglio e splendore, è basata su uno squilibrio, su una contraddizione intima. Lo apprenderanno presto, a proprie spese, i nostri muratori, sconosciuti costruttori di grattacieli, i cui figli decideranno di lasciare gli italian ghettos, dove un italiano resta un “dago”: e qualcuno ci riuscirà, piantando in asso la bancarella di frutta e verdura del padre per mettersi in banda con altri oriundi.
La città, già sterminata, attira e sgomenta. Fiorisce un nuovo linguaggio, nascono nuovi giornali, nuovi scrittori popolari che ricorrono allo slang e riferiscono i fatti del giorno degli umili 4 milioni di piccola gente newyorkese. New York vanta, nel 1900, quindici quotidiani; si pensi che oggi ne restano soltanto tre: il New York Times e il Daily News, quotidiani del mattino a diffusione nazionale, e il New York Post a diffusione locale (3). Questo per dire della immensa forza propulsiva che agita l’America degli inizi del secolo scorso. L’intraprendenza e la genialità trovano sovente un campo di sfruttamento. Gli edifici commerciali sorgono come severe torri d’acciaio, cemento e pietra arenaria. Le generazioni precedenti hanno lasciato come ricordo l’ufficio postale con le sue soffitte sormontate da tetti di legno, le vecchie e goffe case dai minareti in mattoni rossi, le fabbriche dalle finestre meschine e fuligginose, i casotti di legno color fango. La città è piena di queste misere costruzioni, ma le belle torri già le respingono dal centro degli affari e sulle colline circostanti sorgono le lussuose dimore dei nuovi ricchi.
Niente è mutato dal tempo delle carovane dirette all’ovest: ogni anno si fondano nuove città, e sempre con lo stesso procedimento. Centinaia di case tutte uguali, ammassate e con qualcosa di provvisorio, di nomade. Poche città concentrano la gigantesca produzione industriale: Detroit, a esempio, dove, nel 1903, Henry Ford impianta la sua dinastia automobilistica, nel 1905, conta 300.000 abitanti e giunge a un milione alla fine della seconda guerra mondiale.
Si operano continui mutamenti: si acquista un immobile per demolirlo e costruirne uno più grande sullo stesso terreno; dopo cinque anni lo si rivende a un imprenditore, che rade al suolo il secondo edificio per tirarne su un terzo.
A San Francisco il terremoto e l’incendio distruggono tre quarti della città che serba un aspetto asiatico. Siamo alle soglie della prima guerra mondiale: San Francisco viene ricostruita e rapidamente americanizzata.
Regole e dogmi collettivistici, retorica pionieristica, fanatismo puritano e spregiudicatezza negli affari: nell’America dei primi decenni del Novecento le contraddizioni danno luogo a una società concentrata e frenetica, ricca e miserabile. Manodopera non specializzata, la nostra emigrazione ha lasciato le sue testimonianze letterarie per mano di muratori o ex-muratori.
Cristo fra i muratori, di Pietro di Donato, è una storia autobiografica. Di Donato ha solo dodici anni quando suo padre, operaio mattonaio, è sepolto vivo e ucciso in un crollo dell’edificio dove lavora. È il venerdì santo del 1923 (4).
Settant’anni fa, presentando Cristo fra i muratori dalle colonne del Corriere della Sera, Emilio Cecchi scriveva:
“Esatta e impressionante è la requisitoria sulle angherie che i nostri patiscono laggiù dagli imprenditori assassini, dai sindacati camorristi, dalle compagnie di assicurazione che fanno l’interesse dei capitalisti. Cose che non saranno mai troppo ripetute, a scorno della ipocrisia ed ingordigia puritana.”
“Senza nome nella folla dei senza nome”,si definisce, nell’autobiografia di venti pagine, che redige nella prigione di Charleston, Bartolomeo Vanzetti (5), il quale ha a dire rivolgendosi per l'ultima volta al giudice Thayer:“Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — io non augurerei a nessuna di queste ciò che io ho dovuto soffrire per cose di cui io non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui io sono colpevole. Io sto soffrendo perché io sono un radicale, e davvero io sono un radicale; io ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano…”Discorso di Bartolomeo Vanzetti del 19 aprile 1927, a Dedham, Massachussetts


NOTE
(1) L’11 marzo 1884, alle 2 antelucane, Edmondo De Amicis si imbarcò a Genova sul piroscafo Nord America, per raggiungere l’Argentina. Da alcune carte deamicisiane la partenza risulterebbe avvenuta il 13, mentre gli archivi della Società di navigazione registrano il 10 marzo (E. De Amicis, Sull’Oceano, cit., pag. 277, nota 15). Questa ultima data è corretta e confermata del resto dalla lettera al fratello del giorno stesso (L. 31: “l’imbarco è alle ore 2”) anche se il vapore è, poi, salpato l’indomani alle due di mattina. Come risulta da varie lettere, in un primo tempo, la partenza del Nord america, poi posticipata di una settimana, era prevista per il 3 marzo.
Le opere Sull’Oceano (1889) e In America (1897) sono legate al suo viaggio in Sud America, un viaggio che gli fornirà spunti e materiali per realizzare quella che è stata definita “la più straordinaria short novel ottocentesca sull’emigrazione”, vale a dire Dagli Appennini alle Ande. Nel racconto Nella baia di Rio de Janeiro un contadino lombardo emigrato e malato chiede disperatamente di imbarcarsi sulla stessa nave che sta riportando lo scrittore in Italia dall’Argentina: questi avverte la morte vicina e chiede, prima, accoratamente e, poi, con disperazione e rabbia di poter andare a morire in patria.
L’emigrazione non era ben vista dai grandi latifondisti, perché portava via braccia sfruttate e sottopagate. Basti pensare che, nel 1884, gli espatri transoceanici erano stati 60.000, mentre, nel 1888, anno in cui fu varata una prima legge che tentava di regolamentare l’emigrazione, erano partite 207.000 persone.
(2) In base a una recente rielaborazione dei dati del censimento del 1980 gli italo-americani risultano 12.195.798, cioè il sesto gruppo etnico per importanza negli Stati Uniti (il 5,4% della popolazione statunitense: praticamente una persona ogni venti americani). Secondo i dati ufficiali, la più elevata concentrazione di Americani di origine italiana si trova nello Stato di New York (2.900.000), seguita dalla California, dal New Jersey (1.500.000 ciascuno) e dalla Pennsylvania (1.400.000). Consistenti comunità italo-americane si trovano anche nel Massachusetts (845.000), nella Florida (800.000), nell’Illinois (730.000), nel Connecticut (650.000) e nell’Ohio (640.000).
(3) Sono tre i principali quotidiani di New York: il New York Times e il Daily News, quotidiani del mattino a diffusione nazionale, e il New York Post a diffusione locale. Vi sono poi altri quotidiani a diffusione nazionale: USA Today e Wall Street Journal, ovvero la "bibbia" per chi lavora nel campo dei mercati economici e finanziari. Altre testate sono: Financial Times (economico), New York Newsday, The New York Observer (economico).
(4) In quello stesso periodo, molti ex-immigrati si arricchiscono, invece, con il contrabbando di alcol. Vi è chi organizza piccole flotte di motobarche che trasportano centinaia di bottiglie di whisky e gin dal Canada agli Stati Uniti. Un altro oriundo italiano, Alfonso Capone, detto “Scarface”, lo Sfregiato, da galoppino di una casa chiusa diviene il re dei fuorilegge di Chicago. Politicanti corrotti, avvocati troppo spregiudicati, poliziotti avidi costituiscono la ragnatela invisibile ma onnipotente delle sue alleanze. Il fatturato dell’impero del crimine della sola Chicago raggiunge i 10 milioni di dollari e, quando la stella di Scarface splenderà più luminosa, verso la metà degli anni 1920, supererà i 300 milioni.
(5) Il 5 maggio 1920, in piena crisi identitaria e xenofoba, due uomini, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, sono accusati dell’omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio Slater and Morrill. Sono immigrati, italiani e anarchici. Quanto basta. E a nulla vale la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che li scagiona. Giudicati colpevoli, saranno giustiziati sulla sedia elettrica, il 23 agosto 1927. Nel 1977, Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachussets, riconoscerà ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabiliterà completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.

concludo segnalando sempre dallo stesso gruppo quest8 due altri post

http://www.facebook.com/topic.php?uid=101699375628&topic=10010 ( prima parte )
http://www.facebook.com/topic.php?uid=101699375628&topic=10063 ( seconda parte )

perchè la storia siamo noi , e un popolo che non ha menoria non ha anticorpi contro la sottocultura di cui parlavo all'ìinizio del post fa a gli altri ( vedere i respingimenti disumani e l'abberrante legge sull'immigrazione ) ciò di cui essi sono stati vittime



Hai pagato l’ IMPERF?



Ecco per il week-end un racconto ironico e surreale. O forse super-reale.


 


 


Image Hosted by ImageShack.us


Driiiiiiin. Chi cavolo è a quest’ora del mattino? Infilo distrattamente le ciabatte e mi avvio verso la porta. Apro.


 


«Salve, Lei è il signor G.?»


«Sono il figlio» dico farfugliando su due piedi mentre riconosco le inconfondibili divise di due agenti della Guardia di Finanza «Mio padre non è in casa. Posso esservi utile?»


«Ci risulta che siate in ritardo con il pagamento delle tasse e dobbiamo notificarvi l’atto di precetto»


«Impossibile, mio padre è talmente pignolo…. Deve esserci un equivoco»


«Nessun equivoco. Non è stato effettuato il pagamento dell’IMPERF»


 


«L’ IMPERF? E che tassa è? Mai sentita…»


«E’ la tassa sull’Imperfezione. E’ stata introdotta da poco su proposta di “Repubblica” e dell’ “Italia dei Valori”. Chiunque è fisicamente o moralmente imperfetto deve pagare una somma proporzionale al peso e al danno che adduce alla società. Un uomo senza vista ha ad esempio un’aliquota dell’1%, un abituale bevitore una del 3% e così via. Anche i bambini pagano: autistici, Down, bambini che dicono bugie o che rubano caramelle, tutti. E’ finito il tempo della compassione di Stato!»




 


«Ma a casa nostra non c’è nessuno con queste disgrazie»


Risero di gusto e con uno sguardo d’intesa continuarono


«Signor G, pensa di essere perfetto?»


«Io? No affatto»


«E allora deve pagare l’ IMPERF. Forse Lei avrà il vizio dell’alcool o del sesso o del fumo. O semplicemente l’orgoglio per non aver nessun vizio particolare: anche questa è un’inaccettabile immoralità da risarcire. E poi ci risulta che la sua schiena non vada poi così bene: avere una noia alla cervicale Le costerà circa 200 euro all’anno. Tenga qui, c’è scritto tutto»


Mi passa un lungo questionario intitolato “Scheda di autocertificazione delle proprie inescusabili fragilità”.


 


«“Usa responsabilmente contraccettivi?” “Beve?” “Ha fatto incidenti d’auto negli ultimi tempi?” “Ha risposto male a qualcuno?” “Ha rubato?” “E’ moralmente irreprensibile?” “Ha familiarità con malattie degenerative?” ecc ecc. Altro che autocertificazione: sembra il foglietto della Liturgia Penitenziale della Quaresima!»


«Sì ma il prete assolve, lo Stato non più. La vostra misericordia è servita per giustificare i peggiori orrori della natura e i più orrendi delitti, ora si cambia. Mi raccomando: nel compilare il modulo non imbrogli, perché i controlli sui portatori di imperfezioni si sono fatti molto rigidi e i magistrati sono assai zelanti. Non vorremmo essere costretti a…»


«Costretti a…?»


«Costretti a fare come Eluana Englaro che si ostinava a non pagare. Alla fine per saldare il debito abbiamo dovuto pignorarla con l’eutanasia. Lo stesso abbiamo fatto con migliaia di feti malformati, pignorati con l’ “aborto terapeutico”. E ci apprestiamo a fare altrettanto con chiunque non è moralmente, fisicamente, psicologicamente perfetto. Perciò si sbrighi a compilare quel modulo o pignoreremo anche Lei»


 


Nel frattempo mi accorgo che l’altro agente mi sta fissando negli occhi dall’inizio. Mi scruta com Minosse con le anime dannate; mi sento scansionato in ogni dettaglio, ispezionato fin dentro l’ultima piega dell’anima. Sorride con un ghigno e meccanicamente annuncia:


«Lei lo scorso week end ha rubato 10 euro dalla cassettina comune della casa; ha risposto male a suo nonno durante il pranzo di due giorni fa; non ha aiutato sua madre in affanno; ha trascurato i suoi affetti preferendo una partita di calcetto; ha peccato d’orgoglio quando domenica scorsa alla Messa si è sentito più cristiano degli altri. Totale: 30000 euro»


«Ma io non ce li ho!»


«Allora venga con noi. E’ pignorato»


«Come sarebbe a d….»


Ma mentre provo a protestare mi hanno già apposto i sigilli, per ultimo anche sulla bocca.


«E con Lei sono pignorati tutti i suoi effetti personali. Compreso il pesce nell’acquario»


«No, quello no» rimprovera gravemente l’ufficiale giudiziario «E’ un animale, povera bestia...»


L’oste
http://osteriavolante.myblog.it/archive/2009/09/18/l-imperf-la-nuova-tassa.html

18.9.09

carnevale in sardegna

pes-4

Senza titolo 1677

  L'AVETE VISTO IL FILM LA MEGLIO GIOVENTU' ?  :-)


Image Hosted by ImageShack.usImage Hosted by ImageShack.us

trasformista

a causa  delle  nuove   funzioni di splinder ho cancelato per  sbaglio il post  di  Marilicia  che sono riuscito a recuperare    rieccovelo


donna_mare gialloFoto dal Web

E' un'ora che  sto quì a rimirarti
senza mai staccare gli occhi da te
ed in quest'ora
cento vesti hai indossato
in una passerella
 che mi piace pensare
sia per me.
Mai uguale tu sei:
una vela che passa all'orizzonte,
un alito di vento che increspa la superficie,
un raggio di luce che muta il tuo colore,
il volo di un gabbiano a pelo d'acqua,
la scia di una barca che fende l'onda.
Trasformista tu sei,
ma ogni mutazione è un'emozione.
Più ti guardo e più m'innamoro,
potessi
ti porterei via con me.

Scritto da Marilicia il 22/08/2009


15.9.09

Senza titolo 1675

  VI PIACE LA CANTANTE JENNIFER WARNES ?  :-)


Image Hosted by ImageShack.usImage Hosted by ImageShack.us

Veline, escort, maschilismo - Lettera aperta alle donne

Corriere della Sera.it
Care donne italiane, o meglio ca­re donne italiane che cominciano a discutere di deriva maschilista-mi­sogina nel nostro Paese e dell’im­broglio sesso-politica che sta im­bambolando la nostra repub­blica, che si preoccupano della video-velinocrazia che condiziona le nostre vite di mature (invisibili) e giovani (preferibilmente scollate); care tutte, che si fa? Finora qualcuna ha Leggi ancora...

Secondo voi una donna di 46 anni che non si è sposata e non ha avuto figli è incompleta o completa ? io la risposta la ho . ma Vorrei sapere cosa ne pensate.

 colonna  sonora    Bandiera  -  di Giulia  Mei   Secondo alcuni mie utenti di fb che hanno commentato questo mia provocazione ...