10.7.24

Una busta col pane appena uscito dal forno, offerto dalla panettiera alla nuova residente. È bastato questo per rendere indimenticabile il trasloco a Nuraminis di Emanuela Porcu, bibliotecaria originaria di Ussana, e del compagno Renato.

   da  l'unione  sarda    dei  giorni  scorsi  



Una busta col pane appena uscito dal forno, offerto dalla panettiera alla nuova residente. È bastato questo per rendere indimenticabile il trasloco a Nuraminis di Emanuela Porcu, bibliotecaria originaria di Ussana, e del compagno Renato. «Il sogno», per dirla con le parole di Porcu, «di abitare finalmente in una casa campidanese in ladiri» ha così acquisito il valore aggiunto dello specialissimo benvenuto racchiuso nella busta che Valentina Vargiu, questo il nome della panettiera dal cuore gentile, ha chiuso con un nastro di raso bianco e mezza dozzina di spighe di grano maturo. Dentro: un pane casereccio di semola, un pane integrale e un coccoi, che sono diventati il segno dell’accoglienza e dell’ospitalità di Nuraminis da parte di una donna, la panettiera, che non è di Nuraminis, ma che nuraminese si sente almeno per metà, vista la lunga abitazione del marito Giuseppe Caboni. Fornaio, quest’ultimo, dalla testa ai piedi e rampollo di Ottavio, il padre scomparso qualche anno fa, che ha tirato su una famiglia di panificatori e che a Nuraminis ha vissuto in passato per decenni.«È vero», conferma la fornaia gentile, “mio marito Giuseppe si sente nuraminese ed è devotissimo a San Lussorio, il santo di Nuraminis. Io invece sono di Villasor ma a Nuraminis sono stata accolta molto bene. Donando il pane alla signora non sento di avere fatto nulla di particolare ma solo dato ascolto a quanto mi diceva il cuore in quel momento». Un cuore generoso dato che il rito del pane di benvenuto alla bibliotecaria di Ussana non è stato il primo. «Una donna, molto distinta, mi ha confidato che per la notte era stata la prima in cui avevano dormito nella nuova casa, a Nuraminis», racconta la fornaia che ancora, in quattro e quattr’otto, confeziona la busta col pane con e le spighe di grano («Le conservo sempre nello scaffale perché sono il simbolo di prosperità e di buon auspicio») e lo dona alla donna.Un gesto che sorprende Porcu. «Ma sta scherzando?», è stata la reazione istintiva al dono, al gesto, parole sue, «per nulla scontato». «Da pochi giorni sono residente a Nuraminis. Ho realizzato il sogno di abitare in una casa campidanese in ladiri. Una vita nuova, con la mia famiglia, per la prima volta sono entrata in una delle attività economiche del paese, la panetteria di Valentina Vargiu che, in segno di benvenuto, mi ha donato il pane. Mi sono emozionata per questo gesto che mi fa capire quanto sia fortunata a vivere in un piccolo centro».

DIARIO DI BORDO N 61 ANNO II i Casi di Egiziani di Nessy Guerra e LuigiGiacomoPasseri., Pubblicità occulta, follower gonfiati, promesse di finti guadagni: 6 influencer sotto istruttoria,

 Speriamo che la soluzione di questo caso non comporti com'è avvenuto con gli Usa negli anni   '90  più  precisamente  per  il  caso della #strageCermis che porto al rimpatrio in Italia detenuta   #Silviabaraldini uno scambio iniquo riguardante il caso dell'assasino daparte dei servizi segreti Egiziani di #GiulioRegeni.
E il secondo caso  (   foto  sotto  al  centro   )    è quello di Luigi Giacomo 
Passeri, il cittadino di Pescara detenuto in Egitto da quasi un anno, è molto preoccupante. Secondo quanto riportato dalla famiglia e da fonti di notizie in particolare dall'ansa , è stato arrestato per possesso di una piccola quantità di marijuana per uso personale durante una vacanza.





 Da allora, la famiglia non ha avuto contatti diretti con lui dal 28 agosto 2023 e ci sono state segnalazioni che Luigi ha subito torture in prigione e che è stato lasciato senza trattamento medico dopo un’operazione per rimuovere l’appendice
La situazione psicologica di Luigi sembra peggiorare, con lettere che indicano il rischio di autolesionismo. Il caso ha suscitato preoccupazione a livello nazionale, con paragoni ai casi di Giulio Regeni e Ilaria Salis, e chiamate all’azione da parte del governo italiano per garantire un processo equo e giusto e per il rimpatrio di Luigi . Per ulteriori informazioni e aggiornamenti, si può consultare l’articolo completo su ANSA.it.
Bisogna che gli italiani si rendano conto che la maggior parte dei paesi del mondo non siano tolleranti o  hanno   una legislazione  blanda    \  contradditoria   come il nostro con chi fa uso di droghe.  Ma  sopratutto      prima  di andare   in vacanza  o per  lavoro    sarebbe   buona  norma  informarsi   su  cosa  è vietato  ed  proibito  in quesi  posti  .Quindi  cari  parlamentari  sovranisti  o pseudo tali     ce la diamo una mossa a fare qualcosa in politica estera   o   facciamo   solo  affari   commerciali  ed economici   ? Se  poi c'è  una   pena da scontare la la  si potrebbe   far  scontare  qui  . Ora  abbiamo fatto eleggere alle politiche  gente pur di riportarla in Italia o   scambi   vergognosi    (  vedi  quello  Cermis- Baraldini  )    abbiamo  fatto    rientrare   con tutti  gli onori  gente   poco  raccomadabile  vedi il caso   chicco forti   e non vogliamo aiutare chi potrebbe stare veramente male su forza ?



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ma quanto sono intelligenti questi delle #associazionideiconsumatori se ne accorgono adesso che vede coinvolti sei influezer noti al grande pubblico fruitore di trash e a chi s'interessa di cultura pop che tale fenomeno delle #sponsorizzazionitruffaldine e del #farwestlegislativo è sempre ormai ( i casi dei #Ferragnez sono la punta dell'icerbeg ) più frequente . E' dagli anni 80\90 con la presenza sempre
più massiccia di vip e personaggi creati dalla tv e dalla cultura d massa nella pubblicità e nelle sponsorizzazioni di eventi e programmi televisivi seri e semi seri che è cosi . Mi chiedo ma prima dov'erano tali associazioni ?











Laura Ewert, "Mio nonno , il tenente Wolf Ewert, ordinò il massacro nazista di San Polo. Ora io chiedo perdono"




tramite il solito  msn.it    leggo   di  questa  vicenda  (  mi pare   d'aver  già parlato   o sui miei social o qui    in un post  sul  25  aprile    di quest'anno  )  trovo Storia  di  Laura Ewert nipote   del Boia nazista tenente Wolf Ewert,autore  della strage nazista   ,  una  delle tante  avvenute  in Italia    nel periodo    1943-45   ,  avvenuta il 14  1944 di un luglio nel piccolo paese di San Polo, vicino ad Arezzo

dA  Quotidiano.Net • 18 ora/e

"Mio nonno ordinò il massacro nazista di San Polo. Ora io chiedo perdono"
 Di FILIPPO BONI

Roma, 10 luglio 2024 
L’attimo in cui scoprì che uno degli uomini più importanti della sua vita, quello che l’aveva consolata, le aveva raccontato le favole da bambina e insegnato a costruire sogni pieni di speranza, suo nonno, era stato un boia nazista durante la seconda guerra mondiale in Italia, fu il più atroce della sua esistenza.Fu come se anche lei, oggi madre e giornalista affermata, Laura Ewert, fosse stata ammazzata insieme ad altri 64 innocenti tra cui donne e bambini dagli uomini del tenente Wolf Ewert, il suo carissimo nonno, all’alba di un pallido mattino di sole del giorno 14 di un luglio ormai lontano, nel 1944, nel piccolo paese di San Polo, vicino ad Arezzo

Wolf Ewert e la nipote Laura Ewert© Fornito da Quotidiano.Net


Aveva un tono dimesso, velato dalla tristezza e dalla commozione Laura, quando pochi giorni fa, in collegamento web dalla Germania con la sala consiliare del Comune di Civitella della Chiana, in occasione di un convegno sulle stragi naziste dimenticate organizzato dal Comune con il giornalista Udo Gümpel e lo storico Carlo Gentile, è stata chiamata ad intervenire per portare la sua diretta testimonianza.
“Quando ho scoperto cosa era accaduto a San Polo sono stata sommersa da sentimenti di tristezza, dolore e vergogna – ha detto –. Mi sono fatta molte domande sulla mia famiglia, sul perché non abbiamo mai parlato o affrontato questo argomento. Perché non siamo mai andati a San Polo per parlare con chi ha vissuto quella tragedia, chiedere perdono, immedesimarci per un qualcosa per il quale è difficile trovare parole adeguate".Già. Difficilissimo scavare nel vocabolario e trovare le parole giuste per definire crimini di questa portata che in Italia tra il 1943 e il 1945 hanno causato circa venticinquemila vittime innocenti, la maggior parte senza giustizia. Altrettanto complesso però è trovare quelle che descrivano la forza di questa donna che si porta addosso senza colpe l’eredità sanguinosa di un nonno criminale impunito, e riesce a redimersi pubblicamente dopo ottanta anni e a chiedere, in un atto d’amore sincero ed estremo, umilmente perdono alle vittime ed ai loro familiari.
Lei che addosso non porta nessuna macchia, lei che però, con una dignità infinita, chiede scusa al posto del nonno ormai morto tanti anni fa. Perché se lui fino in fondo non comprese la gravità dei gesti compiuti e mai si pentì, lei ha almeno carpito la portata catastrofica che hanno avuto quei massacri sui sopravvissuti e sulle comunità colpite.
È impossibile conoscere davvero cosa si celi nel fondo del pozzo dell’abisso dei familiari delle vittime che fino alla tomba si sono portati dentro l’ergastolo del dolore senza aver mai ottenuto giustizia.Più facile districarsi nella storia e tornare a quel drammatico giorno di luglio, due giorni prima della liberazione di Arezzo, quando Wolf ed i suoi uomini, con un improvviso attacco, liberarono alcuni commilitoni prigionieri, catturarono numerosi partigiani e le persone sfollate nella zona, uccisero alcuni civili, tra cui donne, anziani e bambini, e condussero il resto a San Polo. Li massacrarono dopo ore di spietate violenze. In quarantotto furono obbligati a scavarsi la fossa nei giardini di Villa Gigliosi, furono seppelliti vivi e fatti saltare in aria con la dinamite. Tra loro anche il ragazzo che portava i panini ai tedeschi. Gli altri furono portati fino a San Severo e massacrati tutti. L’operazione repressiva nella zona si concluse con la morte di 64 persone, in uno scenario di raccapricciante brutalità.Sono passati ottant’anni. La morte per gli indagati è arrivata prima della Procura e quindi della giustizia. A differenza delle sue vittime, il tenente Ewert ha fatto in tempo a ricostruirsi una vita dopo la guerra e a veder crescere la nipote Laura. È morto prima di trovare la forza di raccontare.Ma siccome la vita si rigenera nel grembo materno, sarà proprio lei, sua nipote, domenica prossima, a venire a San Polo di Arezzo appositamente dalla Germania, ad abbassare lo sguardo e a chiedere perdono per una colpa che non è sua. Perché se per la giustizia può esserci un tempo, la forza del perdono è come quella dell’amore: può non morire mai, può rigenerarsi e tramandarsi di padre in figlio.E questo dà alle famiglie ed ai popoli la forza di non perdere mai la speranza nell’umanità.

9.7.24

a che se noi ci crediamo assolti siamo per sempre coinvolti . Manuela Petrangeli si poteva salvare: il messaggio del killer all’amico 40 minuti prima dell’omicidio

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Pubblicato: 09/07/2024 14:39
Manuela Petrangeli messaggio killer

 Manuela Petrangeli si poteva salvare: il messaggio del killer all’amico 40 minuti prima dell’omicidio

  da  thesocialpost  
 Delfina Rebecchi
Cronaca
Pubblicato: 09/07/2024 14:39

leggi anche  
Omicidio Manuela Pietrangeli, le parole shock di Molinaro dopo l’agguato: “Speriamo che l’ho presa bene”


Manuela Petrangeli si sarebbe potuta salvare dalle due fucilate che l’hanno raggiunta e uccisa lo scorso 4 luglio. Infatti, secondo quanto si legge nell’ordinanza della gip di Roma, Valeria Tomassini, che ha disposto il carcere per l’assassino della donna, Gianluca Molinaro, e che Repubblica ha potuto visionare in esclusiva, sarebbe “mancata quella partecipazione sociale che avrebbe potuto strappare alla morte la 51esima donna ammazzata in Italia da un uomo” dall’inizio del 2024.
L’ordinanza spiega che un amico e la madre dell’assassino avrebbero potuto avvertire le forze dell’ordine anche 40 minuti prima del femminicidio di Manuela Petrangeli. Ma ciò non è accaduto. E così Gianluca Molinaro è rimasto solo, fuori di sé e armato. Alle 13.04 del 4 luglio Molinaro scrive a un amico della palestra che frequentava: “Dai forse oggi pio due piccioni co’ na fava”. L’amico si chiama Emanuele e dichiara a sua volta: “Ho ricevuto strani messaggi tramite l’applicazione Whatsapp da Gianluca. Ma non mi sono soffermato ad ascoltare con attenzione perché erano dal contenuto poco chiaro”.


Ma Emanuele si presenterà in caserma dai carabinieri in zona Casalotti soltanto intorno alle 14, dopo che Molinaro gli invia una foto del fucile appoggiato sul sedile della sua Smart. Solo a quel punto ascolta i messaggi dell’amico e scopre che alle 13.16 gli ha detto “di essere confusamente giunto al limite della sopportazione dell’ex compagna perché ‘Sono fatto alla vecchia maniera’. Parlando con la voce biascicante gli ha comunicato di trovarsi sotto al lavoro della donna e di essere in attesa che la stessa finisse il turno di lavoro alle 13.30”, si legge ancora nell’ordinanza.
Insomma, se l’amico avesse ascoltato prima quel messaggio, forse avrebbe potuto fare qualcosa per convincere il killer a calmarsi. Purtroppo però, già alle 13.44, Gianluca Molinaro gli manda un altro messaggio in cui è scritto: “Gli ho sparato, gli ho sparato du’ botte, gli ho sparato, l’ho massacrata, è finita”. Poi, dopo essersi costituito, Molinaro “riceve una chiamata sul cellulare dalla madre, come costatato dagli operanti dalla visione dello schermo dello smartphone, alla quale risponde al solo fine di comunicarle che si trova in caserma e dice ‘Sono in caserma dai carabinieri di Casalotti, è successo quello che ti ho detto, senza che vieni qui’”. Insomma, anche la madre sarebbe stata a conoscenza delle sue intenzioni omicide, ma non avrebbe fatto nulla.

8.7.24

DIARIO DI BORDO N 6O BIS ANNO II VERGOGNE ITALIANE lezioni in Francia silenziate dalla Rai, polemica contro il direttore Petrecca: “In onda un festival con lui in platea”e quella delll'areoporto di Malpensa intitolato a Silvio Berlusconi

Iniziamo    dall'ultima  
elezioni Francia Rai Petrecca

lezioni in Francia silenziate dalla Rai, polemica contro il direttore Petrecca: “In onda un festival con lui in platea”

Pubblicato: 08/07/2024 11:29

Il risultato delle recenti elezioni in Francia scatena la polemica non solo Oltralpe, ma anche all’interno della italianissima Rai. Protagonista di una violenta polemica social è in particolar modo il direttore di Rainews, Paolo Petrecca. L’alto dirigente della tv pubblica, in quota centrodestra, viene accusato dalle opposizioni di non aver dato spazio ad uno speciale dedicato alla situazione francese, per mandare invece in onda, live da Pomezia, la terza serata del ‘Festival delle città identitarie’, condotto da due meloniani come Edoardo Sylos Labini e Incoronata Boccia. Ma non solo perché, tra gli artisti che si sono esibiti c’era anche Alma Manera, compagna proprio di Petrecca secondo Dagospia.
“Sarà forse che il trionfo del Fronte popolare scomoda i piani di palazzo Chigi nella trattativa in Ue?”, si domandano polemicamente i commissari del Pd presenti in commissione di Vigilanza Rai. “Perché nessuna rete generalista Rai ha aperto uno spazio per informare i cittadini del voto in Francia? – affonda il colpo il presidente della Federazione nazionale della Stampa, Vittorio Di Trapani, già segretario Usigrai – Il risultato elettorale ha scontentato qualche alleato italiano? Denunciare anche questo tradimento del servizio pubblico meriterà sanzioni disciplinari?”. Il suo sembra un chiaro riferimento ai sei giorni di sospensione inflitti alla giornalista Serena Bortone per il caso Scurati.

La polemica durissima contro il direttore di Rainews24


Ma a far saltare definitivamente il banco è la scelta del direttore i Rainews24 di mandare in onda la terza serata del ‘Festival delle città identitarie’. Paolo Petrecca è stato ospite della serata insieme a Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura di FdI. Sul palco, come già accennato, la sua "presunta" compagna Alma Manera.r saltare definitivamente il banco è la scelta del direttore i Rainews24 di mandare in onda la terza serata del ‘Festival delle città identitarie’. Paolo Petrecca è stato ospite della serata insieme a Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura di FdI. Sul palco, come già accennato, la sua "presunta" compagna Alma Manera.

“La sera dei risultati del voto in Francia, mentre gli altri canali di informazione sono in diretta no-stop, il canale all news del servizio pubblico decide di aprire alle 22 sul festival Città Identitarie, ideato da Edoardo Sylos Labini. – questo il comunicato durissimo del comitato di redazione di Rainews24 – RaiNews24 non aveva mai toccato il fondo in questo modo, mai aveva abdicato così alla sua missione informativa in occasione di un appuntamento elettorale così importante. Un tempo la nostra testata metteva in campo tutte le risorse per garantire un servizio impeccabile all’utenza, in occasioni simili. Chiediamo al direttore come sia possibile prevedere un approfondimento diverso quando tutte le tv del Continente hanno gli occhi puntati sulle elezioni d’Oltralpe. Verrebbe da pensare che alla debacle della destra il direttore preferisca non dedicare troppo spazio. Petrecca ritiene opportuno, in una serata come questa, dare spazio a un evento non scevro da interessi e legami personali. Una scelta che qualifica la deriva che ha preso da tempo la testata e per la quale ci sentiamo indignati”.Ma la replica di Petrecca non si fa attendere: “Vi chiedo spiegazione formale sulla frase ‘non scevro da interessi e legami personali’. Presenterò diffida formale nei vostri confronti all’Ordine dei giornalisti e chiederò difesa legale per calunnia. Smentisco in alcun modo responsabilità decisionali sull’apertura del TG delle 22. Ho chiesto 3 affacci al vicedirettore di turno alle 21,45, a metà festival e in coda. Come facciamo con tutte le manifestazioni culturali in partnership. Mi chiedo come la redazione ancora possa darvi fiducia, considerando ciò che scrivete”.

 Per  finire   




Non c'era bisogno di intitolare un aeroporto a Silvio Berlusconi per fare capire a tutto l'universo che l'Italia è un paese di merda . Anzi lo hanno fatto diventare da craxi in poi . E noi sempre dopo i fuochi di paglia contro il governi di Berlusconi sempre più zitti nelle piazze ( ma non su social a lamentarci a vuoto ) .

DIARIO DI BORDO N°60 ANNO II Maddalena Maciocco, il mondo su scala ridotta visto con gli occhi di un bambino? No di una nana - Chi è Clémentine Delait, la donna con la barba che sfidò il mondo e non volle diventare un fenomeno da baraccone




da  https://www.milleunadonna.it/

La storia di chi deve vivere con corpo che sin dall'infanzia deve fare i conti con le barriere imposte da una città costruita a misure standard e funzionali

di Fabio Marceddu
  vedi anche la sua intervista per la rubrica Non è teatro   su  Video Dailymotion
Non è stato facile e non è facile vivere in mondo di giganti, giganti relativi, al cospetto di un corpo che
sin dall'infanzia deve fare i conti con le barriere imposte da una città costruita a misure standard e funzionali, con barriere architettoniche dove i cosiddetti “nani” non sono neanche menzionati.
Per uscire fuori dal circo, il circo bisogna affrontarlo, smettere di essere oggetto di studio o derisione e educare agli altri, ai margini, a quelli come Lei, che solo alla soglia dei sessant'anni hanno rivendicato il diritto ad essere se stesse, e ad un mondo dove bisogna essere perfetti a tutti i costi. Essere nani e essere se stessi, essere nani e rivendicare il diritto ed il dovere ad essere felici, e a non essere bersaglio e non essere escluso, e soprattutto trovare i propri spazi in un mondo standardizzato a certe altezze o bassezze.
“Una volta ho visto delle signore che ridevano al mio passaggio sono tornata indietro e le ho detto ma lo sapete cosa significa vivere con la gente che ti ride alle spalle?" Da quel giorno Maddalena, non ha più taciuto o subito, ed ora porta avanti con dignità la sua statura a tutti i livelli




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Chi è Clémentine Delait, la donna con la barba che sfidò il mondo e non volle diventare un fenomeno da baraccone


Questa donna incredibile trasformò il suo problema ormonale in una fonte di guadagno, ma in modo libero, audace. E ora la sua storia diventa un film, "Rosalie", dal 30 maggio nelle sale





E' una storia incredibile quella che vogliamo raccontarvi. Siamo alla fine dell'800 e una adolescente di nome Clementina Delait accusa un grave disturbo ormonale. All'epoca ovviamente non c'erano cure efficace. L'unica soluzione era il rasoio. E sì perché a Clementina iniziò a crescere la barba come a un uomo. Siamo in un’epoca in cui i cosiddetti “fenomeni da baraccone” non solo erano molto richiesti per gli spettacoli al circo, ma erano anche l'unica a volte fonte di guadagno per gli stessi uomini o donne "mostri" che così potevano sostentarsi. Anche Clementina trasformò questo suo problema in una fonte di guadagno, ma in modo libero, audace. Assolutamente coraggioso per chiunque. Figuriamoci per una donna.
La storia della donna con la barba che al cinema si chiamerà Rosalie
Clémentine Delait nasce in Francia il 5 marzo 1865 e la sua vita non è stata semplice perché nell'età della pubertà ha dovuto affrontare la crescita della barba come fosse un ragazzo. Durante la gioventù ovviamente questa particolare condizione la faceva sentire a disagio. Infatti per tutta la prima parte della vita si è rasata meticolosamente ogni giorno. A un certo punto però ha deciso di abbracciare la sua diversità e di trasformarla in un simbolo di forza. La sua storia è la più straordinaria storia di auto accettazione. La decisione di lasciare crescere la barba è stato il modo con cui si è emancipata, come a dire: "Basta io sono questa, accettatemi come sono".
Già all'epoca la sua storia e scelta di autodeterminazione hanno attirato l'attenzione dei media e del pubblico. Perché Clémentine Delait inventò un diritto che ancora oggi fa fatica a imporsi: quello di essere di essere se stesse. Pensate agli interventi di chirurgia estetica a cui le donne si sottopongono per assomigliare a un unico modello di bellezza imposto dalla società maschile. Agli uomini non viene chiesto di avere le labbra carnose o il naso alla francese. L'uomo può essere bello in tutti i modi che vuole. Le donne più di un secolo dopo Clementine, ancora no. (Se vuoi approfondire leggi la storia dei peli in questo articolo). Per questo la sua esperienza- che oggi ispira un film in uscita in Italia il 30 maggio- è diventata un simbolo della lotta contro i pregiudizi di genere. Clémentine senza saperlo ancora ha promosso un concetto di identità di genere libero dagli stereotipi. Essere insomma uomini o donna non per come è il nostro corpo ma solo per la nostra esperienza interiore. Le venne chiesto di entrare in un circo in cambio di una somma di denaro enorme ma lei rifiutò, preferì mostrare la sua semplicità nella sua vita di tutti i giorni lavorando alla sua locanda. Arrivavano da tutta la Francia per vederla e alla fine si arricchì comunque ma senza, appunto, trasformarsi in una mostruosa attrazione.
L'attrice che la interpreta
La bravissima attrice Nadia Tereszkiewica in una intervista ha dichiarato che la: "Prima volta che mi sono guardata allo specchio nemmeno ricordo che cosa ho provato. Di sicuro non era vergogna. Quella è arrivata dopo, sul set. Un’onda violenta di imbarazzo, e di paura del giudizio degli altri. Improvvisamente stavo male nel mio corpo. Era una sensazione inquietante". Ogni mattina per tutto il tempo di riprese del film si è sottoposta a quattro ore di trucco per diventare Rosalie. Alla regista, l'attrice chiedeva: "Lasciami piangere, le dicevo. Ho bisogno che Rosalie pianga". Ma a certo punto, come accadde a Rosalie, che nella realtà si chiamava Clementina, Nadia ha cominciato ad accettare la barba: "La sfoggiavo in mensa". Di Tereszkiewicz sentiremo molto parlare, a soli 24 anni è in grado di interpretare personaggi come questo molto complessi, tra le più talentuose della sua generazione, ha già vinto il César nel 2023 come attrice rivelazione grazie alla parte di Stella in Forever Young - Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi. "Mi assegnano sempre ruoli che mi portano fuori dagli schemi: la pazza, la moglie che uccide tutti i suoi mariti, la babysitter a metà tra Lolita e Mary Poppins che ribalta i codici estetici. E la donna barbuta, certo".
Trama del film: nella Francia rurale del 1870, Rosalie sposa Benoît, gestore di un caffè pieno di debiti. Lei omette di confessargli il suo segreto radendosi regolarmente. Ma la verità viene a galla. La donna diventa una creatura da disprezzare, poi da esibire, infine da amare.

7.7.24

La proposta della Lega per l’abolizione dell’obbligo vaccinale per i bambini contro morbillo, rosolia, parotite e varicella è una porcheria di Lorenzo Tosa

La proposta della Lega per l’abolizione dell’obbligo vaccinale per i bambini contro morbillo, rosolia, parotite e varicella è semplicemente una porcheria populista, demagogica, antiscientifica, ignorante e pericolosa.Questa gente è pericolosa. E il loro nient’altro che il disperato tentativo di recuperare uno straccio di consenso accarezzando la pancia di milioni di analfabeti scientifici e funzionali. Ogni volta che qualcuno ha toccato l’obbligo vaccinale, tutti i dati sulla vaccinazione sono pericolosamente scesi, mettendo a rischio la salute pubblica. Eppure c’è ancora chi gioca sulla pelle dei bambini e sull’ignoranza ( la maggior parte ) dei no-va* per un pugno di voti.Quando pensi che abbiano toccato il punto più basso, loro si armano di pala e cominciano a scavare.


Infatti ha ragione Lorenzo Tosa un conto è quando si tratta di nuovi vaccini , come nel caso del covid , i cui effetti collaterali non sono stati studiati completamente . Un altro è nel caso di uan malattia contagiosa ed infettiva . Mala tempora currunt

ritorno per un po' alla mia comfort zone prima di ritornare all'azione



ci sono  momenti come  questo    in cui non mi  va  di  uscire  dalla mia Zona di comfort   ed andare   a cercare  isole  che non ci sono     ed  pensare  a  combattere  i  miei fantasmi  \  incubi  che  a  volte premono per  ritornare     (  come di  solito  faccio   aumentando ulteriormente  il mio stato  ansioso  E    di sconforto  in quanto  




)  o lamentarmi   ed    rivangare  il mio passato tenendo  aperti  rimorsi e  sensi di colpa   , rimanendo   in ambito     fummettistico   come  Geremia Lettiga  di  Alan  ford   . E  fare  cosi  


Topolino e l'isola che non c'è - Cap. 5: la resa dei conti in topolino 3580
Soggetto e sceneggiatura di Giorgio Salati
Disegni di Giampaolo Soldati
Chine di Simone Paoloni
Colore di Irene Fornari

perchè  come dice   l'augurio  che mi   fece  quando apri il blog o meglio iniziai    con il  mio \  nostro   blog    CDV.SPLINDER.COM   al'inizio  ,   Mario pischedda  un mio amico scrittore   ed  artista poliedrico   festina lente  Festìna lente ("Affrettati lentamente" in lingua italiana)  *  ovvero  



  topolino  n 3580


* è una locuzione latina attribuita all'Imperatore Augusto dallo storico latino Svetonio. In realtà, nel testo di Svetonio (Vite dei dodici Cesari. Augusto, 25, 4), viene riportata una citazione di Augusto (in greco antico, σπεῦδε βραδέως spèude bradéōs), della quale "festina lente" è la traduzione latina. La locuzione unisce, in un ossimoro, due concetti antitetici, velocità e lentezza, e sta a indicare un modo di agire senza indugi, ma con cautela. .....  https://it.wikipedia.org/wiki/Festina_lente

6.7.24

L’amore per il latino e per la vita Così Marco Remedia,ha vinto la malattia

 Un brutto male diagnosticato alla nascita l’ha costretto a lottare fin da subito. E lui ne è uscito più forte e intenzionato a mettere a disposizione degli altri le proprie qualità. «Sogno di diventare insegnante»L’amore per il latino e per la vita Così Marco ha vinto la malattia

avvenire  6\7\2024
ROBERTO 
MAZZOLI

Pesaro
«Ragazzi, studiate il latino e scoprirete voi stessi». Sono le parole di Ivano Dionigi, pesarese, già Magnifico rettore dell’Università di Bologna e per lunghi anni a capo della Pontificia Accademia della Latinità. Parole che evidentemente hanno fatto breccia nel cuore di Marco Remedia, 14 anni, che quest’anno ha concluso brillantemente il primo anno al liceo classico “T. Mamiani” di Pesaro, ottenendo il massimo dei voti in tutte le materie d’indirizzo. 
Inoltre lo scorso 26 maggio ha ricevuto la palma del vincitore alla 33^ edizione di “Latinus Ludus”, manifestazione riservata alle giovani eccellenze italiane nello studio dei classici. « È stata la mia insegnante, Alessandra Massent, a iscrivermi e ho partecipato con grande entusiasmo alla prova che consisteva in una traduzione del “Ratto delle Sabine” di Tito Livio». Quel giorno su centinaia di partecipanti da tutta Italia, Marco consegna la sua traduzione per primo. È molto soddisfatto del suo lavoro e lo stupore della commissione è grande, anche perché sono trascorsi appena 50 minuti delle tre ore concesse. A casa per festeggiare il novello Cicerone ci sono mamma Francine e papà Filippo, le due sorelle maggiori Holly e Carolina e la nonna Maria Rosa, già maestra elementare e innamorata del latino. « La passione di Marco per questa lingua non ha niente di snob – dice il suo parroco don Mario Florio – e questo premio ha coronato il suo percorso che gli auguro lungo e fecondo». Sembra tutto facile per Marco, in realtà la sua vita si è rivelata un vero dramma fin dalla nascita. A seguito di una peritonite meconiale non riconosciuta al momento del parto, Marco subisce un ictus ischemico e sarà costretto ad un delicato intervento presso l’ospedale di Rimini dove verrà dimesso dopo un lungo ricovero di quasi due mesi. « Da quell’esperienza sono uscito anche con un superpotere – scherza Marco – infatti mi è rimasto un udito molto più sensibile della norma cosa che, se da un lato è positiva, d’altra parte è penalizzante perché amplifica ogni minimo rumore, impedendomi di concentrarmi come vorrei». Le gravi conseguenze motorie subite alla nascita, resteranno inoltre per tutta la vita, costringendolo a nuovi e complessi interventi chirurgici. L’ultimo esattamente un anno fa, quando è stato sottoposto all’allungamento dei tendini più importanti delle gambe: il semitendinoso e il gracile, che nel suo caso erano rimasti pari all’estensione di quelli di un bambino di tre anni. «Sono stato contento di essermi operato durante i mesi estivi, subito dopo l’esame di terza media perché, anche se ho patito parecchio caldo e sofferenza, almeno non ho perso giorni di scuola; non sarei stato in grado di dedicarmi allo studio, per me così importante, perché era già faticoso anche solo alimentarsi». Parlare con Marco è come dialogare con un adulto. Ha le idee ben chiare sul suo futuro: «Sogno di potermi iscrivere alla Facoltà di Lettere classiche e di diventare un insegnante ma spero di non sentirmi mai superiore agli altri, perché non c’è niente di più bello che comunicare la propria conoscenza ». Del resto comunicare deriva dal latino communicare: cum (insieme) e munus (dono), e Marco è un vero dono anche per la sua classe che ha festeggiato la sua vittoria portandolo in trionfo e facendogli sentire tutto l’affetto della vera amicizia. « A scuola mi trovo bene come in famiglia, mi piace studiare ma anche divertirmi come un qualunque ragazzo della mia età: leggo i fumetti manga, gioco alla playstation e vado all’oratorio parrocchiale». Come premio per il riconoscimento ottenuto, oltre a numerosi libri, potrebbe arrivare anche un regalo speciale della famiglia: un viaggio a Roma. « Non sono mai stato nella capitale e per me sarebbe un sogno viaggiare nel tempo alle origini della lingua che tanto mi affascina». E a proposito di sogni: la madre dice che nel sonno Marco parla in latino. Forse è proprio vero quel che dice Dionigi. Il latino ci consente di risalire al significato originario delle parole, di riconoscere il loro volto, di ripercorrere la loro storia. Perché le parole, come le persone, hanno un’origine, un volto e una storia.

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nonostante lo schifo del caso di Giovanni Ianelli e dell'insabbiamento dellla vicenda mi appassionano le storie ad esso legate come quella di Tadej Pogacar

 Nonostante    il  doping    e le  corruzioni  presenti  in tutti gli sport  agonistici   e casi   di criminalità    e  insabbiamenti   come il Pantani  e   il   caso del povero   Giovanni Ianelli   per  rimanere  nell'ambito del  ciclismo  ne  ho parlato   in 

Lo sport    e le  sue    storie  mi  ha   sempre  anche  se  passivamente    mi   ha  sempre  appassionato . In questo caso  il  ciclismo  . 
Ecco    dallo  scorso numero dell'inserto di  7 settimanale  del  corriere  della sera    la   storia    di  Tadej Pogacar  





L’EROE TOTALE CHE HA PORTATO IL CICLISMO FUORI DAI CONFINI DEL TIFO SPECIALIZZATO SENZA ESSERE UN CANNIBALE, ANZI...

Il  ciclismo   e le  sue storie Alle 16 e 30 dello scorso 25 maggio la penultima tappa del Giro d’Italia si arrampicava tra migliaia di tifosi su quel Monte Grappa tanto caro alla Patria quanto stramaledetto dai ciclisti per la sua durezza. Lasequenza più memorabile (un milione di visualizzazioni sui social in poche ore) di tre settimane di corsa si è materializzata in una curva orientata dolcemente verso destra, poco lontano dalla cima. Solo al comando in maglia rosa e lanciato ad altissima velocità verso il trionfo finale, Tadej Pogacar si è visto affiancare a destra da un massaggiatore della sua squadra pronto ad allungargli una borraccia, a sinistra da un ragazzino che gli correva a fianco incitandolo. Con tempismo surreale e un solo ampio gesto del braccio, Tadej ha afferrato senza rallentare la borraccia e l’ha passata al ragazzino (Mattia da Vincenza, 12 anni, che per poco non è svenuto per l’emozione) regalandogli anche un sorriso. La leggenda del più forte ciclista di tutti i tempi è in corso di scrittura da quattro stagioni, quella dell’Eroe  Sorridente si è concretizzata per la prima volta sul Monte Grappa  braccio, Tadej ha afferrato senza rallentare la borraccia e l’ha passata al ragazzino (Mattia da Vincenza, 12 anni, che per poco non è svenuto per l’emozione  foto sotto  a sinistra   ) regalandogli anche un sorriso.
La leggenda del più forte ciclista di tutti i tempi è in corso di scrittura da quattro stagioni, quella dell’Eroe  Sorridente si è concretizzata per la prima volta sul Monte Grappa.
La storia del ciclismo è piena di eroi.Eroi afflitti da cannibalismo come i supremi Eddy Merckx e Bernard Hinault, incapaci di considerare l’avversario altro che una preda da sbranare. Eroi dal sorriso triste e dalla vita breve come Fausto Coppi, dal destino segnato come Jacques Anquetil e Luis Ocaña. Eroi farmacologici come Lance Armstrong, tragici come Marco Pantani. Nelle biografie di quella dozzina di uomini che hanno fatto la leggenda ci sono spesso sfumature ciniche, malinconiche o da tragedia. Ora c’è lui, Tadej Pogacar da Klanec, Slovenia, classe 1998, prima apparizione nel mondo delle due ruote il 29 marzo 2015 a Loano, nel Savonese, quand’era poco più che adolescente. Oggi Poga appare come il primo fuoriclasse capace di traghettare il ciclismo fuori dai confini del tifo specializzato, dei praticanti, del popolo dei camperisti e dei cicloturisti che fanno la coda per tifare a bordo strada, sulle salite mitiche di Alpi e Pirenei. Il primo a non suscitare retropensieri in un mondo dove troppo spesso gli asini si sono trasformati in cavalli di razza grazie all’aiuto di compiacenti stregoni e di un’etica fragilissima: quando Poga

SE A 20 ANNI NON HAI COMBINATO QUALCOSA DEVI ABBANDONARE A 25, TADEJ HA GIÀ VINTO PIÙ DI MERCKX E HINAULT

pedala, sprizza classe visibile anche a chi di ciclismo capisce poco o nulla .Un uomo con la popolarità di un asso del calcio ma senza un minimo della spocchia di un Ronaldo o di un Messi che rispetta e onora ogni avversario e che ammette sempre la superiorità di chi (pochissimi, a dire il vero) lo sconfigge.

In quel Trofeo Città di Loano dove vestiva la maglia del Team Radenska, Pogacar arrivò 18°: la maggior parte degli 89 giovanissimi che parteciparono alla corsa ha lasciato da tempo l’agonismo. Il ciclismo è così totalizzante, così brutale che se a 20 anni non hai combinato qualcosa devi abbandonare il tuo sogno e provare a finire gli studi trascurati per sei ore di allenamento al giorno o trovare velocemente un lavoro. Chissà se Matteo Bellia o Francesco Bonadrini che allora staccarono Pogacar per poi, nel giro di uno due anni, appendere la bicicletta al chiodo e sparire anche dai radar dei siti specializzati, si resero conto di aver battuto colui che oggi è già considerato il più forte di tutti i tempi.

Far capire la grandezza di Pogacar a un non addetto ai lavori non è semplicissimo. Da 50 anni a questa parte, nelle due ruote domina la specializzazione. O vinci le grandi corse a tappe (sei scheletrico, agilissimo, forte in salita) o le classiche di un giorno (sei potente, aggressivo) o le cronometro (hai vistose masse muscolari, enorme capacità di sofferenza), combinando al massimo due qualità su tre. O vai forte in salita o sei implacabile in pianura. Gli ultimi eroi totali sono stati, quasi 50 anni fa, il belga Merckx, detto il Cannibale, e il francese Hinault. Frutti tardivi del ciclismo contadino e affamato dei tempi eroici, pronti a tutto pur di umiliare gli avversari, severissimi con i gregari considerati poco più che fedeli servitori di una causa divina. Hinault che vinse imprecando l’odiatissima Roubaix pur di completare il suo palmares e smentire chi non lo riteneva adatto. Merckx che tutt’ora — anziano e malconcio — rimpiange di non aver mai vinto la Paris-Tour, la mezza classica insignificante che è l’unica a mancare alla sua sterminata collezione.

A 25 anni Pogacar ha — in rapporto all’età — già vinto più di entrambi: due Tour de France, l’ultimo Giro d’Italia, tre delle cinque classiche-monumento (Il Lombardia tre volte, la Liegi due, una il Fiandre) e un’infinità di altre gare del calendario, in quasi tutti i casi con ampio distacco. A metà luglio potrebbe aver realizzato la doppietta Giro-Tour nello stesso anno (ultimo a riuscirci Pantani nel 1998, in altri tempi e altro ciclismo) a settembre vestire la maglia iridata sul durissimo percorso di Zurigo.

Per descrivere i super poteri di Pogacar si può, certo, ricorrere alla scienza. Quando pedala alla morte in salita o durante una cronometro, in ogni chilo di muscoli del corpo dello sloveno c’è quasi un watt di vantaggio rispetto ai suoi avversari più quotati: una F1 contro delle sportcar di serie. Quando gli altri scattano lui passeggia e quando lui scatta il resto del mondo boccheggia. A chi non interessano i watt basta guardarlo: la bocca mai dilatata a cercare ossigeno, spalle e fianchi che non ondeggiano nel fuorisella, il corpo mai accasciato sul manubrio ma sempre proteso in avanti a cercare con gli occhi il punto in cui fare la differenza, come un felino sul punto di ghermire la preda. Stilisticamente, una delle cose più sublimi in circolazione da sempre. «Che Tadej sia un fuoriclasse» ha spiegato Guillaume Martin, corridore francese che scrive saggi di filosofia come Socrate a Pedali «lo vedi anche quando cammina o nei momenti più tranquilli di gara, mentre risale il gruppo dopo essere andato a prendere una borraccia alla macchina. Emana un’aura inconfondibile. Essendo un mio avversario, l’idea di considerarlo dotato di superpoteri è controproducente e metodologicamente sbagliata ma ci sono momenti in cui non riesco proprio a non farlo». Quando Pogacar scatta sul serio, chi prova a seguirlo si fa male. Ci ha provato il forte danese Mattias Skjelmose all’ultima Liegi-Bastogne-Liegi spiegando poeticamente di «aver pagato a carissimo prezzo la fatica: se ti avvicini troppo al sole rischi di bruciarti». E ci ha provato all’ultimo Giro d’Italia, nella tappa di Oropa, l’australiano Ben O’Connor che commenta meno prosaicamente di «aver fatto di puro istinto

una cavolata pazzesca, ho rischiato di esplodere e chiudere la corsa lì. Quando lui parte bisogna contare fino a tre prima di fare qualunque cosa».

Dietro Pogacar c’è la formidabile ascesa della Slovenia e dei suoi 2,1 milioni di abitanti, un nazione ciclisticamente insignificante fino a 15 anni fa specie rispetto a chi come Francia, Italia, Belgio e Spagna pensava di detenere una sorta di potere ereditario nel mondo delle due ruote. Ora mentre noi italiani, pensionato Vincenzo Nibali, ci attacchiamo solo alle imprese del crono-fenomeno Pippo Ganna i nostri cugini hanno Pogacar, il suo amico avversario Primoz Roglic, che ha vinto tre volte la Vuelta, un Giro d’Italia e lo sfiderà al Tour, e il funambolo Mohoric che ha conquistato la Sanremo con un’impresa in discesa. Nazione dove lo sport è religione fin dalle quattro ore di obbligo scolastico dell’educazione fisica e dove i Pogacar nel ciclismo e i Doncic nel basket hanno rimpiazzato i modesti eroi del calcio che si stanno giocando gli Europei.Fuori dal ciclismo Pogacar fa una vita di banalità quasi sconcertante. Vive a Montecarlo per comodità fiscale (l’Emirates gli garantisce sei milioni l’anno di solo ingaggio) con Urška Žigart, anche lei ciclistica professionista, di due anni più giovane, che ha a lungo corteggiato durante i raduni di allenamento in altura della nazionale slovena dove la coppia si recava assieme ai compagni sullo scassato pulmino federale. «La meta del viaggio era Saint Moritz» ha spiegato Poga «ma dopo aver scoperto quanto costavano la benzina e la spesa al supermercato decidemmo di trasferirci a Livigno dove mi innamorai di Urška e della Valtellina».





 I due amano le gite fuori porta (quasi sempre in bicicletta) e le cene in casa con gli amici dove lui si improvvisa cuoco con risultati modesti, a detta della compagna.Pogacar non si pone limiti ma ha degli obiettivi precisi. Domani, 29 giugno, a Firenze comincia il suo quinto Tour de France: due li ha vinti, in due è arrivato secondo dietro al diafano danese Vingegaard che quest’anno partirà (se partirà) svantaggiato dopo il terribile incidente di gara a marzo, nei Paesi Baschi. Dovesse vincere anche il Tour, Poga sarebbe il primo a riuscire nella doppietta dopo Marco Pantani, appunto, in un ciclismo dove un’impresa del genere — per il livello della concorrenza — oggi è considerata quasi impossibile. Altri traguardi sono immaginabili: concreto già quest’anno quello del titolo mondiale, facilmente pronosticabile in futuro la Vuelta. Delle due classiche-monumento che ancora gli mancano Poga ha già sfiorato la Milano-Sanremo ma non ha mai affrontato quella più lontana dalle sue mille qualità, la Parigi-Roubaix. Se volesse, pensano in molti, non avrebbe nessuna difficoltà a scatenare l’inferno anche sul pavè, lui che alla Strade Bianche di Siena ha ballato da solo sullo sterrato per 80 chilometri.

 concludo   riportando sempre   dallo  scorso numero  del  settimanale  7 



 altre storie   a  tema  



5.7.24

adesso mi è chiaro il gesto di debora notari donna che ha fatto arrestare Gianluca Molinaro assasinio di Manuela Petrangeli



il mio giudizio espresso precedentemente sulla reazione di Debora Notari altra ex compagna del killer Gianluca Molinaro assassino di Mariangela  Petrangeli  ne   ho parlato   👉🏼qui era espresso a caldo . Ora leggendo gli aggiornamenti ( vedi articolo  sotto 👇🏼 preso  da  msn.it   ) mi accorgo che ha fatto benissimo a scegliere la legalità ed a controllare le proprie emozioni evitando d'esprimersi con la pancia



Manuela Petrangeli è stata uccisa a sangue freddo e in pieno giorno dal suo ex Gianluca Molinaro. Solo grazie all'intervento della sua prima compagna, Debora Notari, l'uomo si è costituito andando dai carabinieri della stazione di Casalotti. È proprio Notari che svela il lato oscuro del killer con cui ha avuto una figlia: l'operatore socio sanitario aveva dei precedenti per stalking e violenze
Il racconto dell'ex Debora Notari
Se le amiche e le colleghe di Manuela Petrangeli, la fisioterapista uccisa a Roma giovedì pomeriggio, non avevano avuto alcune avvisaglie di problemi o di possibili violenze dell'uomo, la sua ex invece conosce perfettamente Molinaro che ha anche precedenti per atti persecutori e stalking e indagini sono in corso anche sul possesso dell'arma. La prima compagna Debora Notari racconta: «lo denunciai per maltrattamenti, mi picchiava e lo feci arrestare. Poi però, dopo un paio di mesi in carcere, aveva fatto dei percorsi».Dopo il delitto Molinaro l'ha chiamata e lei lo ha convinto a costituirsi. «Voleva uccidersi, gli ho detto di andare dai carabinieri. Potevo esserci io al posto di quella donna. Ma ora non so che fare, mia figlia non sa niente, con lui aveva rapporti non buoni, ma un conto è un padre str**, che non paga gli alimenti, un altro un padre assassino

Secondo voi una donna di 46 anni che non si è sposata e non ha avuto figli è incompleta o completa ? io la risposta la ho . ma Vorrei sapere cosa ne pensate.

 colonna  sonora    Bandiera  -  di Giulia  Mei   Secondo alcuni mie utenti di fb che hanno commentato questo mia provocazione ...