27.12.17

LA STORIA DELL’ORAFO SALVATORE CRIVARO, CALABRESE DI RARO TALENTO che continua nonostante una rapina feroce e brutale a fare il suo mestiere e non abbandona la sua terra


lo so che la storia , segnalatami dall'amico e compagno di strada di vecchia data ( l'ho intervistato per il blog , quando esso era ancora su splinder ) Emiliano Morrone , che mi presto a condivedere potra sembrare normale visto che ormai le rapine alle attività lavorativer ( ma anche non ) son la norma . Ma la storia di Salvatore Crivaro, eccellente orafo di San Giovanni in Fiore, è l'esempio di come si possano superare le difficoltà in una regione meravigliosa ma depredata, abbandonata, mortificata, avendo passione, talento e tanta ricchezza interiore. Ma soprattutto di come si resiste e non si fugge ha scelto di fare ( vedere precedente post ) Battista Liserre partito da Cosenza per fare un dottorato a Marsiglia e non è più tornato. “ .



Immagine del profilo di Salvatore Crivaro, L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, occhiali, primo piano e spazio al chiuso Inoltre  come dice  lo stesso  Emiliano  << Il pezzo l'ho scritto di getto, colpito e affascinato dalla vicenda umana di Crivaro: dal prestito per aprire bottega sino alla rapina ad opera di una banda di criminali, alla rinascita dell'artista. Vi invito a CONDIVIDERE il più possibile, perché la vita di questo artigiano del Sud ci insegna a non mollare mai. Lo massacrarono  >>  --  continua  Emiliano  ----  << poi riprese a creare con successo. Una storia di periferia, bella, di speranza. Una storia di sacrifici, passione, orgoglio e forza interiore, in una regione, la Calabria, in cui l'emigrazione continua nel silenzio del potere.>>. Un ultima  cosa  prima d'essere  accusato  di'essere panegirista  , vedendo  le sue  creazioni     riportate  sul  suo account   di  facebook   alcune le trovate  sotto   concordo con questo commento lasciatoli 

Gianni Ambrosio                                                                                                                   Questi sono esempi di come chi crede in se stesso e in quello che fa riesce a realizzare i propri sogni.... Dobbiamo crederci nella nostra terra e farla crescere....


  Adesso lasciamo   la parola  alla storia  di Emiliano  

 https://www.emilianomorrone.it/


Un ragazzo “d’oro” rimasto nella sua terra, nonostante le logiche, i limiti e i condizionamenti della Calabria. Nonostante il dramma dei finanziamenti alle nuove imprese e una rapina che l’ha segnato per sempre.Anelli di forma inedita ricordano monumenti, simboli remoti. Conducono la mente alle luci, al senso della tecnica e ai misteri di 2001: Odissea nello spazio, il celebre romanzo di Arthur Charles Clarke. Sono opere uniche, opposte alla serialità del mercato.
di Emiliano MORRONE




Concepite per giochi di movimento, colore, interpretazione, si scompongono per assumere nuovi corpi, funzioni, significati. Oro giallo e bianco, meccanismi leonardeschi, pietre incastonate con geometrie pitagoriche e soluzioni complesse nascoste dalla semplicità dell’insieme. Collane con medaglioni compositi che riproducono, assemblati, ideogrammi chiave dell’abate medievaleGioacchino da Fiore (1135 circa-1202), profeta della giustizia terrena e autore dell’affascinanteExpositio in Apocalypsim. E quindi trame auree con perle e brillanti per diademi, orecchini e altri oggetti, secondo un’antica tradizione del Sud rivista in chiave personale.
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Siamo in Calabria, a San Giovanni in Fiore (Cs), segnata dall’emigrazione, dalle tragedie minerarie all’estero e dall’isolamento geografico: 17mila abitanti a oltre mille metri di altitudine, nel Parco nazionale della Sila. Su viale della Repubblica, sopra la stazione della littorina, dismessa e abbandonata, c’è il laboratorio-negozio di Salvatore Crivaro: 33 anni, mani consunte e annerite dal lavoro, occhi vivi, entusiasmo contagioso. Qui, in una stanza di appena 40 metri, è racchiuso il mondo di un ragazzo della periferia dell’Impero occidentale: sogni, fatti, energie, speranze, utensili e il ricordo della violenta rapina del 12 settembre 2012 da parte di un gruppo di rumeni, che in sei minuti lo massacrarono, gli rubarono l’oro in cassaforte, gli ruppero i dotti lacrimali col calcio di una pistola e lo lasciarono in un bagno di sangue.Nel 2004, contratto un prestito da 50mila euro per l’imprenditoria giovanile, lievitato a 80mila a causa dell’intollerabile «ingegneria finanziaria», aprì bottega nei pressi del Vallune, parte bassa dell’abitato che s’inerpica su monti di pini sterminati e silenzio greve. Attratto dal pianoforte già da bambino, Crivaro veniva dalla vecchia scuola d’arte locale, oggi liceo artistico, trascorso un anno all’analogo istituto Benvenuto Cellini di Valenza Po (Al), in cui studiò facendo il cameriere e poi il saldatore in un’azienda orafa che, racconta, «macinava oro, un paio di chili al giorno».

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Figlio di operai, Crivaro conosceva bene il valore del denaro, della fatica e del progetto professionale; anche perché da ragazzino aveva collaborato con un artigiano di San Giovanni in Fiore, rapito dall’idea, dalla creazione del gioiello e dalla voglia di capire, di guidare il desiderio del cliente. All’età di 16 anni più contatti e scambi con referenti del prestigioso marchio Damiani, poi mollati per andare da sé. Al padre – considerato la «guida, l’esempio, il motivatore», protagonista di battaglie vinte per l’occupazione prima dell’euro – Crivaro aveva già giurato che sarebbe diventato un orafo, soddisfatta la curiosità per l’anatomia delle cavallette, utile in quanto, riferisce, «insetti e animali insegnano le regole, le meccaniche della natura, esatta quanto ignota». E lì, a Valenza Po, a ridosso delle colline del Monferrato, il suo diario di ricerche e conquiste, tra disegni in bus, viaggi della mente, intuizioni e i pomeriggi a fissare la fiamma, sul metallo, del fabbro creatore. Scuola e pratica lontano da casa, da quell’angolo di Sud da cui era partito l’undici settembre del 2001 perché incompreso, respinto da una didattica e da un contesto provinciale troppo stretti per un ribelle come lui, reo di voler conoscere, sperimentare, penetrare i segreti dell’oreficeria, in classe come altrove: dal «Pizzitänu», che in un buco di bazar vendeva bigiotteria da regalo, all’osservazione delle donne, «da servire – spiega – per missione». Poi la crisi dell’oro, le diffidenze commerciali, la paura occidentale, il timore del conflitto, di esplosioni più spaventose di quelle a Ground Zero, che William Langewiesche paragonò a Hiroshima, scrivendo: «L’area del World Trade Center era uno scenario terrificante di per sé, e nessuno poteva escludere l’eventualità di ulteriori crolli o di nuovi attacchi».Dunque il ritorno di Crivaro nella sua terra, difficile ma obbligato, imposto da vicende più grandi di lui, di me, di noi. Giunto a San Giovanni in Fiore le rinunce per economia, il diploma da prendere, la passione della vita e la socialità complicata con gli amici, intenti a spendere, a scorrazzare con l’auto di papà e annoiarsi come usa oggi, a girare per bar e locali spesso senza un programma, un orizzonte, uno sguardo al futuro.Nel contesto, immutabile e minuto, una svolta inattesa: a Cosenza per una borsa di studio presso un produttore di lussuosi monili, venduti anche a 20mila euro, realizzati senza neppure il rimborso dei biglietti del pullman, tra i commenti ironici di coetanei e comitiva di Crivaro. Poi la prospettiva di creare in proprio, con la garanzia di commesse che dovevano arrivare da un avvocato, pronto a investire per procurare la materia prima. Ma niente, l’operazione si rivelò presto infruttuosa, al che Crivaro si rimboccò le maniche e si fidò soltanto del talento, dell’abilità, dell’inventiva e tenacia in suo possesso.

Un giorno il principe di Giordania Faik Bisharat entrò nella bottega dell’enfant prodige di San Giovanni in Fiore con l’Associazione internazionale dei Timonieri d’Oro per il Turismo, in Italia a lungo guidata dal compianto Franco BonacciCaterina Bonacci, la moglie, ricorda oggi quella visita casuale, forse non troppo: «Crivaro si mostrò subito gentile e molto generoso, affascinato dalla nostra presenza. Avevo vestito e orecchini abbinati, mi chiamò “la signora in turchese”. Ci accolse con rara gentilezza e disponibilità, mostrandoci paziente i suoi lavori». E la notte il giovane orafo restò sveglio a realizzare un gioiello di perle, oro e legno: una nave con timone per omaggiare il principe di Giordania che lo volle a una serata di gala, in Calabria. Poi, nel 2006, l’incontro con l’allora governatore del West VirginiaJoe Manchin, arrivato in delegazione nella terra degli avi, San Giovanni in Fiore. Emozione e stupore reciproci, Crivaro fu invitato dal politico, che raggiunse negli Stati Uniti facendosi apprezzare per le doti creative e umane insieme. Vere, subito evidenti.poi mostre, sacrifici, ore, giorni, mesi a creare nuove opere, con umiltà e ardore più unici che rari, così da rimettersi in gioco, in sesto, dopo la rapina subita a pochi mesi dal matrimonio, per cui aveva risparmiato soldi guadagnati col sudore della fronte, che dovette investire nell’attività, obbligandosi a stringere la cinghia, a ricominciare.Gli autori di quella rapina sono finiti male e Crivaro si è ripreso, malgrado i danni permanenti ai dotti lacrimali e le conseguenze per la sua professione, per il futuro. Tra le ipotesi di quel gesto criminale anche un movente disumano: bloccare per sempre la crescita del giovane artigiano, che invece ha resistito, traendone motivi per moltiplicare gli sforzi e il desiderio di dire, di fare qualcosa di memorabile dalla, nella sua San Giovanni in Fiore.Ho voluto raccontare questa storia perché reca due messaggi. Primo: il talento viene più spesso dalle difficoltà, e a Sud lo sappiamo bene. Secondo: nulla, volendo, può sconfiggere l’amore per un mestiere e la voglia di riuscire. Neppure la cattiveria umana, sempre dietro l’angolo. Buon Natale.

A Gorizia Sergio Pacori l’uomo che trasforma le bombe in arte

in una zona d'italia mortoriata da guerre ( prima e seconda guerra mondiale ) dai genocidi etnici : italianizzazione forzata 1 2 del fascismo prima e le violenze del fascismo Rsi con i nazisti e con relativicampi di concentramento e di transito e poi con le foibe prima popolari e poi del regime comunista di Tito ) c'è chi chi traforma gli strumenti di guerra in sculture . Esso è Sergio Pacori che assemblando residuati bellici apprezzate anche da Mattarella e Papa Francesco.

E' goriziano, ha 84 anni e riesce a trasformare i residuati bellici in oggetti d'arte: sergio Pacori realizza da anni sculture, oggetti e persino un presepe utilizzando bombe, schegge, lamiere e bossoli recuperati sul Carso. Opere spedite anche in Quirinale e in Vaticano ( foto tratte dalla pagina Facebook dell'autore )
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GORIZIA È “l’uomo delle bombe”, ma di ostile in lui non c’è proprio nulla. Perché, anzi, Sergio Pacori è un uomo di pace e creatività, un artista che trasforma quelli che sono letteralmente dei frammenti di tragedia in opere d’arte e messaggi di speranza.














Lo conoscono davvero tutti, a Gorizia ma non soltanto. Pacori, 84 anni ma una grandissima vitalità, è da tempo noto e apprezzato per le sue particolarissime sculture realizzate riciclando schegge arrugginite, bossoli (rigorosamente vuoti) o pezzi di bombe risalenti alla Grande Guerra e recuperati un po’ ovunque, nel corso di una vita, sulle alture che circondano Gorizia. Figure ispirate alla religione, ma anche soldati, personaggi fantastici e scene quotidiane. C’è un po’ di tutto nella variegata produzione di Pacori, che negli ultimi 25 anni ha creato più di 130 opere, ed esposto in oltre cento occasioni, sia in Italia che all’estero. Di grande suggestione – e attualità, visto il periodo – è ad esempio l’originale presepe realizzato dall’artista goriziano utilizzando schegge e pezzi di ordigni.Lo scorso anno fu esposto nel Palazzo della Prefettura di Gorizia, per essere però diffuso, tramite foto, un po’in tutte le sedi istituzionali italiane. E del resto, per le sue creazioni, Pacori ha ottenuto il plauso di personalità importanti, quali l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (rimasto colpito soprattutto da una particolare “pietà”) o Papa Francesco. Il tutto per merito di un talento che nasce da una grande passione, coltivato da Pacori fin dalla più tenera infanzia. «La mia famiglia viene da un paesino, Gargaro alle spalle del Monte Santo, dove quando ero piccolo c’erano più schegge che sassi – racconta –. Noi ragazzini le raccoglievamo, e poi, frequentando i fabbri del paese ho imparato a lavorare il ferro, rubando i segreti del mestiere».Nemmeno eventi tragici come la morte di un amico, proprio a causa di una bomba che stava tentando di disinnescare con l’ingenuità dei suoi anni, o le sofferenze della guerra patite con la famiglia costretta a lasciare il suo paese d’origine per Gorizia (vicende raccontate anche nel libro “I giorni di Gargaro”, scritto proprio da Pacori) hanno spento la passione di Sergio per quei resti degli scontri bellici disseminati un po’ovunque lungo i vecchi campi di battaglia.«Per una vita ho raccolto schegge e reperti vari, ma poi ho iniziato ad utilizzarli per le mie opere quasi per caso – spiega l’artista –. Io ero solito lavorare la pietra, o il legno, ma un giorno gli Alpini di Gradisca d’Isonzo, che dovevano incontrare il Primo Ministro ungherese, mi chiesero di creare qualcosa utilizzando delle vecchie schegge della Grande guerra. Quel lavoro mi riuscì così bene, e mi colpì tanto, che poi ho continuato». Ed ora Pacori non ha certo intenzione di fermarsi, anche perché la gran mole di materiale arrugginito ma preziosissimo messa da parte nel corso degli anni non attende altro che essere trasformata in qualcosa di nuovo, di pregevole e fortemente simbolico. Il numero delle sue creazioni cresce di anno in anno, e si arricchisce di figure e personaggi sempre nuovi. Come i draghi fantastici che il goriziano ha inserito nella sua collezione. «Sul mio profilo Facebook mi arrivano messaggi e complimenti dai quattro angoli del mondo, e questo mi riempie di orgoglio – dice Pacori –, anche se l’ultima volta ci ho messo tre settimane a rispondere a tutti, perché non volevo far torto a nessuno. Per il prossimo anno ho in calendario già un programma piuttosto fitto di esposizioni, tra le quali una mostra a Roma, una alla Casa Carducci di Bologna, ma anche a Vittorio Veneto, a Fossalta Maggiore e a Novara».

come reagira' il pontefice davanti a questo coming out lo sospenderà o lascerà ?il caso Usa, il prete cattolico rivela in Chiesa: «Sono gay e non voglio lasciare il sacerdozio». Standing ovation Padre Gregory Greiten, 52 anni, di ha incassato l’appoggio dei parrocchiani di Milwaukee e dell’arcivescovo

non ricordo se  è il corriere della sera o la repubblica   da  cui ho preso la foto . Gli eventuaòlidetentori dei diritti posso   scrivermi in privato  e  il  post  sarà modificato o rimosso 


Usa, il prete cattolico rivela in Chiesa: «Sono gay e non voglio lasciare il sacerdozio». Standing ovation 
Padre Gregory Greiten, 52 anni, di ha incassato l’appoggio dei parrocchiani di Milwaukee e dell’arcivescovo

"Sono gay e sono prete": padre Greg fa coming out. I parrocchiani applaudono, il vescovo timidamente approva
Sono gay e sono un prete cattolico romano e non ho intenzione di lasciare il sacerdozio». I parrocchiani che lo scorso 17 dicembre assistevano alla messa alla Saint Bernadette Catholic Parish di Milwaukee probabilmente non si aspettavano una simile rivelazione da padre Gregory Greiten. O forse sì. In ogni caso hanno accolto le sue parole mostrando comprensione e grande apertura.« Oggi, rompo il silenzio e finalmente mi libero dalle catene della vergogna che mi sono state imposte in giovane età» ha poi ribadito Greiten sul National Catholic Reporter assicurando di essersi liberato da un peso che gli opprimeva il cuore.
La reazione dell’arcivescovo dopo la rivelazione
Comprensione dopo l’inusuale rivelazione anche dall’arcivescovo di Milwaukee, Jerome Listecki. «Noi supportiamo padre Greiten nel suo percorso e raccontiamo la sua storia per comprendere e vivere con lui il suo orientamento sessuale. Come insegna la Chiesa chi ha un’attrazione per persone dello stesso sesso deve essere trattato con comprensione e compassione. Come preti che hanno fatto una promessa al celibato, sappiamo che ogni settimana ci sono persone nei nostri banchi che lottano con la questione dell’omosessualità».
Greiten: «Mi è stato insegnanto che l’omosessualità è da nascondere»
Parole di apertura che, secondo Greiten, sono però tardive. «Per anni mi sono vergognato di me stesso e ho vissuto con un segreto. I preti della chiesa cattolica romana e del mondo – ha detto con piglio polemico- dovrebbero incoraggiare a rompere il muro del silenzio e dire la verità sulla propria identità sessuale. Fin quando ero in seminario negli anni 80, mi è stato insegnato che l’omosessualità è qualcosa che non si deve rivelare e che deve essere punito. Gli amici con ‘amicizie particolari’ sono stati immediatamente espulsi dalla scuola, ufficialmente per ‘problemi familiari’. Riflettendo su quegli anni, ho capito che non mi rendevo conto di quanto stessi reprimendo i miei sentimenti nel tentativo di vivere una vita da uomo eterosessuale. Così è stato fino all’età di 24 anni, quando durante un viaggio di cinque ore per rientrare in seminario, la verità ha sfondato la menzogna. E alla fine ho ammesso a me stesso, ‘Io sono gay!’. Stavo percorrendo una strada cercando di evitare di uscire dalla corsia, ripetendo a me stesso ancora e ancora: ‘Sono gay!’. Anni di vergogna accumulata si sono riversati fuori mentre le lacrime scorrevano sulle mie guance». La storia di padre Greiten, 52 anni, ha fatto il giro dei media Usa.

Paola l’eremita: «Vivo a mille metri d’altezza e prego per voi. Il postino non sale, uso il web»

in sottofondo  Franco Battiato - E ti vengo a cercare

Sfogliando  un altro   quotiuotidiano  che non sia   solo la  voce  del Pd (  anche  se   con una piccolissima  parte   critica  )  come  la repubblica ho trovato sul corriere    della sera del 26\12\2017    questo  storia   interessante   che   ho deco di condivederecn voi  .  Essa mi  ha riportato alla mente  , la  canzone   della  colonna sonora  del  post  


Paola l’eremita: «Vivo a mille metri d’altezza e prego per voi. Il postino non sale, uso il web»
Come rifugio un ex essiccatoio per castagne sulle Alpi Cozie. «Il cellulare e internet vanno usati con criterio ma sono buoni alleati di noi eremiti». Riceve tante persone: «Nel primo anno più di 750. Mi chiedono consigli anche sacerdoti in crisi»

La baita dove vive da sola suor Paola Biacino (ph. Siccardi/Walkabout)
La baita dove vive da sola suor Paola Biacino (ph. Siccardi/Walkabout)

TORINO - Spala la neve. Gli scalini che dalla strada scendono fino a casa sua devono essere puliti il prima possibile. «A Natale qui saremo undici: io, le mie tre figlie, i loro mariti e i quattro nipoti. Dal 27 al 30 dicembre ospito dei toscani di Viareggio. E dal 30 dicembre al 2 gennaio aspetto 17 giovani da Torino e dalla Valle di Susa». Fa freddo. «Mai come sei o sette anni fa quando caddero quattro metri di metri e il termometro scese a meno 25 gradi». Classe 1958, trentina di nascita, piemontese d’adozione, suor Paola Biacino ha modi sportivi e un sorriso contagioso. È madre. Nonna. Ed eremita. Vive sola a mille metri d’altezza, in un ex essiccatoio per castagne trasformato in baita. Alpi Cozie, comune di Bagnolo, provincia di Cuneo: il suo rifugio è abbracciato agli alberi e alle rocce di Pra ‘d Mill, non distante dal monastero cistercense Dominus Tecum
Prima di arrivare a questo approdo, suor Paola ha macinato giorni lunghi e amari. «La vocazione per la vita consacrata l’ho avuta a sette anni — racconta — Volevo fare la missionaria». Altri, però, hanno deciso al suo posto: a 18 anni è stata costretta a sposarsi, iniziando una convivenza dolorosa. «Sono arrivate anche tre splendide figlie, che ho cresciuto dando loro tutto l’amore possibile. Così quei trent’anni in famiglia sono stati la mia missione». Quando, dopo tante traversie, la Chiesa ha annullato il suo matrimonio, Paola ha capito che era giunto il momento di riconsiderare la sua esistenza. «Non ho scelto l’eremo — precisa — semplicemente ho scelto, ancora una volta, Cristo». Nel 2004 ha conosciuto i ruderi che grazie al suo impegno e alla generosità di molti amici sarebbero diventati il suo rifugio. Il 23 luglio 2005 s’è definitivamente trasferita lassù. Dal 2007 è un’eremita riconosciuta dal vescovo di Saluzzo. Già, perché non basta abbandonare tutto e vivere in posti selvaggi: la Chiesa cattolica accetta come eremiti solo coloro che si danno una regola di preghiera e vivono un rapporto di comunione con la comunità cristiana del luogo .ggi, in tutta Italia sono circa 200, uomini e donne. Suor Paola Biacino è una di loro. «La preghiera è come un’antenna invisibile, che chiama a sé le persone» spiega. «Ho lasciato il mondo. Il mondo, però, rimane qui, accanto a me».
C’è sempre qualcuno che sale in baita. «Nel primo anno le visite sono state più di 750, da allora ho perso il conto». Arriva gente d’ogni età e d’ogni ceto, spesso segnata dal disagio. O sacerdoti in crisi. «A volte non ho risposte. Ascolto, stringo forte le mani, rido o piango con chi mi siede di fronte. Una cosa prometto e quella faccio: portare davanti al tabernacolo la storia di chi incontro». Capita a volte che inizi un rapporto fatto di telefonate, sms ed e-mail. «Il cellulare va usato con criterio, ma è un buon alleato di noi eremiti. Così come il web. Il postino non sale. E non sempre mi va di scendere a valle con la vecchia utilitaria che mi ha regalato un gesuita». Solo in Quaresima suor Paola sceglie un ritiro più radicale: un cartello alla porta chiede, per favore, di non bussare.
La sua giornata comincia in cappella alle 3: «Canto i salmi del Mattutino». Alle 4 torna in cucina a rifocillarsi. Poi, di nuovo in cappella. «Le ore sono scandite da preghiera, letture e lavori manuali. Vede quei berretti di lana là, su quella sedia? Li ho fatti io sferruzzando. Sono i miei regali. Dipingo anche. Sto finendo un’icona che ritrae le nozze di Cana». Normalmente va a letto alle 20.30. L’eremo è pace ma anche lotta estrema. «Ti scarnifica dentro, riporta a galla tensioni irrisolte». Tutto è amplificato dal silenzio. «Dio parla e si fa vicino. Occorre lasciargli lo spazio che si merita, tenendo a bada i pensieri e purificando il cuore. Talvolta vivo periodi di aridità interiore. Che faccio? Persevero. M’inginocchio e prego. Quando finisce, avverto che non ne esco sola. Con me, stanno meglio anche altre persone».

come sopravvivere alle feste di natale XI fra natale e capodanno . come iniziare a riprendersi graduatamente e come fare con gli aninmali ma anche non quando si usano petardi ed affini



ben ritornati o ben ripresi dalla prima tranche ( vigilia , natale e santo stefano ) delle festività natalizie 
Ecco  come  possiamo  iniziare , in maniera da : non fare tutto in fretta e stressarvi \ deprimervi ancora di più ( specie che soffre d'ansia e depressione ), arrivare già pieni e mettere su altri kg per le feste di capodanno e dell'epifania con una dieta o quanto meno a magiare normalmente . Infattti Esistono caratteristiche individuali che rendono alcuni soggetti più sensibili di altri a questa sindrome. «Le persone che vivono di regolarità, di routine, che non amano le novità, si sentiranno bene nel tornare ai vecchi ritmi e abitudini, che sono il rifugio da ansia e insicurezza», dice lo psichiatra. «Sono i tipi che potremmo definire dei diesel, si trovano bene alla velocità di crociera, anzi a volte si sentono in colpa per essersi allontanati da doveri e responsabilità», aggiunge. 
«Le persone invece meno organizzate, ambiziose, competitive, tendono a risentirne maggiormente. Questi sono motori da corsa, vivono di sprint, non di costanza - continua Cucchi - e fanno fatica a tornare al concetto di abitudine». Ecco dunque sempre secondo


http://www.lastampa.it/2017/01/07/scienza/benessere/come-affrontare-il-rientro-alla-normalit-dopo-le-feste-natalizie-mOcbyTs3jdn4OxdJjWGenL/pagina.html

LA SINDROME DA RIENTRO PASSA IN POCHI GIORNI, MEGLIO SE SI RIPRENDE LA ROUTINE GRADUALMENTE

Il malessere che può colpire alla fine delle vacanze è un passaggio fisiologico che se ne va in pochi giorni. «Il nostro organismo è infatti progettato con la straordinaria capacità di adattarsi al cambiamento, anche se talvolta qualcosa va storto e ne deriva un disagio, tecnicamente la sindrome da adattamento», conferma Cucchi. Ma con qualche utile suggerimento è possibile rendere il rientro alla vita di tutti i giorni in modo meno traumatico possibile.
«Il modo migliore per affrontare questa sindrome è quello di pensare che sia un’occasione per ristrutturare alcune abitudini, ripensare ad alcune modalità, scegliere strategie e direzioni magari leggermente diverse, per sentirsi più padroni del proprio tempo e della propria rotta», raccomanda Cucchi. «Inoltre, dedicare un po’ di tempo a pensare prima di agire può essere un buon modo per rientrare di slancio, non buttarsi subito a evadere mail o nell’operatività della gestione della casa e delle faccende arretrate, ma progettare il percorso verso la meta», aggiunge. Secondo l’esperto, è inoltre necessario riprendere con gradualità.
«Non fate l’errore di sentirvi in ritardo perché la pancia vi dice che dovete correre: non tutte le cose che sentite di dover fare sono così urgenti», dice.
«E non cercate di dilatare il tempo inzeppandolo di cose da fare e affastellando l’agenda di impegni: meglio porsi obiettivi raggiungibili», conclude Cucchi. Se questo non dovesse bastarvi , oltre i miei riferimenti alle guide precedenti , sotto i classici consigli
http://www.alfemminile.com/dieta-dimagrante/tornare-in-forma-dopo-le-feste-consigli-per-ritrovare-la-silhouette-s762727.html
http://www.salepepe.it/news/notizie/dieta-detox-dopo-le-feste/
https://www.panorama.it/scienza/dieta/dieta-10-consigli-per-dopo-abbuffate/#gallery-0=slide-2

Inoltre  in questo periodo    iniziano  le sparatorie   . Infatti   è già da un paio d'anni  che , an causa crisi  e  tasse esagerat le sparatorie    di botti e petard  hanno smesso  di caratterizzare   i  giorni prima di natale  per concentrarsi  fra il 31 dicembre  e il primo gennaio .
Ora  lo so che  mi ripeto ma  non ne  posso  più  di leggere  e sentire  di morti feriti  , mutilati  ,  di animali impauriti  o  bruciati causa botti \ petardi   chi non vuole sermoni  ,  conosce  già l'argomenti  , lo ha  già letto nelle mie guide precedenti   può saltare questa parte


Io  dopo alcune  brutte   esperienze  (  danni  ,  una  bruciatura  )  ho smesso   di esplodere fuochi  \ petardi  . Ma visto il  continuo bollettiuno di guerra    e le  conseguenze  che  essi  hanno  su gli animali ecco alcuni consigli sia persone     che    per  gli animali
Iniziamo con alcuni consigli  , per spararli in modo   sicuro  e  con meno danni ( a cose  e   persone  )  possibile

AL MOMENTO DELL'ACQUISTO
• Verificare che sull'unità minima di vendita siano presenti le istruzioni d’uso, la marcatura CE, il nome del fabbricante, etc.
• Il fuoco d’artificio deve essere in ottimo stato di conservazione, non presentare segni di umidità o danneggiamenti.
• Acquistare solo prodotti per i quali si è in possesso delle specifiche di legge richieste (ad esempio avere l’età minima necessaria).

TRASPORTO E CONSERVAZIONE
• Utilizzare sacchetti o scatole, non tenere in tasca o in zaini.
• Tenere lontano da fonti di calore, scintille, fiamme libere o superfici riscaldate. Non fumare.
• Tenere fuori dalla portata dei bambini.
• I fuochi artificiali temono l’umidità.

AL MOMENTO DELL’ACCENSIONE
• Leggere attentamente le istruzioni d’uso.
• Se del caso, il pubblico deve stare ad un’adeguata distanza di sicurezza.
• Indossare indumenti non infiammabili. È consigliabile proteggere gli occhi.
• Tenersi lontani da case, persone e luoghi a rischio di incendio come fabbriche e boschi. Non usare in caso di vento.
• Utilizzare sempre solo un prodotto alla volta tenendo altri eventuali fuochi artificiali lontani e al riparo da fiamme e scintille.
• Accendere l’estremità della miccia stando sempre di lato, senza avvicinare il viso; portarsi quindi alla distanza di sicurezza prevista in etichetta.
• Attenzione: alcuni fuochi artificiali potrebbero spaventare gli animali, tenerli ad adeguata distanza dal luogo di sparo.

DOPO L’USO
• Non abbandonare eventuali involucri dei prodotti pirotecnici dopo l’uso (ad esempio: tubi di batterie, fontane, etc.).
Smaltirli utilizzando gli idonei contenitori per la raccolta dei rifiuti.

COLPO MANCATO
• In caso di mancato funzionamento o di funzionamento parziale, non tentare mai di riaccendere il prodotto (tranne nel caso di articoli con due miccie). Attendere almeno 30 minuti prima di avvicinarsi. Senza mai posizionare alcuna parte del corpo sopra l'artificio irrorarlo con abbondante acqua in modo che sia completamente e profondamente bagnato. Lasciare raffreddare per almeno
altri 30 minuti.
• Non abbandonare mai prodotti inesplosi.




Consigli d'uso per ogni genere di prodotto:

BENGALA
Usare solo all’aperto. Inserire il prodotto in una superficie morbida o altro materiale non infiammabile (es. sabbia).
Stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.

FONTANE
Usare solo all’aperto. Posizionare la fontana diritta al suolo, stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.

CANDELE ROMANE
Usare solo all’aperto senza ostacoli nello spazio sovrastante il punto di sparo.
Fissare saldamente la candela romana ad un palo robusto e diritto. Stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.

PETARDI
Appoggiare a terra un prodotto alla volta ed accendere l’estremità della miccia.
Allontanarsi alla distanza di sicurezza.
Non estrarre la polvere contenuta.
Non legare più prodotti insieme.



CANDELE MAGICHE
Usare solamente su una superficie non infiammabile.
Accendere un prodotto alla volta alla sua estremità. Tenere la candela magica lontano da ogni parte del corpo e da prodotti infiammabili. Non inalare il fumo.

ATTENZIONE! Una volta spenta la candela magica è molto calda.

RAZZI
Usare in spazi aperti senza ostacoli nello spazio sovrastante il punto di sparo.
Inserire l’asta del razzo in un dispositivo di lancio stabile (es. tubo) avendo cura che l’asta sia libera di fuoriuscire. Stando di lato accendere la miccia ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.

SPETTACOLI
Usare in spazi aperti senza ostacoli nello spazio sovrastante il punto di sparo. Appoggiare su una superficie piana, stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.

GIRANDOLE AEREE
Usare solo all’aperto.
Appoggiare singolarmente su un suolo piano posizionando correttamente il lato alto del prodotto. Accendere la miccia stando di lato e allontanarsi alla distanza di sicurezza. ATTENZIONE! La girandola vola in alto.

GIRANDOLE A TERRA
Usare solo all’aperto. Appoggiare a terra su una sperficie piana un prodotto alla volta. Accendere l’estremità della miccia ed allontanarsi alla distanza
di sicurezza.

PARTY POPPER
Tenere lontano dagli occhi e dalle orecchie.
Impugnare con le braccia distese e puntare la base lontano dal corpo, non verso persone ed animali.



ulteriori news
www.parenteape.it/content/uploads/2017/12/vademecum-sicurezza-fuochi-2017.pdf


per  gli animali o  per  chi ha  problemi  d'udito  ecco i fuochi  artificiali  silenziosi  



Si possono fare fuochi d'artificio senza il botto e senza rumore? Certamente! Fuochi d'artificio silenziosi ed eleganti: oggi questo è possibile! Infatti secondo  questo articolo  preso   da   https://www.greenme.it/



 sono sempre di più le amministrazioni comunali che ci credono.





L'ultimo esempio in ordine cronologico è quello di Collecchio,ridente cittadina in provincia di Parma, che per festeggiare il suo "Settembre Collecchiese ha scelto ifuochi d’artificio senza botti, "che nulla hanno da invidiare a quelli tradizionali dal punto di vista spettacolare, ma sono senza le note controindicazioni legate al rumore degli scoppi"spiega l'Amministrazione.




I botti pirotecnici, giova sempre ricordarlo, possono infatti risultare molesti e spesso scatenano negli animali paura e panico, inducendoli a reazioni incontrollate e pericolose. I danni si riscontrano direttamente sia sugli animali domestici che su quelli selvatici, a partire dagli uccelli. Con le improvvise detonazioni si verificano nelle colonie che riposano istintive reazioni di fuga che, unite alla mancanza di visibilità, causano la morte di molti esenplari derivanti dallo scontro in volo con strutture urbane (case, lampioni, automobili, ecc.).
Lo spettacolo è garantito anche quando la festa è nel rispetto di tutti. Lo dimostrano queste spettacolari immagini della Setti Fireworks, con due grandi gigli di fuoco e la voce di Freddie Mercurya fondersi con le coreografie di fuoco. O le immagini della Notte di San Giovanni 2014 di Torino.
 Anche  in cun commento    all'articolo



Ospite
Ospite - Stefano il Mercoledì, 30 Settembre 2015 10:28
Facciamo chiarezza
All'atto pratico,i fuochi "senza botti",come vengono citati,sono realizzabili solamente da professionisti che abbiano l'abilitazione e la strumentazione adeguataertanto alcune informazioni che girano sul web,sono totalmente frammentarie.
I fuochi da divertimento a marchio CE(esempio fontane,razzetti),hanno subito negli ultimi anni,un forte depotenziamento,che ne ha limitati i decibel e quindi il polverino esplodente.
Pertanto,quando molti animalisti dicono "vietiamo i botti di capodanno",si stanno riferendo a grossi petardi prodotti illegalmente,dato che in commercio "regolare" non esistono ormai da qualche anno.
Si smetta quindi di demonizzare l'utilizzo dei fuochi artificiali da divertimento con regolare documentazione,ciò danneggia solamente i rivenditori autorizzati alimentando il mercato illegale,con tutte le conseguenze che ogni anno sentiamo il 1 Gennaio
un po' ignorante   e  fazioso  in quanto , si è vero   che quelli a  marchio CE hanno diminuto il poternziamento   esplodente  , ma gli animali  hanno  un udito più sensibile  di noi   sentono gli ultra suoni  e  da  loro  fastidio e paura
Botti di Capodanno Gatti e Cani
 Infatti I festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno sono spesso un incubo per gli animali: il rumore di petardi e fuochi d’artificio, spesso fatti scoppiare anche nei giorni immediatamente precedenti il capodanno, terrorizzano i quattro zampe che possono essere colpiti da veri e proprio attacchi di panico.E’ importante ricordare infatti, che gli animali hanno una diversa percezione dei rumori, nei cani, ad esempio, il senso dell’udito è notevolmente superiore a quello umano. Oltre a sentire vibrazioni comprese tra 20 mila e 40 mila Hz (l’uomo non sente quelle che superano i 20 mila) sentono ad un volume doppio del nostro. Inoltre, una componente dei fuochi per noi marginale, quella olfattiva, è particolarmente rilevante per i cani che sono in grado di sentire odori ad una concentrazione un milione di volte inferiore a quella percepita dall’uomo e ad una distanza per noi inimmaginabile. 




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E’ quindi facile intuire quale sia lo stato di ansia e terrore che anticipa e accompagna lo scoppio simultaneo di migliaia di petardi, mortaretti e fuochi artificiali.I fuochi d’artificio rientrano tra gli stimoli che provocano sensibilizzazione, ovvero un progressivo aumento della risposta di paura poiché sono stimoli di forte intensità, non sono prevedibili, compaiono a intervalli irregolari e non c’è possibilità di fuga. Alcuni soggetti più sensibili, oltre allo stato fobico quando sentono i fuochi, sviluppano anche uno stato ansioso per tutto il periodo che precede e segue la fine dell’anno.Cosa possiamo fare per aiutarli ? ecco alcune regole

scareddog



1. Teniamo gli animali il più lontano possibile dai festeggiamenti e dai luoghi in cui i petardi vengono esplosi . Magari  o chiusi in una stanza oppure   in una casa  al mare  o in campagna  lontano dai botti

2. Non lasciamoli soli. Almeno per i primi  anni e  se sono   fobici potrebbero avere reazioni incontrollate e ferirsi, quindi è necessario stare loro vicino, senza esagerare con coccole e carezze. E’ necessario mostrarsi tranquilli e felici, cercando di distrarli, se possibile, con giochi e bocconcini, mostrando che non c’è nulla di cui preoccuparsi
3. Non lasciamoli in giardino. Tenerli in casa o in unluogo protetto e rassicurante anche gli animali che abitualmente vivono fuori in modo da scongiurare il pericolo di fuga                              4. Teniamo alto il volume di radio o televisione in modo che venga attutito il rumore dei botti proveniente dall’esterno, chiudendo le finestre e abbassando persiane 5. Lasciamo che si rifugi dove preferisce, anche se si tratta di un luogo che normalmente gli è “vietato”.6. Durante le passeggiate teniamoli al guinzaglio, evitando anche di liberarli nelle aree per gli animali per evitare fughe dettate dalla paura. E’ fondamentale non portarli fuori a mezzanotte o nelle ore immediatamente precedenti perché spesso gli scoppi iniziano con anticipo7. Nei mesi precedenti facciamo visitare l’animale da un veterinario comportamentalista che prescriverà la terapia da seguire, sia comportamentale che, nel caso si necessario, farmacologica.8. Evitiamo  soluzioni fai-da-te cioè di somministrare tranquillanti non espressamente indicati dal veterinario , alcuni sono addirittura controindicati e fanno aumentare lo stato fobico.9. Rivolgiamoci ad un veterinario comportamentalista per un processo graduale di desensibilizzazione, esponendo l’animale allo stimolo ad un’intensità progressivamente aumentata quando si trova in uno stato di rilassamento emozionale

10 Sensibilizzate   se  possibile  chi vi circonda a non far esplodere petardi e mortaretti


Queste sono le guide generali poi si varfia d'animali e ad anumale . Infatti i  PIÙ SENSIBILI: I CANI.Capodanno è probabilmente la festa meno amata dai cani. Se infatti sono numerosi gli animali domestici che vivono molto male il rumore provocato dallo scoppio dei fuochi d’artificio, i cani sviluppano una vera e propria fobia specifica nei confronti dei rumori.I cani rispondono spesso in modo esagerato al rumore, spesso cercando di fuggire o con comportamenti ansiosi (come urinare in giro, vocalizzare, ansimare, tremare e tentare di nascondersi, ecc.). In casi estremi, mostrano una sintomatologia simile a un vero e proprio “attacco di panico”.COME PROTEGGERLI?

Cani e gatti hanno l'udito molto più sviluppato di quello umano e i forti rumori li gettano nel panico, inducendoli a reazioni istintive e incontrollate come gettarsi nel vuoto, divincolarsi follemente per fuggire, scavalcare recinzioni e fuggire in strada mettendo seriamente a repentaglio la loro incolumità e quella dei passanti. Ecco alcuni consigli praticiper evitare guai:
  • Non lasciare che i cani affrontino in solitudine le loro paure e togliete di torno tutti quegli oggetti che potrebbero provocare ferite nel caso ci finissero contro;
  • Evita di lasciarli all'aperto: la paura fa compiere loro gesti imprevedibili, il primo è la fuga;
  • Non tenerli legati alla catena perché potrebbero strangolarsi;
  • Non lasciarli sul balcone perché potrebbero gettarsi nel vuoto;
  • Dotali di tutti gli elementi identificativi possibili;
  • Se si nascondono in un luogo della casa, lasciali lì, considerano sicuro il loro rifugio;
  • Ignoralo il più possibile finché manifesta lo stato di agitazione. Rassicurare e tranquillizzare il cane in queste circostanze equivale infatti a premiarlo proprio nel momento in cui è estremamente agitato.
  • Cerca di minimizzare l'effetto dei botti tenendo accese radio o tv;
  • Presta attenzione anche agli animali eventualmente in gabbia: non tenerli sui balconi;
  • Nei casi di animali anziani, cardiopatici e/o particolarmente sensibili allo stress dei rumori rivolgiti con anticipo al tuo veterinario di fiducia;
  • Nel caso dei gatti , non guardarli negli occhi, potrebbero diventare aggressivi.





26.12.17

migrazioni

 caro amico   (  l'anno  che  cerrà )  -  Lucio  Dalla
Le rondini (con testo) -Lucio Dalla



riascoltando   e  ricantando oltre   le     colonna  sonore  del post in particolare   le  strofe  delle ultime  due  che  fanno    parte  di me  dae origini del  blog     e  soprattutto   la  prima  è  alla base  di questo  post     vedere   i  tag  :  Faq  , ed  aggiornamento  faq e  a  gli  auguri   per  il 2018  un po'  in anticipo certo , manon mi  va di    farli   quando  li fanno  tutti\e    cioè diventano  di  circostanza   e  poco sentiti
 [ ...  ] e  scuoteva la testa quando le dicevo
che servono nuove parole,
che ora servono nuove parole! [...] 
 mia  dolce  rivoluzionaria  - Mcr  

[... ] Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti più adatti ai mutamenti
Viaggia la polvere viaggia il vento viaggia l'acqua sorgente
Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti
più adatti ai mutamenti viaggia Sua Santità [...]
In viaggio  - Csi 

  e vedendo   e rivedendo  qesto  video   del'anmica  \  utente  Alesandra  Lorusso  alias  https://www.facebook.com/sistajazz



sulla nostra  appendice  di    fb  https://www.facebook.com/compagnidistrada    Mi èvenuta questa riflessione filosofico \ linguistica che  ora  vi  propongo

Generalmernt e quanti  si  parla  o  si usa  il termine   Migrazioni  si fa  riferimento   adue tipi di migrazione
migrazioni ambientali

Risultati immagini
La migrazione umana è un movimento di persone da un luogo ad un altro, fatto con l'intenzione di stabilirsi temporaneamente o permanentemente nella nuova posizione  ) continua    qui  alla  voce  https://it.wikipedia.org/wiki/Migrazione_umana sia    che  lo si  conosca  già , sia  che lo  si  strumentalizzi o ricordi  inficiato del mito italiani brava gente poverio ma belli  ( andavamo li per  lavorare      non per  delinquere    e  altre  , andavamo in  maniera regolare  e non clandestini  , ed altre  amenità varie  )    qui   treovate   maggiori  news  storiche  ed  attuali      vistom che  il fenomeno  continua    tutt'ora   sia  dall'italia  la(  fuga  di cervelli e  di potenzialità  , e  non solo  )    sia    di popolazioni  che  arrivano qui  in Italia     trovater   in questo  video  e  link  annessi    maggiori dettagli 
                                                      






ed     a quest'altra      definizine  del significato  scientifico \ biologico  tratta  sempre  stratta  dall'enciclopedia wikipedia  https://it.wikipedia.org/wiki/Migrazione

 Le migrazioni sono spostamenti che gli animali compiono in modo regolare, periodico, lungo rotte ben precise, e che coprono distanze anche molto grandi, ma che, poi, sono sempre seguiti da un ritorno alle zone di partenza. 


Risultati immagini

  Io  vedo  il termine   di Migrazione   sotto  un altro significato  ,  Infatti  io pensi  che  la  realtà profonda  dell'umanità  sia  stata   ( e sempere   sarà  )   a partire   dealla stesse vicende   degli ominidi la migrazione  ,  Essa   è protagonista   nella storia  personale  di ciascuni di noi

 : si migra   dal'utero materno alla vita autonoma  ,  dall'infanzia  all'adolescenza   veerso la giovinezza   e all'età matrura  sino alla  vecchiaiak  e  alla morte   (   vista   vote     con disprezzo  dai  giovani     e  amlinconia  \ nostaglia   dagli anziani  :  <<  quello  che  tu sei io ero   e quello  che io sono  tu sarai   >> )  ,. dall'ignoranza  alla  consapevolezza   ,  dal benessere  al bene essere  , dall'infelicità alla felicità   , dalla passività all'impegno
O  viceversa  . dipende  da  ciascuno di noi  .   Si  migra  da un paese  ad un altro .   Si migra  da  soli  o  in compagnia    . L'augurio per  questo  2018  che  facciò è che   , se  è possibile  ,  nessuno\a   sia lasciato solo\a  nel suo essere  e nel suo migrare