6.2.22

Morta Carmen De Min, storica mamma del Leoncavallo che non abbassò mai la testa e il pugno

Aveva 87 anni, era nato nel Bellunese, poi da sindacalista il trasferimento a Milano, al Casoretto. Dopo l'omicidio di Fausto e Iaio formò con altre donne il comitato per avere giustizia

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                                                   di Massimo Pisa


Una storia come quella di Carmen De Min, e delle altre "Mamme Antifasciste del Leoncavallo", poteva nascere solo a Milano. E svilupparsi, e avere un ruolo pubblico
che saldava valori familiari, lutto e militanza politica, lì dove le lotte degli anni Settanta mietevano vittime innocenti, generavano misteri irrisolti ancora oggi, ma incrociavano testimonianze civili di insuperata purezza. Come quella di Carmen, bellunese di Chies d'Alpago e morta oggi a 87 anni, la metà dei quali spesi accanto alle lotte di un'altra generazione, quella delle figlie e dei ragazzi extraparlamentari di sinistra che si aggregavano in centri sociali, chiedevano e si prendevano spazi industriali abbandonati e vivevano sulle trincee dove eroina e pistole facevano morti ogni settimana.

L'impronta antifascista, Carmen De Min l'aveva ricevuta da bambina alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando le violenze della Wehrmacht e delle camicie nere avevano insanguinato anche il suo altopiano. Frontaliera in Svizzera negli anni Cinquanta, sindacalista (quando la parola era un'etichetta buona per il casellario) in fabbrica e abitante del Casoretto, De Min aveva continuato a respirare politica. La data che segnò lei, e un'intera generazione, fu il 18 marzo 1978. Due giorni dopo il sequestro di Aldo Moro e lo sterminio della sua scorta, a Roma. A sera, poco prima di arrivare a piedi nell'ex deposito di via Leoncavallo, due attivisti del centro sociale vennero falciati a revolverate in via Mancinelli. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due ventenni che stavano raccogliendo schede per un dossier di controinformazione sulla diffusione dell'eroina nel quartiere, divennero per sempre Fausto e Iaio.

L'esperienza delle Abuelas de Plaza de Mayo, le nonne dei desaparecidos in Argentina, era appena nata. La vicinanza di donne come Lydia Franceschi, mamma di Roberto abbattuto nel 1973 da un proiettile dei carabinieri sparato durante una manifestazione studentesca, fu immediata e decisiva. E attorno a Danila Angeli - la mamma di Fausto che preparava il risotto nella sua casa di via Monte Nevoso per suo figlio e l'amico che non arrivarono mai - nacque un movimento spontaneo di donne mature che scese subito in piazza con figlie e figli, per chiedere verità e giustizia per quei due ragazzi. E poi per battersi, sempre accanto a quei ragazzi, per la legittimità dei loro spazi, delle iniziative, delle occupazioni.

"Me ciami Carmen, ma me disen Pirelli in lotta", raccontava Carmen De Min, forse la più carismatica di quelle donne, che per decenni divenne presenza fissa in strada, dietro lo striscione "Mamme Antifasciste del Leoncavallo" o sul palco delle varie sedi del centro sociale, in strada durante gli sgomberi del 1989 e del 1994. Ex partigiane o casalinghe, operaie di lungo corso o massaie, testimoni genuine di un vissuto antifascista che sapeva opporre anche la propria condizione tradizionale di "mamme" a certe politiche e certe giunte destrorse, quelle che per un ventennio hanno dominato Milano. La verità sugli assassini di Fausto e Iaio, nonostante le inchieste, non è mai arrivata. Ma Carmen De Min non hanno mai abbassato la testa, o il pugno.



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