“Il pizzicagnolo”, un’attività a misura di piccolo centro
Inserito da admin il 30 gennaio 2016 in Cultura ed Eventi
Sanpotitonews ha incontrato Davide Manuzio titolare dell’attività “Il pizzicagnolo”.
Davide da quanto tempo hai aperto la tua attività a San Potito? Come mai hai fatto questa scelta e di cosa ti occupavi prima?
Davide Manuzio |
Hai rilevato un’attività storica del paese, quella di Ersilia Nazzaro, in un periodo storico in cui centri commerciali e supermercati la fanno da padrone, quali sono state le tue armi vincenti?
Ho puntato innanzitutto sulla qualità dei prodotti. Preferisco guadagnare il giusto e servire sempre il meglio ai miei clienti; ho rinnovato il locale ma al suo interno c’è lo stesso spirito di un tempo intriso di quei valori tradizionali tipici dell’attività di piccolo centro; con tanta affabilità sono sempre a disposizione della mia clientela, molti hanno il mio numero di cellulare per ordinarmi il pane o la colazione; servo molti clienti a domicilio, in particolare le persone anziane e affronto sempre la giornata con entusiasmo, distribuendo sorrisi a tutti.
Ti sei inserito molto bene nella nostra comunità; partecipi attivamente alle sagre e alle feste, aiuti le associazioni che ti chiedono di sponsorizzarle…
Sì, mi fa sempre piacere aiutare la comunità dove ho deciso di avviare la mia attività lavorativa, e quindi dove ho deciso di trascorrere gran parte della mia vita; e vi faccio una confidenza, sono stato invitato, ed è stato un onore per me, ad entrare nei comitati per l’organizzazione della festa; ho detto di no solo a causa del mio lavoro, ma ho apprezzato davvero tanto e non è detto che in futuro non darò una mano anche in questo modo.
Dimmi ciò che, da cittadino di Salza, scambieresti con San Potito e viceversa.
Purtroppo Salza si sta sempre più spopolando, mentre a mio avviso San Potito continua ad essere un centro attivo, anche per la sua strategica posizione geografica avendo il commercio tra le attività principali. Avere un’attività qui è molto diverso dal mio paese di origine e te lo posso dire con certezza poiché mia moglie ha replicato aprendo una salumeria in quel di Salza. Poi, se proprio dal mio comune di provenienza dovessi trasferire qualcosa a San Potito, vi regalerei volentieri il mio Sindaco… sono certo che sareste in molti a gradire il gentile dono…
Due domande un po’ piccanti:
a) i lavori in via Roma si sono protratti per tempo, come hai affrontato questa difficoltà?
b) in un altro incontro hai parlato di tasse alte, sia a livello comunale, sia nazionale; confermi la tua opinione?Inoltre, per quanto riguarda lo standard dei servizi ricevuti, cosa ne pensi?
Ho preso la situazione con molta filosofia perché alcuni disagi erano inevitabili tipo parcheggio e viabilità, però devo ringraziare la ditta che ha cercato sempre di fare il meglio per permettere ai miei clienti l’accesso al negozio.
Purtroppo quella della tassazione alta è un dato di fatto, a livello nazionale il commercio soffre a causa dell’eccessiva pressione fiscale, devo dire però che anche a livello comunale c’è stato un aumento anche se non ha portato a un servizio migliore; ad esempio a Salza pago di meno per la raccolta della differenziata, però nello stesso tempo la raccolta dei cartoni viene fatta due volte a settimana, mentre qui una sola volta; non ti nego che, anche illegittimamente, porto i cartoni da qui a Salza. Un’altra nota stonata che purtroppo devo appuntare è che il paese, rispetto a prima, è meno pulito e questa non è una bella immagine per tutti.
Qual è il tuo prossimo progetto che vorresti realizzare?
Un negozio aperto 24 ore al giorno, anche in un locale di fronte al mio; un self service tipo distributore con beni di prima necessità come pane, latte, pannolini; le esigenze delle persone stanno cambiando e bisogna stare sempre al passo coi tempi.
Auguriamo a Davide una lunga e felice carriera nel lavoro che tanto ama.
Alfredo Mazza
la seconda viene da http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/ del 29\\1\2016
Carù, 50 anni di dischi a Gallarate
«Ma guai a chi vuole i Modà»
Il proprietario, Paolo Carù, festeggia il mezzo secolo di attività: «Da me solo musica di qualità». Per il «Guardian» è uno dei migliori negozi di dischi del mondo
di Roberto Rizzo
Paolo Carù, 68 anni (foto di Duilio Piaggesi)
Se uno entra nel suo negozio e chiede un album di Eros Ramazzotti? «Il mio mestiere è vendere dischi ma la voglia di dirgli “Ramazzotti vallo a comprare altrove” è tanta». E se un altro, incauto, vuole l’ultimo dei Modà? «No, i Modà no. Come i Negramaro. Solo a sentire il nome rischio un mancamento. Ho avuto la fortuna di trasformare una passione in un lavoro e la mia filosofia da sempre è indirizzare le persone verso la musica di qualità». Sembra di leggere «Alta fedeltà», il celebre libro di Nick Hornby ambientato in un negozio di dischi londinese, Championship Vinyl. Invece questa non è fiction ma realtà, che dura esattamente da 50 anni, da quando, era il 1966, Paolo Carù iniziò a lavorare nel negozio Carù dischi aperto una decina di anni prima dal padre a Gallarate.
Come Fort Alamo
Oggi Carù non è solo uno dei migliori negozi di dischi del mondo, come ha certificato il quotidiano inglese The Guardian («Abbiamo ricevuto un’onorificenza dal Comune per aver dato lustro internazionale alla città di Gallarate», racconta indicando la targa appesa al muro), ma è anche una sorta di Fort Alamo della musica su vinile. «Direi che in negozio i vinili rappresentano l’80% dei pezzi in vendita». Nel 2015, secondo la Music Research della Nielsen, in tutto il Pianeta sono stati venduti 11,9 milioni di dischi in vinile, contro 125,6 milioni di cd e 103,3 milioni di download digitali. Ma il vinile è l’unico comparto in crescita: +29,8% rispetto al 2014. «Quando il vinile ha smesso di vendere non ho fatto una piega, ho lasciato i dischi negli scaffali perché ritengo che l’appassionato, dopo aver scaricato musica liquida, ha bisogno di un oggetto fisico da toccare. E non c’è niente di meglio di un bel disco con la sua copertina. Ora il vinile è tornato di moda, soprattutto tra i giovani».
Van Morrison e Grateful Dead
Il negozio di piazza Garibaldi, 30 metri quadri, è una delle sei botteghe storiche di Gallarate e non solo perché l’arredamento, bancone e scaffali, è fermo al 1974. «Mia moglie (la signora Anna, appassionata di musica, libri e fotografia, ndr) è da tempo che vorrebbe rinnovarlo, ma a me piace così». Paolo Carù, 68 anni, più di 1.000 concerti visti, è un collezionista («Ho 50.000 dischi, occupano tre stanze») e un agit-prop del rock, quello americano in particolare in tutte le sue declinazioni: folk, country, roots, classico. Ha fondato due riviste musicali che hanno ancora la loro importante nicchia di lettori: Il mucchio selvaggio nata nel 1977 («Quando la presentammo al distributore Messaggerie Musicali credevano fosse un porno») eBuscadero di cui Carù è direttore e guida spirituale. «Ogni cosa che faccio ha un solo obiettivo, condividere con gli altri la buona musica. Rivendico di aver fatto conoscere al pubblico italiano artisti come Van Morrison e i Grateful Dead». Oggi la propaganda di Carù è in favore di musicisti quali Anderson East, Lucinda Williams e Chris Stapleton: «Dischi che vendono nel tempo mentre un album pop, di quelli in testa alle classifiche di oggi, al massimo vende per un mese e poi si brucia. Per dire, l’anno scorso ho scoperto Chris Stapleton che era un emerito sconosciuto, ora è il numero uno del country Usa e, sono sicuro, diventerà una star mondiale».
Il no ad Amazon
Sbagliato pensare che Carù sia uomo di altri tempi, anzi: in Italia è stato tra i primi a puntare sulle vendite online tramite il suo sito: «Spedisco una ventina di pacchi al giorno, ho clienti in tutta Italia, Svizzera, Francia e Germania. Si fidano di me, del mio gusto della mia credibilità». Al punto di essere corteggiato da Amazon: «Mi hanno proposto di diventare partner trattenendosi il 15% su ogni disco venduto. Ho rifiutato». Certo non sono più gli anni d’oro, «i ‘70 e gli ‘80 quando il sabato i ragazzi facevano la fila per entrare in negozio e vendevo circa 8.000 dischi al mese. Ora ne vendo la metà ma va bene così». Paolo Carù e signora non hanno figli, quando decideranno di andare in pensione anche la Fort Alamo italiana del vinile alzerà bandiera bianca. «Donerò la mia collezione a una fondazione. La buona musica non deve mai smettere di suonare»