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femminicidi e condanna a morte

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«Non voglio che mio padre esca presto dal carcere. Non possono dargli anche uno sconto di pena dopo quello che ha fatto a mia madre, sarebbe come ucciderla di nuovo». Gli occhi di Valentina si riempiono di rabbia, la voce è una lama sottile quando parla di Luigi Messina, suo padre, l’uomo che il 15 gennaio del 2017 uccise sua madre, Rosanna Belvisi, con 29 coltellate. Accadde a Milano, quartiere Lorenteggio, una mattina d’inverno. Un femminicidio annunciato. Le liti, anche violente, erano frequenti, lui alzava le mani e lei subiva. Nel ‘95 l’aveva anche accoltellata alla schiena. Ma i due erano rimasti insieme. Valentina invece, unica figlia della coppia, se n’era andata di casa già anni fa, anche per non sentire più le discussioni, per non assistere più alla violenza. Ha scelto di non portare più il cognome paterno, Messina. Su Facebook lei è Valentina Belvisi. «A mia madre, che io amavo e amo alla follia, avevo detto e ridetto di lasciarlo, la imploravo: lei non ci riusciva. E