dal settimanale Giallo anno XI n 1 11 gennaio 2023
Silvana Giacobini
Con il centro storico Patrimonio dell’umanità dell’Unesco, Varsavia
è la capitale della Polonia con la testimonianza
architettonica di una lunga
storia a partire dalla sua fondazione nel 1350 circa. Se
spiccano il Castello reale e
gli antichi palazzi neogotici
e si arriva ai moderni grattacieli passando per gli edifici
dell’epoca sovietica, Varsavia
rappresenta però anche una
meta diversa per moltissimi
fedeli in continuo pellegrinaggio dall’estero e dalla Polonia stessa, che si recano a
pregare sulla tomba del beato
Jerzy Popieluszko nel giardino
della chiesa di San Stanislao è rimasta indimenticabile per
tanti
fedeli ed è entrata nella
storia, quella di Papa Giovanni Paolo II. La data era il 14
giugno 1987. E quando il Papa aveva pregato sulla tomba
di Jerzy Popieluszko, era stato un omaggio di alto valore
simbolico, perché il sacerdote
martire dei comunisti, sottoposto a torture indicibili e
ammazzato crudelmente tre
anni prima, non era ancora
beato . La proclamazione avvenne infatti a distanza di più
vent’anni nel 2009 da parte
di Papa Benedetto XVI. Da
notare che lo stesso Pontefice proclamerà beato anche
Giovanni Paolo II nel 2011,
reso poi Santo da Papa Francesco. Per molti è un segno
di un destino comune, ma
se si parlasse di coincidenza,
sarebbe anch’essa simbolica,
perché Karol Wojtyla, diventato il primo Papa straniero
dopo centinaia d’anni, come
Popieluszko era nato in Polonia, a Wadovice, il 18 maggio
1920 ed era stato testimone,
o aveva vissuto sulla sua pelle,
delle persecuzioni degli occupanti nazisti del suolo polacco così come il giovane sacerdote Jerzy Popieluszko aveva
assistito alle persecuzioni
contro gli attivisti sindacalisti
da parte delle autorità comuniste. Detto anche il “cappellano di Solidarnosc”, Jerzy
predicava la sua vicinanza agli
operai e ai lavoratori. Era la
scomoda voce cristiana che
li spronava a “combattere il
male con il bene”, in grado di
attirare i fermenti di ribellioni pronte a destabilizzare il
governo. Ricordiamo che nel
1987 quando Papa Giovanni
Paolo II si recò a pregare sulla
sua tomba, era il tempo di
Solidarnosc, il Sindacato autonomo
dei lavoratori “Solidarietà”, fondato nell’80 in Polonia e guidato
da Lech Walesa, arrestato e
rilasciato in libertà vigilata
nel 1982, quando il sindacato era stato sospeso in base
alla legge marziale voluta dal
generale Jaruzelski.
Solo nel
1989 Solidarnosc sarà considerato legale, a distanza di tre
anni dalla visita di Wojtyla in
Polonia e dal suo coraggioso
omaggio a Popieluszko, vittima e martire del regime di
stampo sovietico che osteggiava i sacerdoti nell’esercizio
della propria fede. Torniamo
quindi indietro al tempo che
vide la nascita e la vicenda
terrena di Jerzy. Era nato il
14 settembre 1947 nel Nord
Est della Polonia, nel piccolo
villaggio di Okopy. Era vicino
al con#ne con la Bielorussia
in una zona rurale in cui non
girava molto denaro. Il piccolo Jerzy era chiamato con il
soprannome di Alek e aveva
ricevuto un’educazione religiosa da parte dei genitori.
Per andare a servire la Messa
a Suchowola, dove si trovava
la chiesa parrocchiale, il giovanissimo Jerzy faceva cinque
chilometri a piedi e non erano pochi qualsiasi tempo ci
fosse, magari facendosi strada nella neve alta. “Alek”, dal
temperamento introspettivo,
sentiva la vocazione sacerdotale #n da ragazzo ed entrò
nel seminario maggiore di
Varsavia. Per capirlo meglio,
va ricordato che Jerzy parlava
spesso del beato martire poi
diventato santo Massimiliano
Kolbe, il presbitero francescano polacco fondatore della
Milizia dell’Immacolata, che
si era offerto di prendere il posto di un padre di famiglia nel
campo di sterminio nazista di
Auschwitz dove fu ucciso in
sua vece con una iniezione di
acido fenico nel 1941 e le cui
ceneri furono disperse come
spregio alla sua persona. Una
passione, un’attrazione da
parte di Jerzy verso la #gura
del francescano Kolbe, che
segnò con la sua esistenza di
missionario martire la strada
che avrebbe intrapreso lui
stesso, passo dopo passo, con
la
LA MAMMA Marianna Popieluszko, morta nel 2013 a 93 anni |
vocazione a predicare agli
operai e di offrire la vita stessa per difendere i loro diritti
mettendosi in questo modo
dichiaratamente contro le autorità.
Come gli altri seminaristi polacchi, Popieluszko fu richiamato al servizio militare obbligatorio dal 1966 al 1968.
La durata era di due anni in
cui i giovani venivano indottrinati perché dimenticassero la vocazione. Lui resisteva
e veniva spesso punito. Don
Jerzy, consacrato sacerdote
nel 1972, esercitò poi il suo
ministero nella parrocchia di
San Stanislao Kostka a Varsavia e iniziò a sostenere gli
operai e i lavoratori contro
la dittatura comunista. Non
era solo un predicatore che
con la parola convinceva i
fedeli, ma si prodigava con i
fatti assistendo e sostenendo
chi era in bisogno. Inferivano le persecuzioni contro
gli attivisti del sindacato Solidarnosc e la sua vicinanza
lo rendeva pericoloso agli
occhi del regime. Ben presto
la mano minacciosa del potere ebbe la meglio sulla sua
voce che predicava il Vangelo e celebrava le “Messe per
la Patria” che attiravano migliaia di persone da tutta la
Polonia. Arriviamo così
al settembre del 1984.
I capi dei servizi segreti appartenenti agli apparati speciali del Ministero
degli Interni polacco emisero la sua condanna a morte
e ordinarono di rapirlo. Il sacerdote Jerzy aveva intrapreso il viaggio di ritorno dalla
città di Torun il 19 settembre
quando tre uomini dal volto
coperto lo affrontarono e lo
imprigionarono in un luogo
segreto a Wloclawek. Erano i
tre agenti Piotrowski, Pakala
e Chmielewski. Jerzy fu sottoposto a torture terribili per
estorcergli qualsiasi informazione utile al regime per reprimere eventuali sommosse,
compresi i nomi di chi fosse sospettato di essere un ribelle rivoltoso o di simpatizzante del sindacato Solidarnosc,
ma Jerzy, che non era un attivista ma un sacerdote, resiste!e giorni e giorni "no allo
stremo delle forze, tenuto in
vita dagli aguzzini solo per
spremergli informazioni. Fu
martirizzato anche lui come
Kolbe e tu!i coloro che in
nome della fede avrebbero
in ogni tempo preferito dare
la vita stessa piu!osto che
abiurarla.
Trascorsero molti,
troppi giorni, in cui la gente
comune s’interrogava dove
fosse finito il sacerdote che
predicava nella chiesa di San
Stanislao ed era soprannominato il cappellano di Solidarnosc. Arriviamo così al 20
o!obre, quando Don Jerzy
spirò a Wloclawek, e poi al
30 o!obre 1984 quando Il
corpo che portava i segni di
torture disumane fu ritrovato
nelle acque del fiume Vistola
nonostante fosse appesantito con un mucchio di pietre.
Non era la prima volta che
la voce di un martire invece
di essere messa a tacere con
la morte si elevasse ancora e
sempre più forte. Fu così che
subito la fama della sua santità si sparse in Polonia e fuori
il Paese. Cominciarono i prodigi in suo nome e il “miracolo” di una guarigione inspiegabile di un malato terminale
francese nel 2012. Nel 1997
iniziò il processo di beatificazione per arrivare alla
sua proclamazione nel 2009
da parte di Papa Benede!o
XVI. Tra la folla dei fedeli che
pregano il beato Jerzy Popizluszko c’è la sua discendente, la nipote Grazyna, figlia
della sorella Teresa. È stato
ricordato in un recente
congresso a Czestochowa,
dove sorge il Santuario
della Madonna Nera cara a Karol Wojtya Ovvero Giovanni Paolo II