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14.11.24

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata IX SE NON POTETE SCAPPARE USATE I GOMITI E LE GINOCCHIA

 puntate  precedenti 

 Se vi trovate in una situazione di pericolo o semplicemente di disagio e potete scappare, fatelo. Può sembrare brutto da dire e ancora peggio da fare, ma se potete levarvi di torno con una rapida “ritirata strategica”, fatelo. Del resto il vostro orgoglio guarisce più in fretta di una coltellata al fegato o, se volete metterla sul pericolo, meglio un codardo vivo che un eroe morto. Se la situazione che vi si presenta è troppo rischiosa, come nel caso in cui vi troviate davanti un ladro che vi minaccia con una pistola o un coltello, non fate gli eroi e trovate il modo di risolverla pacificamente, anche se questo signica farsi
derubare. Se invece la situazione lo impone, difendetevi. Le tecniche insegnate sono studiate per essere usate in situazioni critiche. Sono banditi calci alti o volanti e tutte quelle mosse coreografiche che servono solo a impressionare gli spettatori al cinema. È meglio usare i gomiti e le ginocchia, armi naturali del corpo che istintivamente sono molto poco usate. Eppure un colpo di gomito, grazie alla leva più corta, è in grado di impa!are sul bersaglio con grande potenza e può essere risolutivo. Le ginocchia, soprattutto se usate contro i genitali o contro lo stomaco, possono arrestare anche energumeni che pesano il doppio di voi. È utile anche applicare leve articolari e manipolare polsi e dita della mano. Si tratta di punti sensibili che, con il minimo sforzo, possono immobilizzare un aggressore. Se il contesto ve lo consente, organizzate una simulazione. Naturalmente non potrete contare su di un copione che necessariamente corrisponderà alla realtà, ma in ogni caso può riprodurre un’eventuale situazione di pericolo in cui potreste trovarvi un domani e consentirvi di misurare il vostro livello di stress e quelle che sono le vostre capacità di reazione davanti a una criticità di questa portata. Tra le altre cose si tratta dell’ennesima occasione per tenere bene a mente il primo comandamento dell’autodifesa: non pensare “a me non capiterà mai”

l'ultimo consiglio    

 Non fate mai entrare sconosciuti in casa. Anche se è una ragazza e vi chiede di utilizzare il telefono per chiamare il suo papà, oppure vi dice che il suo !glio o sua madre è in pericolo: potrebbe essere un trucco. Ditele che chiamerete voi il 113, ma non fate entrare nessuno in casa. Non fate entrare neanche persone che vi vogliono proporre prodotti o “tecnici” di varia natura. 
E' vero che fidarsi  è  bene non fidarsi  è meglio .  Ma    allo stesso tempo    è quasi    cinico . Infatti

In medio stat virtus (o anche in medio virtus stat) è una locuzione latina, il cui significato letterale in italiano è: «la virtù sta nel mezzo». La locuzione invita a ricercare l'equilibrio, che si pone sempre tra due estremi, pertanto al di fuori di ogni esagerazione.Anche nel buddhismo è presente un simile concetto: Il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza si chiama Via di Mezzo, perché evita i due estremi dell’auto-indulgenza e dell’auto-mortificazione, comportamenti eccessivi che non conducono alla pace mentale. Questa via, elaborata nel Nobile Ottuplice Sentiero, consiste nel coltivare la virtù, la serenità meditativa e la saggezza. .  Farlo . Ma  facendo  attenzione  .  ...  dalla voce   In medio stat virtus - Wikipedia

quindi fatelo  con cautela 

15.10.24

manuale di autodifesa di antonio bianco\ settimanale giallo IV puntata nel supermercato , in ufficio , a casa fatevi rispettare



non sono riuscito a  trovare    il n  i giallo  in questione del settimanale  giallo , in versione   digitale  ,  quindi  , ho   scanerizzato  la  pagina    da  un  amico   .   Spero    vada  bene   

Certo farsi risettare è importante come dice anche la puntata odierna di questa rubrica . Ma accorre anche come dice la Dottoressa Samanta Travini, psicologa: in : << Il decalogo di Ohga: rispetta te stesso per farti rispettare dagli altri >> articolo del portale www.Ohga.it >>  "Non è possibile farsi rispettare dagli altri se non abbiamo prima un’idea chiara di cosa sia il rispetto. È più facile comprendere il significato di questo valore se riportiamo alla nostra coscienza ricordi, a mo’ di esempi, in cui esso appare. In questo senso, rispettiamo qualcuno quando lo riconosciamo come un nostro pari e lo accettiamo così com’è. Ciò significa che ogni comportamento volto a sminuire un’altra persona è una mancanza di rispetto. Come lo è qualsiasi azione intrapresa a respingere, negare o annullare quello che pensa o prova. È possibile non condividere o non essere d’accordo, ma ciò non dà il diritto di cercare di svalutarlo o cambiarlo. Non è però possibile farsi rispettare dagli altri se non ci rispettiamo noi per primi. Questo significa che bisogna percepire se stessi come uguali agli altri in termini di valore. In altre parole, non bisogna sentirsi né più né meno di chiunque altro. E inoltre, ovviamente, accettarsi. Sentire di valere come si è e per quello che si è.
Chi rispetta sé stesso ha tre qualità: autostima, assertività e autenticità. L’autostima, se vogliamo definirla in modo semplice, è avere una buona opinione di sé. Provare simpatia per quello che pensiamo, che diciamo e facciamo, senza che questo significhi che pensiamo di essere migliori degli altri. Siamo speciali come solo noi siamo e alla pari di qualsiasi altro essere umano.
L’assertività, dal canto suo, ha a che fare con l’essere in grado di difendere i propri diritti e di esprimere le proprie opinioni. È particolarmente importante quando siamo circondati da un contesto poco favorevole, nel quale pensiamo il contrario di ciò che pensa la maggior parte della gente o le figure autoritarie. D’altra parte, questo attributo è figlio diretto dell’autostima e una condizione necessaria per farsi rispettare dagli altri.
L’autenticità si riferisce al mantenimento della nostra essenza, dei nostri valori e delle nostre convinzioni, anche se egoisticamente non è la cosa migliore per noi in una determinata situazione. Questo significa esprimere ciò che si pensa e ciò che si sente in ogni contesto. Non simulare o essere falsi per provocare una determinata impressione. Agire spontaneamente. Pensate che si può essere autentici solo se si è consapevoli del proprio valore come persone".

29.9.24

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco dal settimanale giallo . prima e seconda parte

Con questa piccola guida a puntate,  d cui  riporto   le  prime  due   puntate  , io  è il  settimanale  giallo  vi daremo ogni settimana un consiglio pratico per mettervi al sicuro prima di chiamare i professionisti del 112. Perchè    


Credere in se stessi e avere una buona autostima sono due componenti fondamentali per riuscire a difendersi in situazioni  di pericolo. Per affrontare fsicamente un momento angosciante e spaventoso
come un’aggressione, dovrete essere prima di tutto lucidi, e certi di potervela cavare. Questa è la parte più complicata dell’autodifesa: riuscire a conservare la fiducia in situazioni estreme.L’errore più grave che possiate commettere è pensare che a voi non possa capitare di essere vittma di violenza. Senza naturalmente voler fare terrorismo spiccio, è importante invece partire da qui: il concetto di autodifesa personale nasce dal fatto che qualcuno non ci rispetta sia dal punto di vista fisico sia da quello verbale. Negare la possibilità che in qualche modo possa succedere anche a noi inevitabilmente fa sì che si abbassi la soglia di attenzione, che invece deve essere sempre molto alta. Il primo passo è quindi de!nire i “confini personali”, un concetto fondamentale che passa dalla costruzione della nostra identità. Comunemente diciamo che siamo noi stessi a insegnare agli altri come devono trattarci: questo significa che con le parole e con i gesti siamo in grado di veicolare messaggi indirizzati agli altri che indicano come vogliamo essere trattati e soprattutto o che vogliamo essere rispettati. Con le parole che usiamo e con i gesti che compiamo, noi tracciamo i nostri confini personali, vale a dire quei limiti che dediniscono dove inizia e dove finisce lo spazio di ciascuno di noi, dal punto di vista fisico, emotivo e mentale. I limiti che noi in qualche mondo scegliamo di costruire non sono fa"i per restare immutati per sempre. Sono fessibili e hanno maglie più o meno larghe che possiamo stringere o meno a seconda del tipo di relazione che scegliamo di stabilire con il prossimo. Quando diciamo “prossimo” intendiamo tu"e le persone con cui, per una ragione o per l’altra, intra"eniamo dei rapporti: il vicino di casa, il collega, lo sconosciuto che sfioriamo in metropolitana o il nostro partner. Disegnare i tuoi confini personali e prendere le distanze sono una tua scelta e un tuo diri"o inviolabili. Pensiamo agli animali, per esempio: anche loro lo fanno, marcando il territorio e difendendolo. Dobbiamo farlo anche noi, naturalmente con modalità differenti, ma senza mai dimenticare che può capitare a chiunque di vedere violati i propri confni personali, deliberatamente o meno .
Ora che abbiamo chiarito il concet!o di “confine”, strumento prezioso per proteggerci e mantenere il nostro senso  di “sé”, è fondamentale che impariate a gestirlo. Può capitare  che per paura di far arrabbiare la persona con cui state interagendo o semplicemente per  quieto vivere, non esercitiate il diritto di essere rispettati.
 In  qualche modo lasciate che l’altro possa invadere il vostro spazio, che vi manipoli o che  vi obblighi a fare qualcosa contro la vostra volontà.
Nel  peggiore dei casi si arriva addi rittura subire violenza "fisica o psicologica. Questo accade se i vostri confini sono deboli e  non sani. All’altra estremità ci  sono poi i confini troppo rigidi, che sono tipici delle perso ne che ambiscono a esercitare il controllo   su tutto   e  tutti   che sono soliti  criticare, intimidire e mostrare  atteggiamenti aggressivi. Provate a fermarvi  su di un caso preciso: state discutendo con  un’altra persona, e questa inizia improvvisamente ad alzare  la voce. Cosa c’è 
dietro il suo atteggiamento ?  Non vi sta facendo del male fisico  ma questo non significa 
che non stia usando dell’aggressività nei vostri confronti. 
Chi alza la voce vuole zittire   il proprio interlocutore, vuole svalutarlo o ridicolizzarlo, oppure ha scelto l’aggressività  verbale per chiedere attenzioni o una qualche forma di ascolto. In entrambi i casi, in 
quello in cui i confini sono troppo deboli e quello in cui sono invece troppo rigidi, si è lontani dall’equilibrio cui si dovrebbe arrivare, quando i  confini personali diventano  un' altro e una protezione preziosa. Ecco quindi che il primo obiettivo da raggiungere, una volta identificati i confini personali del sé e del prossimo, è imparare a rispettare entrambi e a far sì  che gli altri rispettino i vostri,in un continuo equilibrio dinamico, senza trasformarli in muri invalicabi li attraverso i quali tenere gli altri fuori, ma in 
strumenti preziosi per evitare che il prossimo  metta in atto  comportamenti  inaccettabili per  il nostro benessere  fisico e psicologico.
Per riuscire a credere in  voi stessi è fondamentale essere preparati. Vi capitava a scuola? Se avevate studiato molto bene, l’interrogazione faceva meno paura e riuscivate a esporre i concetti con tranquillità. 
Per affrontare qualsiasi cosa con successo è necessario essere preparatati. Dedicare tempo a preparare 
un’autodifesa vi renderà più lucidi. Sentirvi  competenti vi darà !ducia: avrete maggior controllo. 

con questo è  tutto  alla    prossima  lezione 

15.8.22

Patrizia Guerra: " Anch'io ero una bulla ma ora da mamma combatto i prepotenti




 DA repubblica  

Patrizia Guerra: " Anch'io ero una bulla ma ora da mamma combatto i prepotenti"
dalla nostra inviata Alessandra Ziniti 


Ancona
Il sacco rosso appeso nella palestra stranamente deserta. «Che succede, non ci alleniamo oggi?». Il suo maestro che la fissa dritto negli occhi e sibila: «O affronti quello che hai dentro adesso e lo
sconfiggiamo, oppure ti giri e te ne vai». Quel giorno, prendendo a pugni il sacco con tutta la rabbia che aveva in corpo, cambiò per sempre la vita di Patrizia Guerra. Perché questa donna coraggiosa e decisa che ad Ancona ha deciso di sfidare a viso aperto le baby gang che terrorizzano la città e che per ben tre volte hanno picchiato suo figlio, prima di essere una “mamma-coraggio” come tutti la chiamano, è stata prima bullizzata e poi, a sua volta, bulla. E oggi Patrizia, a 43 anni, è diventata simbolo della difesa del diritto dei ragazzi a crescere liberi senza subire violenze.



E chi l’avrebbe detto che anche lei ha un passato da bulla?

«Prima bullizzata e poi bulla. Ed è certamente questa mia storia che mi ha consentito di non sottovalutare mai il dramma che ancora sta vivendo mio figlio e tutti i ragazzi come lui. Tanti, troppi. E che spesso restano in silenzio, senza denunciare, senza ribellarsi, per paura o anche solo perché nessuno li ascolta».

È questo che è successo a lei?

«Sì, nel paese dove vivevo da bambina, Monte Sant’Angelo in Puglia, mi avevano preso di mira per la mia timidezza. Ero alle scuole medie: mi portavano via la merenda, mi rinchiudevano in bagno, mi rubavano le matite, mi prendevano in giro, mi davano schiaffi. Quanto basta, a quell’età, a farti crollare l’autostima, a farti sentire debole, inferiore. I miei genitori non erano molto presenti a casa, mia madre faceva la pilota di auto, mio padre lavorava tutto il giorno. E non c’era nessuno che poteva ascoltarmi».

Da vittima a carnefice il passo è lungo. Come è accaduto?

«Un giorno stavo seduta su una panchina a piangere quando mi avvicinò un signore. Mi propose di andare nella sua palestra di karate. Lui voleva propormi un’attività che mi impegnasse, io andai perché pensavo che sarei diventata più forte e avrei potuto vendicarmi. E così avvenne: picchiavo tutti, femmine e maschi. Mi chiamavano persino per le spedizioni punitive. Fino a quando il maestro lo scoprì…»

Il famoso giorno del sacco rosso.

«Sì, aveva saputo che avevo picchiato delle ragazze e mi affrontò in quel modo facendomi trovare la palestra deserta e mettendomi davanti ad una scelta. Quel giorno ho picchiato il sacco per un’ora, tirando fuori tutta la rabbia che avevo in corpo. È stata l’ora più lunga e significativa della mia vita. Quel mio maestro, che oggi ha 80 anni , di ragazzi come me ne ha salvati tanti. Gli devo tutto e questo mi ha fatto capire quanto può valere nella vita di tutti noi l’incontro con la persona giusta. Certo, trent’anni fa era un bullismo diverso, si faceva pace, io con quelli a cui ho dato botte sono rimasta amica. Oggi questi qui non sanno neanche cosa sia la pace, sono criminali, ti lasciano steso per terra e non vogliono cambiare. Ma non possiamo rimanere a guardare».

Siamo sedute al tavolino di un bar di piazza Roma, nel cuore di Ancona. “Questi qui” di cui parla Patrizia ci passano davanti a frotte: sono italiani e stranieri, si danno il cinque, si radunano sopra le scale che conducono ai bagni pubblici, proprio lì dove è scattato il primo dei tre agguati al figlio di Patrizia, nel 2019, l’ultimo a dicembre scorso. Tutti adesso qui sanno chi è questa donna volitiva, cintura nera, 2° dan, che ha anche deciso di portare ad Ancona la divisa dei City Angels, l’associazione di volontari nata a Milano.

Patrizia, come sta suo figlio?

«Si sta riprendendo, ma non posso dire che stia bene. Paura, attacchi di panico. A dicembre, dopo l’ultima aggressione, ho dovuto licenziarmi dalla scuola dove ero stata appena assunta. Dovevo stargli vicina, senza di me non riusciva a muovere un passo. Aveva terrore anche della mia battaglia contro l’omertà dei genitori che non denunciano e l’indifferenza degli adulti che si girano dall’altra parte. Intollerabile».

È per questo che ha deciso di scendere in campo a difesa di tutti i ragazzi vittime di bullismo?

« Si, non potevo permettere che mi portassero via mio figlio. E instillandogli questa paura me l’avrebbero portato via. Ero davanti allo stesso bivio di tanti genitori: o minimizzi e giustifichi il problema o lo affronti e io ho scelto la seconda strada».

Ma perché hanno preso di mira suo figlio?

«Non c’è nessuna ragione particolare. Per questi criminali in erba è quasi un rito di iniziazione. Devono prendere di mira il primo che passa e massacrarlo. Quando è successo la prima volta mio figlio aveva 14 anni e stava passeggiando con degli amici, quando lo hanno accerchiato in dieci aggredendolo. Io mi trovavo nei pressi per caso quando ho visto la rissa e mi sono avvicinata. Poi ho capito che si trattava di lui, mi sono gettata nella mischia, ho bloccato il braccio di quello che lo stava picchiando, li ho messi in fuga. C’erano decine di persone che passavano, nessuno è intervenuto».

Avete denunciato subito?

«Sì, anche se lui non voleva perché aveva paura. E invece li abbiamo denunciati, identificati, li hanno presi tutti, sempre, processati, condannati. Nel frattempo però hanno minacciato anche me, ci salivano in casa, mi sono ritrovata anche con un coltello puntato alla gola. Ma non mi sono mai fermata e alla fine lui mi ha detto “grazie”. Nonostante la paura vado avanti perché la battaglia non è finita, basta guardarsi intorno».

La sua è anche una battaglia per fare rete, per convincere gli altri genitori a scendere in campo. Ci sta riuscendo?

«Pian pianino, ma sa che anche le mamme dei bulli mi vengano a cercare? È successo con la mamma di un giovane tunisino che ha aggredito mio figlio. Spesso anche questi genitori hanno bisogno di aiuto. E a quelli che restano a guardare dico: “Guardate che potrebbe capitare anche a vostro figlio”. E insomma adesso anche le istituzioni cominciano a darci ascolto. E anche il Papa a cui avevo scritto ci ha risposto con una lettera di incoraggiamento, invitandoci tutti ad andare avanti e a non avere paura. Per mio figlio è stata una grande iniezione di fiducia».

8.3.15

Il benzinaio Stacchio: 'Non voglio essere un eroe. Non sparate, non è il Far West...'"NON SONO UN EROE NÉ UN MODELLO DA IMITARE.




http://www.bing.com/images/
Graziano Stacchio è il benzinaio del Vicentino che ha sparato a un rapinatore uccidendolo, diventando una sorta di eroe per molti cittadini impauriti dai furti. Ma al quotidiano "La Repubblica" spiega di non voler diventare un esempio per nessuno:"L'effetto mediatico mi ha stordito. Però davvero non possiamo vivere in un mondo che va in questa direzione. È storta. Non voglio rassegnarmi alla legge della giungla, al terrore, che lavori e torni a casa guardandoti alle spalle".
Al Corriere del Veneto assicura di aver ricevuto proposte di candidatura, ma non vuole specificare da parte di quale partito: La sicurezza non è né di Destra né di Sinistra, è un tema su cui tutti i partiti dovrebbero riflettere, invece di continuare a scaricarsi le colpe l’uno addosso all’altro. Anche se, a dirla tutta, c’è una cosa che non mi so spiegare...Qui sono venuti i leader di molti partiti, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, il candidato alle regionali del Movimento 5 Stelle... Ma nessuno di centrosinistra si è fatto sentire».
L'uomo avverte però che il clima è molto teso:
"Il problema è che la gente ha paura, sta perdendo la testa. Ci vuole un attimo. Il mio è stato un atto di istinto, di disperazione. Vorrei dire anche di umanità, perché quella ragazza (dentro la gioielleria, ndr ) era sotto scacco di cinque banditi armati di mitra. La volta prima era stata addirittura sequestrata. Quando quel rapinatore mi ha puntato l'arma addosso, ho mirato. Stando attento a non fare andare in giro colpi. Se i suoi complici l'avessero lasciato lì gli avrei messo subito un laccio emostatico, avrei provato a salvarlo. Ambulanza e via".
Lo avrebbe fatto davvero?
"Lo giuro sui miei figli e nipoti. La vita vale più di tutto. Sa quanti lacci ho messo qui davanti (indica lo stradone, via Riviera, che attraversa il paese)? Incidenti stradali. Uno aveva il femore fuori".
Non le chiedo se vota Lega perché non me lo direbbe. Ma Salvini l'ha eletta a eroe. E il 14 marzo a Vicenza lei sarà guest star della "Festa della sicurezza" (colore dei manifesti: verde e nero).
"La sicurezza è un tema che non ha colori. Dovrebbe essere di tutti, di destra di sinistra e di centro. Le persone che ho sentito più vicine sono quelle co- muni e gli alpini della mia associazione. Poi certo: se anche i politici mi esprimono solidarietà fa piacere. Solo della sinistra non si è fatto vivo nessuno ".    
  
Stima enorme , Non è un commento ironico, per  lui  e per le sue dichiarazioni   : <<  “Bisogna lavorare sulle scuole, sull’educazione. Alla pace, al rispetto. Lo dice uno che ha sparato, è vero. Ma non l’ho fatto per aggredire. L’ho fatto perché in quel momento ero minacciato di morte, e quella ragazza anche”.Non sono un eroe né un modello da imitare. Né tanto meno un simbolo. Lo dico subito: la gente non deve sparare in mio nome, né in Veneto né in Sicilia. Solo l'idea mi fa paura. >>
  Ma  soprattutto  perche'  Questo pover'uomo lo stanno strumentalizzando in una maniera imbarazzante  cercando  di farne  un simbolo  Infatti   con cordo  con   Michele Cicero   quandi   su  https://www.facebook.com/pages/Becero-populismo-dei-link-di-FB/ dice  : <<  Vile e pusillanime chi gli cuce addosso le bandiere del suo partitino. Spero ne esca il più sereno possibile, come se non bastasse dover vivere col pensiero di aver ammazzato una persona... massima solidarietà >>

raccontare i femminicidi \ amori criminali di oggi con quelli del passato il caso Beatrice cenci

 Per  il 25  novembre   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più ...