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11.9.22

11 settembre: per non dimenticare... cosa ? di Daniela tuscano

Affinché questa giornata non si limiti a vuota retorica o slogan logori "Per non dimenticare" rivolgiamo innanzi tutto un pensiero/preghiera per le vittime e i loro familiari/amici, a cominciare dai #musulmani che a #GroundZero lavoravano (le #TorriGemelle ospitavano pure una piccola #moschea) e i cui nomi oggi si trovano iscritti su quella lapide.E che nei rispettivi paesi hanno pagato, e continuano a pagare, il prezzo più alto del terrorismo #jihadista. E se è vero che l'obiettivo di questi ultimi era e resta la #democrazia (senza aggettivi: non "liberale", non "parlamentare": la democrazia e basta), è indubbio che l'#11settembre2001 si è voluto dichiarare guerra anche ai #cristiani benché essi non siano certo sovrapponibili al liberalismo finanziario occidentale. Infatti le persecuzioni nei loro confronti nei paesi d'origine sono aumentate in maniera esponenziale. Secondo una recente stima di #PorteAperte-#OpenDoors il 2022 ha registrato il più alto livello di violenze da quando la lista è stata pubblicata per la prima volta, 29 anni fa. La maglia nera spetta all'#Afghanistan - che l'Occidente "democratico" ha abbandonato nelle mani di quegli stessi #talebani combattuti vent'anni prima e ora tornati trionfanti e spietati - e dove #donne e #ragazze, già private di ogni diritto se musulmane, diventano bottino di guerra, stuprate e avviate alla tratta quando provengono da famiglie cristiane. I talebani lavorano per l'identificazione dei cristiani che vengono poi arrestati e uccisi. La minoranza cristiana pachistana conta vittime e martiri tanto famosi quanto ignorati, da #ShahbazBhatti ad #AsiaBibi a #HumaYounus e tanti altri/e. Crimini contro i cristiani aumentano anche nella democratica #India, spesso alimentati dai media locali. Crescono a 360 milioni (340 nel 2021) i perseguitati africani, 5.898 quelli uccisi (da 4.761), con la #Nigeria sempre epicentro di massacri (4.650) assieme ad altre nazioni dell'#Africa subsahariana. E non si può negare che anche il recente, brutale assassinio di suor #DeCoppi sia il risultato di questo clima di odio feroce. "Per non dimenticare", ma spesso, troppo spesso, a questo elemento del jihadismo non si vuol proprio pensare: sia per timore di compromettere i rapporti (d'affari) coi governi musulmani, sia perché il #liberalismooccidentale è in gran parte #ateo e, non di rado, #anticristiano, se non in modo cruento, di sicuro dal punto di vista socio-culturale e anche economico. "Per non dimenticare", ma se non esplicitiamo per intero le ragioni delle guerre, non otterremo mai una vera pace. Ugualmente, "non dimentichiamo" l'altro 11 settembre, che nel 1973 segnò la caduta del governo socialista di #Allende e l'avvento della dittatura del generale fascista #AugustoPinochet, una delle più sanguinarie dell'epoca contemporanea, attuatasi con la complicità delle forze "liberali" statunitensi. La nostra non è una preoccupazione politica, semmai la precede. Ma ci opponiamo alla logica semplicistica della contrapposizione manichea proprio perché è quest'ultima a dividere l'umanità. E auspichiamo che la parola "guerra" sia bandita dal vocabolario universale, anche da quello religioso. Perché ciò avvenga, tuttavia, si rende necessaria la "dialettica della lealtà": un'educazione cioè alla #pace, a quella cultura del dialogo - presente in tutte le culture e credi religiosi - che "disarmi" in radice qualsiasi intento bellicoso. Oggi il dramma si chiama #Ucraina, ma non solo. "Per non dimenticare" gli altri conflitti (anche lo sfruttamento di bambini/e donne, l'abbandono di anziani e disabili, la disoccupazione, l'impoverimento, la fame, la malattia, l'ignoranza sono guerre: contro i deboli, contro l'umanità intera) è necessario riconoscere le proprie singole colpe.

© Daniela Tuscano

8.9.19

La bimba dell'11 settembre: "Ho avuto un padre-eroe, ma non l'ho mai conosciuto" Parla Robyn Hygley, nata sette settimane dopo l'attentato alle Torri Gemelle

da repubblica del 07 SETTEMBRE 2019 Parla Robyn Hygley, nata sette settimane dopo l'attentato alle Torri Gemelle

NEW YORK - "Sono nata il 3 novembre 2001: sette settimane dopo l'orrore dell'11 settembre che portò via mio padre Robert. Mi chiamo Robyn, in suo onore e ho sempre saputo di essere diversa: fin da piccolissima. A causa di quel che è successo, la gente pensa di sapere chi sono. Ma pochi capiscono davvero: mia sorella. E gli altri figli di quella tragedia. La mia migliore amica è una di loro". Li chiamano Children of 9/11, i bambini dell'11 settembre, appunto. Sono i 103 nati dopo l'attacco alle Torri Gemelle dove morirono i loro papà. Robyn Higley è una di loro. E come i suoi compagni, sta per compiere 18 anni.

Fra poco sarà maggiorenne: cosa vuol dire arrivare a un traguardo così importante senza il suo papà?
"Dicono tutti che è un traguardo perché potrò votare. Ma la politica non mi piace. Non guardo i tg, non leggo giornali: le cattive notizie mi fanno stare male. Mi rendono paurosa e paranoica. Per ora non voto. Magari più in là. L'anno prossimo andrò all'università e spero mi rafforzi. Studierò psicologia, voglio diventare una terapista per bambini con una storia difficile come la mia. Faccio terapia da quando avevo sei anni. Per quello che è successo, per come penso a papà".

Vuol parlarcene?
"Penso sempre a lui, lo amo molto. È il mio eroe. Ma è difficile spiegare la connessione con una persona che non hai conosciuto. Sono nata quando tutto era successo, non sono mai stata a lutto: e me ne sono sentita in colpa. Ora va meglio, ho capito molte cose. Ma non è stato facile. Da piccola ero rabbiosa e avevo problemi con mia sorella Amanda, quattro anni più grande".

Cosa non andava con sua sorella?
"Finii sui giornali che ero in fasce. Su di noi hanno fatto documentari, articoli. Amanda è sempre stata gelosa di tanta attenzione. Dopo l'attacco alle Torri il telefono di papà continuò a squillare e a casa si illusero che fosse ancora vivo. Lei lo aspettò per ore seduta sull'uscio. "Perché intervistano te? Io papà me lo ricordo" diceva. Anche io ero gelosa: di quelle memorie. Ora è sposata, ha una figlia. E questo ci ha avvicinate".

Ci racconti di suo padre...
"Aveva 29 anni. Lavorava da pochi mesi per la compagnia di assicurazioni Aon, ma agì comunque da eroe. Era nella Torre Sud, la seconda colpita. Fece uscire i suoi impiegati e restò ad aspettare un altro ascensore. Quando l'aereo colpì l'edificio era al 92esimo piano: non ebbe scampo. Di lui parliamo sempre. E crescendo ho scoperto che abbiamo delle cose in comune: scriveva delle storie, proprio come faccio io".

Le ha lette, quelle storie?
"Le aveva nel portatile, distrutto quel giorno. Sono perdute per sempre. Mamma le aveva lette, ce le ha raccontate. Ma ha il rimpianto di non essere stata abbastanza attenta e non ricordarle bene".

Sua madre, Vycki Pratt, all'epoca aveva solo 30 anni.
"Ha sempre detto di non aver avuto scelta: non poteva lasciarsi andare, doveva crescere noi due. Non è stato facile, papà era il suo primo amore. Nel 2003 si è risposata, ha avuto un'altra figlia. Voglio bene al mio patrigno, ci ha dato un'infanzia normale. Andavamo a pesca, a Disneyland. Non ha mai preteso di prendere il posto di mio padre: di Robert ci sono foto in tutta la casa".

C'è un oggetto appartenuto a suo padre che le è particolarmente caro?
"Quando seppe che ero una femmina comprò un peluche rosa, un coniglietto. È l'unico regalo che ha potuto farmi e mi è molto caro. E poi ho le sue t-shirt. Le indosso spesso".

Il diciottesimo anniversario è alle porte. Cosa farete?
"Abbiamo un rito di famiglia, molto intimo. Cantiamo, facciamo promesse. Ma alla cerimonia non andiamo mai".

Conosce altri "figli dell'11 settembre"?
"Fino a dieci anni facevamo un campo estivo tutti insieme. È stato importante frequentarli. Ci capiamo. Una di loro è la mia migliore amica".

Come festeggerà i 18 anni?
"Vorrei andare a trovare mia zia, la sorella di papà. Con la sua famiglia abbiamo ottimi rapporti, ma è rimasta solo la nonna e questa zia".

Quell'attacco ha cambiato la sua vita. E il mondo.
"Se oggi c'è tanta paura e violenza è anche a causa di quello. La mia generazione ha più paura e rabbia delle altre. Ma dovremmo imparare da quel che è successo. Non possiamo vivere nella diffidenza".

Cosa chiede al futuro?
"Cose semplici. Una vita normale, calma. Trovare qualcuno che mi ami, farmi una famiglia, lavorare con i bambini. Non dimentico mio padre, ma non sono un'attivista. Lo porterò sempre nel cuore". 

Ascolta l'audio dell'articolo:

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 Per  il 25  novembre   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più ...