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11.2.13

San Pietro e il bar

Alcuni anni fa accompagnai i miei studenti a Roma e in Vaticano, per la consueta gita scolastica. Mi capitò di soffermarmi a osservare, da una delle enormi finestre, il panorama sottostante. La città si stendeva mite e sensuale come un'immensa dama, ma con qualcosa di terribile, simile alla Natura leopardiana prima dell'incontro con l'Islandese. Fu un attimo di cui rammento il silenzio perfetto, vitreo, confitto nei millenni. Ero a contatto diretto con Dio - o con la sua totale assenza. Perché, davvero, non percepivo nessuno.
Udii la mia voce commentare: impossibile.
La città, la metropoli, l'urbe, diveniva il mondo. Infiniti, moltiplicati mondi. Un labirinto di occhi, di fiati, di drammi, da contare uno per uno, cui dare risposte definitive. Ma come avrei potuto farlo, in nome di Dio ?
Per me, il problema non si sarebbe mai posto, in quanto donna. La fabbrica di Cristo, che aveva scalzato Gesù, mi aveva esclusa dal controllo totale dell'anima del mondo, ma in quegli istanti provai una sincera commiserazione per il gravame di quell'uomo anziano, solo, sulla cattedra di Pietro. Cattedra. Di Pietro, che era stato un pescatore illetterato.
Il Papa se ne va. Dopo molti secoli, un Pontefice abdica. Per stanchezza fisica e morale, per fede, dice qualcuno. Per umiltà .
Ratzinger è stato umano, consapevole, drammatico. Dietro la mitezza, l'assoluto rigore dell'animo germanico. Non sono sconvolgenti le sue dimissioni. Avrebbero dovuto essere normali. Ma il suo, è stato un atto di fede? Non so.
I fondamentalisti attraversano ore drammatiche. Un Papa che si dimette non era nelle loro previsioni. Men che meno questo Papa. Erano convinti d'aver riconquistato la "cristianità". Si ritrovano di fronte un uomo normale, forse smarrito (benissimo!), forse sconfitto. Ma sono disorientate anche tante persone comuni, prive d'un punto di riferimento, orfane, anch'esse, di quella diversità che ai loro occhi Giovanni Paolo II incarnava così bene. Il Papa polacco era una statua controriformista, un santo dalla spada sguainata, intrepido sull'abisso. Non seguivano le sue indicazioni, ma quella sorta di roccia umana scaldava in qualche modo il loro cuore.
Adulti. Ora, improvvisamente, costretti a uscire dal guscio. Come quel giorno a Roma, quella Roma divenuta liquida come il mare, ondeggiante, frastagliata e perigliosa, essi adesso cercano una voce, una morale dentro di sé. E stentano a trovarla.
Un Papa dimissionario è un Papa umano. Ma non si possono dimenticare le azioni di quel Papa.
Ratzinger fu il Pontefice della lotta al "relativismo", del perdono senza pentimento ai lefebvriani, del discorso di Ratisbona, degli attacchi agli omosessuali come "minaccia per la pace", della banalizzazione dei delitti dei Conquistadores. Visse, probabilmente senza mai riprendersi del tutto, lo scandalo della pedofilia. La Chiesa da lui diretta intervenne pesantemente in politica appoggiando governi non di rado irrispettosi dei più elementari diritti umani; e del tutto anticristiani.
Non alzò mai la voce, ma il pensiero che mi sale dal cuore, in questi momenti, è rivolto a chi, in questi e negli anni precedenti, è stato emarginato, umiliato, scacciato dalla dura morale ecclesiastica, dalle feste della famiglia dalle quali era del tutto escluso, e che anzi venivano organizzate contro di lui.
Oggi era la giornata mondiale del malato, istituita proprio da quel predecessore di Ratzinger dai fatui trionfi secenteschi. Di quei malati m'importa. I dolori dell'anima a volte illuminano, altre volte deturpano.
A stare troppo in alto, l'atmosfera tende a rarefarsi. E ci sentiamo soffocare. La vita è orizzontale. E' in quelle case galleggianti, in quella città-donna spianata, in quelle miriadi di occhi che dormono da lontano. Di cui la Chiesa è obbligata a riappropriarsi. Senza sperare di governarli dall'alto. E da sola.
Una Chiesa femminile non soltanto di nome. Una Chiesa senza monarchi assoluti da divinizzare. Una Chiesa che, avendo voluto cancellare il Concilio Vaticano II, ha mortificato lo Spirito, e che ora deve pentirsi e riprendere la strada smarrita.
Da alcune parti, ingenuamente si auspica il "Papa nero", come se la provenienza geografica fosse la risoluzione alla marginalità del cristianesimo. Certo, che il cristianesimo non sia solo europeo, e addirittura torni alle sue radici, lo auspichiamo tutti. Ma non sarà un Papa africano a cambiare le cose. La maggior parte dei vescovi del Continente nero è nettamente conservatrice, quando non reazionaria. Un Papa, da qualunque parte venga, dev'essere nuovo. Dentro.
Lo potrà soltanto se scenderà dallo scranno. Se accetterà di farsi orizzontale e corale. Se diventerà uomo e donna. Non da solo. Con tutti e con tutte.
Non deve "abbandonare". Se ritiene persa la partita in Europa, non c'è in lui fede. C'è ateismo.
Ecco perché la cattedra di Pietro necessita di tornare barca, come in origine era. E forse, per usare un'immagine più moderna, le gioverebbe bussare a qualche porta, entrare in qualche luogo pubblico, banale, dimenticato. Dozzinale. Chiedendo aiuto, perché no? Come il prete di Nanni Moretti (quello de La Messa è finita, non del pretenzioso e sbalestrato Habemus Papam), magari si guarderebbe intorno, con curiosità puerile ed esitante, per poi esclamare, discreto, agli avventori: "Vi amo, voi tutti che siete in questo bar".

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