18.7.25

Coppia viaggia per 370 km per un’attrazione inesistente: ingannati da un video AI virale

Corriere Tv tramite msn.it
 


Una coppia di anziani dalla Malesia ha viaggiato per oltre 370 chilometri da Kuala Lumpur fino a Perak, convinta di poter vivere un'esperienza mozzafiato a bordo di una funivia panoramica nel villaggio di Kuak Hulu. La delusione è arrivata all’arrivo, quando hanno scoperto che l’attrazione turistica tanto attesa non esisteva affatto: era tutta opera dell’intelligenza artificiale. Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, la coppia è arrivata il 30 giugno nella località di Pengkalan Hulu, dove si era registrata in un hotel. È lì che ha chiesto informazioni sul “Kuak Skyride”, un presunto servizio di funivia promosso in un video online in cui appariva un giornalista intento a esplorare il paesaggio, intervistare turisti e gustare piatti locali con vista panoramica. La receptionist dell’hotel, ha raccontato l’incredulità iniziale provata davanti alla richiesta della coppia: “Ero così scioccata... Ho spiegato alla signora che quel video era stato creato con l’intelligenza artificiale e che non era reale”. Il video mostrava infatti un conduttore AI, apparentemente realistico, di un canale inesistente chiamato “TV Rakyat”, che guidava gli spettatori attraverso un viaggio immersivo tra foreste e montagne, culminando con una visita a uno zoo di cervi. Secondo indiscrezioni, il contenuto sarebbe stato generato con la tecnologia di Google Veo 3. Alla scoperta dell’inganno, la donna si è detta furiosa e ha addirittura minacciato un’azione legale contro il giornalista apparso nel filmato. La receptionist ha dovuto spiegare che non solo l’attrazione, ma anche le persone presenti nel video – incluso il presunto reporter – erano completamente artificiali. “Perché qualcuno dovrebbe mentire? C’era persino un giornalista!”, avrebbe ribattuto l’anziana turista. Il caso non sarebbe isolato. I media locali riferiscono di un altro utente online i cui genitori sarebbero stati vittime dello stesso video ingannevole, arrivando a spendere 9.000 ringgit malesi (circa 2.120 dollari) per noleggiare un furgone e raggiungere la fantomatica attrazione. Il filmato ha circolato ampiamente sui social prima di essere rimosso, in seguito alle crescenti polemiche. Ma l'episodio riaccende l’allarme sulla diffusione virale di contenuti generati dall’AI e la difficoltà, per molti utenti, di distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è 

EVITATE PARCHEGGI ISOLATI E TENETE LE CHIAVI ED IL CELLULARE IN MANO IN MANO I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n XXXV + azioni immediate in caso diaggressioni in auto o prima d'entrare in essa

 N.B 
Le  frasi in corsivo e  fra  parentesi , all'articolo di Antonio  Bianco sul  settimanal Giiallo  , sono mie libere  intuizioni    no sono presti nel testo originario e la seconda   foto sono create    tramite  https://chatgpt.com/ e https://it.freepik.com/ 

 Vi trovate in automobile da sole e dovete parcheggiare. Senza naturalmente voler fare “terrorismo”, dobbiamo  ricordarvi che il pericolo, purtroppo, è sempre in agguato  [ di giorno e  di , soprattutto di  notte  ] . Il primo consiglio è quello di prestare la massima attenzione  al luogo in cui parcheggiate. Preferite sempre zone frequentate e ben illuminate, meglio ancora se visibili dalla strada o dalle case. Evitate invece zone isolate, parcheggi sotterranei o circondati da vegetazione fitta. Se possibile, parcheggiate quanto più possibile vicino al luogo che dovete raggiungere. Non dimenticate un dettaglio importante: lasciate  [ 

oviamente insignificante o di poco  conto  per evitare   d'attirare ladri   ] nella vostra automobile un oggetto  che faccia supporre che con voi ci sia anche un uomo   [  o simili come lafoto  a  destra   ] . Una cravatta, per esempio, potrebbe andare benissimo. Ancora, prestate massima  attenzione alle possibili “trappole”. Oltre a non far salire in auto sconosciuti, diffidate [ è  vero che   lo si che no è  bello   generalizzare  \  fare di tutta un erba  un fascio   ma  non si sa mai  ] di chi potrebbe chiedervi aiuto [  o vuole vendervi qualcosa  o  chiedere  elemosinain maniera poco credibile. Se, per esempio, qualcuno vi avvicina dicendovi che ha un problema alla sua automobile, se siete sole andate oltre [   opppure   chiedeteli     se ha  bisogno  di  un meccanico  \  carro attrezzi , ecc  ] . Se notate la presenza di oggetti o biglietti insoliti sul parabrezza o sul tergicristallo,  [ non toccateli subito    ma   fatelo arrivati\e  a  casa o  sul posto di destinazione ]  . Salite immediatamente in auto, chiudetevi dentro e spostatevi in un luogo sicuro. Prima di scendere o di salire in auto tenete le chiavi [  ed  il cellulare ] in mano, in modo che siate pronte a chiudere o ad aprire rapidamente la vettura in caso di necessità. Bloccate immediatamente le portiere non appena salite in auto e non fermatevi a lungo in macchina per telefonare o semplicemente per sistemarvi, perché unasosta prolungata potrebbe attirare attenzioni non desiderate. Fidatevi del vostro istinto, e se per qualunque ragione un luogo vi mette disagio, cercate immediatamente [  se  possibile ] un’alternativa. Nel caso in cui uno sconosciuto si avvicini a voi infastidendovi o in modo invadente, evitate confronti e allontanatevi [ o  se  non potete    fate  finita   di  chiamare  la  polizia  \  forze  dell'ordine un moroso   o  un amico che vengono a  prendervi  o avete  appuntamento  ]

nel caso   questi  metodi     di prevenzioni   dell'articolo  non dovessero  funzionare  o essere  applicabili   Siate pronte a reagire, ma sempre e soltanto con la massima prudenza, ricordando ancora una volta che la  soluzione migliore è allontanarvi rapidamente e chiedere aiuto.ecco alcune azioni alternative e complementari che possono aumentare le possibilità di mettersi in salvo:

🚨 Azioni immediate in caso di aggressione in auto

  • Suona il clacson ripetutamente: è un segnale di allarme che può attirare l’attenzione di passanti o residenti.

  •   usare  cellulare  pronto   con  chiamata  vocale   dei   numeri  d emergenza in particolare  il   112 (numero unico di emergenza in Italia) anche se non puoi parlare: la chiamata può essere tracciata. Mettere  tal i umeri (  forze ell'ordine , amici  intimi , familiari  , ecc )   pre  impostati  nei numeri  rapidi    ciè quelli che mettete  come preferiti  sulla home  

  • Accendi le luci di emergenza per segnalare una situazione anomala.

  •   fai   partire     in  caso di minaccia   o  d'aggressione una  suoneria   d'allarme  scaricati   e mettiti  sul cellulare suonerie della polizia e suoni di notifica che puoi impostare per le chiamate in arrivo, i toni di allarme e gli avvisi SMS o   militari del tipo quella  dell'addunata  o  sveglia . oppure    se  non sei terrozzizta  \  spaventata   usa   se lo hai  con te   un fischietto   d'arbitro  o  ad  ultra  suoni   cosi intervi.ene un  cane    o il padrone    se è  a passseggio con il cane 

  • Usa lo spray al peperoncino se lo hai a portata di mano e se la legge locale  (  ma  anche non  se    davanti  ad  un  aggressione   .  lo so che  passerai dei guai    ma  potrei    avere  delle  atteuanti )  ne consente il possesso.

  • Fuggi se possibile: se l’aggressore è fuori dall’auto, metti in moto e guida via, anche se devi infrangere qualche regola stradale. Oppure  come il link   « Strategie Avanzate di Autodifesa »  di    https://www.wildfidenza.com/   riportato in una  puntata precedente    se   è giù i macchina  ( passaggio ad  un autostopista    \  o  passaggo  da  uno sconoscoiuto  ,   attacco  violento del  partner   , ecc  )  : «Se l’aggressore e riuscito a salire in auto e ti minaccia mentre sei alla guida, gioca d’astuzia e tampona (piano) l'auto che ti sta di fronte : quest’azione potrebbe salvarti la vita poiche quasi certa mente lui fuggira[...] »

RIASSUMENDO

📚🧠 Strategie preventive e psicologiche


  • Non lasciare oggetti di valore in vista: Borse, soldi, dispositivi tecnologici o altri oggetti di valore non dovrebbero essere visibili all'interno dell'auto. Riponili nel portabagagli prima di arrivare al parcheggio, per non farti osservare.
  • Non lasciare chiavi o carte di credito in auto: Evita di nascondere copie delle chiavi o carte di credito all'interno del veicolo.
  • Lasciare il cassettino aperto: Per mostrare che non c'è nulla di valore al suo interno.
  • Prepararsi prima di scendere e salire: Prima di scendere dall'auto, osserva l'ambiente circostante. Quando torni a prenderla, tieni le chiavi in mano (nella mano dominante) prima di entrare nel parcheggio.
  • Percorrere le aree principali: Cammina al centro dei passaggi principali del parcheggio, evitando di muoverti a caso tra le vetture.
  • Essere consapevoli dell'ambiente: Non usare cuffie o cappucci che limitino la tua vista o l'udito. Cerca di avere almeno una mano libera.
  • Parcheggiare per una fuga più rapida: Se possibile, parcheggia con il muso dell'auto rivolto verso la rampa di uscita per essere più visibile e veloce in caso di necessità.
  • Non opporre resistenza, almeno che  sia  addestratta o  non conosca e non frequenti corsi di. autodifesa e di'arti marziali in caso di aggressione: Se, nonostante le precauzioni, vieni colto di sorpresa, ricorda che la tua vita e la tua incolumità sono più importanti. Non opporre resistenza, specialmente se l'aggressore è armato.
  • Evita di parcheggiare in luoghi isolati o poco illuminati, soprattutto di notte.
  • Tieni sempre il cellulare carico e a portata di mano, magari con un'app di emergenza attiva (come “112 Where ARE U”).
  • Simula una chiamata o parla ad alta voce come se stessi comunicando con qualcuno che ti aspetta: può scoraggiare un aggressore.

🛠️ Equipaggiamento utile da tenere in auto

OggettoUtilità
Spray urticanteDifesa immediata
Torcia potenteAccecare temporaneamente o segnalare
Power bankPer non restare senza telefono carico
Martello frangivetroPer fuggire in caso di blocco
Finta sirena o allarme⁕per dissuadere l’aggressore

Destino



Il coraggio di Francesco Crispo di San Giovanni in Fiore (Cosenza),Scacco matto alla resa. La “restanza” di Francesco contro lo spopolamento di Emiliano Morrone

Il coraggio di Francesco CrispoSan Giovanni in Fiore (Cosenza),Scacco matto alla resa. La “restanza” di Francesco contro lo spopolamento di Emiliano Morrone su https://www.corrieredellacalabria.it/  del 17\7\2025



in sintesi \ per chi ha fretta

Francesco Crispo, ristoratore di San Giovanni in Fiore (Cosenza), ha vissuto il Covid come un'opportunità professionale. Con sua moglie, allora si rimboccò le maniche e portò pizze e pasti a tante persone obbligate a stare in casa per il lockdown. Così pagò i debiti e sopportò le perdite degli anni successivi. Ora ha cambiato il volto al suo locale e va avanti sostenuto dalla moglie Rossella, dai sorrisi della figlia Helèna, nata durante la pandemia, e dall'affetto dei propri genitori. Ho voluto raccontare questa storia per significare che la volontà, l'inventiva e il coraggio permettono di superare grossi problemi, anche in aree in cui si brama il posto pubblico a tutti i costi ed è forte la tendenza a imporre livellamento e omologazione



SAN GIOVANNI IN FIORE Restare non è facile. Come molte aree interne, San Giovanni in Fiore (Cs) si spopola. Dall’anno 2000 qualche migliaio di abitanti ha lasciato la città. Le famiglie si smembrano e i ragazzi crescono con l’idea che il futuro sia altrove. La crisi demografica è un problema serio. E c’è pure un’altra questione pesante, radicata, sottaciuta: l’idea, alquanto diffusa, che la politica debba garantire posti e stipendi fissi nel pubblico, piuttosto che sospingere l’intraprendenza e l’attività privata. Allora un pezzo del corpo sociale si è abituato all’attesa, al favore, all’omologazione.
Fare impresa a queste latitudini vuol dire scegliere la strada dell’autonomia e scongiurare la
partenza, il kafkiano «via di qua senza sosta, soltanto così potrò raggiungere la mia meta».
A chi sceglie la restanza tocca spesso affrontare il vuoto intorno, la diffidenza, il peso delle consuetudini. Eppure, qualcuno ci prova. Francesco Crispo era un pizzaiolo. Aveva imparato il mestiere da dipendente, talvolta anche al prezzo di umiliazioni economiche. Dietro al forno a legna, però, aveva pensato alla sua strada: aprire il proprio locale a San Giovanni in Fiore. Negli anni, mise quindi i soldi da parte: non aveva risorse, padrini, appoggi, scorciatoie. Lavorò da mattina all’alba, sicché acquisì i segreti del mestiere. Una volta pronto, presentò domanda a Invitalia per un finanziamento. Aveva preparato il progetto, i preventivi e la documentazione. Per un anno intero, mentre aspettava risposta da Invitalia, pagò il fitto del locale che aveva fermato, come richiesto dall’apposito bando. Per fortuna, il proprietario gli praticò un prezzo sostenibile, ma un giorno giunse la bocciatura della sua pratica, proprio quando morì la nonna, ancora giovane. Due colpi duri: uno al cuore, l’altro alla fiducia. Francesco si fermò giusto per qualche giorno. Capì poi che doveva reagire. Chiese aiuto al padre, si fece garantire un prestito bancario e andò avanti. Sistemò il locale che aveva in uso e aprì d’orgoglio i bandoni: una mossa secca contro la paura e la rinuncia.
Il suo ristorante partì nel 2015 con annessa pizzeria. Intanto c’erano state la crisi dei mutui subprime e la lettera di Trichet-Draghi. Il clima era ancora instabile ma la gente tornava allo svago, a sedere ai tavoli. Il locale si fece conoscere, la pizza era buona e la cucina onesta. Francesco lavorava tanto. Spesso chiudeva da solo, con le braccia stanche e gli occhi rossi per le infornate. Ma era il suo posto, la sua scommessa, il suo orizzonte.
Come un fulmine, poi arrivò inatteso il Covid. Tutto chiuse, senza indizi di previsioni incoraggianti. Francesco e sua moglie Rossella rimasero invece lì, operativi, al ristorante. Lei possedeva già il titolo di parrucchiera, ma aveva rinunciato all’attività per collaborare con il marito. Nell’incertezza generale e
Al lavoro con la moglie all’epoca del Covid
assoluta, i due si organizzarono per consegnare cibo a domicilio. Rossella impastava, lo chef Antonio cucinava e Francesco portava in macchina pizze, primi e secondi, bevande e dessert. Così riducevano le spese mentre, si può dire, alimentavano la comunità locale.La voce si sparse. I clienti aumentarono soddisfatti, in un periodo nero, attraversato da un senso cupo di oppressione e d’impotenza. Quel servizio, invece, svolto in silenzio e con l’anima vera, aiutò tante famiglie. Compresi Francesco e la moglie, che ripagarono parte dei debiti. Il giovane lo racconta con gli occhi lucidi e un sorriso misurato: la pandemia gli valse a tenere in piedi un’economia familiare quando il mondo pareva franare. E, per inciso, i coniugi non ebbero mai il Covid, secondo il responso dei numerosi tamponi eseguiti per ragioni di sicurezza.
Nel 2022 il ristorante iniziò a risentire dei cambiamenti intercorsi. Sua moglie, intanto, aprì finalmente il proprio salone. Avevano due attività e una figlia piccola, ma il mondo si trasformava ancora. La pandemia svanì ma il mercato mutò basi, mezzi e ritmi. I consumi calarono, la clientela divenne più incerta. Si faticava.
Francesco, che non aveva preso contributi pubblici, cominciò a usare i risparmi per coprire le perdite, con l’affetto e il sostegno immancabile della madre e del padre. Dopo gli arrivarono proposte da fuori. In Abruzzo lo cercarono per aprire un nuovo locale. Ci pensò, ma sua moglie aveva già il salone avviato e la figlia iniziava a camminare e parlare. Trasferirsi avrebbe significato ricominciare da capo, da zero. Ancora una volta. Decise allora di restare, di provarci, di reinventarsi e rischiare come prima. Ridusse quindi i coperti e puntò sulla qualità.
A un certo punto, Francesco sperimentò un particolare impasto di successo e rivide il menù. Soprattutto, aggiunse il pesce, scelta rara in Sila, dove si mangiano carne, salumi, pietanze dai sapori forti. Il ristorante cominciò a proporre antipasti di mare, primi leggeri, secondi più curati. Alcuni clienti storsero il naso, altri apprezzarono. I numeri iniziarono a migliorare: meno tavoli, più margini.
Oggi il locale del giovane è diverso. Intanto, ha una clientela più esigente. Francesco continua a investire: in cucina, nelle materie prime, nel miglioramento. E si muove con il giudizio di chi ha imparato a non sprecare nulla. Ha una figlia che cresce, una moglie che lavora accanto a lui. E la volontà è immutata: restare, nonostante tutto.
Rimanere a San Giovanni in Fiore non è affatto una scelta romantica. È invece una battaglia quotidiana contro un’inerzia che aleggia e, non di rado, una mentalità soffocante. È costruire qualcosa in un luogo in cui vi è la tendenza a livellare, appiattire, spegnersi. È un segnale che il territorio può ancora dare, se qualcuno ci mette le mani, la testa e il cuore. Francesco ci ha provato, non molla ed è felice. Scacco matto.Nel gennaio 2021 nacque la loro bambina, Helèna. Francesco la vide solo per pochi istanti. Erano le regole di allora: distanza, bardatura speciale, disinfettante, compressione degli affetti. Fu un attimo, tra gioia e smarrimento. Dopo tornò subito al lavoro.


Emiliano Morrone


noi gli emarginiamo o creiamo barriere architettoniche e loro ci donano il sangue . Carbonia: «Noi in prima linea per le donazioni di sangue» Il gesto dei soci del “Naba”, associazione che si batte per i diritti dei disabili

  di solito  li emarginiamo  li trattiamoi di  💩  loro invece    è il caso    di  

  Unione  sarda 17\7\2025


Carbonia: «Noi in prima linea per le donazioni di sangue» Il gesto dei soci del “Naba”, associazione che si batte per i diritti dei disabili





«Alcuni mesi fa ho avuto un problema con l’emoglobina e sono venuto direttamente a conoscenza del problema della scarsità delle donazioni di sangue. Una volta guarito mi sono ripromesso di fare la mia parte e anche se la mia salute non mi consente di essere un donatore ho deciso di scendere in prima linea per promuovere questo importante gesto. Sono le parole con le quali Andrea Deiana, presidente del Naba, l’associazione che a Carbonia si batte per l’abbattimento delle barriere architettoniche, spiega quando è nata l’idea che, nei giorni scorsi, ha portato i soci del Naba a partecipare a una tappa fondamentale per il bene della comunità: donare il sangue.
Il gesto – «Non era un evento straordinario, solo persone comuni con la volontà di fare qualcosa di straordinario. – scrivono i soci – abbiamo scelto di iniziare la giornata al Centro trasfusionale di Carbonia-Iglesias per dare il nostro contributo e lanciare un messaggio chiaro: ogni goccia di sangue può essere vita per qualcuno. Donare il sangue è un atto semplice, ma di immenso valore. Spesso bastano alcuni minuti per compiere un gesto che può fare la differenza tra la vita e la morte per qualcuno. Dietro ogni sacca donata c’è una persona che riceve speranza, forza e vita». Non tutti, come Andrea Deiana, hanno potuto donare: «Molti di noi hanno problemi di salute – puntualizza il presidente del Naba – eppure abbiamo voluto esserci comunque, un gesto simbolico che riteniamo essere molto importante». Uno dopo l’altro sono entrati per parlare con il personale sanitario e si sono messi a disposizione: «Donare il sangue mi rende tanto orgogliosa – dice Patrizia Casu – soprattutto in questo momento di grave carenza visto che nei mesi estivi, purtroppo, si verifica spesso un calo nelle donazioni». Della stessa idea Giorgio Santoru, anche lui iscritto dell’associazione che si è recato al centro trasfusionale per fare la sua parte: «Siamo qui presenti certi di fare una cosa giusta per tutti – ha detto – credo che promuovere la donazione sia un gesto importantissimo: chi può donare deve farlo». E lo ha ribadito anche Katiuscia Pani, del direttivo dell’associazione, che ha donato il sangue in contemporanea con Patrizia e Giorgio: «Molte persone hanno necessità di sangue ma le donazioni scarseggiano – ha detto – basta avere più di 18 anni (sino ai 65) e pesare più di 50 chili. Ovviamente per avere informazioni e sapere se è possibile fare la propria parte, basta recarsi al centro trasfusionale e il personale sarà pronto a dare tutte le informazioni necessarie».
L’ospedale – Il plauso e il ringraziamento da parte della Asl Sulcis non ha tardato ad arrivare: «Stiamo affrontando un momento complicato sul fronte delle donazioni – spiega la dirigenza Asl – le sale delle donazioni restano vuote per giorni e la domanda di sangue è in costante aumento. Per questo il gesto del Naba ci emoziona e ci auguriamo che possa promuovere la cultura della donazione». Ogni donatore riceve controlli gratuiti dello stato di salute, e in più, per dirlo col Naba «la consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande».
                                     Stefania Piredda

DIARIO DI BORDO N 136 ANNO III Yona Roseman, obiettrice di coscienza israeliana: «Non mi arruolo in un esercito che sta commettendo un genocidio» -. giovani e la terra la storia di fabio.barbato., sardegna terra multietnica il caso de ponziesi



Yona Roseman, obiettrice di coscienza israeliana: «Non mi arruolo in un esercito che sta commettendo un genocidio»
                  di  Anna Spena

  



In Israele la leva militare è obbligatoria. Yona Roseman ha 19 anni e ad agosto «andrò in un carcere militare perché ho rifiutato di arruolarmi». Ha scelto di rendere pubblica la sua decisione ed è entrata a far parte delle rete di attivisti di Mesarvot, un'associazione che offre supporto e sostegno legale ai giovani che scelgono di non combattere. «La mia famiglia non l'ha presa bene, alcuni amici di scuola hanno tagliato i ponti con me. Spero in uno stato democratico in cui tutti abbiano uguali diritti e i rifugiati palestinesi possano tornare. Penso che prima o poi succederà»
AYona Roseman, 19 anni, è stato chiesto di indossare la mimetica, armarsi, e andare a combattere. L’arruolamento è previsto per agosto ma «io non combatterò», dice. E sa già che questo rifiuto le costerà il carcere militare. Non sa per quanto tempo dovrà restarci. Ma per chi come lei si è rifiutata più di una volta la permanenza può variare dai 30 ai 200 giorni consecutivi.
In Israele il servizio militare è obbligatorio sia per gli uomini che per le donne, al compimento dei 18 anni. L’obbligo di leva si estende anche ai cittadini israeliani che vivono all’estero e a quelli con doppio passaporto. Dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas il governo israeliano ha approvato un’estensione della leva a 3 anni per uomini e donne per i prossimi 5 anni. Mentre il governo di Netanyahu continua a bombardare senza sosta la Striscia di Gaza e porta avanti l’occupazione illegale della Cisgiordania, cresce il numero di soldati che rifiutano di servire e aumentano i casi di suicidio tra i militari.
Yona Roseman fa parte della rete di Mesarvot, un gruppo di attivisti che rifiuta di prestare il servizio militare obbligatorio. Una realtà che offre agli adolescenti che devono arruolarsi aiuto per evitare che accada e supporto legale. Non esiste un dato preciso di obiettori nel Paese. Mesarvot entra principalmente in contatto con quelli che rendono pubblica la loro decisione. Dall’inizio della guerra ne hanno sostenuti già quindici. «Vengo dal Nord di Israele, ora vivo ad Haifa». Per presentarsi Roseman di se stessa dice: «Sono un giornalista e un attivista contro il genocidio, l’apartheid e gli sfollamenti forzati. Quasi due anni fa ho maturato la scelta di rifiutarmi di combattere, mi ero resa conto di non poter servire in un esercito che sta sostenendo un regime illegale e antidemocratico a discapito di milioni di persone. Ma col passare del tempo la scelta di non combattere è diventata molto più semplice: non ci si arruola in un esercito che sta commettendo un genocidio».
Per Yona rifiutarsi di combattere e basta non bastava: «Dopo aver già deciso di non arruolarmi, mi sono resa conto che avrei dovuto rendere pubblico quel rifiuto. La sensazione di potere che deriva dal rifiutare a gran voce quella che si presume essere la norma mi ha convinto che fosse la cosa giusta per me. La mia famiglia non l’ha presa bene, non ha appoggiato questa scelta, ma col tempo ha imparato a capirmi. Alcuni amici di scuola hanno tagliato i ponti con me per questa decisione, a parte questo non ha avuto grandi conseguenze finora. Ma il mese prossimo andrò in un carcere militare perché ho rifiutato il servizio». Roseman ha incontrato la rete di Mesarvot nel 2023, durante una protesta contro l’occupazione israeliana. «Mi aiuta con il supporto legale e mediatico, nella relazione con i miei genitori e, soprattutto, mi fa sentire parte di una comunità che sostiene e celebra la mia decisione».
Si può sostenere Mesarvot con delle donazioni, ma anche con atti simbolici come «inviare lettere a chi si è rifiutato di combattere e ora si trova in carcere». Yona ha una speranza chiara sul futuro: «Desidero uno stato democratico in cui tutti abbiano uguali diritti e i rifugiati palestinesi possano tornare. Credo che prima o poi succederà. Spero di poter continuare a lottare per ciò che è giusto qui, non mi vedo vivere da nessun’altra parte






dalla    pagina facebok di Sardegna.Sardinia.Italy


Lui è Fabio. ( per contattarlo ecco il suo account db fabio.barbato.568 ) Vive in Sardegna, a Castiadas. In campagna. Di fronte alla sua casa c’è un terreno immenso. Studia da geometra ma il suo pallino è l’agricoltura. “Cosa posso piantare in quei cinque ettari?”. Fichi d’India. Gli amici gli dicono di lasciar perdere. Qualcuno lo prende in giro. Fabio non ascolta nessuno. Innesta 750 piante di fichi d’India. Cura ogni dettaglio, vuole vincere la sua scommessa. Immettere sul mercato i fichi d’India di Castiadas.Arrivano i primi risultati, il mercato però è difficile. Fabio pianta anche pomodori, cetrioli, zucchine, melanzane, peperoni. Glieli chiede Giovanni, il direttore di un resort 4 stelle a Costa Rei. A tre chilometri dal campo coltivato. “Caro Fabio, ai nostri ospiti diamo il prodotto del tuo orto”. Fabio si impegna, lavora la terra senza sosta. E ogni giorno d’estate porta le melanzane, le zucchine e i fichi d’India a Giovanni. Un successo dopo l'altro: si aggiudica l’oscar green, il premio che la Coldiretti assegna ai migliori giovani agricoltori, è un punto di riferimento del resort e in più quest'anno inaugura l'agricamping. Ci si rilassa e si gusta quel che si coltiva. Che meraviglia. Complimenti, Fabio!


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da Vistanet   sezione  sardegna 

In Sardegna sino a pochi decenni fa c'erano tanti ponzesi (qualcuno, molto anziano, è ancora vivo). Sapete perché arrivarono qui da noi?




Lo sapevate? Perché in Sardegna ci sono molte persone originarie dell’isola di Ponza?
In Sardegna sino a pochi decenni fa c’erano tanti ponzesi (qualcuno, molto anziano, è ancora vivo). Sapete perché arrivarono qui da noi?
In Sardegna, fino a pochi decenni fa, vivevano tantissime persone originarie dell’isola di Ponza — e qualcuna, molto anziana, è ancora viva oggi. Ma perché mai tanti ponzesi arrivarono proprio qui da noi? La risposta affonda le sue radici in una storia affascinante fatta di mare, fatica e migrazioni silenziose.
Ponza, una piccola isola di appena 10 chilometri quadrati, situata nell’arcipelago Pontino, contava già oltre 3.000 abitanti nel 1861. Dopo un lungo periodo di spopolamento dovuto alle incursioni barbaresche, l’isola fu nuovamente abitata da pescatori provenienti da Ischia e dalla Campania, che trovarono nel mare la loro fonte di sostentamento. Ed è proprio il mare che li spinse, a partire dalla metà del 1800, verso nuove rotte. I pescatori ponzesi iniziarono a dirigersi a nord per pescare, e con il passare degli anni quel flusso si intensificò: se all’inizio erano soltanto tre o quattro imbarcazioni, tra il 1940 e il 1960 se ne contavano più di venti. Alcuni puntavano decisi verso la Sardegna, verso La Maddalena, Santa Teresa di Gallura, Porto Torres e Isola Rossa, Golfo aranci ,Vignola \ Aglientu  . Altri invece si fermavano prima, affascinati anche loro dalla ricchezza ittica attorno all’isola di Montecristo.
Le barche da pesca, costruite a Ponza nei cantieri di Sant’Antonio e Santa Maria o a Terracina, ricordavano nella forma le feluche nordafricane: snelle, resistenti, perfette per il tipo di navigazione richiesto. I ponzesi seguivano diverse rotte verso la Sardegna, toccando anche Arbatax, Siniscola, Carloforte, e spesso le loro barche venivano trasportate su bastimenti aragostai, detti mbrucchielle, che le sbarcavano appena giunti a destinazione. Quando la pesca in Sardegna non dava frutti, risalivano il mare fino all’Elba, pescando a Montecristo, per poi tornare infine a Ponza a fine stagione.
In principio, quasi tutti i pescatori facevano ritorno a casa; solo in pochi restavano a svernare all’Elba, a Montecristo o in Sardegna. Ma con il tempo, quel pendolarismo stagionale si trasformò in migrazione stabile. Molti pescatori decisero di trasferire le proprie famiglie nei porti sardi dove passavano gran parte dell’anno: così nacquero le prime piccole comunità ponzesi in Sardegna, discrete ma presenti, legate alla pesca e alla fatica, al vento e alla salsedine.
Ma l’avventura dei ponzesi nel Mediterraneo non si fermò qui: alcuni si spinsero anche più lontano, verso la Tunisia, sull’isola di La Galite (Galitone), a 80 chilometri dalla costa tunisina e a circa 150 dalla Sardegna. Sempre inseguendo il pesce, sempre seguendo le rotte del mare.
Ecco perché, ancora oggi, nelle storie sussurrate dai vecchi pescatori sardi o nei cognomi che tradiscono origini lontane, sopravvive l’eco di Ponza, un’isola che ha lasciato la sua impronta sulle coste della Sardegna. Una storia poco conosciuta, ma incredibilmente ricca e viva.

17.7.25

che strano La meloni e company che criticano israele perchè esistono le vite di serie A e le vite di serie B.

Il governo di Israele si vanta di essere alla guida di un paese democratico ma si comporta come il peggiore dei terroristi. Uno di quei governi che gli USA definirono “Stati canaglia”.  Finalmente  Giorgia Meloni e i suoi   ministri   criticano  israle  erché ha attaccato una chiesa.Perchè per lei, come per tanti altri, esistono le vite di serie A e le vite di serie B.  


  di    cosa  stiamo parlando  




Gaza, colpita la chiesa dell Sacra Famiglia: ferito a una gamba padre Gabriel Romanelli

Colpita da un raid la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. Il Patriarcato latino di Gerusalemme conferma che l'attacco alla chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza ha provocato tre morti e 10 feriti. Si è infatti aggravato il bilancio delle vittime. Due invece sono gravi, cinque sono in condizioni stabili e tre sono feriti leggeri. Ferito alla gamba il parroco, don Gabriel Romanelli. Secondo quanto risulta all'Ansa, da fonti vicine al Patriarcato di Gerusalemme, Israele si sarebbe giustificato affermando che si sarebbe trattato di «un errore di tiro». Informato dei raid israeliani anche Papa Leoen XIV, questa mattina, a margine di una udienza a Casetl Gandolfo, ad un gruppo di pellegrini.
«I raid israeliani su Gaza colpiscono anche la chiesa della Sacra Famiglia. Sono inaccettabili gli attacchi contro la popolazione civile che Israele sta dimostrando da mesi. Nessuna azione militare può giustificare un tale atteggiamento». Ha dichiarata in una nota la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Le vittime
Sono Saad Issa Kostandi Salameh, 60 anni, portinaio della parrocchia di Gaza, e Foumia Issa Latif Ayyad, un'anziana donna, due delle vittime dell'attacco israeliano contro la chiesa della Sacra Famiglia nella Striscia. Lo riferisce Vatican News. Secondo fonti locali, la donna di 84 anni si trovava nel momento dell'attacco in una tenda della Caritas adibita a centro per il sostegno psicologico a sfollati e popolazione palestinesi.
«Gli attacchi dell'esercito israeliano contro la popolazione civile a Gaza non sono più ammissibili. Nel raid di questa mattina è stata colpita anche la Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza, un atto grave contro un luogo di culto cristiano. Tutta la mia vicinanza a Padre Romanelli, rimasto ferito durante il raid. È tempo di fermarsi e trovare la pace». Lo scrive su X il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Ferito padre Gabriel Roamanelli
Padre Gabriel Romanelli è il parroco della chiesa della Sacra Famiglia, l’unica parrocchia cattolica nella Striscia di Gaza. Argentino di origini italiane e membro dell'Istituto



L’esperto di look delle auto Ferrari Il sogno realizzato di Pier Paolo Fadda: dai primi modellini alle fuoriserie

unione sarda 17\7\2025

 La passione per le auto ce l’ha sempre avuta. Quando aveva un anno, non camminava nemmeno, ma guidava e si prendeva cura della sua macchinina giocattolo. Alcune poi le smontava e rimontava. Azione premonitrice: con tenacia, questa passione è diventata il suo lavoro. Ma c’è di più. Pier Paolo Fadda, 35enne pabillonese, è andato oltre. Si occupa della preparazione estetica di bolidi che appartengono a sceicchi, miliardari e case automobilistiche di livello mondiale: Ferrari, Porsche, Lamborghini, Bugatti. Gli inizi
Il primo corso di detailing risale a otto anni fa. Pier Paolo aveva un lavoro come progettista tecnico, poi in un’azienda produttrice di latte e derivati, ma la passione per le auto era troppo grande. Spinto anche dagli amici, decide di mollare il suo impiego e di aprire la sua attività: un inizio titubante frenato dalla pandemia. Ma Pier Paolo non si è arreso. Come un pittore con la sua tela, ha cominciato con umiltà e precisione a prendersi cura di auto sempre più complesse e preziose, affinando la tecnica e lo sguardo. Ogni lucidatura, ogni correzione, ogni trattamento non è mai uguale all’altro: «Ci sono lavori che non si misurano in ore ma in millimetri, in riflessi. Se mi emoziono, mi ritengo soddisfatto del risultato finale».
La passione
Negli anni ha frequentato workshop con formatori internazionali imparando i segreti del car detailing professionale. Ha trattato auto storiche da concorso, sportive da collezione e hypercar del valore di milioni di euro. Ogni volta, la stessa concentrazione. Sono tante le manifestazioni a cui Fadda ha partecipato: dal 2020 collabora in Costa Smeralda al concorso di eleganza Poltu Quatu Classic, al Fuori Concorso di Como, dove supercar antiche e moderne vengono messe in vetrina, fino alla collaborazione con la Bugatti insieme a un gruppo di colleghi.
La svolta
Poi è arrivata la chiamata che cambia tutto. Era il 2023. «La prima volta che mi ha contattato Ferrari pensavo fosse uno scherzo – racconta – per qualche secondo ho disconnesso il cervello. Mi sono occupato della cura dei modelli impegnati nel tour promozionale in Sardegna. È stato il mio primo contatto diretto con Maranello». Quella chiamata si è trasformata in una collaborazione continuativa con un’azienda che fornisce servizi di detailing agli eventi ufficiali Ferrari. Da allora, Fadda ha lavorato su diversi modelli prima ancora che venissero mostrati al pubblico: «Sono stato la prima persona a mettere mano su una macchina pronta ad uscire, preparandola ai servizi fotografici per TG, blog, riviste».Tutto avviene nel massimo riserbo. «Durante il lavoro vengono apposti sigilli alle fotocamere, per regolamento aziendale. È giusto così. Mi tengo le emozioni per me». Nessuna foto da postare, nessun dettaglio da mostrare di quel che bolle in pentola nella casa del Cavallino. E, nel mentre, quando rientra in Sardegna, continua a prendersi cura delle auto che arrivano a farsi belle nella sua attività a Villacidro.

Norvegia-Italia 2-1: azzurre in semifinale all'Europeo. Decide la doppietta di Girelli

  meno male  che  c'è il calcio femminile  a  rendere   onore al  calcio italiano  . 

Norvegia-Italia 2-1: azzurre in semifinale all'Europeo. Decide la doppietta di Girelli

Capolavoro. Capolavoro. L'Italia è in semifinale all'Europeo: 2-1 alla Norvegia, decide la
doppietta di Cristiana Girelli. Nel mezzo la rete di Hegerberg, che prima sbaglia un calcio di rigore e a noi interessa poco. Quello che interessa è che le azzurre almeno fino a martedì prossimo saranno in Svizzera. Giovedì sera conosceremo la nostra avversaria: o la Svezia che non fa tanto paura, o l'Inghilterra che invece è campione in carica. Qualcosa di unico: mai prima d'ora, con il torneo a 16 squadre, le azzurre avevano raggiunto questo traguardo.
Meriti
L'artefice di tutto questo è Andrea Soncin. Il tecnico che ha risollevato un gruppo che sembrava disunito. Che era disunito dopo la legnata al Mondiale. Il tecnico ha lavorato tanto, ha dato coraggio, ha portato idee e ha ridato fiducia. Incredibile. Non si può non menzionare un ct che si è calato immediatamente nel nuovo lavoro - veniva dal Venezia maschile - non parlando mai di calcio femminile, ma di calcio. Le sue lacrime dopo il passaggio della prima fase sono già iconiche. E anche Gravina, a Ginevra, si gode la festa. Ci sarà tempo per pensare al prossimo step, per capire le contromisure. Per preparare il tutto.
Emozione
«Incredibile e bellissimo. Un bel messaggio per tutto il movimento. Il regalo più grande che possiamo fare a tutte le bambine che ci guardano» ha detto Soncin alla fine del match. «Siamo orgogliose, la storia viene scritta per quello che è stato fatto prima. Merito a chi c'era prima. Il merito delle ragazze è grandissimo. Hanno fatto qualcosa di eccezzionale. Godiamocela. Tra qualche minuto penseremo alla semifianale

16.7.25

La figura del recuperante È una figura storica che nell'Altopiano di Asiago ha avuto un senso.

qualche giorno fa sfogliando msn.it \ bing ho trovasto ( il video sotto ) ed ho ) ho appreso dela figura del recuperante . Ecco cosa ho trovato ( trovate a fine post le mie fonti consultate ) . Il termine "recuperante" (o "recuperanti" al plurale) indica una figura storica, spesso presente
dopo conflitti bellici, che si dedicava alla raccolta e al recupero di materiali residuati dai campi di battaglia. Questi oggetti, come armi, munizioni, e rottami metallici, venivano poi venduti, spesso come rottame, o utilizzati per altri scopi, generando un profitto. che Il recuperante è colui che, in particolare dopo le grandi guerre mondiali, si recava nei luoghi dove erano imperversati i combattimenti, specie di trincea, e recuperava i residuati bellici per rivenderli come rottami pregiati o come esplosivi. Successivamente l'attività è divenuta prevalentemente di carattere storico e di ricerca. Infatti Se in altri tempi come dice anche la testimonianza del video sotto, da cui ho pres a prestito il titolo per il post era dovuto a motivi no solo economici ma di sopravvivenza , oggi per passione delle vicende storichje che colpirono quelle zone e per alcuni anche per lucro .


Infatti    se     come     dice  la  voce   recuperante  di wikpedia  ⁕ «   [... ] Per le popolazioni locali dell'immediato dopoguerra (prima e seconda guerra mondiale), si trattava prevalentemente di un'attività supplementare per integrare gli scarni guadagni mensili, per altri divenne invece il lavoro principale.[3] Si trattava anche di un'attività pericolosa in quanto era frequente incappare in materiale inesploso:[3] quindi i recuperanti iniziarono anche a brillare gli esplosivi in modo artigianale.Le diverse generazioni di recuperanti che si sono succedute erano animate inizialmente dallo spirito di sussistenza-sopravvivenza (1919-1950), mentre in seguito le motivazioni sono divenute storico-sociali.[3]A partire dagli anni 1970 e nell'epoca contemporanea, il recuperante è gradualmente divenuto figura che agisce essenzialmente per due ragioni:

  • il recupero a scopo commerciale, la cui ricerca nei siti delle guerre è finalizzata al ritrovamento, restauro e vendita dei reperti, presso i mercatini sparsi nel Nord e centro Italia o durante le fiere normalmente denominate "Militaria" o simili.
  • il recupero a scopo collezionistico o storico, che impronta la sua ricerca nel ritrovamento, il restauro conservativo e la creazione di una collezione o la cessione dei reperti a musei e collezioni pubbliche.

Durante queste ricerche avviene che vengano ritrovati i resti di militari a cui può essere data una identità e una tumulazione.[4]In alcuni luoghi, come la regione Veneto, l'attività del recuperante è regolamentata e per svolgerla è necessario ottenere un'autorizzazione, comunemente chiamata patentino.[5]  »

Ora  a  prescindere    dallo  scopo   di  tale  attività  essa  permette  che tale periodo storico  non finisca  nelle  nebbie  e nelll'oblio  o  strumentalizzato politicamente  come propaganda  e   mitizzato  . E ridotto  ad una semplice pagina   sintetica    nei libri  di storia   scolastici   e destinata  (  salvo eccezioni  )  a nonessere  affrontata nei programmi   visto che   generalmente  vi ci s'arriva   negli ultimi mesi  scolastici   se   ci s'arriva    vi sto che   di solitoi  ci  si ferma     alla breccia di porta   pia   o al massimo a Giolitti  .  Quanto sangue è stato versato sull’Altopiano di Asiago: ce lo ricorda Ermanno Olmi, regista di innumerevoli film-testimonianza sulla comunità montana (in particolare quella bresciana, da cui proviene) e che con il film I recuperanti (1970) racconta “l’arte” del recupero dei materiali bellici su quelle che furono le trincee delle due guerre mondiali.⁕⁕


A Quartu un laboratorio gratuito sull’intelligenza artificiale per i giovani disoccupatiUn’occasione per poter guardare al futuro con consapevolezza e competenza

  leggo   sullì unione    sarda del  14 luglio   che  Quartu un laboratorio gratuito sull’intelligenza artificiale per i giovani disoccupatiUn’occasione per poter guardare al futuro con consapevolezza e competenza

Il Municipio di Quartu (foto Lai)



Un ponte tra sociale e innovazione, un’occasione per i giovani quartesi, per anticipare la concorrenza entrando ora nel mondo dell’intelligenza artificiale, capire come gestirla, come sfruttarne il potenziale, e guardare al futuro con consapevolezza e competenza. Un obiettivo possibile grazie al laboratorio “AI Generativa”, promosso dal Comune di Quartu Sant’Elena in collaborazione con C22 Consulting.
Il percorso gratuito di alfabetizzazione in intelligenza artificiale avrà inizio a settembre e durerà 3 mesi, con lezioni in presenza, nella sede messa a disposizione dall’amministrazione comunale, completate dai collegamenti on line. Il corso è aperto ai diplomati disoccupati (ma anche diplomandi) tra i 18 e i 30 anni residenti a Quartu. «L’intelligenza artificiale non è ancora molto conosciuta ma è già presente nella nostra vita, e in un futuro ormai prossimo lo sarà sempre di più - commenta l’Assessore ai Servizi sociali e alle Politiche generazionali del Comune di Quartu Marco Camboni -. Si rende sempre più necessario conoscerla, saperla amministrare, e imparare a farlo ora può dare un bel vantaggio ai giovani. Per questo abbiamo voluto offrire questa opportunità ai nostri ragazzi, che potranno formarsi realmente, acquisire skill subito spendibili e sentirsi stimolati dalla possibilità di avere una ‘patente’ di questo tipo».
Il percorso pratico e innovativo per entrare nel mondo dell’AI Generativa permetterà di scoprire come utilizzarla per creare contenuti digitali e come comunicare in modo efficace e valorizzare il proprio territorio, in particolare riguardo la cultura e gli eventi locali. Un’esperienza che, al di là dell’attestato di partecipazione rilasciato al termine del percorso, garantirà competenze reali e spendibili. “Conoscere il potenziale dell’intelligenza artificiale generativa, saper maneggiare tools ormai indispensabili significa aprirsi a nuove, più concrete prospettive di lavoro. Ci aspettiamo quindi grande partecipazione da parte dei quartesi, perché è un’opportunità da cogliere assolutamente” aggiunge con convinzione l’esponente della Giunta Milia.
Per partecipare alla selezione è necessario inviare la candidatura, completa di tutta la documentazione accessoria - autocertificazione di residenza, stato di disoccupazione, documento di identità e curriculum vitae - alla mail candidaturelabai@c22.consulting. La scadenza è fissata per il 20 luglio.

ma allora è un vizio . anche i vip in declino usano l'arte dello scrocco e vivere a spese dei gonzi il caso di Andrea Diprè che usa in maiera distorta il GoFundMe,

prima si rovinano [ e indirettamente rovinano gli altri ] poi anziché rimediare in quanto come hanno avuto i mezzi per farlo hanno i mezzi uscirne con dignità e magari in silenzio . Dopo  il  caso  di  1727Wrldstar  : « Non trovo lavoro per i tatuaggi, sono senza soldi né casa: aiutatemi a eliminarli», ma la campagnaar raccoglie 155 euro in 5 mesi  »  e  il caso  di  Andrea Dipre' quello del motto coca e mignotte  per  tutta la notte,. Il cui  il video , vedere  sotto, in cui chiede   nel quale chiede 2.600 euro ai suoi follower per entrare in comunità ed uscire dalla droga. 

 Non gli darei un euro. Al momento  attraverso una raccolta fondi Gofundme, ha raccolto 1.400 euro. Mi meravigiglia   quanti  gonzi  ci siano    che  ignorano  che   molte comunità terapeutiche per persone che soffrono di tossicodipendenza sono gratuite, soprattutto quelle gestite da enti pubblici, associazioni non profit o religiose.
Ecco alcune opzioni gratuite o a basso costo in Italia:
✅ Comunità pubbliche o convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN)Sono gratuite perché finanziate dallo Stato.L’accesso avviene tramite i Ser.D. (Servizi per le Dipendenze), presenti in ogni ASL.I Ser.D. valutano la situazione e propongono un percorso terapeutico, anche in comunità.
✅ Comunità gestite da enti religiosi o associazioni no profit Ad esempio: San Patrignano, CeIS, Comunità Incontro, Dianova, ecc. In molti casi non richiedono pagamento, oppure chiedono un piccolo contributo volontario.L’accesso può essere diretto o tramite Ser.D.

Per qualcuno\a saro' forse insensibile o  cinico   ma non gli avrei dato un euro e gli do questo spazio solo per dirlo.
Uno che per anni ha promosso il suo motto mostrandosi pubblicamente fuori di sé per gli effetti della droga, la cocaina nella fattispecie e facendo passare tutto questo come normale, per me non merita nulla.
Una persona   a prescidere    se  riccco e  viziato , povero  e problematico ,  vuole  evadere   da  questo eterno presente  che capire  non sai ⁎  \  cioè  da  realtà  e dai problemi   , o  vuole    trasgredire  ( in  realtà non  trasgredisci affatto   ma  ti fai  gratuitamente   e lo  fai a   tuoi familiari e  a  chi  ti vuole  bene  ) , ecc    chi c'è caduto  ha  la  sua   storia ,  il  suo viaggio  ciascuno diverso⁕⁕  può sbagliare. Ma quando si sbaglia nel mondo   in cui lo  ha  come lui per anni, olttre    ad   essere recidivi si è stronzi  .
Rivedetevi  o vedetevi criticamnte  per curiosità i suoi video con Sara Tommasi. Basta fare una ricerca su Google e capirete di cosa parlo.
E mi stupisco di chi gli ha donato in tre giorni quei 1400 euro.
Era un avvocato ed è stato radiato dall'albo per le sue uscite pubbliche. Poi era un critico d'arte. Poi ha predicato la sua fisolofia, il dipreismo di cui sopra. 
Ed ora chiede aiuto per uscire dalla droga? Ma per cortesia. Chi è causa del suo mal, soprattutto  se  lo esalta    pianga sé stesso e   non rompa   le  ... a gli altri  chiedendo soldi . Se  hai bisogno di soldi e   e di   farti notare  per  ritoenare  in auge   trova  altri metodi ci  sono   i salotti televisivi  . 

Con questo è tutto finchèSi deus cheret (E sos carabineris lu permittini)


15.7.25

"Ragazze, vi esorto a essere le madri della rivoluzione della compassione di cui questo secolo ha tanto bisogno DAILAMA



Una risposta al post : « il mondo sarebe migliore con le donne al potere ? una storiella vetero femminista di Rossella Ahmad \Antonella Occhioni » pubblicato tempo fa su questo blog sembra venire da


Fpmt Italia 1 luglio alle ore 08:42
"Ragazze, vi esorto a essere le madri della rivoluzione della compassione di cui questo secolo ha tanto bisogno. Avete un ruolo speciale da svolgere nel dare alla luce un mondo migliore. È biologicamente provato che le donne sono più empatiche e più sensibili, più ricettive verso i sentimenti altrui. In tal senso, le donne sono modelli di umanità. Studiando la storia si può constatare che in ogni epoca, su tutti e cinque i continenti, sono stati gli uomini a provocare carneficine e distruzione. Sono stati celebrati come eroi quando avrebbero dovuto essere condannati come criminali! In era preistorica,
quando regnava la legge del più forte, era la forza muscolare dell’uomo rispetto alla donna a determinarne la superiorità. È nato così il dominio maschile. Nel tempo, però, questo rapporto di forza si è evoluto. L’istruzione, le conoscenze, le competenze hanno acquisito un’importanza sempre maggiore. Sono decisamente femminista, e mi rende felice vedere donne sempre più giovani e numerose accedere a posti di grande responsabilità. D’altronde ho avuto l’onore di incontrare capi di stato donne, e quindi vi incoraggio, mie giovani amiche, a prendere parte attiva alla vita politica ed economica del vostro paese. Potrete così occupare posizioni chiave per portare avanti la rivoluzione della compassione. Assumete la leadership, perché abbiamo bisogno che siate voi a promuovere l’amore e la compassione! Realizzate il mio sogno di vedere le circa duecento nazioni del mondo governate da donne! Ci sarebbero meno guerre, meno violenza e meno ingiustizie economiche e sociali. Soprattutto, non crediate che per conseguire e mantenere alti incarichi sia necessario riprodurre i comportamenti maschili più indegni! La vera forza nasce alla fonte dell’amore e della compassione. Più numerose sarete a esercitare il potere in questo senso, più la violenza diminuirà. Giovani donne del nuovo millennio, siate le pioniere della rivoluzione delle rivoluzioni!
Dalai Lama. Ribellatevi! (Garzanti).

sul canale whasap della bottega del commercio equo e solidale di tempio pausania  da  cui  ho preso questo post n'è nata una discussione interessante fra  laici e credenti e simpatizzanti buddisti 




mmm!!!. come ***** Se penso alle donne che abbiamo ai vertici dell'Unione Europea e ad altre, come la nostra Presidente del Consiglio e a Margaret Thatcher (?), la lady di ferro, penso che le parole del Dalai Lama siano un tantino retoriche. E dico: ❤️evviva le donne e gli uomini che fanno insieme la rivoluzione della nonviolenza e della compassione
******👍👍👍
**** Credo che quello del Dalai Lama sia un auspicio per il futuro e la speranza che l’energia femminile della compassione arrivi laddove quella della forza maschile ha portato il mondo sul ciglio del baratro come siamo ora 😊
**** Sostenuta, purtroppo con convinzione, dall'ammirazione di troppe donne al potere per la forza maschile.

Io ho delle ho delle riserve nel nostro paese
ne abbiamo una che a onor del vero non mi pare così sensibile empatica ......!
Mi auguro che le prossime che verranno elette siano Donne con qualità che faranno la differenza

Il video falso e la rivolta anti-immigrati: cosa sta succedendo a Torre Pacheco



La scintilla che ha incendiato Torre Pacheco, trasformando nel fine settimana una tranquilla cittadina agricola del sud della Spagna in un focolaio di tensione e raid razzisti, è stata un video rivelatosi falso. A denunciarlo è stato il ministro dell'Interno, Fernando Grande-Marlaska: le immagini del pestaggio di un pensionato di 68 anni, diffuse sui social e virali, non ritraggono affatto l'aggressione avvenuta mercoledì scorso, che ha scatenato la rabbia popolare. La stessa vittima, ha precisato il ministro «non si è riconosciuta nel filmato». Questa «enorme falsità» su un fatto reale, abilmente sfruttata da gruppi di estrema destra e influencer suprematisti su Telegram, ha innescato la caccia agli immigrati magrebini. E ha fatto riversare sabato e domenica sera nella località a 30 km da Murcia - dove un terzo dei 40.000
abitanti è di origini straniere - centinaia di persone, alcune armate di mazze e bastoni e coi volti coperti, per rintracciare i colpevoli dell'aggressione. Facendo esplodere la violenza. Un dejà vu.
Come per le rivolte contro gli immigrati dilagate un anno fa nel Regno Unito, dopo l'uccisione di tre bambine strumentalizzata sui social dall'estrema destra, ricordano gli inquirenti. Nove le persone finora arrestate per i violenti disordini, incluso un uomo ripreso in video mentre vandalizzava un negozio di kebab. Tra i fermati, anche due giovani di origini marocchine, di 20 e 21 anni, accusati aver assistito al pestaggio del pensionato senza intervenire. L'autore materiale dell'aggressione, identificato dalla polizia, è ancora ricercato. Ma la tensione resta altissima per le "ronde" annunciate per il 15, 16 1 il 17 luglio a Torre Pacheco dai gruppi ultrà, con appelli a presentarsi armati «di spranghe e coltelli».
Il governo monitora con preoccupazione la situazione e ha rafforzato la sicurezza: i 90 agenti della guardia civile sul campo saranno affiancati 45 unità antisommossa, oltre all'intelligence. Nel condannare «le persecuzioni razziste» il ministro Grande-Marlaska ha attribuito all'estrema destra, in particolare «a Vox e ai discorsi come quelli di Vox» la responsabilità dell'escalation, accusandola di istigare alla violenza con narrazioni false, che «identificano senza alcuna ragione l'immigrazione irregolare con la criminalità». Da parte sua, il leader di Vox, Santiago Abascal, ha respinto le accuse, insistendo sulle «deportazioni di massa di migranti illegali e dei legali che commettono reati» sul modello Trump. «Il razzismo è incompatibile con la democrazia» è stato il monito del premier Pedro Sanchez, secondo cui quanto sta accadendo a Torre Pacheco "interpella tutti" nella "difesa dei valori che ci uniscono».

«Queste 5 pietre sono state prese illegalmente dal sito di Pompei dallo zio Bob». Turista restituisce la "refurtiva" dopo 50 anni

da Leggo.it tramite msn.it
«Queste pietre sono state prese illegalmente dallo zio Bob». Queste le parole scritte a mano su un biglietto di carta all'interno di una scatola fatta recapitare nel Parco Archeologico di Pompei. All'interno cinque pietre di diverse forme e materiale «trafugate» negli anni settanta dal turista inglese Bob e poi conservate nella sua soffitta. A ritrovarle il pronipote Paul che, dopo aver letto il biglietto, ha deciso di riconsegnarle




Il ritrovamento
A ritrovarle è stato Paul da Bolton – così si firma – che ha spedito la scatola al sito di Pompei. All'interno dei pezzi d'intonaco «trafugati negli anni settanta» e ritrovati dal mittente nella soffitta della casa del prozio. A segnalarlo la pagina ufficiale del Parco Archeologico: «Ogni tanto a Pompei arrivano dei pacchetti con dei reperti rubati, negli anni, che poi i visitatori decidono di restituire».
«Alcuni sono vittime della cosiddetta "maledizione di Pompei", ovvero quella "sfortuna" che può colpire chi trafuga reperti che spinge molti turisti a distanza di tempo a rispedire via posta ciò che è stato preso dal sito. Negli scorsi giorni a Pompei è arrivato un pacchetto proveniente da Bolton (UK)», si legge.


La "maledizione di Pompei"
Non è la prima volta che il Parco riceve "regali" da persone di tutto il mondo che si sentono in dovere di restituire pezzi del sito archeologico. L'ultima turista è stata una donna canadese, Nicole, che nel 2020 ha spedito due tessere di mosaico, pezzi di vaso-anfora e parti di un muro in ceramica presi nel 2005 da Pompei. Nella lettera che accompagnava il pacco, la donna diceva che quei resti fossero «maledetti» e le avessero «portato sfortuna». Per questo la decisione di restituirli, dichiarando di «aver imparato la lezione». «Ora ho 36 anni e ho avuto il cancro al seno due volte, l’ultima volta finito in una doppia mastectomia. Io e la mia famiglia abbiamo anche avuto problemi finanziari. Siamo brave persone e non voglio passare questa maledizione alla mia famiglia o ai miei bambini. Per questo perdonatemi per il gesto fatto anni fa, ho imparato la lezione, sto chiedendo il perdono degli Dei. Voglio solo scrollarmi di dosso la maledizione ricaduta su di me e la mia famiglia. Per piacere accettate questi reperti così da fare la cosa giusta per l’errore che ho fatto. Mi dispiace tanto, un giorno tornerò nel vostro bellissimo paese per scusarmi di persona», era scritto nel biglietto allegato alla consegna.

Dall’abbandono della scuola al diploma serale : riscatto e orgoglio ., diploma di moglie e marito ( Enrico Ganga e Annarita Soro) a 65 Lei e 73 Lui

Oltre  alla maturità  contesta   da   parte  di molti  giovani ,   c'è   anche  un altro esame di maturità . Eco due   storie  
Inizialmente   leggendo  sulla  nuova  sardegna    d'oggi    la   storia  , vedi    secondo   articolo sotto  ,   del marito e  moglie  che  si  sono   dilpomati  insieme  a  64  anni   e  73     anni   ho  pensato  che   visto   l'alto numero    di persone in età avanzata      che si  predono laureee  o  diplomi in questi casi   ciò  sia  un segno   che  c'è un  forte senso di colpa   colettivo per  non aver  completato gli studi o un vuoto culturale   da  voler  riempire   prima  di  lasciare   questa valle di lacrime  .... ehm ...  morire .Un altro motivo  porebbe    essere  quello di   volersi sentire  giovani  .
 Ma poi leggendo    sull'unione  sarda  « Dall’abbandono della scuola al diploma: riscatto e orgoglio per sei donne di Sant’EliaHanno tra 24 e 54 anni, costrette dalla vita a lasciare gli studi hanno ricominciato grazie al Cpia e hanno raggiunto il grande traguardo. E qualcuna già pensa all’Università » 

                                       5   delle donne di Sant'Elia diplomate

Cagliari
Gioia e soddisfazione hanno preso il posto di fatica, pianti e quella paura di non farcela che le ha tormentate per anni. Sei diplomi che rappresentano un monumento alla tenacia, una rivincita sulla vita e sulla scuola che avevano abbandonato da adolescenti. Sono tutte di Sant'Elia le neo-diplomate – tra i 24 e i 54 anni - che qualche giorno fa hanno sostenuto e superato l'esame di maturità riuscendo a conciliare studio, lavoro e famiglia
«Ci sono stati giorni in cui ho pensato di mollare, ero troppo stanca e non ce la facevo più, ma le mie compagne mi hanno sostenuta e sono arrivata alla fine», raccontano a una sola voce Monica Augusti, Vanessa Quartieri, Romina Columbu, Marisa Mancuso, Desdemona Flutto e Marta Orofino, concordi nel dire che il ricordo più bello di questa esperienza resterà la loro amicizia nata nelle aule delle scuole serali.
Alcune avevano abbandonato gli studi a causa di problemi di salute, altre per l'arrivo di un figlio in giovane età, qualcuna perché aveva imboccato un percorso scolastico sbagliato. Poi il lavoro, la famiglia e la vita che corre sembravano aver archiviato il capitolo istruzione. Ma non è mai troppo tardi: il riscatto scolastico è iniziato nella sede di Sant'Elia del Cpia, il Centro provinciale di istruzione degli adulti, la scuola pubblica che oltre alla licenza media e ai corsi di italiano, offre il biennio delle superiori.
Qui hanno studiato con determinazione per due anni, hanno superato la paura di ricominciare e le prime prove scolastiche. Grazie al Cpia hanno vinto il premio Gramsci nel 2022 riuscendo a battere anche i licei in gara. «Quella è stata un'esperienza importante perché con il premio abbiamo potuto comprare i libri per il terzo anno», raccontano le studentesse - quasi tutte madri e lavoratrici – che avevano investito quella vincita nel loro futuro scolastico. Dopo il Cpia il loro percorso è proseguito alle serali secondarie di secondo grado: in cinque hanno scelto l'indirizzo Socio-sanitario, una sola l'Alberghiero.
«Non è stato facile. Finivamo le lezioni oltre le 22 qualche volta alle 23. Per tornare a casa ci organizzavamo con i passaggi tra di noi o c'era il bus. Rientravamo a casa molto tardi e per molte la sveglia suona alle 6 per andare al lavoro. Ci sono stati giorni in cui ho veramente pensato di non farcela», spiegano le neo-diplomate che nella vita fanno le badanti, lavorano nel settore delle pulizie o sono impiegate.
Raccontano i momenti più duri sorridendo, scambiandosi ricordi e complicità perché è finalmente arrivato il diploma e il meritato riposo. Non per tutte però: in due sognano l'università e hanno già iniziato a studiare per i test d'ingresso.


Sassari
 

C’è chi prova con pozioni misteriose, chi tenta la strada della chirurgia plastica e delle punturine strategiche nel viso. Chi si cimenta negli sport più estremi e chi va alla ricerca di fontane miracolose. Ma forse, la strada migliore per trovare l’eterna giovinezza, è quella scelta da Enrico Ganga e Annarita Soro: mettere da parte la carta d’identità e tornare sui banchi di scuola.Marito e moglie, due figli, 73 anni lui e 65 lei: nelle scorse settimane sisono diplomati all’istituto tecnico Salvator Ruju di Sassari, dopo aver frequentato per quattro anni il corso in Servizi per la Sanità e Assistenza Sociale. «Eh sì, questo rientro a scuola un po’ ci ha fatto tornare giovani – scherza Enrico -, siamo entrati nel mondo dei ragazzi, avevamo compagni di classe di ogni età, anche diciassettenni. Ed è stato uno scambio continuo, di conoscenze, di esperienze. E di stimoli allo studio e a imparare qualcosa di nuovo». Enrico e Annarita hanno frequentato in classi separate, lui in 5°B, lei in 5°C: «È stata una nostra scelta, mia moglie non voleva avere conflitti d’interesse» ride. Quattro anni fa, insieme, avevano preso la decisione di iscriversi al Ruju, attirati dalla scelta della scuola di pubblicizzare la possibilità di iscrizione per persone di ogni età. «In tutto, quest’anno, sono oltre 40 gli adulti che hanno ottenuto il diploma, tra cui anche alcuni studenti stranieri, confermando il valore formativo e inclusivo dell’istruzione per adulti, che offre un’opportunità concreta per chi desidera completare il proprio percorso scolastico o acquisire nuove competenze, conciliando studio, lavoro e vita familiare» spiega Renzo Mannoni, docente di Matematica nella scuola diretta da Franca Riu. Una avventura nata quasi per caso, quella di Enrico e Annaritaa, che li ha portato ad affrontare quattro anni intensi, con lezioni serali dal lunedì al venerdì.

«La mia materia preferita? La psicologia. È stato interessante conoscere il pensiero di Freud e altri studiosi, che senza strumenti sono riusciti a esplorare e raccontare un elemento ancora misterioso come la mente umana» spiega Enrico. Nato a Selargius, vive a Sassari nel 1980, quando vinse un concorso alla Banca d’Italia. Prima, era stato autotrasportatore e dipendente Arst. La moglie Annarita, sassarese, lavorava in uno studio legale ed è lì che si sono conosciuti. Proprio come due giovani maturandi, i giorni prima dell’esame sono stati segnati dalla tensione: «Ansia? Parecchia! Certe notti non dormivo, pensando alle prove scritte. E poi la notte prima del colloquio finale è stata la più difficile». A supportarli, sono stati i compagni di scuola e i docenti: «Li ringraziamo tanto per averci accompagnati in questo splendido percorso».
Ma anche i loro figli, Federico – imprenditore nel settore della ristorazione a Stintino – e Maria Cristina – dirigente della Asl di Parma – hanno giocato un ruolo fondamentale: «Facevano il tifo per noi, sin dal primo anno, ma ovviamente ancora di più in questo». Alla fine, il ribaltamento dei ruoli: «Più di una volta ci hanno aiutato a studiare. E certo, è stato strano che siano stati loro a farci le congratulazioni per aver superato gli esami: mi sembra ieri che festeggiavamo la laurea di nostra figlia» racconta Enrico con un sorriso. E adesso? «Io ho preso una pausa di riflessione – spiega Enrico -, mi piacerebbe viaggiare. Penso che sia un sorta di terapia, ma anche un modo per imparare e conoscere nuove cose: potrebbe essere la mia università». Annarita invece vuole tornare sui libri: «Vi racconto io la storia perché mia moglie in questo momento è negli uffici dell’Università, per provare a capire quale corso di laurea possa fare al caso suo dopo il diploma» spiega Enrico. È proprio vero, quindi: gli esami non finiscono mai.




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