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11.6.09

Lettera agli amici

I tempi della profezia sono maturi

Nella Bibbia quando Dio vuole mandare un castigo al suo popolo, gli toglie «la Parola» e la siccità diventa sinonimo di mancanza di profeti e profezia. Quando invece vuole benedire il suo popolo, manda i profeti e la Parola scorre come la pioggia e ne impregna tutta la terra. Il profeta Gioele (sec. IV a.C.) annuncia che l’era messianica vedrà una abbondanza straordinaria di profezia: «Sopra ogni carne effonderò il mio Spirito. I vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri vecchi avranno dei sogni, i vostri giovani vedranno visioni»(Gl 3,1). Questo testo  non distingue tra Israeliti e non Israeliti (credenti e atei), ma afferma che lo spirito di profezia sarà effuso su tutti: «su ogni carne».
Pensavo a queste parole profetiche, quando lessi l’e-mail di Maurizio Chierici il quale mi comunicava che oltre tre mila persone in quattro giorni avevano letto la mia «Lettera aperta al cardinale Angelo Bagnasco: “Senza la profezia rimane la complicità”». Sono rimasto colpito dalla valanga di adesioni e ho sentito immediatamente la mia responsabilità aumentare. Oltre al sito del settimanale «Domani», (http://domani.arcoiris.tv/?p=602) , la lettera è stata ripresa dal sito di Paolo Moiola (http://www.paolomoiola.it/) e del Tafanus (http://iltafano.typepad.com/il_tafano/) e so che moltissimi l’hanno mandata ai loro contatti e conoscenti. Veramente la rete è uno strumento di democrazia e di libertà.
Con la mia lettera aperta non ho compiuto un atto di coraggio, né ho voluto cercare consensi a buon mercato, ma ho adempiuto un voto di coscienza, cioè un obbligo interiore che mi deriva dal mio essere cittadino di uno stato democratico e laico e di essere al tempo stesso un credente che svolge la funzione di prete nella Chiesa Cattolica. Parlare di coraggio e di paura è fuorviante, oggi è sufficiente essere solo se stessi per emergere in un oceano di servilismo e di omertà. Io non rappresento la Chiesa e non intendo essere un capo popolo, ma nello stesso tempo non posso rinunciare ad essere me stesso e solo me stesso: perché valgo soltanto per il grado di autenticità nella verità che sono capace di dare con la mia vita, la mia dirittura e il mio disinteresse. Non temo le conseguenze di alcun genere perché non ho mai avuto mire di carriera, e oggi sono parroco di una parrocchia senza territorio e senza parrocchiani, mentre don Milani stava meglio: era parroco di 40 persone.
Credo in Dio e il mio Dio ha il volto di Gesù Cristo che ha sempre preso le distanze da ogni forma di potere, che ha messo in guardia dall’esercizio del potere, basato sullo sfruttamento e ha imposto ai suoi discepoli un comportamento e scelte diametralmente opposti. Gesù non ha cercato il compromesso con l’esistente, non è venuto a patti con il potere, né civile né religioso, ma ha indicato le responsabilità e le connivenze, additandole al disprezzo della coscienza illuminata dalla Parola di Dio a favore del principio invalicabile che è la persona umana. A questo scopo non ha esitato a schierarsi contro «il sabato», come dire che ha negato la ragione stessa dell’esistenza della religione. Davanti ai nostri occhi, gli atei travestiti da laici e gli psudo-credenti, travestiti anche da vescovi e cardinali, stanno facendo scempio delle regole della convivenza sociale e umana, basata sui bisogni dei più piccoli e incapaci di badare a se stessi. Costoro contrabbandano i principi e i cosiddetti «valori» con gli affari e le convenienze, con gli intrallazzi e i tornaconti.
E’ tempo della Parola e delle parole di senso: in un mondo seppellito da «morte parole», facciamo sentire il suono e la musica della Parola che libera la coscienza e impegna la volontà per fare argine davanti al degrado politico, sociale,  istituzione e religioso in cui stiamo affondando perché abbiamo permesso che un pazzo «malato» di egotismo andasse al governo per guidare l’intera Nazione verso l’abisso della decadenza. Non si può più restare muti senza diventare complici. E’ l’ora che i credenti non chierici e i laici custodi dell’autonomia dello Stato, sorgano dalle loro comode poltrone, e rompano il silenzio di rassegnazione di fronte all’emergenza educativa che sta attanagliando il nostro Paese, divenuto zimbello del mondo intero a causa di un presidente del consiglio che si comporta e agisce come un malato mentale assetato di narcisismo auto celebrativo. I cattolici e in modo particolare i vescovi non possono tacere di fronte a questa deriva che ha toccato livelli da sub-basso impero, senza sentire la colpa di essere responsabili «in solido» di quanto sta accadendo.
I vescovi possono parlare di  «emergenza educativa», ma solo se ammettono la loro responsabilità di avere sostenuto un uomo indegno di governare il nostro popolo e a condizione che si assumano la responsabilità piena delle conseguenze del loro sostegno. Il governo sta compiendo scelte scellerate nel più totale disinteresse rassegnato: il decreto sicurezza che ripropone le schedature dei bambini, dei senza fissa dimora, ecc., riportandoci indietro alle schedatura di stampo nazifascista che credevamo finita per sempre con l’avvento della democrazia e la costituzione dell’Europa. Non possiamo tacere di fronte ai poveri che affrontano l’esodo della salvezza verso la Terra Promessa del benessere, senza dimenticare che l’occidente, mèta dei diseredati, è colpevole dello sfruttamento dei paesi da cui essi scappano. Abbiamo depredato l’Africa da oltre due secoli per il nostro benessere (materie prime) e per il sollazzo di pochi imbecilli (safari), stiamo ammazzando l’Africa con le scorie radioattive, vendiamo armi alle bande in permanente guerra, succhiando l’anima all’intero continente e abbiamo anche il coraggio di respingere il barconi della disperazione. L’aggravante sta nel fatto che tutto avviene anche per opera di un governo che si dichiara ispirato ai principi cattolici, appoggiato dal mondo cattolico e sostenuto dai vescovi, i quali di fronte all’immoralità dilagante si girano dall’altra parte come il prete e il sacrestano della parabola del Samaritano (Lc 10,30-33).
Il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, in occasione dell’80° anniversario del Patti Lateranensi (11 febbraio 2009) ebbe a dire che mai le relazione con un governo in Italia erano state così eccellenti come con l’attuale governo. Dopo i fatti degli ultimi mesi, dopo le accuse della moglie, dopo gli eventi di Casoria, su cui il capo del governo ha giurato sulla testa dei figli, dando nei giorni successivi quattro versioni differenti dello stesso fatto, commettendo così uno spergiuro imperdonabile per la morale cattolica, di fronte alle bugie sistematiche ammannite come verità, il cardinale segretario di Stato e il presidente della Cei, a mio avviso, se avessero avuto un minimo pudore evangelico, avrebbero dovuto parlare apertamente e dire: noi come Chiesa rescindiamo unilateralmente il concordato per indegnità morale di un governo che opera palesemente l’ingiustizia, per un presidente del consiglio dichiarato da un tribunale «colpevole di corruzione di testimoni» e responsabile attivo del degrado morale dell’intera nazione con i suoi comportamenti privati, con il suo esempio tracotante, con le sue bugie manovrate come verità, per il suo disprezzo delle istituzioni statuali, per lo spergiuro con cui ha condannato se stesso e i suoi figli: un uomo che spergiura sulla testa dei suoi figli non è degno né della paternità né tanto meno del governo della nazione perché sta scritto: «Non giurate: né per il cielo né per la terra né con qualunque altra forma di giuramento, ma il vostro sì sia sì, il vostro no sia no, in modo da non cadere nel giudizio » (Giacomo 5,12). I vescovi avrebbero dovuto chiedere ad una sola voce le dimissione del governo e avrebbero dovuto dire ai cattolici che non è loro lecito sostenere un megalomane del genere che tutto deforma e inquina a proprio vantaggio, incurante del bene comune dell’intera nazione.
La gerarchia, se vuole proporsi come guida morale, deve distinguersi dai sistemi immorali di governo e ancora di più dalla politica amorale e senza alcun riferimento etico che invece di educare il popolo prospettando la complessità degli eventi e proponendo le soluzioni ragionevoli.
Vediamo minori che compiono «delitti» contro la persona «per noia», che ricattano i coetanei per avere cellulari e denaro, minori che si spostano da una città all’altra per delinquere senza alcun problema … madri che offrono le figlie per lo «jus primae noctis», pur di vederle apparire nude in tv e avere una particina in qualche reality per individui complessati e senza speranza. Non è questa una emergenza educativa?
E’ tempo della profezia. Torni la profezia, ma non la voce esile di un singolo che conta poco, ma torni la voce di un popolo, la voce del popolo del concilio Vaticano II, abortito appena nato,  torni il laicato che è la spina dorsale della Chiesa e nessuno abdichi dal proprio servizio, dal proprio compito, dal proprio identità. In questo momento in tutta Italia stano sorgendo gruppi che celebrano il concilio come contrasto alla deriva fondamentalista di una gerarchia e di un papato che invece di guardare avanti, si voltano indietro, rimpiangendo le cipolle d’Egitto. Credo che bisogna assumersi la responsabilità in prima persona. Credo che sia urgente che i credenti e i non credenti prendano penna carta e calamaio e scrivano al Cardinale Bagnasco e al proprio vescovo, facendo sentire la propria voce. Se qualcuno non riesce ad esprimere i suoi sentimenti, copi la mia lettera, vi scriva due parole di accettazione o di rifiuto, di condivisione o di contestazione e la spedisca a titolo personale. Se duemila contatti scrivessero duemila lettere sono duemila segni e duemila parole, autentici sassi che rompono il virus «tacere», autentico strumento di connivenza e di malaffare.
Verrà un giorno in cui la Storia ci chiederà conto se c’eravamo e se abbiamo avuto sentore dei «segni dei tempi» e se siamo stati capaci di viverli e di difenderli con la nostra vita e con le nostre parole del cuore. In caso contrario ci additerà ai posteri come complici indegni del nostro tempo.


Genova, 7 giugno 2009
Paolo Farinella, prete



24.8.08

21 dicembre 2012... e se avevano ragione i Maya?

La cultura Maya era considerata la più importante cultura amer-indiana. I suoi aspetti distintivi erano le conoscenze astronomiche, matematiche (soprattutto per l’uso dello zero) e l’urbanistica, coniugate all’uso di un precisissimo calendario e a un sistema di scrittura dapprima ideografico (glifi) tradotto solo parzialmente e poi a un sistema punto e linea. Geograficamente il popolo Maya occupava le zone del Messico orientale, la penisola dello Yucatan, il Belize, alcune zone del Guatemala, dell’Honduras e del Salvador. L’area dei Maya comprende numerosi siti nei quali possiamo ammirare a tutt’oggi i resti di questa popolazione che, come le altre popolazioni precolombiane, aveva un’arte nel costruire che lascia perplessi per la straordinaria precisione.
Avevano appreso alcune leggi che regolano l’universo e il nostro pianeta, come la precessione degli equinozi e i cicli di Venere. La data del 21 dicembre 2012 emerge proprio da uno dei loro calendari, quello a lungo computo.
Il metodo usato dai Maya per calcolare e dividere il tempo è il più preciso e dettagliato che sia mai stato inventato, risulta anche essere più preciso del calendario gregoriano da noi usato. Come abbiamo detto i Maya erano ha conoscenza di quei cicli che noi chiamiamo precessione degli equinozi e che secondo i nostri calcoli dovrebbe durare circa 26000 anni. Questo tempo veniva da loro identificato come “anno galattico” ed aveva una durata di 25625 anni. Per l’uomo moderno invece l’anno galattico si riferisce al tempo che impiega il nostro sistema solare a compiere un ciclo completo intorno alla galassia e che si stima sia di 180 milioni di anni circa; le due terminologia non vanno confuse. Parlare quindi dell’anno galattico dei Maya equivale a parlare della precessione degli equinozi. Questo asse di tempo di 25625 anni veniva diviso ulteriormente in 5 parti di 5125 anni ciascuna, chiamate ere:

- Era dell’Acqua: 23614 a.C. – 18489 a.C.
- Era dell’Aria: 18489 a.C. – 13364 a.C.
- Era del Fuoco: 13364 a.C. – 8239 a.C.
- Era delle Terra: 8239 a.C. – 3114 a.C.
- Era dell’Oro: 3114 a.C. – 2012 d.C.

Ad ogni era corrisponderebbe una civiltà. Queste ere, con le sue civiltà corrispondenti, sarebbero terminate, secondo alcuni studiosi, con dei cataclismi. Noi ci troveremmo nell’età dell’oro (anche se secondo alcuni l’età dell’Oro sarà la prossima) governata dal famoso Quetzalcoatl e questa nostra era, secondo il calendario Maya, terminerebbe tra il 21 e il 23 dicembre 2012. Secondo il ricercatore Maurice Coterell la profezia relativa alla fine nella nostra era deriva da un calcolo della prossima
inversione del campo magnetico terrestre, prevista proprio per il 2012. Per quell’anno è previsto un avvicinamento di Venere alla Terra e ciò cagionerà un cambio vibrazionale. L’era in cui viviamo è detta anche era dei pesci e sarà seguita dall’era dell’acquario.
I Lacandoni sostengono che la fine del mondo inizierà con un’eclissi di sole che getterà la loro foresta in un buio totale. Molti Lacandoni si sono convertiti al Cristianesimo proprio perché sanno che il giorno ultimo (il xutan) sta arrivando e in quel giorno desiderano andare in cielo con Gesù. Desiderano salvarsi.

“SO CHE E' VICINO IL GIORNO ULTIMO, QUANDO GLI DEI CONCLUDERANNO QUESTO CICLO DEL MONDO (…) MIO NONNO DICEVA CHE ERA ANCORA LONTANO, MIO PADRE CHE NON ERA ANCORA VICINO. MA A ME GLI DEI LO HANNO DETTO: IL XUTAN STA PER VENIRE”.


LE PROFEZIE MAYA                                


(da http://www.stazioneceleste.it/articoli/profezie_maya.htm)


Iniziamo a concludere questo quadro generale sui Maya e sul 2012 riportando parte di un articolo che parla della profezia di questo popolo riguardante la fine della nostra era. La profezia in verità ne racchiude sette:

La prima riferita al nostro tempo.
Essa non parla della fine ma della conclusione di un ciclo, della paura che stiamo vivendo, del fatto che il nostro mondo di miseria, odio e schiavitù del materialismo terminerà. Il calendario pone una data precisa: sabato, 22 dicembre 2012. Entro quel giorno l’uomo dovrà prendere piena coscienza dei propri errori, dovrà rivoluzionare il proprio pensiero e reintegrare la sua vita in una esistenza armonica con l’Universo. Dovrà insomma comprendere che tutto è vivo, e che egli è parte del tutto. Abbiamo solo pochi anni per operare un decisivo cambio di coscienza ed è per questo che vi è una pratica, inderogabile necessità di agire e di additare a chi è in ritardo, a chi è sornione, i mali di questa società . Che si riassumono in tutte quelle azioni che in qualche modo possono distruggere la Vita e il nostro pianeta e che quindi si contrappongono alle leggi divine di Giustizia, Pace, Amore e Fratellanza.


La seconda profezia afferma che l’uomo si trova ora nel salone degli specchi, nel quale ha l’opportunità di scegliere da che parte stare. In questo "salone" dovrà guardarsi, analizzarsi e porsi in tutta coscienza di fronte alla natura, al Pianeta in cui vive, al suo stesso futuro e a Dio, poiché esso sta mettendo in pratica i sentimenti di odio e di separazione. La prova di tale disunione data dall’eclissi solare che il 13 AHAU,8 CAUAC, cio l’11 agosto del 1999, ha gettato un cono d’ombra su un tratto di Terra che comprende Inghilterra, Balcani, Pakistan e India (da notare che queste ultime tre sono ormai da tempo "zone calde").


La terza profezia. "Un’onda di calore darà inizio ad un cambio climatico, sociale e politico". Nel periodo in cui ciò avverrà si verificherà un aumento dell’attività geomagnetica del Sole e del vento solare. In seguito a questi eventi,secondo quanto rivelato dai Maya, l’uomo dovrà comprendere gli errori commessi nei confronti della Terra e che hanno portato a gravi conseguenze quali l’inquinamento delle acque, dell’aria, della terra, il cambio di clima, le piogge acide,l’effetto serra e così via. La profezia parla inoltre di un significativo cambio di vibrazione che la nostra galassia sta vivendo.


La quarta profezia ammonisce categoricamente l’uomo intimandolo ad interrompere la sua predisposizione alla guerra per mettersi in armonia con l’Universo, seguirne l’evoluzione e comprendere il proprio ruolo nel Creato.


La quinta profezia afferma che la paura, sulla quale si basa il nostro grado di civilizzazione, si trasformerà con il pianeta per cedere il passo ad una nuova realtà di armonia. Attualmente l’uomo è convinto che l’universo esista solo per lui, e che lui stesso sia l’unica forma di intelligenza esistente, per questo diventa "predatore". La quinta profezia rivela inoltre che in questo tempo il denaro finirà di essere il mezzo di interscambio: esso sarà sostituito dalla ricchezza virtuale e crescerà la speculazione finanziaria. Tale periodo, l’ultimo KATUN, che arriverà sino alla fine del secondo ciclo della notte galattica, viene chiamato: il tempo del non tempo. Durante "il tempo del non tempo", afferma la sesta profezia, e cioè nei 12 anni che vanno dal 2000 al 2012, apparirà una cometa (o asteroide ?) la cui traiettoria metterà in pericolo la vita sulla Terra. Questo pericolo incombente dovrà servire per prendere coscienza del valore stesso della vita e del pericolo che essa corre.


La settima profezia, infine,simboleggia l’alba di una nuova Era, in cui la nostra coscienza vivrà una nuova dimensione. Un’era in cui amministreremo una maggior energia e vivremo, finalmente, in piena armonia.


CODICE DRESDA
Concludiamo con una interessante riflessione di Carlo Migliore sull'ultima tavola del codice dresda:

"...il 21 Dicembre del 2012 l'asse terrestre avrà anche percorso un giro completo attorno al proprio centro di rotazione secondo la ben nota precessione degli equinozi, per farlo occorrono 25560 anni. I Maya conoscevano il fenomeno della precessione e lo identificavano con l'anno galattico definendolo come periodo complessivo di durata di una civiltà. Questo periodo viene diviso in 5 ere della durata ognuna di 5125 anni. 4 ere sono già passate, l'ultima (quella dell'oro) sta per terminare. Il 21 Dicembre del 2012 il Sole sarà anche allineato con il centro della nostra galassia e si troverà in quella che i Maya definivano l'entrata nell'aldilà.
Tutte queste conoscenze portarono i Maya a decidere di terminare consapevolmente il lungo computo il 21 dicembre del 2012. Sappiamo poco su come essi immaginassero la fine del mondo, quello che sappiamo per certo è che prestavano molta attenzione alla fine di ogni era. L'unica immagine possiamo averla osservando l'ultima pagina del codice di Dresda. In essa si vede l'acqua che distrugge il mondo, essa fuoriesce dai vulcani, dal Sole e dalla Luna creando oscurità sulla luce.
La terra verrà allora sommersa da una serie di inondazioni? La catastrofe di New Orleans è solo l'inizio dei mutamenti climatici che porteranno a degli sconvolgimenti su scala planetaria? Il ciclo k'atun 4 cominciato nel 1993 e che terminerà proprio il 21 Dicembre del 2012, viene descritto nei testi sacri Maya come una fase di preludio di grandi cambiamenti, un periodo in cui l'uomo riprenderà contatto con se stesso, questa presa di coscienza sarà determinata da eventi catastrofici? Viviamo un periodo di grandi cambiamenti e non si può certamente negare, ma non sembriamo ancora pronti ad affrontare delle trasformazioni necessarie perché la nostra civiltà riesca a sopravvivere molto a lungo, sarà la natura ad imporci di farlo?.
Certo non è realistico aspettarsi che le cose cambino in un giorno ma forse un giorno si guarderà a quella data come un momento in cui la coscienza dell'uomo sarà cambiata in funzione dei bisogni dell'umanità e del pianeta. La domanda giusta allora non è 'Cosa accadrà il 21 Dicembre del 2012?', ma 'Cosa stiamo facendo per evitare che una qualsivoglia catastrofe colpisca l'umanità?'. Solo il tempo potrà dirlo ed il tempo come i Maya sapevano bene, sta per scadere...."

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 Per  il 25  novembre   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più ...