Firenze, l'amarezza dei familiari del rider morto: "Lo hanno 'licenziato' dopo il decesso"
"Non ci sono parole, lo hanno licenziato". C'è amarezza tra i familiari di Sebastian Galassi, il rider fiorentino di 26 anni morto per le conseguenze di un incidente durante il turno di consegne, sabato sera in zona Rovezzano, alla periferia di Firenze. Un'altra ferita, racconta la zia Mirella Bilenchi, si è aperta tra le persone più care di Sebastian. Tutto colpa di una paradossale mail inviata ieri mattina da Glovo sulla casella postale del giovane rider: un testo "standard", in cui si annuncia di fatto il licenziamento "per il mancato rispetto di termini e condizioni".
È il nipote, che siede davanti a lui e non lo perde di vista un secondo, a lanciare il sasso: "Lavorava la sera e durante i festivi per guadagnare di più, perché altrimenti la paga sarebbe stata da fame". "Seicento euro al massimo - aggiunge il padre - oltre quella soglia cambia il regime fiscale e si finisce per lavorare di più e guadagnare di meno".L'idea che Sebastian possa diventare simbolo delle ingiustizie subite dai "nuovi" lavoratori, e in particolare dai rider, non lo convice. "L'immagine del lavoratore sfruttato non lo rappresenta, era contento di rendersi autonomo e io approvavo quella scelta. Questo affetto però ci aiuta, non ci fa sentire soli".Sebastian, racconta, aveva il sogno di affermarsi come grafico e per questo, dopo aver rinunciato alla laurea, si era iscritto a un corso di grafich design. Le sue giornate trascorrevano tra qualche lavoro saltuario come grafico, le partite di calcetto, e le consegne per Glovo. "Era molto preso dalla fidanzata, Valentina, con gli amici di lei si era creata molta sintonia". L'ennesima telefonata interrompe i ricordi. Ci sono le tristi incombenze da sbrigare, e c'è da nominare un avvocato per fare i primi passi con la giustizia. "Non sappiamo molto - conclude - se c'è stata una manovra sbagliata o altro". Nessun contatto, fino a ieri mattina, con il conducente del Suv. "Ma ci aspettiamo una telefonata".
È proprio vero la pietà l'è morta