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Erano tempi d’azione dove tutto poteva accadere in pochi mesi. Dopo l'inizio della prima guerra mondiale sul fronte francese, il nipote di Giuseppe Garibaldi Peppino, figlio di Ricciotti, nell'autunno del 1914 si recò a Parigi e creò una Legione Garibaldina.
Alla formazione, che doveva battersi contro i tedeschi, diedero la loro adesione oltre 2.500 italiani, perlopiù repubblicani di matrice mazziniana, socialisti e sindacalisti, veterani delle campagne di Grecia e Africa. Una sessantina gli ufficiali. L'unità venne incorporata nel IV Reggimento di marcia della Legione straniera con la divisa dei legionari ma con la camicia rossa. L'11 novembre Peppino Garibaldi ne assunse il comando. Impiegata sul fronte delle Argonne in azioni temerarie e assalti alla baionetta, il 26 dicembre 1914 combatté a Belle Etoile, vicino a Bois de Bolante, in un sanguinoso scontro dal quale i volontari uscirono vittoriosi, ma che costò la vita a un fratello di Peppino, Bruno Garibaldi. La seconda grossa battaglia della Legione nelle Argonne avvenne il 5 gennaio 1915 a Four-de-Paris: l'unità subì gravi perdite, tra cui un altro fratello di Peppino, Costante. Pochi giorni dopo, l'8 gennaio, la morte di Butta. Al 6 marzo 1915 risale invece la mobilitazione generale in Italia. In quella stessa data la Legione Garibaldina venne sciolta e il IV Reggimento ricondotto ad Avignone. Tutti i legionari vennero poi rimandati a Roma per venire rischierati contro gli austriaci. Complessivamente, l'unità di volontari pagò un costo elevatissimo: in 4 mesi di battaglie, 300 morti, 400 feriti e un migliaio di malati.
Erano tempi d’azione dove tutto poteva accadere in pochi mesi. Dopo l'inizio della prima guerra mondiale sul fronte francese, il nipote di Giuseppe Garibaldi Peppino, figlio di Ricciotti, nell'autunno del 1914 si recò a Parigi e creò una Legione Garibaldina.
Alla formazione, che doveva battersi contro i tedeschi, diedero la loro adesione oltre 2.500 italiani, perlopiù repubblicani di matrice mazziniana, socialisti e sindacalisti, veterani delle campagne di Grecia e Africa. Una sessantina gli ufficiali. L'unità venne incorporata nel IV Reggimento di marcia della Legione straniera con la divisa dei legionari ma con la camicia rossa. L'11 novembre Peppino Garibaldi ne assunse il comando. Impiegata sul fronte delle Argonne in azioni temerarie e assalti alla baionetta, il 26 dicembre 1914 combatté a Belle Etoile, vicino a Bois de Bolante, in un sanguinoso scontro dal quale i volontari uscirono vittoriosi, ma che costò la vita a un fratello di Peppino, Bruno Garibaldi. La seconda grossa battaglia della Legione nelle Argonne avvenne il 5 gennaio 1915 a Four-de-Paris: l'unità subì gravi perdite, tra cui un altro fratello di Peppino, Costante. Pochi giorni dopo, l'8 gennaio, la morte di Butta. Al 6 marzo 1915 risale invece la mobilitazione generale in Italia. In quella stessa data la Legione Garibaldina venne sciolta e il IV Reggimento ricondotto ad Avignone. Tutti i legionari vennero poi rimandati a Roma per venire rischierati contro gli austriaci. Complessivamente, l'unità di volontari pagò un costo elevatissimo: in 4 mesi di battaglie, 300 morti, 400 feriti e un migliaio di malati.
Un fronte apertissimo. Peppino è il primogenito di Ricciotti Garibaldi, figlio del generale, e dunque nipote in linea diretta dell'Eroe dei due mondi, dal 1882 sepolto nell'isola di Caprera. Sul versante delle Argonne, nel quadro degli stessi scontri, pochi giorni prima del giornalista sassarese perdono la vita altri due nipoti di Giuseppe Garibaldi: Bruno e Costante, sempre figli di Ricciotti. I loro funerali in Italia saranno motivo di altri conflitti tra interventisti e neutralisti.
Il resoconto sul giornale. Ma di tutto questo naturalmente non si parla nel primo articolo della "Nuova", che così racconta invece la fine del redattore del quotidiano: «Ernesto Butta correva alla testa della terza compagnia tenendo il comando. Giunto presso il capitano Angelotti, questi lo esortava a non esporsi troppo: cercasse di ripararsi. Ma inutilmente: il Butta, pieno di fervore, cacciatosi dove più aspra era la mischia, si slanciava avanti, spronando i suoi uomini ad attaccare con più veemenza il nemico. Una palla esplosiva lo colpiva in fronte e lo uccideva all'istante. Il combattimento continuò, aumentando di intensità. Molti altri caddero».