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25.11.23

“Oscurate le loro canzoni” Fedez, Sfera e altri sedicenti cantanti denunciati per i testi osceni e indegni delle loro canzoni. A chiederlo il Codacons, che in tal senso ha presentato una formale istanza al Governo, alla Siae e a Youtube

 premetto  che   questi  due    non mi piacciono per  niente    e  i loro testi  ,  soprattutto Sfera  ,sono osceni  pieni di sessimo  ed  violenza    ed  incitano all'odio   e   tale  genere     come ha detto   giustamente Cruciani 

     

La  richiesta  del codacons   che in tal senso ha presentato una formale istanza al Governo, alla Siae e a Youtube “affinché intervengano, ognuno per i propri ambiti di competenza, per arginare il fenomeno delle canzoni contenenti messaggi diseducativi e pericolosi per i giovani”  di   “Ritirare dal commercio e oscurare su web e social network le canzoni di rapper e trapper che contengono frasi sessiste e incitano all’odio e alla violenza verso le donne  mi   sembna  una  trovata pubblicitaria    e  demagogia   . Infatti  secondo   https://www.dcnews.it/ : « (.... ) mentre in questi giorni si moltiplicano le iniziative contro la violenza sulle donne, su web e social network continuano a macinare visualizzazioni e like canzoni di rapper molto seguiti dai giovanissimi che contengono frasi sessiste ed espliciti riferimenti alla violenza verso il genere femminile -spiega il presidente Carlo Rienzi- Un paradosso se si considera che tali brani hanno milioni di visualizzazioni e possono essere tuttora ascoltati, condivisi e diffusi dalle radio e da canali come Youtube, vanificando tutti gli sforzi compiuti per educare i giovani al rispetto delle donne  (...)  ».Ma   cosi facendo  non risolvono niente  . Infatti   il problema di fondo è che verranno ancor più pubblicizzati ed i loro brani censurati più ricercati. Non scordiamoci che la  gente   cerca sempre il proibito.Ma  soprattutto  gli si fa  un  emenorme  pubblicità   perchè   saranno a tambir battente  in tutte le trasmissioni o  su tutti i loro social  gridando  alla  censura    e  al vittimismo   . 

23.7.22

Firenze, strappa il burqa ad una donna incinta e la spinge fuori dal treno: "La gente come voi qui non ci deve stare

 



premetto  che  il  burqua  non mi  piace  sia che  sia  (  la maggior  parte  dei casi   obbligatorio    e  imposto  )   sia  che sia spontaneo \  scelta   dalla  donna  stessa  .   IO lo  considero poco  rispettivo  per

una  donna  ed   la  sua  dignità  , e  come  tale ne  va combattutto   l'uso  . Ma  non in queasto modo   altrimenti si finisce  d'essere  peggio di quelle correnti islamiche   che lo impongono alle donne .

  da repubblica  23 LUGLIO 2022 ALLE 11:15 

Il fatto davanti a molti testimoni tra cui il capotreno. La giovane mamma, che ha denunciato il fatto alla Polfer, era accompagnava un altro figlio di 11 anni che è scoppiato a piangere. Identificato l'aggressore



Prima strappa il burqa dal volto a una donna incinta, poi la strattona e spingendola fuori dal treno le intima di non provare a salirci più. "La gente come voi qui non ci deve stare, hai capito?”. Questo è quello che si sarebbe sentita gridare, il 15 luglio alla stazione di Calenzano (Firenze), una donna di origini marocchine al settimo mese di gravidanza e con appresso il figlio di 11 anni. A scatenare la rabbia verso la donna, e il burqua da lei indossato, un 35enne originario di Vaiano (Prato), che accortosi di lei sulla banchina intenta a salire con il figlio su un treno regionale l’avrebbe raggiunta per inveirvi contro.
L’agguato però non si è limitato alle solo offese verbali. L’uomo infatti ha afferrato, spintonandola, la donna finendo per fuori dal treno, ancora fermo in stazione. L’intera scena si è consumata sotto gli occhi spaventati del figlio della donna che per la paura è scoppiato a piangere. La donna poi, sotto shock, è scappata temendo per l'incolumità sua e del bambino. Ad osservare la scena erano presenti anche il capotreno e diversi testimoni.
Una volta allontanatasi dal suo aggressore, la donna e il bambino sono riusciti a salire su un altro treno, scendendo alla stazione di Campo di Marte a Firenze dove la mamma ha sporto denuncia alla polizia ferroviaria. L'aggressore, un pendolare che tutti i giorni prende lo stesso treno per recarsi a Firenze al lavoro, è stato individuato, e il giorno seguente, identificato dagli agenti.

24.10.21

proste per combattere il femminicidio senza dover fare nuove ed inutili leggi

  Nei   giorni scorsi  avevo rilanciato su  il mio  Facebook  un post  pubblicato   sul blog   riguardante
sull'ultimo (   almeno  fino  adesso )  femminicidio
ecco    il  dialogo    (  qui  il  post   in questione per  chi volesse  leggere    gli   altri   commenti    )    riguardante   fra  me    ed  un mio utente   

 



Ed  sempre  riferito  a  tale  post     ho ricevuto   da  lettori   poco  informati o in malafede   sui  post  del  blog   ( ma  che  ......  le  leggete  le FAQ prima   )   che  i  post  che scrivo su tali argomenti  sono  come un foco di paglia    o  i soliti  :  ....bla .. bla....    senza  proporre    soluzioni su come evitarli o meno  .  Ora  ,  chiedo scusa se mi ripeto (   chi mi segue   sul serio  e  legge  le  faq  , può saltare   questa parte  )    ecco le mie  proposte  .  Premetto  non  sono : 1) un esperto  della materia  (  antropologo ,   psicologo , ecc.  )   o  un addetto   a  tali problemi  (  educatore  ,  responsabile  di centri  antiviolenza  , ecc.  ) ., 2)  non ho la pretesa  d'essere   , vista la complessità della materia    e  del problema  , esaustivo ed  completo .  
N.b  trovate  a    fine  post    i link  consultati 

L'associazione   UNWomen ( https://www.unwomen.org/ ) ha stilato un decalogo per cui tutti possiamo trasformarci da semplici cittadini ad attivisti. Basta poco per fare la differenza. Perché la fine della violenza contro le donne non è una cosa che riguarda solo le donne, ma è affare di tutti.  Infatti   si  parla  di tale  fenomeno  male  ( solo raccontando   spesso in maniera  morbosa  e  spettacolizzando  i fatti   con caratteri morbosi )  o   nelle  date  canoniche  \  istituzionalizzate   cioè l'8 marzo   e  il 25  novembre   Ma  soprattutto

da  https://www.possibile.com/femminicidio/

La Ministra Boschi, fresca di nomina alle pari opportunità,scrive in un post che, dopo aver pianto, “dobbiamo chiederci cosa fare perché non succeda ancora”. Chiediamocelo certo, ma rispondiamoci pure. Alla Ministra suggeriamo che un grande passo avanti sarebbe lavorare per la piena applicazione della Convenzione di Istanbul. In questi giorni Telefono Rosa ha elaborato una versione della Convenzione per i ragazzi dai 13 ai 19 anni, di cui consigliamo la lettura e la diffusione a chiunque, Ministra compresa. Si può trovare qua. Noi nel nostro piccolo abbiamo presentato una serie di proposte che le mettiamo a disposizione. Alcune di esse mirano all’uguaglianza di genere tra uomini e donne: dalla parità salariale, all’osservatorio sui prezzi per prodotti femminili, alla tampon tax.Poi abbiamo presentato due proposte che si occupano specificatamente di violenza di genere. La prima è finalizzata all’istituzione di una Commissione Bicamerale di Indirizzo e Controllo che si occupi di affrontare esclusivamente il tema del contrasto alla violenza di genere nel suo complesso, mettendo in rete e coordinando i cav, supportando e formando tutti gli operatori coinvolti, programmando politiche mirate, affrontando il recupero degli uomini maltrattanti, lavorando per una corretta informazione… La proposta nel dettaglio si può trovare qua                                                                                                    Una seconda proposta invece è finalizzata all’istituzione di un fondo per l’indennizzo delle donne vittima di violenza e per i loro figli. La proposta è stata incardinata qualche giorno fa in commissione giustizia e speriamo di vederne presto la luce. Come per la Mafia . In particolare, nel caso dei figli di donne vittime di violenza chiediamo che lo Stato riconosca loro lo stesso supporto psicologico ed economico che riconosce ai figli vittime di Mafia. Mafia, sì. Chiediamo che lo Stato si faccia carico di un dramma che è conseguenza non di un crimine comune, non di una disgrazia accidentale, ma di un fenomeno sociale e culturale radicato in tutto il Paese e che come tale va affrontato. Chiediamo che venga fatto quel passaggio forte, ma fondamentale, che è stato compiuto quando lo Stato ha preso coscienza che la Mafia non è un comune criminalità organizzata, ma un fenomeno molto più vasto e complesso, che si nutre nella cultura di un popolo e nella società. Scrivono Donatella Coccoli e Raffaele Lupoli sull’ultimo numero del settimanale  Left: “Se fossero 150 morti per Mafia lo stato reagirebbe”.E’ vero. Ma non è sempre stato così: è stato necessario, negli anni, una presa di coscienza seguita a tantissimo sangue e a un lungo elenco di uomini e donne a cui non saremo mai abbastanza grati, che hanno lottato a costo della vita perché la Mafia venisse riconosciuta per quello che è e facesse sì che lo Stato reagisse di conseguenza. La violenza sulle donne si nutre di disuguaglianza, di discriminazioni, dello smantellamento dello stato sociale, di omertà, di stereotipi, di solitudine, di indifferenza, di ignoranza, di sonno delle coscienze, di analfabetismo sentimentale. Servono gli strumenti sociali, economici e culturali per riconoscerla, prevenirla e sconfiggerla, fin da bambini.Ma prima di tutto serve uno Stato che prenda piena coscienza del fenomeno, invece di restare fermi alla la retorica di “mamme, figlie e mogli”. E lanciafiamme. Smettiamo di chiederci cosa serve, iniziamo a metterlo in pratica.

Ecco   che  faccio  miei  le  proposte     suggerite    dai siti  consultati 
 
Ascoltiamo e crediamo alle vittime 
Quando una donna trova il  coraggio  di  condividere la sua storia di violenza, fa il primo passo per interrompere il ciclo di abusi. Sta a tutti noi darle lo spazio sicuro di cui ha bisogno per parlare ed essere ascoltata. È importante ricordare che quando si discutono casi di violenza sessuale, la sobrietà, i vestiti e la sessualità di una vittima sono irrilevanti. Dobbiamo  aiutarla  o  indirizzarla  verso chi  può  farlo  perchè  conosce  meglio di noi il problema   a  non farla sentire  in colpa   e farle  capire  che  L'autore è l'unico colpevole di aggressione e deve assumersi la responsabilità da solo. Rifuggire  il victim blaming e cerchiamo di contrastare il più possibile l'idea che spetti alle donne evitare situazioni che potrebbero essere viste come «pericolose» dagli standard tradizionali. Tutti siamo responsabili moralmente  del fatto che una vittima possa avere giustizia, perché potrebbe toccare a noi o  a  una  nostra  familiare  o  amica  \conoscente  un giorno. Non diciamo mai: «Perché non te ne sei andata? Perché non hai fatto nulla?». Piuttosto diciamo: «Ti ascolto. Ti credo. Sono con te».

Educhiamo le future generazioni e impariamo da loro
Gli esempi che diamo alle nuove generazioni modellano il modo in cui pensano al genere, al rispetto e ai diritti umani. Iniziamo da subito le conversazioni sui ruoli di genere e sfidiamo le caratteristiche tradizionali assegnate a uomini e donne. Sottolineiamo gli stereotipi che i bambini incontrano costantemente, sui media, a scuola, nella vita, e insegniamo loro che va bene essere diversi. Incoraggiamo una cultura dell'accettazione e dell'accoglienza. Parliamo con loro di consenso, autonomia corporea e responsabilità, e ascoltiamo anche quello che hanno da dire sulla loro esperienza del mondo. Istruiamoli sin da piccoli sui diritti delle donne.Insomma  educhiamo      senza  tabù ed  censure   i nostri  figli   cioè    << non insegnare a tua figlia ad essere preda ,insegna a tuo figlio a non essere cacciatore >>( joumana haddad poetessa libanese -1970  - vivente  ).  Infatti bisogna   lavorare  perchè noi uomini accettiamo  che  anche le  donne  possano essere  come  noi pur  nella  diversità  . Infatti :


 da  https://www.ok-salute.it/salute-mentale/per-fermare-la-violenza-sulle-donne-bisogna-educare-i-maschi-fin-da-piccoli/

Perché i casi di violenza sulle donne sono ancora così tanti?
Mai come in questi ultimi otto anni le donne sono state inseguite, controllate, minacciate e uccise. Il passaggio dallo stalking all’atto criminale da parte dell’uomo, spesso ex-fidanzato e marito, è direttamente proporzionale alla conquistata indipendenza della donna nelle ultime decadi. Dopo gli anni Sessanta l’indipendenza femminile si è consolidata sino a raggiungere una sicurezza che si esprime con la libertà di non dipendere dall’uomo. Tale padronanza culturale provoca instabilità nell’uomo insicuro e possessivo, condizionato da una cultura del passato basata su un falso potere acquisito dal sistema economico e dalla forza fisica. L’uomo è sempre stato maschilista, machista, possessivo, trionfatore e anche vendicativo, specialmente quando era convinto di perdere il possesso di ciò che egli pensava essere suo. Inoltre, il fidanzamento, insieme al matrimonio, rafforzava e rafforza l’idea del possesso assoluto nella mente di alcuni uomini.
Come si può prevenire la violenza sulle donne?
La battaglia contro il maschilismo possessivo e la violenza sulle donne comincia dall’educazione dei più giovani. Sin dalle scuole medie occorre parlare ai ragazzi di come la cultura maschile sia cambiata negli anni e non riconosca il possesso verso l’altro. La scuola non dovrebbe limitarsi a fare lezioni e fornire informazioni sui diritti e il rispetto delle donne. Bisogna ricorrere a strategie educative rivolte ai maschi, verificando quanto si è assorbito sui sentimenti e sull’amore.
L’essere padre-padrone, il nonnismo, il nepotismo, il mobbing, il vandalismo cittadino e ogni tipo di bullismo hanno radici comuni di criminalità. Queste, prima o poi, potrebbero manifestarsi in modo grave. Se ad alcuni uomini capita di entrare in un tipo di ossessione, possesso e gelosia morbosa, il consiglio è rivolgersi a un professionista. Psicologi, psichiatri e professionisti potranno aiutare a elaborare molte loro sofferenze.
[....  segue   sull'url citato  ] 



Chiediamo risposte e servizi adeguati allo scopo
I servizi per le vittime di violenza di genere sono essenziali. Ciò significa che case rifugio, centri antiviolenza, numeri verdi, servizi di consulenza devono essere facilmente reperibili e disponibili per chi ne ha bisogno, anche e soprattutto ora, durante la pandemia di coronavirus. gettare insomma   una luce su ciò che non funziona e a richiedere tutti insieme che le cose cambino. Si può  scrivere    anche  a  costo   d'essere  molesti  ai giornali  che  usano nei  titoli     un linguaggio  da maschio  alfa  cioè   sessista        o  come dicevano i nostri  nonni\e  da   trivio     \ da bar  o espressione   <<  ho  avuto un  raptus  >>   o  mettono in risalto le parole del  carnefice      con  frasi    : <<  sè l'è  cercata  , mi  provocava  >> 

Comprendiamo cos'è il consenso
Il consenso entusiastico e gratuito a ogni richiesta è la conditio sine qua non perché non vi sia margine di violenza. Frasi come “«Mi sembrava che ci stesse» o «Chiaramente lo voleva» o «Ma si sa, è un uomo» tentano di offuscare i confini sul consenso sessuale, attribuendo la colpa alle vittime e fornendo un alibi agli autori dei crimini che hanno commesso. Il consenso non ammette linee sfocate: il sì dev'essere entusiastico, senza esitazioni né costrizioni. Dev'essere reversibile. Il silenzio non è consenso, il flirt non è consenso, la minigonna non è consenso, il forse non è consenso.

Riconosciamo i segnali di abuso
Esistono molte forme di abuso e tutte possono avere gravi effetti fisici ed emotivi. Per citare le più subdole: il partner controlla il cellulare, impedisce alla compagna di uscire senza di lui o di vedere le amiche, pretende che lei risponda sempre e subito a ogni sua chiamata o messaggio, controlla ogni cosa che compra, non le permette di avere un'indipendenza economica, lA insulta per l'aspetto fisico o quello emotivo («Come sei grassa!», «Non capisci niente!», «Sei buona solo a fare figli»)... Se sei vittima di uno o più di questi comportamenti o conosci qualcuno che li subisce, non aspettare un minuto di più e denuncia: meriti sicurezza e sostegno.

Sensibilizziamo, anche sui social  e sulla rete 
La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani che si perpetua da decenni. È pervasiva, ma non inevitabile, a meno che non restiamo in silenzio. Mostriamo la nostra solidarietà alle vittime e la nostra posizione nella lotta per i diritti delle donne, scrivendo post sull'argomento, condividendo sui social media i banner che lo riguardano o utilizzando il filtro facciale creato dalle Nazioni Unite per l'occasione, per spargere la voce e incoraggiare la comunità a fare lo stesso. Usiamo anche gli hashtag #orangetheworld, #16Days e #GenerationEquality per avviare delle conversazioni sulla violenza di genere.

Prendiamo le distanze dalla cultura dello stupro  e del maschio alfa  
La cultura dello stupro è l'ambiente sociale che consente di normalizzare e giustificare la violenza sessuale, alimentata dalle persistenti disuguaglianze di genere e dagli atteggiamenti riguardo al genere e alla sessualità. Denominarlo è il primo passo per smantellare la cultura dello stupro. Ogni giorno abbiamo l'opportunità di esaminare i nostri comportamenti e le nostre convinzioni alla ricerca di pregiudizi che consentono alla cultura dello stupro di continuare. Partiamo da noi: pensiamo a come definiamo la mascolinità e la femminilità e a come i pregiudizi e gli stereotipi ci influenzano. Dagli atteggiamenti che abbiamo nei confronti delle identità di genere alle politiche che sosteniamo nelle nostre comunità, possiamo tutti fare la nostra parte per opporci alla cultura dello stupro. Lo so    che  è difficile  e duro  ,  ed    significa  : << Fare come un eremita Che rinuncia a sé>>

Finanziamo le organizzazioni femminili
Sosteniamo le organizzazioni locali e nazionali che danno potere alle donne, amplificano la loro voce, supportano le vittime e promuovono l'accettazione di tutte le identità di genere e le sessualità (per citarne alcune tra le tante, AIDOS e Vides).

Riteniamoci reciprocamente responsabili
La violenza può assumere molte forme, comprese le molestie sessuali sul posto di lavoro o negli spazi pubblici. Prendiamo una posizione, richiamandola ad alta voce quando ne notiamo una: commenti sessuali inappropriati, battute sessiste, fischi di approvazione non vanno mai bene. Creiamo un ambiente più sicuro per tutti, invitando i nostri conoscenti a riflettere sul proprio comportamento e parlando chiaramente quando qualcuno supera il limite, oppure chiedendo l'aiuto di altri se non ci sentiamo al sicuro. Come sempre, ascoltiamo le vittime e assicuriamoci che abbiano il supporto di cui hanno bisogno.

E  pe r concludere  insistere  con se  stessi per   vincere  le nostre frustrazioni    e   i  nostri complessi    verso le  donne   e  l'universo femminile   per  non caderci  o caderci il meno  possibile    proporre  ai futuri  candidati (  locali e nazionali     tali proposte  )  

  Siti  consultati  

11.7.21

generazioni a confronto e lotta fra cultura ed incultura

In  sottofondo 
Francesco Guccini - Un altro giorno è andato (Live@RSI 1982)



visto che ormai Oramai il web si è spostato sui  social   riporto qui  una  discussione    su fb   con  un mio  contatto  . Quindi  non riuscendo    a stare  dietro a  blog  e  social   ,   v'invito  ,  se  volte     leggere   altri  miei  interventi (    commenti  ,   stati condivisioni  , ecc )   come   quello  riporto   sotto    a seguirmi   ( su   fb  non è  necessario   essere     fra  i  contatti  per   leggere   e    commentare     , visto  che ho  scelto   di  non mettere  nessun  blocco   privacy ,  l'unico  blocco   per  motivi organizzativi    è  quello di  poter  postare  i  vostri post  \ stati  sulla  mia bacheca  )  sui  miei   social  che  vi   ripropongo sotto  .
  
facebook 
https://www.facebook.com/compagnidistrada/  la  nostra  appendice    dove   quelo che non riusciamo  a  mettere  qui siul blog  lo trovate  qui  

istangram

 twitter  

 
Dopo    questa  comunicazione  di  servizio     veniamo  al  post      d'oggi    

Sminchionando fra   gli  stati  dei miei   contatti facebook       ne  ho trovato    uno interessante      e  di un mio  amico    ed  ex  collega   d'università  

Ora  il  problema  è    rassegnarsi     o  rimanere solo     come   si  può notare   in diversi gruppi fb      del  tipo   : "  noi  cresciuti   negli ani  60\80 "  oppure     passare   dal  dire  al  fare      cioè    insegnare   o  fornire        ai nipoti o figli  la   tua  cultura   ed   integrarla  con quella  sua  ?.
Io  come potete  vedere   anche dalla risposta  che ho dato al suo post  ed    essendo  cresciuto nella generazione  di mezzo tra    gli anni  70 ( periodo  dell'impgno politico  \  culturale   )   e  gli anni  80\90  (  disimpegno  ,  edonismo\  consumismo sfrenato  )  sono  per  un integrazione   d'entrambe  . Cosi    s'evita   di mandare il cervello all'ammasso  e  formare  un ulterore   generazione  di webebeti    e fenomeni   come  quelli descritti    dalla  puntata  citata  delle iene  . Ma  soprattutto    s'evitra  commenti       da parte  delle  vecchie  gnerazioni  chiuse per  lo  pià nela  torr  d'avorio e nel passato , che  si chiedo   ma  chi  ...   è    questo    o  quell'  artiasta    o  pseudo  tale  .  A  chi  mi dice   che sono utopista   ed  un sognatore     rispondo     con una  lettera  inviatami  qualche   tempo  fa   . 

N.b  ovviamente   per  motivi di  privacy  ho  modificato    ( mi veniva   male  a  tagliarli  )   i  riferimenti    a  fatti  e persone   reali  ivi  contenute ma  la  sostanza  non cambia    .


Caro  redbeppe
 il suoi post sui tormentoni mi hanno commossa, perché ho colto un alito di tristezza. No, lei non è vecchio, ha “solo” buon gusto ed  dv'essere  crescxiuto  in  ambiente  pluri culturale. Tempo fa ho chiesto al mio nipotino dodicenne, comela  figlia  di  suo cugino  , che musica gli piacesse. Mi ha risposto: il rap.                                                                          Così gli ho mandato il video di Adriano Celentano che canta “Prisencolinensinainciusol”    Gli è piaciuto moltissimo e non voleva credere fosse una canzone stravecchia  abbiamo dovuto  cercare  su  internet     per  provarglierlo  . Cosi gli ho fatto una bella compilation di Adriano, e poi ho continuato con Rino Gaetano, Bennato, de  andrè , renato zero  (  quello   vecchio  non gli  ultimi  )  addirittura Endrigo. Ho l’impressione che abbia cambiato gusti o  quanto meno  non si  folizzi solo    su musica o musicaccia    dozzinale   . Probabilmente non dirà ai suoi amici a scuola di ascoltare musica del secolo passato, non capirebbero  ma    almeno  avra  una  cultura  musicale  pluralista  e non appiattita    ed   a senso unico  

                                              *******


  con questo è  tutto 

2.7.21

Contro i femminicidi l'inno in sardo di una generazione in un videoclip dalla scuole medie di ozieri ,CHENA TIMIRE adattamento in Sardo del brano Cancion sin miedo della cantautrice messicana Vivir Quintana

E’ una piaga sociale quella dei femmicidi difficile da estirpare per le sue radici profonde nella violenza a sua volta ben radicata nella cultura maschilista di cui è ancora permeata la nostra società.I giovani sono la speranza del cambiamento. E il cambiamento può 

3^ F G. Deledda di Ozieri

arrivare solo cominciando dal basso, cioè dalla scuola. Un mondo migliore è possibile; costruire una società dove le donne possano vivere libere, è necessario .  E  norizia     dei giorni  scorsi  (  trovate  a lato  prese  dalla loro  pagina fb   trovate  sotto  l'url     gli articoli della  nuova  e  dell'unione    sarda    )    di  una   terza media  di Ozieri     che    ha       creato  Il brano Chena Timire  






una  versione sarda dell'originale     Canciòn sin miedo”   della cantautrice messicana Vivir Quintana.

 
 

La canzone di Vivir Quintana parla della violenza che subiscono le donne, è diventata un inno nelle proteste femministe non solo  in Messico  . Essa 
 

da  https://es.wikipedia.org/wiki/Canci%C3%B3n_sin_miedo  tradotto in automatico  con google  

 è stata presentata per la prima volta al concerto del Festival Tiempo de Mujeres 2020 eseguita da Mon Laferte, Vivir Quintana e il Coro Palomar . , più di 70 cantanti e musiciste.La canzone è stata eseguita in diverse parti del mondo, come: Argentina, Cile, Colombia, Ecuador, Spagna, Honduras, Perù, Francia, tra gli altri, per sradicare la violenza di genere.  A marzo 2021, il video sul canale del compositore aveva 8 milioni di visualizzazioni. Nel 2021 esce la versione mariachi eseguita con gli studenti della Ollin Yoliztli Mariachi School. Così come un adattamento al contesto dello Yucatan, con una traduzione e frammenti in Maya.  La canzone descrive la realtà messicana della violenza contro le donne che include sparizioni e femminicidi e parla anche della lotta che le donne danno contro la violenza "Oggi le donne ci tolgono la calma, hanno seminato paura, hanno messo le ali":

Ogni minuto, ogni settimana
Rubano i nostri amici, ci uccidono sorelle
Distruggono i loro corpi, li fanno sparire
Non dimenticare i loro nomi, per favore, signor Presidente
Cantiamo senza paura, chiediamo giustizia
Gridiamo per ogni scomparso
Lascia che risuoni ad alta voce "ci vogliamo vivi!"
Lascia che il femminicidio cada forte

—Estratto dalla canzone


La canzone descrive la realtà messicana  (  ed  ora    non solo  )    della violenza contro le donne che include sparizioni e femminicidi e parla anche della lotta che le donne danno contro la violenza "Oggi le donne ci tolgono la calma, hanno seminato paura, hanno messo le ali"
È un oggetto di studio su come il dolore ci unisca davvero tanto, ci leghi molto alle donne non solo del Messico, ma dell'America Latina e del mondo. È come un ossimoro di dolce gioia ma anche di dolcezza amara. 


Tale  lavoro   ha come obiettivo di contribuire al dibattito sull’argomento e per ricordare alcune delle donne vittime di femminicidio in Sardegna. Che cosa possiamo fare contro la violenza sulle donne, per combattere ogni forma di discriminazione e sensibilizzare l’opinione pubblica? È probabilmente questa la domanda che si sono posti i 18 “Caddhos Rujos”, il collettivo scolastico composto dalle ragazze e i ragazzi della III F della scuola media G. Deledda di Ozieri. I quali hanno ideato un videoclip dal titolo Chena Timire, traducendo in lingua sarda la canzone “Canciòn sin miedo” della cantautrice messicana Vivir Quintana, diventata un inno internazionale contro la piaga dei femminicidi. Il brano, riadattato alla nostra realtà, si rivolge alle donne e agli uomini della Sardegna per contribuire al dibattito sull’argomento e per ricordare alcune delle donne vittime di femminicidio nell’Isola.
Il progetto, ideato nel contesto della materia Arte e Immagine, è stato coordinato dai professori Alessandro Carta e Maria Paola Maieli. «Per buona parte del secondo quadrimestre si è lavorato a questo progetto – spiegano i docenti – sia dal punto di vista artistico-comunicativo, studiando un logo, traducendo il brano di Quintana, realizzando la sceneggiatura, l’arrangiamento musicale e un ufficio stampa per proiettarne la comunicazione all’esterno. Ma anche da quello storico sociale, ricostruendo i casi di femminicidio e di violenza di genere che hanno coinvolto il territorio sardo. Analizzando inoltre la condizione femminile in Italia dal Ventennio fascista fino ai giorni nostri».


«Osservando l’evoluzione dei diritti delle donne ci siamo domandati – spiegano gli studenti   a  https://www.logudorolive.it/ da  cui  ho tratto  le foto  – in quale modo questi debbano essere tutelati e difesi, e perché ancora oggi molte altre fondamentali conquiste civili non siano state ancora raggiunte. Partendo dal tema del femminicidio in Sardegna, abbiamo osservato come questo fenomeno sia diffuso a macchia d’olio in tutte le culture moderne».Il testo grida i nomi di Romina Meloni (49 anni di Ozieri), Zdenka Krejcikova (41 anni uccisa a Sorso), Speranza
Ponti
 (50 anni di Uri), Susanna Mallus (55 anni di Quartu Sant’Elena), Michela Fiori (40 anni di Alghero), e ricorda anche i movimenti di lotta femminile che hanno combattuto   ed  ancora  combattono  in Sardegna per la libertà, per i propri diritti e per la salute dei loro cari. Il messaggio centrale, cantato e urlato chiaramente dalle ragazze, è «vogliamo giustizia, che le istituzioni e le strade devono tremare perché non abbiamo più paura e perché le donne le vogliamo vive».

Gli interpreti del videoclip: Irene Monni (voce), Alessandro Carta (chitarra), Angelo Sotgiu (fisarmonica), Giuseppe Bulla (guitalele e charango), Simona Gioia, Miriam Lutzu, Clara Mura, Anna Puddu, Laura Saba, Melania Soro, Alessia Tanda e Francesca Tanda (Coro).  Un grazie di cuore alle ragazze, ai ragazzi ed ai professori che







hanno pensato e lavorato al progetto, prezioso per 
aumentare la sensibilizzazione ed accrescere la consapevolezza della popolazione su questo grave problema sociale. Ci auguriamo, questa volta con forza, che questo video diventi ancora  più“virale” e ci piace unirci al coro delle ragazze: “Manc’una de Mancu”  ma    soprattutto   con  Nos ponent tramentu, nos creschent sas alas  ! (  Più ci mettono paura, più ci crescono le ali  !  ) 

  dall  'introduzuone     del loro  video  
 
Questo il senso del brano che inneggia al coraggio e alla sorellanza femminile nella lotta al femminicidio e alla violenza di genere. Nel contesto della materia Arte e Immagine si è costituito un informale collettivo scolastico, 18 CADDHOS RUJOS, che fa capo alla classe III F della scuola media G.Deledda di Ozieri, coordinata dai professori Alessandro Carta e Maria Paola Maieli. Per buona parte del secondo quadrimestre si è lavorato a questo progetto sia dal punto di vista artistico-comunicativo, costituendo una sorta di troupe con lo studio di un logo, costruendo una traduzione in Sardo, una sceneggiatura condivisa, un arrangiamento musicale e un ufficio stampa per proiettarne la comunicazione all'esterno; sia dal punto di vista storico sociale, ricostruendo i casi di femminicidio e di violenza di genere che hanno coinvolto il territorio sardo e analizzando la condizione femminile in Italia dal ventennio fascista fino ai giorni nostri. Osservando l’evoluzione dei diritti delle donne ci siamo domandati in quale modo questi debbano essere tutelati e difesi, e perchè ancora oggi molte altre fondamentali conquiste civili non siano state ancora raggiunte. Partendo dal tema del femminicidio in Sardegna, si è osservato come questo fenomeno sia diffuso a macchia d’olio in tutte le culture moderne. In Messico la cantautrice Vivir Quintana ha realizzato una canzone contro la violenza che opprime le donne del suo paese. Questo brano, “Canciòn sin miedo”, è diventato un inno contro la piaga dei femminicidi e viene cantato in tutto il mondo durante le manifestazioni di protesta e di sensibilizzazione. Abbiamo tradotto in Sardo la canzone di Vivir Quintana e l’abbiamo riadattata alla realtà sarda realizzando il videoclip di CHENA TIMIRE, canzone in limba che si rivolge alle donne e agli uomini della Sardegna per contribuire al dibattito sull’argomento e per ricordare alcune delle donne vittime di femminicidio in Sardegna. Il testo grida i nomi di Romina Meloni (nostra compianta compaesana), Zdenka Krejcikova, Speranza Ponti, Susanna Mallus, Michela Fiori, e ricorda anche i movimenti di lotta femminile che hanno combattuto in Sardegna per la libertà, per i propri diritti e per la salute dei loro cari. Questo lavoro non è stato concepito per rimanere all’interno di un’aula scolastica, bensì per proiettare il suo messaggio sul territorio e per denunciare le continue e infami violenze che ci circondano e che non hanno fine. Con la forza della nostra giovinezza, e con Vivir Quintana, cantiamo e urliamo chiaramente che vogliamo giustizia, che le istituzioni e le strade devono tremare perché non abbiamo più paura e perché le donne le vogliamo vive.


  che altro aggiungere a questa bellissima   iniziativa    se   non i  loro colleggamenti  








30.11.19

Nuoro, l'idea di Agnese Siotto : viaggio di sole donne in Marocco per abbattere i pregiudizi sulle donne che viaggiano da sole

di cosa stiamo parlando
CTS Centro Turistico Sardo Nuoro25 novembre alle ore 19:27
E' successo il 18Dicembre2018, due turiste sono state violentate ed uccise durante il loro viaggio in Marocco, sulle montagne dell'Alto Atlante. Ed è stata subito polemica sessita. "Non si viaggia da sole" dicevano gli uni, "se la sono cercata" aggiungevano gli altri, "in certi posti due ragazze da sole cose pretendono?!" apostrofavano tanti.
Noi oggi, quasi un anno dopo rispondiamo , durante la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, con una proposta di viaggio tutta al femminile, proprio su quella montagna, il 4.000 mt più conosciuto del Marocco.
Sarà un viaggio per sole donne accompagnato da Agnese Siotto Viaggi. Un trekking di 3 giorni seguito da una gita alla scoperta del meraviglioso Marocco. Non contro qualcosa ma a favore Delle donne e della loro libertà!
VIAGGIO DI GRUPPO CON SOLO 15 POSTI   

Noi oggi, quasi un anno dopo rispondiamo , durante la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, con una proposta di viaggio tutta al femminile, proprio su quella montagna, il 4.000 mt più conosciuto del Marocco.
Sarà un viaggio per sole donne accompagnato da Agnese Siotto Viaggi. Un trekking di 3 giorni seguito da una gita alla scoperta del meraviglioso Marocco. Non contro qualcosa ma a favore Delle donne e della loro libertà!
VIAGGIO DI GRUPPO CON SOLO 15 POSTI   
                               
 dall'account  fb   per    chi  fosse interessato\a     oltre  il suo   fb  c'è  anche    il  suo bel  canale   istangram  (  https://www.instagram.com/ines_yes8/?hl=it ) della  protagonista  della  storia  d'oggi 


la battaglia soprattutto culturale  contro  i femminicidi (  violenza   sulle donne  ) e   contro  gli stereotipi sessisti e  maschilisti   va      anzi dovrebbe  essere   oltre l'ipocrita   e  pulicoscienza   giornata del  25  novembre .  E  non solo     con ,  secondo me   ridicoli ed  incomprensibili  alla  maggior  parte  dell'opinione  pubblica , panchine e  scarpe   rosse  . Ecco   che  l'iniziativa  , certo una  goccia   nel mare mediatico  e   monoculturale  o  culturame  ,   di cui  si parla   nel post  d'oggi   ha  grande  significato     e  può essere    un esempio ed  una  base  da  cui  partire o continuare se  già la  si fa  .

  da la  nuova  sardegna    del 30\11\2019

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    «Rifaremo il tragitto di Louisa e Maren, violentate e uccise»

                                    Luca Urgu 





    raccontare i femminicidi \ amori criminali di oggi con quelli del passato il caso Beatrice cenci

     Per  il 25  novembre   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più ...