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19.2.25

In Italia c'è patriarcato o no ? il caso Il sistema dei rider va in tilt sulle donne i fatti avvenuti a Torino. Ricevevano ore e consegne fisse, poi i messaggi: “Non capisco perché non me la dai...”

 In  Italia    c'è  patriarcato  o no  ?  

 N.b   per    eventuali  analfabeti  funzionali    o   per chi  si basa  solo sul  titolo     .  leggete  l'articolo perchè  il  titolo soprattutto la  prima  parte   è provocatorio  sarcastico 


Nei  giorni scorsi  dopo  il mio   post  :  Non c'è Festival senza polemica e puntuale come ogni anno in cui non vince una donna ecco che il femminismo militante si riprende la scena ho ricevuto diverse  email  del tipo : <<     bravo finalmente  uno  di  sinistra     che  dice una  cosa   giusta   .,   non se  ne  può  più    sentirti  dire   dalle  nazifemministe   che  pratichi  il patriacarto  per  ogni cosa  critica  che dici sulle  donne    ., ecc  >> .
Oppure     si  confondono i termini  preferendo    usare sessismo e  maschilismo   e ritenendo il termine   patriarcato fazioso    è  ideologico      
Ora   tali termini       

  1. Patriarcato: Il patriarcato è un sistema sociale e politico in cui gli uomini detengono il potere primario e predominano nei ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà. Questo sistema implica una gerarchia di genere in cui gli uomini hanno un ruolo dominante sulle donne.

  2. Sessismo: Il sessismo è una discriminazione basata sul sesso o sul genere. Si manifesta attraverso atteggiamenti, pratiche e istituzioni che perpetuano l'ineguaglianza tra i sessi. Il sessismo può colpire sia uomini che donne, ma storicamente e culturalmente colpisce più frequentemente le donne, rafforzando stereotipi di genere e disuguaglianze.

  3. Maschilismo: Il maschilismo è un insieme di atteggiamenti e comportamenti che valorizzano la superiorità e l'autorità degli uomini sulle donne. Si manifesta attraverso una visione del mondo che esalta la virilità, la forza fisica e l'aggressività come caratteristiche maschili, spesso a discapito delle donne. Il maschilismo è strettamente legato al sessismo, ma si concentra più specificamente sulla promozione di ideali e comportamenti tradizionalmente maschili.

In sintesi, il patriarcato è un sistema di potere che favorisce gli uomini, il sessismo è la discriminazione basata sul genere, e il maschilismo promuove la superiorità maschile attraverso atteggiamenti e comportamenti. Questi concetti   \  termini   nonostante    le   differenze  semantiche  sono interconnessi e  contribuiscono alle disuguaglianze di genere nella società.
Quindi    si in Italia      anche   se     non più come  un tempo (fino a  gli  anni 80  quando fu abolito il    delitto  d'onore   )   dove    il patriarcato era   istituzionalizzato  c'è a  mio   avviso    ancora  . Infatti  esso è  come  un  i fenomeni carsici   che    sembrano  fermi ma   in realtà  continuano . Quindi   fin quando  da  una parte    si  sttovaluterà o s'esalterà  \  rimpiangerà e  dall'altra  a  sovravalutalo   \ vedere   dove   non c'è    ,  l'emergenza   :  sociale  , antropologica \  culturale   deiu femminicii  o vilenza di genere   persisterà   e si raffozerà i più    facendo  si che   fatti  come  questi   riportatoi sotto    aumentino .


 da il Fatto quotidiano del 18\2\2025  


Molestie alle “troie” Il sistema dei rider va in tilt sulle donne

I privilegi I fatti avvenuti a Torino. Ricevevano ore e consegne fisse, poi i messaggi: “Non capisco perché non me la dai...”

l confine tra la responsabilità del singolo e quella dell’azienda che crea condizioni di lavoro favorevoli a molestie e offese è molto labile nei casi come quello delle due rider donne di Torino che sono pronte a fare causa alla piattaforma di consegne Glovo, dopo anni incastrate in un meccanismo di avances, sfottò
e molestie verbali. Una modalità viziata dagli algoritmi, dai punteggi necessari per lavorare, dalle corse per non perdere i vantaggi da cui derivava il loro stipendio e anche dalla creazione di una sacca di lavoratori “privilegiati” tutti uomini che distribuivano a loro volta vantaggi ai membri di un gruppo denominato “Veteran”.I FAVORI E LE AVANCES MASCHERATE DA SCHERZI
Chi era nel gruppo – non ammesso nelle policy dell’azienda, ma comunque gestito da un dipendente dell’azienda stessa – godeva di trattamenti di favore: ore e consegne fissate indipendentemente dalle prestazioni e dalle dinamiche dell’algoritmo, una manna dal cielo soprattutto per Erika, madre di due figli, che poteva così garantirsi di lavorare di giorno. Peccato che, per non perdere questo vantaggio, riceveva messaggi e battutine a sfondo sessuale, con riferimenti precisi e fin troppo dettagliati, che evitiamo di riportare per rispetto della lavoratrice. “Guardo il calendario ma non capisco come tu non me l’abbia ancora data” è il più pulito. Parole a cui la donna rispondeva con delle faccine. “Non volevo rischiare di perdere quei vantaggi così importanti per permettermi di avere cura dei miei due figli e di lavorare” ci racconta. “Lo sai che scherzo – le diceva il responsabile che l’aveva inserita da subito nel gruppo di privilegiati – non posso negare che ci sia un fondo di verità, ma sono abbastanza intelligente da scherzarci su”.

UN SISTEMA LUDOPATICO: “SPIA” PER POTERNE USCIRE

“Guido la bici meccanica – ci racconta invece Amelia – lo faccio da decenni, ho iniziato a Londra dove questo lavoro era bellissimo. Speravo di trovare lo stesso in Italia e invece mi sono ritrovata schiava di un algoritmo e di un sistema di punteggi che fa impazzire e che ti rende schiavo quanto la ludopatia, nella speranza di vedere apparire la notifica che ti assegna una consegna per pochi euro”. Amelia entra così nel gruppo dei “Veteran” dopo Erika. “Io lavoravo già per Foodora – ci spiega – e stavo per fare causa all’azienda. Poi Foodora è stata acquisita da Glovo, con cui avevo iniziato a e ho lasciato stare la causa”. Da allora, come una sorta di “premio”, Amelia è stata fatta accedere al gruppo privilegiato e anche esplicitamente le venivano chieste informazioni sulla causa, sui sindacati, sulle piattaforme concorrenti (ma questo avveniva con tutti i veterani) e sulla loro stessa avvocata attuale, Giulia Druetta, che si occupa di diritto del lavoro e che da anni si batte per i rider. “È come se mi avessero chiesto di fare praticamente l’infiltrata”. Era il suo prezzo da pagare per poter uscire da quella folle dinamica che la teneva sveglia di notte a scrollare in cerca degli ordini liberi. Amelia, oggi, dopo anni trascorsi a pedalare a più non posso ha dovuto lasciare quella sella che pure le piaceva dopo una diagnosi di aritmia cardiaca. “Penso ai miei colleghi, mi deridevano perché avevo una bici meccanica invece che i loro scooter o le loro bici con la pedalata assistita: dovevo star loro dietro, avevano un vantaggio competitivo che io non avevo e dovevo pedalare sempre più forte”.

I CRITERI DISCRIMINATORI SU DONNE E STATO DI SALUTE

Un aspetto, quello della salute, che potrebbe trovare spazio ampio nella causa oltre al riconoscimento del lavoro subordinato a tutti gli effetti (le piattaforme ritengono quasi sempre che i loro rider non siano dipendenti a tutti gli effetti), e il fatto che gli algoritmi non abbiano criteri neutri, o meglio che applichino criteri che di fatto non tengono in consilavorare derazione le caratteristiche personali dei rider, dal genere ai carichi di cura alle condizioni fisiche. Al punto che, per garantire dignità di lavoro, nascono sacche di “privilegi” illeciti come il gruppo dei veterani torinesi. E gli stessi veterani, raccontano le due donne, devono tenere ritmi da lavoro dipendente con una media di tre ordini l’ora per almeno otto ore. Una organizzazione, insomma, nei fatti reiterata e strutturata. “Siamo stati nel gruppo per un paio d’anni”, raccontano. Agli altri rider, quelli non privilegiati e ignari, andavano gli ordini che avanzavano dai nostri, contesi sulla base di efficienza e punteggi. Anche in questo caso, le donne sono le più discriminate. Gli ordini maggiori arrivano infatti di sera, racconta Erika, e chi ha figli a carico spesso ha difficoltà ad accettarli. “I primi tempi – dice – quando ho iniziato per arrotondare in cioccolateria, portavo spesso con me i miei figli che si addormentavano in auto”. Ha vissuto anche situazioni pericolose: “Da uomini che mi chiedevano di entrare in casa loro anche insistentemente a consegne in situazioni difficili, al buio e in luoghi poco sicuri”. Da questo punto di vista, avere dei vantaggi le è sembrata una manna dal cielo.

TUTTI CONTRO TUTTI “PERCHÉ DENUNCI COME QUELLA TROIA?”

Questo complesso sistema, però, crea volente o nolente il contesto ideale per il proliferare di comportamenti sessisti e molesti. E nutre anche l’omertà di chi per anni, all’ombra di un’azienda che non è chiaro quanto fosse inconsapevole di questi privilegi, ha gestito a piacimento dei lavoratori nei fatti privi di diritti e tutele. Abbiamo scritto un messaggio nel pomeriggio di ieri a un portavoce di Glovo per l’italia, ma al momento in cui andiamo in stampa non abbiamo ancora ricevuto risposta. Certo è che i riferimenti del gruppo “Veteran” sono stati sostituiti con altri più giovani, che hanno azzerato questi privilegi.

Intanto, i messaggi indirizzati in queste ore a Erika sono un esempio del clima generale, come le offese ad Amelia. Dopo il primo articolo pubblicato sull’edizione locale di Repubblica, le due donne hanno ricevuto dai colleghi del gruppo improperi e richieste di spiegazioni sul perché non abbiano tenuto un comportamento omertoso nei confronti di chi non ha fatto altro che “aiutarle” per così tanto tempo. Proprio lei che è “una madre” avrebbe “dovuto capire”: è uno dei concetti dei messaggi. Avrebbe dovuto evitare di parlare delle avances per non mettere in difficoltà chi le ha fatte. Proprio lei, che non sarebbe come “quella troia” di Amelia.



2.6.24

l'edonismo sfrenato porta ad abbruttirsi o a deformare il proprio corpo il caso di theresiafischer che affronta gravi complicazioni dopo aver speso 160.000 dollari in chirurgia di allungamento delle gambe ., o "Io come la Ferragni": il business della titoker TikTok si chiama Londra la Gipsy influencer rom La prima influencer rom. Vuole diventare ricca e fare la bella vita.



Il modello tedesco affronta gravi complicazioni dopo aver speso 160.000 dollari in chirurgia di allungamento delle gambe (Instagram / @theresiafischer) Tra le complicazioni di salute, Fischer ha sofferto di infezioni ossee e periostite, un’infiammazione dolorosa del periostio.
Le molteplici operazioni, avvenute tra il 2016 e il 2022, hanno coinvolto la rottura e la stabilizzazione delle ossa del femore e della tibia con stecche metalliche, risultando in anni di recupero. se  interessanti  al  trash oppure    avete : 1) una  curiosità  .,  2)   diffidate   scambiandola  per  fakenews\panzane   potete vedere qui i suoi video sui social

Tra le complicazioni di salute, Fischer ha sofferto di infezioni ossee e periostite, un’infiammazione dolorosa del periostio.
Le molteplici operazioni, avvenute tra il 2016 e il 2022, hanno coinvolto la rottura e la stabilizzazione delle ossa del femore e della tibia con stecche metalliche, risultando in anni di recupero. A causa della sua condizione debilitante, Theresia è stata costretta a lasciare la versione tedesca del programma “Battle of the Reality Stars”. Ha riferito che il dolore costante la costringeva ad evitare di mettere peso sulla gamba più colpita, rendendo difficile partecipare ad attività che richiedevano movimenti rapidi.La modella ha scoperto di recente che una delle ossa della gamba non è cresciuta come previsto, e ora desidera rimuovere le stecche metalliche.La chirurgia di allungamento degli arti, sebbene tratti problemi di crescita ossea, comporta rischi significativi come danni ai nervi e ai muscoli, contratture articolari e artrite.

Fonte: BoredPanda. Foto: Instagram @theresiafischer

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"Io come la Ferragni": il business dell'influencer rom  La prima influencer rom. Vuole diventare ricca e fare la bella vita.

Su TikTok si chiama Londra la Gipsy  [  foto a  sinistra  ] e sta diventando sempre più popolare, ha
oltre 37 mila follower. Si tratta di una giovane ragazza che vive in un 
campo rom ad
Asti e ne documenta sul popolare social la vita quotidiana. La giovane 
influencer sogna di diventare ricca, "la Ferragni degli zingari".

  


Chi è Londra la Gipsy

Vent’anni, nata e cresciuta in un campo rom alla periferia di AstiLondra la Gipsy è una tiktoker che sta diventando sempre più popolare. E sogna di diventare una influencer ricca e famosa come Chiara Ferragni.Il nome Londra deriva dal nonno, come spiega la giovane in una intervista a La Stampa: "A mio nonno piaceva quella città, o forse anche solo il suono del nome. Mio fratello si chiama London".Londra ha iniziato a fare video su Tik Tok quattro anni fa: "Volevo creare contenuti dedicati alla comunità rom, un gioco".Un gioco che potrebbe diventare qualcosa di più: la popolarità e le visualizzazioni su Tik Tok possono rapidamente diventare un business.

L’influencer che racconta la vita del campo rom

Nei suoi video su Tik Tok la giovane racconta con ironia la vita quotidiano nel campo rom, con familiari, parenti e amici come co-protagonisti.  ha dato vita a un tormentone: quasi tutti i suoi video si aprono con la stessa frase, "Zingari check". Londra spiega che non vuol dire niente di particolare: "È come su un set cinematografico quando si dice ‘ciak si gira’. Per me è zingari check. Un modo di dire".La realtà del campo rom viene raccontata in maniera naturale e ironica dalla giovane, non mancano contenuti che smontano pregiudizi e luoghi comuni.

"Diventerò la Ferragni degli zingari"

Come tante altre ragazze, Londra la Gipsy sogna di diventare una influencer ricca e famosa. "Diventerò la Ferragni degli zingari. La ammiro molto per quello che ha fatto", racconta.

6.11.22

a volte anche la banalità può essere preziosa nella lotta all'ignoranza e all'alfabetismo di ritorno ed serve ad affrointare il mondo digitale


Elogio e predicazione della banalità: come affrontare l’epoca digitale

Salvatore Patriarca - su ilriformista di giovedì 3 novembre 2022


Un tratto tipico dei sistemi complessi è che ogni elemento facente parte di tale complessità necessita di comprensione. La cultura e la società rientrano ovviamente in questa sorta di meccanismo metariflessivo. Anzi, in un momento nel quale la complessizzazione diviene il segno distintivo dell’epoca digitale, sembra non ci sia fenomeno che possa considerarsi estraneo alla complessità. E infatti tutto appare essere incluso in questo processo di continua metabolizzazione delle manifestazioni naturali e culturali, reali e simboliche, tecnologiche e virtuali. Almeno finché non si arriva davanti alla barriera che annulla ogni interesse significativo: la predicazione del banale.

SalvatorePatriarca_foto© Fornito da Il Riformista

«È una cosa banale» si dice in ambito oggettivo, oppure «È banale» se il riferimento è situazionale. Ma anche «Sei banale», se l’ambito è quello relazionale, e si potrebbe addirittura sfociare nell’auto-attribuzione di insignificanza: «Sono banale». Al di là delle infinite articolazioni che incontra la predicazione di quest’aggettivo, l’elemento che appare in prima istanza è l’assoluta comprensibilità di esso. Di fronte alla banalità non servono ulteriori commenti: è tutto lì. Qualcosa di autoevidente che non richiede ulteriore sforzo. Si potrebbe affermare, prendendo a prestito un’immagine fumettistica, che la banalità sia la kryptonite della complessità. E come accade a Superman che perde i propri poteri a contatto con il materiale proveniente dal suo pianeta d’origine, così avviene al complesso quando incontra il banale. Smette di essere loquace, non ha più bisogno di declinare se stesso. La comparazione con la kryptonite potrebbe essere svolta ulteriormente, perché anche la banalità rappresenta in qualche modo il passato della complessità. Una specie di complicatezza che ormai ha detto tutto e sulla quale diventa inutile soffermarsi ulteriormente.

E se invece, come la kryptonite che permette di comprendere numerosi aspetti della natura di Superman, il banale fosse uno strumento sinora poco utilizzato per entrare nelle dinamiche che caratterizzano l’attualità digitale e coglierne alcune implicite dinamiche operative, soprattutto rispetto alla costituzione della singolare identità del sé e al conseguente rapporto con la comunità? In altre parole, è forse giunto il tempo di prendere sul serio il banale. Circoscrivere una seppur parziale semantica del banale è un’operazione essenziale, perché permette di cogliere quanto pervasiva sia la presenza del banale nel quotidiano orizzonte di considerazione del vivere; e in tale orizzonte va incluso tanto quello del sé quanto quello comunitario della pluralità dei sé. Emerge da subito uno degli aspetti più particolari e decisivi della banalità o, meglio, della sua predicazione: una componente assiologica e morale. Essere banale, comportarsi banalmente, essere considerati tali sono tutte connotazioni che scivolano via via verso una componente valoriale di negatività. Il banale è una negatività in senso generale. La persona banale è invece una persona che è manchevole in senso specifico, a livello morale, come se non avesse la capacità di realizzare davvero se stessa e il compito che inerisce la propria natura.

Proprio questo squarcio verso la dimensione morale che coinvolge in maniera essenziale il tema della singolarità proietta lo sviluppo della riflessione verso una peculiare relazione che sembra caratterizzare la stessa fondazione dell’identità del sé nella contrapposizione all’essere banale. Si sviluppa un approfondimento che articola il banale e alcuni suoi contraria come la creatività, la novità e la distinzione. Rimane alla fine. come superstite significativa, una singolarità connotata in maniera autoaffermativa che riesce ad essere se stessa solo nella negazione dell’esistente e dell’altro da sé. Questa dinamica si realizza nei fenomeni ormai molto diffusi delle pratiche meditative/comportamentali a sostegno della specificità/differenzialità della singolarità, quanto nel ritorno di un primato della cura del corpo inteso come primaria forma d’espressione dell’eccezionalità del sé. Entrambe queste modalità affermative dimostrano una specifica inclinazione verso una componente metaforica improntata a un linguaggio performativo e a una retorica dell’azione come dell’atto differenziante.

La figura che ne risulta possiede i tratti di quella che potrebbe definirsi come una banalità consumata. È come se il reale, lo spazio comune che eccede la sfera del sé, venga progressivamente eroso dalla dinamica distintiva e venga condannato ad essere il serbatoio di ordinarietà da logorare attraverso il continuo movimento di separazione singolare. A questo primo movimento della banalità che si connota in maniera sottrattiva se ne contrappone un secondo di segno contrario, vale a dire accumulativo. Per cogliere questo processo bisogna rivolgersi ad alcune caratteristiche precipue dell’era digitale. Il primo elemento da prendere in considerazione è l’approccio modulare dell’informatica. Alla base di tutto c’è un dato, singolo, specifico, delimitabile, analizzabile, componibile; esso viene accumulato attraverso le reiterazioni d’uso, il replicarsi del calcolo connettivo, e si sviluppa verso modelli sempre più estesi, inclusivi e predittivi.

A fornire questa elaborazione è proprio la molteplicità dei sé che con l’espressività e la distinzione permettono la definizione di modelli comportamentali ed esperienziali. Si definisce così l’altra dimensione della banalità: l’attitudine accumulativa del digitale. Ogni singolarità diventa strumento di costruzione di un modello generalizzante. La libertà dalla banalità ricercata attraverso la differenziazione espressiva conduce verso un’ulteriore forma di banalizzazione che si nutre dell’accumulazione dei dati e della loro elaborazione. Tanto più il sé consuma il banale esistente, tanto più contribuisce a costruire l’accumulo di banalità del digitale; ogni novità nel mondo digitale è già sempre modello; ogni posizione di creatività già sempre in una diffusiva ordinarietà banale.

C’è inoltre una banalità necessaria che va accettata e trasformata utilmente. L’espressionismo del sé frantuma la comunità e isola la stessa singolarità. Bisogna recuperare gli echi dell’appartenenza comunitaria, e non solamente consumarli in un affannoso movimento distintivo. L’orizzonte comunitario è lo spazio che permette al sé e all’altro da sé di essere nella distinzione proprio perché garantisce l’ordinarietà condivisa. Lo spazio comunitario rappresenta la precondizione per ogni sé sia a livello identificativo sia a livello espressivo. La stessa dinamica di evoluzione della dimensione culturale umana si fonda infatti sui processi di condivisione delle esperienze, sulla sedimentazione di quelle più efficaci, sul contributo di ampliamento che ogni singolo apporta nel processo di evoluzione. Da qui passano l’elogio e l’accettazione necessari della banalità: riscoprire la dimensione partecipativa della costruzione di senso, evitando ogni tentazione totalizzante

8.11.21

nell'anno d'oro dell'italia valgono di più i successi sportivi che quelli che musicali . DOPO IL PREMIO PAGANINI l'italia arriva seconda e quinta al PREMIO CHOPIN e l'Accademia Bizantina, ensemble italiano di musica barocca ha vinto ai Grammy il premio come seconda miglior orchestra al mondo!

 Dopo il  successo     di Giuseppe Gibboni 20 anni Al concorso violinistico Paganini di Genova  edizione  2021     ci  sono  anche   altri successi   al premio internazionale  Chopin   quelli  di  Leonora Armellini, 29 anni e il secondo premio con Alexander Gadjiev 27 anni. Ora  non  sono  che      altro aggiungere   a quanto  già  detto  precedentemente  su queste  pagine   .     lascio parlare     uno  che     ne  sa  più di me  ovvero  riprendo   , l'ho  trovata  sui  Facebook   la lettera che Danilo Rossi, prima viola alla Scala di Milano, ha appena inviato ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera.

"Carissimo,
dopo una estate stracolma di allori sportivi, medaglie, campionati europei vinti,​ l'autunno é il periodo dei grandi concorsi internazionali musicali.
Al Concorso Pianistico Chopin di Varsavia l'Italia ha ottenuto il quinto premio con Leonora Armellini, 29 anni e il secondo premio con Alexander Gadjiev 27 anni.
Al concorso violinistico Paganini di Genova invece l'Italia con Giuseppe Gibboni 20 anni ha vinto il Primo Premio assoluto, cosa che non succedeva da 24 anni.
In nessun giornale nazionale e in nessuna TV nazionale é stata data questa notizia.
Inoltre nessun politico con ruoli istituzionali importanti, dalla cultura alla scuola all'università, ne ha parlato.
Mi risulta che i vincitori di medaglie varie, olimpiche o tornei, dal tennis al volley, vengono invitati dal Presidente del Consiglio o addirittura dal Presidente della Repubblica.
La cultura al primo posto ? Se fosse veramente così questi straordinari giovani sarebbero su tutti i giornali e su tutte le televisioni e sarebbero già stati invitati dalle più alte cariche dello Stato. Invece nulla di tutto questo è accaduto. Quindi in realtà siamo il terzo mondo culturale ? Mi piacerebbe avere un riscontro a questa mia domanda.
La ringrazio.
P. S. Aggiungo anche che pochi giorni fa l'Accademia Bizantina, ensemble italiano di musica barocca ha vinto ai Grammy il premio come seconda miglior orchestra al mondo!
Anche in questo caso, silenzio totale!
Con stima. Danilo Rossi
Prima viola Solista Orchestra Teatro alla Scala di Milano".



11.7.21

generazioni a confronto e lotta fra cultura ed incultura

In  sottofondo 
Francesco Guccini - Un altro giorno è andato (Live@RSI 1982)



visto che ormai Oramai il web si è spostato sui  social   riporto qui  una  discussione    su fb   con  un mio  contatto  . Quindi  non riuscendo    a stare  dietro a  blog  e  social   ,   v'invito  ,  se  volte     leggere   altri  miei  interventi (    commenti  ,   stati condivisioni  , ecc )   come   quello  riporto   sotto    a seguirmi   ( su   fb  non è  necessario   essere     fra  i  contatti  per   leggere   e    commentare     , visto  che ho  scelto   di  non mettere  nessun  blocco   privacy ,  l'unico  blocco   per  motivi organizzativi    è  quello di  poter  postare  i  vostri post  \ stati  sulla  mia bacheca  )  sui  miei   social  che  vi   ripropongo sotto  .
  
facebook 
https://www.facebook.com/compagnidistrada/  la  nostra  appendice    dove   quelo che non riusciamo  a  mettere  qui siul blog  lo trovate  qui  

istangram

 twitter  

 
Dopo    questa  comunicazione  di  servizio     veniamo  al  post      d'oggi    

Sminchionando fra   gli  stati  dei miei   contatti facebook       ne  ho trovato    uno interessante      e  di un mio  amico    ed  ex  collega   d'università  

Ora  il  problema  è    rassegnarsi     o  rimanere solo     come   si  può notare   in diversi gruppi fb      del  tipo   : "  noi  cresciuti   negli ani  60\80 "  oppure     passare   dal  dire  al  fare      cioè    insegnare   o  fornire        ai nipoti o figli  la   tua  cultura   ed   integrarla  con quella  sua  ?.
Io  come potete  vedere   anche dalla risposta  che ho dato al suo post  ed    essendo  cresciuto nella generazione  di mezzo tra    gli anni  70 ( periodo  dell'impgno politico  \  culturale   )   e  gli anni  80\90  (  disimpegno  ,  edonismo\  consumismo sfrenato  )  sono  per  un integrazione   d'entrambe  . Cosi    s'evita   di mandare il cervello all'ammasso  e  formare  un ulterore   generazione  di webebeti    e fenomeni   come  quelli descritti    dalla  puntata  citata  delle iene  . Ma  soprattutto    s'evitra  commenti       da parte  delle  vecchie  gnerazioni  chiuse per  lo  pià nela  torr  d'avorio e nel passato , che  si chiedo   ma  chi  ...   è    questo    o  quell'  artiasta    o  pseudo  tale  .  A  chi  mi dice   che sono utopista   ed  un sognatore     rispondo     con una  lettera  inviatami  qualche   tempo  fa   . 

N.b  ovviamente   per  motivi di  privacy  ho  modificato    ( mi veniva   male  a  tagliarli  )   i  riferimenti    a  fatti  e persone   reali  ivi  contenute ma  la  sostanza  non cambia    .


Caro  redbeppe
 il suoi post sui tormentoni mi hanno commossa, perché ho colto un alito di tristezza. No, lei non è vecchio, ha “solo” buon gusto ed  dv'essere  crescxiuto  in  ambiente  pluri culturale. Tempo fa ho chiesto al mio nipotino dodicenne, comela  figlia  di  suo cugino  , che musica gli piacesse. Mi ha risposto: il rap.                                                                          Così gli ho mandato il video di Adriano Celentano che canta “Prisencolinensinainciusol”    Gli è piaciuto moltissimo e non voleva credere fosse una canzone stravecchia  abbiamo dovuto  cercare  su  internet     per  provarglierlo  . Cosi gli ho fatto una bella compilation di Adriano, e poi ho continuato con Rino Gaetano, Bennato, de  andrè , renato zero  (  quello   vecchio  non gli  ultimi  )  addirittura Endrigo. Ho l’impressione che abbia cambiato gusti o  quanto meno  non si  folizzi solo    su musica o musicaccia    dozzinale   . Probabilmente non dirà ai suoi amici a scuola di ascoltare musica del secolo passato, non capirebbero  ma    almeno  avra  una  cultura  musicale  pluralista  e non appiattita    ed   a senso unico  

                                              *******


  con questo è  tutto 

28.9.19

a volte l'ignoranza ed il metodo 'sti coglioni sono purificatori . chi c... è Giulia de Lellis ?

Oltre  a d essere purificatori   ed  a  risparmiare   energie    un po' d'ignoranza   ed  incultura  può essere preziosa    e catartica  .
Infatti  leggendo  tali  news



 a  cui   ormai non inorridisco  più perchè  ormai il mondo va  cosi   è  cercare di  cambiarlo  è come dare le perle  ai porci  ,  posso affermare  con orgoglio (   uno dei pochi  casi   in cui esso  è utile  \  costruttivo  per la tua opera  d'arte  )  oltre  al classico  'sti  cazzi




Ma chi è costei? Dichiaro con orgoglio la mia ignoranza sul personaggio. non sto scherzando sto dicendo sul serio sono dovuto dopo aver letto tale news andar andare a cercarlo in rete , non per colmare una lacuna ma per evitare figure di merda se capita un discorso con amici \ che e farli, se non intervengo nel dibattito rimanere spasimati e preoccupati perchè sto zitto , io tipo logorroico, per più di 5 minuti

30.6.19

in un paese con una maggioranza sessista e misogino ed con molta indifferenzale nostre ragazze del calcio pur sconfitte sono una speranza e simbolo di resistenza culturale a sifatto clima

Immagine
  ho  ricevuto questo messaggio  con a foto   che  trovate  a sinistra  su whatsapp    da  parte di    una mia amica   che  si lamentava    del perchè   sulla  sconfitta   dinamo  nella  finale  del play off     non ho detto  niente   della sconfitta    e  dell'eliminazione  delle  azzurre  dai mondiali  ,  arrivando a  scrivermi 😄🤔😢😎 : <<  tu  che stai quasi  h24  sul web e sui social non dici niente   di  quella  della nazionale  di calcio femminile  battuta nell'accesso  alle  semifinali . Non è che sei il  solito maschilista ?   >>
Ecco  più o meno   cosa le   ho risposto  .

A  volte   piuttosto che scadere  nella  melensa retorica   o nel  dover  dire qualcosa  a tutti  costi    è meglio il silenzio . E  poi  tu  che leggi i mie social   e  il mio blog.   e  oltre  a conoscere a mia prevedibilità    dovresti    sapere  cosa ne penso  . E  poi  ma  forse  ti sarà  sfuggito    che   ho   già espresso   il mio  pensiero  su  post  di fb  e  che sotto riporto



cammino delle nostre azzurre ai Mondiali finisce qui! 💔
Nel secondo tempo dominio dell'Olanda che vince 2-0 e passa in semifinale. Un applauso enorme a queste ragazze che ci hanno regalato un sogno in questa avventura incredibile! 🇮🇹💙👏 #ITANED🇮🇹🇳🇱 | #FIFAWWC

ed quindo lo stesso discorso  che feci  per  il secondo posto  , e  quindi  la  sconfitta  della dinamo  ,   vale  anche  per  le nostre ragazze  del calcio . E' vero non sono stato prolisso  e  logorroico  come   quando  ho parlato  della   finalissima  tra  Dinamo e  Venezia , ma   fra una  cosa  e l'altra  non ho visto   la partita  in questione e quindi esprimere   in maniera  globale    e totale le mie emozioni e le mie   sensazioni  .






8.6.16

VI ABORRO… di © Daniela Tuscano

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Lo ammetto, vi aborro. Aborro voi, la vostra brutalità, la vostra (in)cultura dello stupro, la società di diseguali – dove la diseguaglianza è considerata nullità – che avete incubato, alimentato e cresciuto a dismisura. Aborro quel corpaccione chiamato maschilismo, l’origine d’ogni violenza, razzismo e discriminazione. L’aborro perché è morto, e voi lo sapete, ma ne mantenete artificialmente l’esistenza. Vi serve per conservare il potere. E per il potere siete disposti a tutto. Cioè al ginocidio. Ginocidio, sì. Perché voi, maschi impazziti e feroci, disprezzate il mio sesso. Da sempre. E io non voglio più capirvi. Non voglio più capire un mondo che si reputa progredito berciando contro i roghi di Daesh e poi impugna una penna per chiedere a un giudice di non punire il figliolo, stupratore sì, ma per soli venti minuti, preda dei fumi dell’alcool e d’un’imprecisata “promiscuità” (palese, fra le righe, l’accusa alle femmine troppo libere, quindi tentatrici). Non voglio più capire un mondo – il vostro, fatto a vostra immagine, somiglianza e prepotenza – in cui ci s’interroga se una violenza durata una manciata di minuti sia effettivamente violenza. Non voglio più capire il mancato conato di vomito davanti all’infamia di siffatta domanda. Vi aborro perché m'avete costretta a rivelare qualcosa di molto, troppo intimo. Prima un’aggressione – in tutto, durata una quindicina di secondi – e prima ancora, quand’ero giovanissima, un’aggressione se possibile anche peggiore.
Quanto sarà stato ? Forse un quarto d’ora.

 Un quarto d’ora e quindici secondi che mi hanno rovinato, per sempre, la vita. Che mi hanno deturpato e rubato anzitempo la giovinezza. Chi mai potrà ripagarmi? Voi siete preoccupati che il vostro figliolo maschio non possa più andare agli allenamenti, che non trovi un lavoro, che non mangi più. Quello v’importa, e nient’altro. Non voglio più capire un giornalismo che definisce “timido autista di provincia timoroso di diventare padre” un tentato uxoricida e figlicida. Aborro la
vostra stupidità. Niente di più pericoloso. Non è soltanto inumana. È pre-umana. Molto peggio. Con questa pre-umanità avete dominato il mondo. Asservendo e negando tutte le dimensioni esistenziali diverse dalle vostre. Negando la donna, avete negato dignità al nero, all’indio, all’immigrato, al gay/lesbica, allo schiavo – che mai avrebbe dovuto essere schiavo -. Ma anche alla natura, all'ambiente in cui vivete. E avete dato vita a un sistema economico basato sullo sfruttamento e l’accaparramento. Avete costruito un Dio maschio, leggi maschie – quelle leggi per cui, ancora adesso, lo stupro è un’inezia la cui entità va conteggiata in minuti, le donne eterne inferiori indegne di votare, compiere determinati lavori (le avete però ritenute sempre degne di salire sul patibolo – Olympe de Gouges insegna! – anzi con loro avete esercitato il massimo rigore fino ad attribuirle responsabilità per reati inesistenti e perversi), accedere a ordini religiosi, comparire nei testi scolastici, ecc. – alle quali non si può derogare, pena la morte: e infatti uccidete. Non potete tollerare d’essere abbandonati, la donna è vostro esclusivo possesso. E non solo lei: mentre scrivo mi giunge la notizia che, nel mio Paese, due cosiddetti “padri di famiglia” (naturalmente, secondo la stampa maschia, sempre tale pur se scritta da donne asservite, dipinti come uomini modello, affettuosi, teneri ecc.) non si sono accontentati di assassinare le loro compagne, ma pure i figli; è la logica della roba. “Roba mia, vientene con me”: a volte vi suicidate (in molti altri casi fingete soltanto, nella speranza dello sconto d’una pena comunque lieve) e dietro di voi non deve rimanere nessuna e nessuno. Come nell’antica Roma, come dappertutto: siete voi, l’origine e il fine (la fine) di tutto. Vi siete nominati Dio: siete blasfemi. Vi aborro perché nemmeno in questo frangente vi ho sentiti solidali. In qualche caso ci avete addirittura irrise. Una donna non lotta mai solo per sé stessa, ma si sente umanamente, umanisticamente vicina a tutti gli oppressi. Ma che cosa accade a quegli uomini oppressi, una volta liberatisi delle loro catene? Ci sono vicini? Condividono le nostre battaglie? Sanno capirci, amarci? Si rendono conto che le violenze sessiste sono una questione di cultura e non fatti privati di cronaca nera ? A me non pare. Vorrei essere smentita. Ma pubblicamente, apertamente. Lucidamente. È bene che quella lettera vergognosa sia stata vergata da un padre. Un padre wasp.

Essa mette definitivamente a tacere anche quell’autolesionismo femminile per cui, se un figlio è criminale, la colpa ricade sull’incapacità della MADRE [ Un esempio recente di questa mentalità si trova qui: http://www.huffingtonpost.it/milene-mucci/madri-figli-maschi-uomini-violenti-_b_10219426.html , cui ho fatto seguire una replica http://culturaalfemminile.blogspot.it/2016/06/sbagliata-di-daniela-tuscano.html ]. I padri non compaiono mai sul banco degli imputati, pur essendo sempre stati considerati i capifamiglia, le guide morali, spirituali ecc. Insomma, la solita storia: tutti i privilegi, nessun dovere, nessunissima responsabilità. Lo ammetto, vi aborro. Per lo stesso motivo per cui vi ho amati. Proprio perché vi ho amati. Ma non si può continuare ad amare chi ritiene degradante chiedere perdono.

5.1.14

morti di fame o scrocconi ? o declino-dell'occidente-deficienti-seminudi-in-fila-per-vestirsi-a-torino-e-roma/

  Leggendo  l'articolo  http://voxnews.info  che    riporto  qui sotto  mi  ritornano  in mente   questi versi danteschi   (   Divina  Commedia   canto  III  purgatorio  versi  79-93  )    di lontana memoria  


                                         da  http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/pur03.htm

 ancora attuali   e mi chiedo   come  la  mia  utente  facebookiana;    Eva Darklady  <&lt Ma che fine ha fatto la dignità!!!!???? Come ci siamo ridottiiiii!!!! Poveri noi...... Si poveri di cervello e di valori...... L'unico rimasto..... Il Dio denaro!!!!! >>  


  ora  l'articolo in questione  



Deficienti: dal latino deficiens , participio presente di deficĕre ossia “mancare”. E a loro mancano i vestiti. Oltre alla dignità.Sbarca anche in Italia l’idiota – ma riuscita, visto che ne parliamo anche noi – idea pubblicitaria di una marca spagnola di abbigliamento. Presentarsi seminudi nei loro negozi per vestirsi gratis.L’idea non poteva che venire dalla Spagna, che in questi anni è stata il centro del relativismo etico, con il suo zapaterismo morale ed economico che ha visto le bolle gemelle (immobiliare ed etica) nutrirsi a vicenda fino alla catastrofe economica.Certo, siamo in Italia, quindi non c’è stato l’assalto e i disordini che si sono visti in questi periodi nei regni del consumismo multietnico americano e inglese, ma è comunque un segno di decadenza. E non è ‘moralismo’: c’è un momento in cui essere seminudi è giusto, e altri no. Farlo per qualche vestito è ridicolo. Chi lo fa, è ridicolo. Si è quasi perso il senso della propria dignità.














iniziativa di sensibilizzazione contro il revenge porn del gruppo www. seicomplice.org

Nei giorni scorsi    Roma , o almeno i posti più noti , sono stati tappezzati di volantini come Ma poi si scopre che ...