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22.7.14

- le cose belle della vita le storie di Edinma tokodi e Ciro Sabatino

ecco due  storie  di (r)esistenza  culturale  \  guerriglia contro culturale  .La prima  viene  ( non  sono riuscito a trovarlo , salvo le  foto  prese  con il mio cellulare  dalla versione cartacea  ,  evidentemente  non lo mettono sul sito  , l'intervista  fatta  sempre  da taddia  , per  il settimanale  topolino   )  da la stampa   del 13\4\2014  a  cura  di F. Taddia 

Non la mia personale “guerriglia” voglio usare il verde urbano per ribaltare il rapporto tra uomo e natura: se tutti avessimo un giardino personale da coltivare avremmo un rapporto molto più equilibrio con ciò che ci circonda”. Ispirazione artistica e vocazione ecologica: è dal virtuoso incontro di queste due istanze vitali che Edina Tokodi, in arte Mosstika, ungherese di nascita e newyorchese di adozione, ha abbracciato e fatto sua la forma espressiva dei “Moss graffiti”, ovvero la “street art” realizzata con il muschio. “L’idea iniziale era quella di creare dei veri e propri   
giardini prefabbricati da apprendere alle pareti, per arredare artisticamente gli spazi pubblici. Ora invece i miei “disegni” di muschio hanno l’ambizione di richiamare l’attenzione sulla carenza nella nostra quotidianità di momenti di riflessione sul rapporto con l’ambiente: sono punti esclamativi diffusi in tutta la città”.  Ed ecco allora spuntare sulle pareti di case, palazzi ed edifici abbandonati, divertenti animali e giocose sagome umane, dai verdi più variegati, soffici e invitanti da accarezzare. La tecnica assomiglia a quella dello stencil, con le figure che vengono ritagliate in laboratorio e poi applicate sulle varie superfici verticali, creando stupore e rivitalizzando strade e quartieri che necessitano di boccate d’ossigeno.




“Voglio portare al passante il senso della terra, l’emozione dell’arte, la gioia dell’inatteso. E diventa quindi per me fondamentale la reazione dei pedoni: vedere se si fermano a guardare, a giocare, a toccare. Verificare incuriosita se lasciano i miei lavori intatti, se scelgono di prendersene cura o, al contrario, di deturparli. A volte i graffiti rimangono

per settimane, altre volte per poche ore: ma non importa, quel che conta è contribuire, in modo ecologico e sorprendente, alla metamorfosi visiva delle nostre metropoli”.


La  seconda è una come la prima una sorta di reazione \ guerriglia contro culturale alla crisi economico e sociale

 DA  http://www.huffingtonpost.it/titti-marrone/  del 18\7\2014

"Iocisto", prima libreria d'Italia ad azionariato popolare. Metodo SuperSantos come antidoto agli sfracelli e alle "lacrime napulitane "

  


Scrivere un blog su Napoli e da Napoli può essere cosa che sgomenta, perché ci si sente Cassandre costrette a raccontare solo di cornicioni che uccidono, alberi e lampioni che si schiantano sulle persone, affreschi e tesori antichi sbriciolati, manti stradali spalancati in voragini, pentiti che svelano decenni di sversamenti di veleni. È questa la fine che ha fatto la famosa, usuratissima porosità indicata da Benjamin come tratto distintivo della città, suo segno di vitalità, di non omologazione. Come non bastasse la tragedia di Salvatore Giordano, il ragazzino schiacciato dal crollo del fregio alla Galleria Umberto, a Napoli collassano - per incuria, indifferenza politica, forzata rimozione - anche iniziative culturali, idee originali, comparti produttivi, mentre i bouquiniste di Port'Alba sono allontanati da un blitz da contrasto al crimine. E mentre anche oggi s'inanella la consueta sfilza di notizie nefaste, i politici sono indaffarati a litigarsi i posti nelle liste di elezioni regionali cui sempre meno i cittadini avranno voglia di partecipare, mentre l'amministrazione pubblica sembra vivere su Marte, lontana com'è dai problemi reali.
Allora, vista l'inefficacia di tante denunce, la sordità e l'inettitudine delle istituzioni, la ripetitività di una cronaca quotidiana che sembra inchiodarti sempre allo stesso spartito, due sono le alternative: o annichilirsi e tacere, oppure cercare altrove. Scardinare la gerarchia delle notizie abituali e tentare di raccontare le buone pratiche, i fatti positivi, i segnali di riscossa.
Eccone uno, piccolo ma importante. Quartiere Vomero, 120 mila abitanti, il più densamente popolato della città, la zona residenziale egemonizzata dal commercio. Tra tanti negozi di abbigliamento, ristoranti, pizzerie, snack bar, nemmeno una libreria: l'ultima, Loffredo, ha chiuso poche settimane fa. La penultima era Fnac, dove già i libri erano oscurati dai mega-schermi al plasma e dai cellulari in tutte le salse: sparita anche quella, al suo posto solo tv e telefonini. Succede che un poliedrico operatore culturale, Ciro Sabatino, posti un suo sfogo su Facebook: Le librerie chiudono? Vabbe', allora la libreria ce la facciamo noi. 
Il post di Ciro Sabatino che ha dato inizio alla vicenda 
E in pochi giorni, circa seimila persone dicono "io ci sto", si attivano, danno corpo e gambe a un progetto che sembrava impossibile. Ci si divide in tre gruppi: chi cerca la sede, chi prepara un piano finanziario, chi raccoglie suggerimenti per riempire di contenuti l'idea iniziale. Ci si autotassa, si decide di lanciare una campagna di raccolta di fondi. Senza tanti clamori sulla cosiddetta "società civile", categoria usurata e spesso equivoca, senza aspettarsi interventi dall'alto, stanziamenti di fondi pubblici, tavoli istituzionali, partendo semplicemente da un bisogno reale, individuando una priorità cui dare spazio, alcune persone che non si conoscevano tra loro hanno pensato di provare a non dare per persa la città ma di partire in proprio, con una piccola idea da trasformare in realtà.
E' nata così la prima libreria ad azionariato popolare d'Italia. Per ora c'è un'associazione, una pagina su Facebook - "Iocisto" - c'è la sede, un bellissimo spazio in via Cimarosa, angolo dell'oasi pedonale facilmente raggiungibile perché accanto alla funicolare centrale. Il primo passo dell'inaugurazione è per il prossimo lunedì, 21 luglio, quando si lancerà il crowdfunding, cioè la sottoscrizione, ma ai soci piace di più parlare di "metodo Supersantos": come quando, da ragazzi, prima della partitella di calcio si faceva la colletta tra gli interessati per comprare il pallone. Però qui non si gioca: il 21 a Napoli sono attesi i maggiori esperti di crowdfunding, in una serata in cui si terrà un'asta di oggetti insoliti, libri autografati o rari, servizi offerti dai soci. Si potranno comprare giornate in libreria, "pezzi" dello spazio e raccogliere fondi, puntando a un certo tetto per allargare l'associazione e garantire il lancio delle attività vere e proprie. Poi partirà la "fase due" con la trasformazione dell'associazione in spa, il via all'azionariato popolare ma senza la possibilità di fare scalate: a nessuno sarà permesso di superare la quota massima consentita, di cinque azioni.
La libreria, che per ottobre sarà fornita di libri, arredi e tutto quanto è utile a dare sostanza ai bellissimi spazi per ora vuoti, sarà aperta fino a tarda sera. Avrà una sezione speciale dedicata ai piccoli editori ma allo stesso tempo ospiterà tutti i titoli più richiesti, assicurerà servizi a domicilio, un'area multimediale, uno spazio ragazzi, uno musicale, un settore dedicato alla degustazione di prodotti tipici.
Certo, nessuno s'illude che il "nuovo inizio" di Napoli possa venire da una libreria. 

il logo della libreria da http://napoli.repubblica.it/cronaca/2014/07/16/foto/

Né si è così ingenui dal pensare che tutto sia facile com'è sembrato fin qui, che non sorgano contrasti, divergenze, interessi contrapposti. Però, una volta tanto, può servire fermarsi a riflettere sul metodo che quest'iniziativa adombra. Nessuno ha voglia di cedere alla retorica delle cose nate "dal basso", all'idea di svolgere funzioni supplenti rispetto a quelle da pretendere come doveroso appannaggio della dimensione pubblica. Ma se si vuole cercare un antidoto allo sfracello, è ora di uscire dalla logica delle "lacrime napulitane", di sperimentare anche qui pratiche di cittadinanza diretta diffusissime in altre città europee e statunitensi. "Iocisto" è per ora solo una goccia nell'oceano dell'incuria e dei disastri partenopei, ma chissà che non dilaghi. Già crescono, sulla pagina Facebook, le richieste di adesione da varie parti d'Italia, e non solo. Per iscriversi, basta versare la quota di 50 euro all'Associazione Iocisto, Iban IT08E0326803403052816901630.



IL Vomero è una zona di Napoli con scuole, cinema, qual­che tea­tro e libre­rie. Cinema e libre­rie però stanno spa­rendo. Nel giro di poche mesi, hanno abbas­sato la sara­ci­ne­sca nel quar­tiere ben due editori-librai par­te­no­pei e la Fnac è diven­tata Trony. I libri ci sono ancora, ma sono cir­con­dati da tele­vi­sori dalle dimen­sioni sem­pre mag­giori. Non se la pas­sano benis­simo nep­pure i punti ven­dita che fanno capo a edi­tori famosi, sparsi tra il cen­tro sto­rico e Chiaia. A Port’Alba, sto­rica zona della città dove si tro­vano per­sino i testi fuori com­mer­cio, i vigili hanno fatto sgom­brare le ban­ca­relle. Al posto dei volumi e dei negozi di stru­menti musi­cali spun­tano le riven­dite di pata­tine fritte. Per rea­gire allo scon­forto, il gior­na­li­sta Ciro Saba­tino ha aperto il gruppo face­book «Io ci sto», dando il via alla prima libre­ria ad azio­na­riato popo­lare.


In pochi mesi tre­cento soci con un inve­sti­mento minimo di cin­quanta euro hanno per­messo di rac­co­gliere circa tren­ta­mila euro. «Con­ti­nue­remo con la ricerca di nuovi sot­to­scrit­tori – ha spie­gato — abbiamo orga­niz­zato uno spet­ta­colo e messo all’asta cimeli per rac­co­gliere altri fondi. A set­tem­bre avvie­remo il cro­w­d­foun­ding in inter­net. Dob­biamo rag­giun­gere i set­tan­ta­sei­mila euro per par­tire in autunno». Per ora c’è la sede, in via Cima­rosa 20, e l’associazione: ad acco­gliere i futuri let­tori, L’amico ritro­vato di Fred Uhl­man su un espo­si­tore al cen­tro del cor­ri­doio, sem­bra quasi il primo cent di Pape­ron de’ Pape­roni.
«I circa tre­cento metri qua­drati della libre­ria — ha con­ti­nuato Saba­tino — sono vuoti per­ché vogliamo che tutti i soci e coloro che (dalle 10 alle 22 ogni giorno) ver­ranno qui a cono­scerci o asso­ciarsi pos­sano vedere cre­scere la libre­ria volume dopo volume, scaf­fale dopo scaf­fale. Con­di­vi­de­remo le scelte e anche le deci­sioni sugli eventi da ospi­tare. Per ora abbiamo coin­volto let­tori tra i trenta e i cinquant’anni. Ci aspet­tiamo anche i ven­tenni e gli scrit­tori».
A orga­niz­zare il lavoro pensa Alberto Della Sala, ex libraio di volumi anti­chi: «Non ci siamo chie­sti per­ché le libre­rie chiu­dano, lo sap­piamo già, ma piut­to­sto per­ché alcune sono aperte. Per que­sto offri­remo ai clienti ser­vizi a valore aggiunto, il rela­tivo gua­da­gno ci per­met­terà il lusso di ven­dere libri. Qui non avremo libri sco­la­stici, ma chiun­que potrà por­tarci la sua lista e glieli con­se­gne­remo a casa il giorno dopo: non ci gua­da­gne­remo niente ma fide­liz­ze­remo i clienti, facendo la dif­fe­renza con i siti online».
Tra i ser­vizi in pro­gramma, la ricerca di libri fuori cata­logo e la ven­dita di volumi usati. «Guar­de­remo
da http://www.vesuviolive.it   e da http://www.insorgenza.it/
anche ai tanti migranti che ven­gono al Vomero per lavo­rare e che non tro­vano niente da leg­gere a Napoli. Avremo una parte di libre­ria mul­tiet­nica con testi in diverse lin­gue ma anche scrit­tori napo­le­tani tra­dotti, sia clas­sici che con­tem­po­ra­nei». Fino a otto­bre sarà uno spa­zio aperto per discu­tere di let­te­ra­tura o suo­nare. L’azionariato dif­fuso ser­virà anche a met­tere in cir­colo idee. «Magari un giorno potrebbe esserci una libre­ria Io ci sto anche a Scam­pia — ha con­cluso Della Sala -, a Fuo­ri­grotta e in ogni città in cui le per­sone vogliano fare la pro­pria libreria».



19.7.14

La Via Francigena percorsa in 20 anni con 250 acquerelli.


FEDERICO TADDIA
Ogni luogo è fonte di gioia e di sofferenza: per indole metto immediatamente le radici ovunque, e quando il mio cavalletto mi porta altrove sono costretta a doverle strappare». Ha l’eleganza dell’artista e la pazienza di chi sa attendere la sfumatura giusta Jannina Veit Teuten, 75 anni, pittrice inglese che ha scelto di vivere in Toscana dal 1970, e da due decenni vaga con i suoi acquerelli sulle orme di Sigerico, l’arcivescovo di Canterbury che con il viaggio a piedi verso Roma attorno all’anno 900 disegnò la Via Francigena.   
«Quando nel 1993 ho dato il via al progetto pochissime persone avevano le idee chiare su quale fosse l’itinerario
dalla bacheca  dell'autore  https://www.facebook.com/pages/Federico-Taddia/40510898249
dell’Arcivescovo: è stato faticoso trovare le informazioni corrette. Ora non saprei più contare le volte in cui sono andata avanti e indietro in treno, bus, aereo, a piedi, in bicicletta e in camper: io, i miei pennelli e i miei colori». Nato in occasione del Giubileo del 2000 il «Via Francigena project» prevedeva di raccontare per immagini chiese, borghi, case, vedute, squarci catturati dallo sguardo di Jannina. Con la realizzazione di 144 acquerelli esposti in 23 mostre organizzate lungo l’itinerario dei pellegrini. Ma l’ispirazione della ritrattista inglese che ha fatto dell’Italia la sua
sempre  dalla stessa  fonte  
prima casa, di chilometro in chilometro si è alimentata, nel desiderio continuo di mostrare, con leggerezza e sapore antico, questo cammino storico e spirituale, tanto da aggiungere altre 100 opere alla collezione. «In tanti si fermano quando mi vedono mentre ritraggo il paesaggio. Altri mi vengono a dire che i genitori, o loro stessi, sono nati dentro una certa porta o una finestra che ho dipinto. In un’epoca dove tutti con gli smartphone scattano centinaia di foto, colpisce che un acquerello, nel suo essere lento, imperfetto e bisognoso di fatica e concentrazione, sappia ancora suscitare immedesimazione. E io felice di essere la viandante di queste emozioni». 

Luigi, che cerca e raccoglie la poesia nei sassi di fiume

ecco perchè  raccolgo e mi faccio portare  sassi  e pietre 

la stampa 27/08/2013 L’ULTIMA STORIA
ZEVIO (VERONA)
«Ecco, questa è la mia Ricerca». Ha gli occhi illuminati dalla gioia e dall'emozione Luigi mentre entra nel suo vecchio fienile come se stesse varcando la soglia di un antico e solenne tempio. Un fienile diroccato, incastonato tra moderne case, dove nel tempo ha raccolto, catalogato e classificato decine di migliaia di sassi. Scelti, uno a uno, nel fiume Adige. Un antro magico e suggestivo, che ti toglie il fiato, dove tutto sembra pericolante e lasciato al caso.   
E invece segue una logica. O meglio, come ti illustra, segue una poesia. Da cogliere senza pregiudizi o la presunzione di trovare significati. Luigi Lineri oggi ha 76 anni, vive a Zevio in provincia di Verona, e ricorda come se fosse ieri quel primo maggio del 1963 in cui, accompagnando un amico a cercare delle selci nel fiume, raccolse un sasso con un buco in mezzo. «Poteva essere un’arma primitiva o un vecchio ciondolo – ricorda – ma mi spinse a guardarmi intorno e ad accorgermi come d’incanto che c’erano forme che si ripetevano ritmicamente: sassi che andavano letti ed interpretati, che comunicavano messaggi».  


Per Luigi tradurre quel linguaggio diventa una sorta di missione a cui dedicare il resto dell’esistenza. Abbandona il lavoro di commerciante e sceglie quello part time da inserviente ospedaliero per avere più tempo libero, e appena i contributi versati glielo permettono opta per il prepensionamento. Il fiume diventa la sua seconda casa, mentre la sua prima casa si trasforma nel deposito di quei sassi in cui lui  
  sempre  dalla  galleria  fotografica  della stampa   
intravede teste di pecora, teste di pesce, bovini, profili di donna, falli maschili e becchi d’uccello.  
«In tanti mi davano, e mi danno ancora, del matto: ma sono io a sorprendermi ogni volta in cui una persona non riesce a scorgere queste figure levigate nella pietra, che sono sicuramente il frutto di mani antiche e sapienti. Simboli ancestrali, segnali di passaggio o forme rituali che hanno preceduto l’avvento dell’alfabeto: nel fiume è nascosto il mistero della natura e della vita».   
L’incredibile fienile di Luigi è meta di curiosi e appassionati, che non credono ai loro occhi nello scorgere la quantità di sassi accatastati, rigorosamente suddivisi per somiglianza, senza lasciare un centimetro libero nelle pareti e con la sensazione costante che tutto possa crollare da un momento all’altro. «C’è finalmente un interesse nuovo verso la mia Ricerca, ed è per questo che mi sto concentrando nell’impaginazione: è ora di fare pulizia e sintesi. Questo è un grande poema, ogni pietra è una lettera: ora vanno costruire le parole e le frasi. Poi chi vorrà potrà leggere e capire».   
L’attenzione al lavoro del pescatore di sassi è testimoniato anche da alcune mostre organizzate in passato, da una tesi di laurea a lui dedicata e ora da un prestigioso riconoscimento. Il radicamento al territorio, insieme alla dedizione, allo scrupolo e la perseveranza nel realizzare il proprio personale museo sono infatti le motivazioni alla base del Premio europeo alle passioni «La seconda luna», che Luigi riceverà sabato prossimo a Laives, in provincia di Bolzano.   
Un traguardo importante, che ripaga anni di sacrifici, silenzio e ostinazione, accompagnati dagli ironici commenti dei vicini e dalla pazienza infinita della moglie. «È stata una vita difficile e totalmente influenzata dal richiamo del fiume e di questi manufatti del passato – racconta sorridente la moglie Tosca, 70 anni –. Sono una donna con i piedi per terra: mi ero innamorata di un commerciante che mi garantiva uno stipendio e invece mi sono trovata a dividere il tetto con un visionario collezionista di sassi. Nel 1988, come regalo di compleanno, gli avevo fatto firmare un foglio, che ancora conservo, in cui mi prometteva solennemente di non perdere più tempo nell’Adige: ma il giorno dopo era già con i piedi a bagno. Anche ora, dopo cinquant’anni di vita insieme, mi racconta bugie per andare al fiume, e io per non arrabbiarmi preferisco uscire di casa quando lui torna con i ciottoli nascosti nella borsa della spesa. Ma che dire: meglio un uomo così di uno che va a buttare via il suo tempo al bar».   
Per Luigi il lavoro va avanti. Insieme alla classificazione, puntuale e maniacale, di quanto stipato nel fienile, ora la ricerca è concentrata sui pezzi più piccoli, che racchiudono una perfezione e una manualità più evoluta. Tentando di rendere comprensibile, anche ai più scettici, il suo operato. «Non essere capito è il suo vero cruccio – commenta la moglie – ma forse non è ancora arrivato il tempo».   
Ma lui non sta più ascoltando, perché l’attenzione è già stata calamitata da una pietra. Una normale pietra apparentemente identica ad altre mille, ma guai a farglielo notare: «Come fai a non vedere l’amore che è nascosto qui dentro?», mi sussurra con sguardo avvolgente. E poi mi spiega: «Questa è una donna che abbraccia un uomo: l’emblema dell’amore e della procreazione. Questo è l’inizio di tutto».  


raccontare i femminicidi \ amori criminali di oggi con quelli del passato il caso Beatrice cenci

 Per  il 25  novembre   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più ...