Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
28.3.25
l'ora della verità - di ® Daniela Tuscano
12.12.24
"Idioti gli slogan anti-Israele nelle piazze. I fanatici dell'islam? Criminali e mafiosi" intervista al IL GIORNALE DELL Imam Pallavicini (Coreis)
ogni tanto a destra ci sono degli interventi interessanti come questo
da ILGIORNALE tramite msn.it
Imam Pallavicini (Coreis) dall'Europa alla Siria si parla di movimenti islamici. Perché c'è un problema islam?
«C'è, consiste innanzitutto nel problema del riconoscimento dei suoi interpreti autentici. Ci sono, schematizzando, due tipologie di rappresentanti dell'islam, il principale è quello che da 14 secoli vive le fede come dimensione civile e religiosa, interagendo e dando un contributo. Il secondo, da pochi secoli, sono altri interpreti, che abusano della religione e si servono dell'Islam in modo estremo e caricaturale come copertura per rivoluzioni di potere, fanatiche o formaliste».
L'islamismo è totalitario?
«Non ridurrei la questione al jihadismo. Hanno avuto dimensione autoritaria tutti coloro che hanno usato l'islam, ma anche chi lo ha rimosso, dopo la decadenza del califfato ottomano, nei vari tentativi di stampo nazionalista o panarabo o socialisteggiante che puntualmente non hanno funzionato, lasciando un vuoto riempito da fanta-califfati».
Non ne se esce. E Houellebecq vede in Occidente la «volontà di scomparire».
«Il problema è in tutte le correnti che hanno strumentalizzato o escluso l'islam. Ci sono esempi interessanti in Indonesia, Emirati, in Asia centrale, Marocco e Senegal, ma per il resto l'impatto con la modernità e la democrazia è tuttora irrisolto. Fra secolarizzazione estrema e fanatismo tribale, l'unica possibilità che vedo è l'islam d'occidente. Chiarendo su quali interpreti vogliamo investire. La fede in Dio è un diritto. L'Occidente non può sottostare ai ricatti. La sua eredità è anche una dimensione di pensiero profonda».
Fanatismo e rimozione della spiritualità sono due facce della medaglia?
«Se in Europa sparisce questa dimensione spirituale non so cosa succede. Mi preoccupa che i cristiani d'oriente diano per sconfitto il Cristianesimo d'occidente. Da imam dico che dobbiamo lavorare al risveglio dell'Occidente e delle sue nobili origini. Politica e fede sono stati profondamente corrotti».
Ma non c'è un fanatismo degli altri monoteismi.
«Ci sono stati cicli e fasi. Ora ci sono quei barbari e eversivi ma in 2 miliardi di musulmani. Una minoranza rumorosa arrogante, ignorante e violenta ma minoranza. Come la mafia rispetto alla Sicilia o le Brigate rosse a sinistra. I criminali devono essere trattati da criminali. Non legittimati come interlocutori. In Occidente la democrazia è confronto ma si è persa l'idea di un confine per condizionamenti di buonismo, ideologia e lobbies».
Anche Ratzinger parlava di un'Europa scristianizzata.
«Sì è vero. E la sua dottrina dava un preallarme all'occidente. Occorre sviluppare la fede autentica e la cultura vera, non le emozioni dell'arcobaleno, per indifferenti ed estremisti che non contribuiscono al bene comune».
Cosa pensa dei cortei in cui si inneggia a una Palestina «dal fiume al mare».
«Ci vedo arroganza e ignoranza. Questo slogan stupido dove porta? Gli ebrei non devono più stare in quella regione? Quale fondamento c'è in quest'espressione idiota? Io ho seguito la risoluzione Onu su Srebrenica. Genocidio è termine giuridico complesso. Diciamo le cose come stanno. Ci sono qui crimini di guerra, deportazioni, impedimenti agli aiuti umanitari alla popolazione e necessità di difesa e sicurezza dai terroristi e rapitori di Hamas. Il governo italiano sembra avere una politica chiara: no al terrorismo, difesa dei popoli e aiuti umanitari. Quelli che manifestano come aiutano i palestinesi? Come li aiutano se fanno l'errore di confondere Hamas con i palestinesi e i musulmani. Io sono un musulmano che non vuol confondere i musulmani con Hamas. Sostengo il popolo palestinese e quello israeliano e vorrei che vivessero insieme senza odio».
Rispondo alla sua domanda : « Gli ebrei non devono più stare in quella regione >> ? Secondo me si ci posso e devono stare . La palestina è stata abitata da sempre da arabi e ebrei ( prima non sionisti cioè tutti quelli presenti in loco nonostante la diaspora e quelli sionisti cioè delle varie fasi dell'Aliyah ) e mi sembra giusto che i due popoli ( o unico popolo secondo alcuni in quanto entrambi di cepo semitico ) vivano insieme non importa se in due stati o in unico stato .
9.10.24
Diario di bordo n 81 anno II . lode ai 130 soldati israeliani che si sono rifiutati di combattere per proteggere gli ostaggi , il 7 ottobre non è solo il vigliacco atacco di hamas , cento anni della radio , in rai non sarebbe mai successo che Flavio Insinna dia al ministro Salvini una sottilissima bordata.
AGI - Si rifiutano di combattere a Gaza per non "sottoscrivere la condanna a morte" degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Un gruppo di 130 soldati dell'esercito israeliano si sono opposti alla continuazione dei combattimenti nella Striscia poiché rappresentano una "sentenza capitale" per i 101 ostaggi ancora nell'enclave palestinese."E' chiaro che la continuazione della guerra a Gaza non solo ritarda il ritorno degli ostaggi ma mette anche in pericolo la loro vita" si legge in una lettera inviata alle autorita' israeliane "molti sono stati uccisi dai bombardamenti dell'Idf, molti di più di quelli che sono stati salvati nelle operazioni militari". "Noi, che abbiamo servito e continuiamo a servire con dedizione, rischiando la vita, annunciamo che se il governo non cambia immediatamente rotta e non si adopera per raggiungere un accordo per riportare a casa gli ostaggi, non saremo in grado di continuare a combattere", prosegue il testo.
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Domenica 6 ottobre, Pescara per la Palestina. Foto di Piero Rovigatti |
E i segnali ci sono, piccoli, nascosti… La continua amicizia tra individui e gruppi israeliani e palestinesi, la lotta non violenta dei rabbini per i diritti umani che sostengono e accompagnano famiglie e villaggi beduini minacciati, il rifiuto alle armi di alcuni giovani israeliani che preferiscono la prigione all’uccisione, l’impegno delle chiese cristiane nel dialogo con ebrei e mussulmani…»
......
In questi giorni ricorrono i 100 anni dellaradio . A differenza dei rispett a vari bla.. bla ... bla che sentiamo in tv o sui giornali non saprei cosa dire lascio che a parlare per me ed a testimoniare di come la radio nonostante i. cambiamenti epocali a ci essa a dato origine e partecipato sia ancora viva ed infliuisca sulle nostre vite e creazioni , sono ( io ne ho trovato solo tre magari ci saranno altre , se le avete segnalatemele nei commenti o qui sulle appendici social )
A vestire i panni dell'indagatore dell'incubo Lino Guanciale, che insieme ad un eccezionale cast di doppiatori propone un medley delle sceneggiature a fumetti più iconiche di Dylan Dog : Grand Guinol e Ghost hotel firmate da Tiziano Sclavi, riadattate per l'occasione. IL che dimostra che la radio ha ancora la si ascolti in internet \ cellulare , dalla macchina , dalla tv , dallo stereo , radio è un mezzo che lascia molt o spazio all'immaginazione e alla fantasia e ti fare certi viaggi con la mente più che le droghe ed i paradisi artificiali oltre che di denuncia politico sociale da : Radio Sardegna che fu la prima radio libera in Italia dopo venti anni di dittatura.
Nacque a Bortigali nel 1943 ed è stata la prima radio al mondo ad annunciare, da Cagliari il 7 maggio 1945, la fine della guerra in Europa. radicalle radio dei movimenti e delle battagli e civili degli anni 60\80 ( radio alice del movimento del 77 ,radio out di peppino impastato , radio sherwood dei centri sociali del nord est , radio gap del movimento no global genova2001 , radio radicale , ecc ) e tutte le altre radio private e locali
30.9.24
Cosa è il sionismo e perché essere critici? E poi quali sarebbero le idee di Segre e Crosetto da “odiare”?
Antonio DeianaProviamo a rispondere
Cosa è il sionismo e perché essere critici?
E poi quali sarebbero le idee di Segre e Crosetto da “odiare”?
26.5.24
non tutti gli ebrei sono sionisti come i palestinesi sono tutti hamas . Giovani attivisti israeliani e statunitensi davanti al consolato degli Stati Uniti a Gerusalemme e chiedono stop al genocidio
“Non siamo criminali come i nostri leader”
- Il Fatto Quotidiano
- »
Elena Colonna GERUSALEMME
“Israele, Stati Uniti, quanti bambini avete ucciso oggi?” gridano una trentina di giovani attivisti israeliani e statunitensi davanti al consolato degli Stati Uniti a Gerusalemme, la mattina di venerdì 24
maggio, “Che cosa vogliamo? Un cessate il fuoco. E quando lo vogliamo? Adesso”. Alcuni di loro sventolano uno striscione su cui c’è scritto “Stop al genocidio”, mentre altri si sono incatenati davanti all’ingresso del consolato. Appena mezz’ora dopo, gli attivisti vengono allontanati con violenza: alcuni vengono strattonati e spinti con violenza dalla polizia, che li trascina a forza lontano dal consolato e strappa i loro cartelli. Sette di loro, tra cui gli attivisti che si erano incatenati, vengono arrestati. “Non possiamo rimanere seduti a guardare i mucchi di corpi che si accumulano l’u- no sull’altro a Gaza” dice l’a ttivi sta Yahav Erez appena finito il sit-in, “noi cittadini, se non facciamo sentire la nostra voce, siamo criminali come i nostri leader. Sono i soldi delle nostre tasse, è nel nostro nome”.“Adesso che ci sono dei mandati di cattura della Corte Penale Internazionale (contro Netanyahu e Gallant) forse gli Stati Uniti ci penseranno due volte prima di finanziare ed essere complici di ciò che sta succedendo, ma anche noi dobbiamo farci sentire”.
A opporsi alla guerra a Gaza, spiegano gli attivisti, è una minoranza della società israeliana. “Siamo una minoranza nella minoranza a chiedere il cessate il fuoco e per questo subiamo la violenza non solo della polizia, ma anche dai passanti” dice Maya, un’altra partecipante al sit-in davanti al consolato.
“Siamo convinti che sia cruciale che il mondo sappia che ci sono israeliani che sono contro quello che succede a Gaza e che vogliono che questa guerra finisca il prima possibile, e continueremo a lottare fino alla fine”, aggiunge M aya, che fa parte di “All That’s Left” e “Free Jerusalem”, collettivi impegnati contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi che negli ultimi mesi hanno organizzato varie azioni per protestare contro la guerra a Gaza. “Ma è molto difficile per noi fare parte della società israeliana in questo momento”. “Penso che alcune persone stanno iniziando ad aprire gli occhi” dice Yahav, “ma le persone che iniziano a porsi delle domande si sentono isolate”. “Viviamo in una società in cui chi mette in discussione quello che Israele sta facendo a Gaza, o ai palestinesi in generale, si sente dire che è pazzo. Per questo cerco di fare sentire la mia voce”. La situazione interna in Israele è, se possibile, ancora più tesa di quanto lo sia stata negli ultimi mesi, dopo l’ordine della Corte di Giustizia Internazionale di fermare la fine dell’offensiva a Rafah.
6.5.24
che ne dicono i nostri filo israeliani e i sionisti ?“Hamas ha ucciso anche i miei genitori Ora chiedo solo un accordo per la pace” NON AVEVA MAI FATTO POLITICA, OGGI GIRA I PUB E LE SINAGOGHE INGLESI CON UN PALESTINESE
fonte il fatto quotidiano del 6\5\2024
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Insieme Magen Inon con la madre Bilha e il padre Yakov, uccisi da Hamas il 7 ottobre scorso nel villaggio di Netiv Haasara |
Beh, diciamo che quelli a cui non piaccio non mi invitano.
Come valuta i dati che parlano di un enorme aumento dell’antisemitismo?Antisemitismo e islamofobia sono fenomeni gravi e reali. Ma i media enfatizzano anche episodi minori: un manifestante che indossa la kefiah e grida ‘Palestina libera’ non sta necessariamente invocando la distruzione di Israele. Magari sta solo esprimendo la sua solidarietà per la sofferenza dei palestinesi.
Un mese fa lei ha rivolto un appello ai Paesi del G7, e in particolare alla presidenza italiana.Sì, e lo scorso mese una nostra delegazione ha avuto un incontro al ministero degli Esteri a Roma. Chiediamo al G7 di fare pressione per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, che sono la priorità. E poi la creazione di un soggetto multinazionale che lavori ad una soluzione politica a lungo termine, e il coinvolgimento della società civile nella creazione di una volontà politica di pace. Non siamo un partito, ma un movimento in crescita: il 1° luglio lanceremo la nostra piattaforma nel maggiore stadio israeliano.Ma come pensate di convincere il governo Netanyahu e Hamas?
Non faccio politica, ma è evidente che la via militare non sta funzionando, e che Israele è ancora meno sicuro. Quando mi accusano di essere naïf, sorrido: tutti i conflitti della storia alla fine si sono conclusi. Ma gli interlocutori, da entrambe le parti, non possono essere ’’ quelli al potere ora: bisogna aprire a una coalizione che includa anche i Paesi arabi. Nel 1977 il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin illustrarono insieme alla Knesset i loro piani per gli accordi di Camp David. Begin disse: “La storia ci insegna che la guerra è evitabile, la pace inevitabile”.
Però il moderno stato di Israele basa molto della sua economia sull’industria della sorveglianza e delle armi, entrambe sviluppate e testate grazie all’occupazione. Ha davvero interesse alla pace? È verissimo, in gran parte è così. Ma mio padre era una agronomo, e ha selezionato una variante di sesamo, una di anguria, una di grano, che ora portano il suo nome, e che possono crescere praticamente ovunque, rivoluzionando la produzione. La ricerca israeliana è anche questo.
Cosa le hanno lasciato i suoi genitori?Per tutta la sua vita adulta mio padre ha coltivato il deserto. Mi ha insegnato la quieta fiducia che, se fai tutto bene, se concimi nel modo giusto, e pianti i semi al momento opportuno, anche il deserto porta frutti. E questo dipende da te. Poi devi sperare che piova. Sperare malgrado la siccità. Fiducia nel lavoro, e speranza. Mia madre era una insegnante di arte alla scuola materna. Da lei ho imparato che la Bellezza si crea anche dagli scarti.
31.3.24
Israele, polemiche per lo scatto di una vittima di Hamas che vince il premio "Foto dell'anno" -
Apprendo internet stamattina leggo che una foto del 7 ottobre 2023 Sta suscitando polemiche in Israele. il premio vinto dal fotografo palestinese Ali Mahmoud ( foto sotto a destra ) per la foto ( foto al centro )
4.12.23
ancora per quanto tempo dovremo leggere storie come queste “Voleva solo fare musica”: se ne va anche Yonatan, il dj rapito da Hamas o di vittime dei bombardamenti israeliani
entrambe vittime della follia della guerra a tutti i costi . Quando il terrrismo si può combattere in altri modi . Cosi si crea un circolo vizioso e lo si alimenta di più .
È morto a Gaza Yonatan Samerano, 21 anni di Tel Aviv, preso in ostaggio da Hamas dopo essere stato ferito durante l’attacco del festival Nova a Re’im il 7 ottobre.

La famiglia della vittima è stata informata dalle autorità israeliane. Samerano stava partecipando come Dj al rave vicino a Re’im la mattina dell’attacco ed è fuggito nel vicino Kibbutz Be’eri dove è stato ferito e rapito. «Jonathan era un ragazzo magico, circondato da amici, un Dj che voleva solo fare musica, crescere, essere felice e viaggiare. Aveva tanti sogni», hanno detto i membri della sua famiglia. Jonathan ha lasciato i due genitori, Kobi e Ayelet e un fratello, Yair.
Leggi anche: La mamma di Noa, rapita da Hamas: “Ho un cancro in stadio terminale, fatemi riabbracciare mia figlia”
Leggi anche: Hamas diffonde video del padre di Kfir che apprende della sua morte e accusa Netanyahu:”Hai bombardato la mia famiglia”

I raid israeliani nel sud della striscia di Gaza
Intanto, la notte fra il 3 e il 4 dicembre è stata una notte di pesanti bombardamenti israeliani anche al sud della striscia, preparando il terreno a una nuova incursione di terra, come riportato dall’Idf. Lo ha confermato domenica pomeriggio uno dei portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, che in una conferenza stampa ha detto che Israele sta ampliando le operazioni miliari contro Hamas «in tutta la Striscia di Gaza».
Nella notte almeno 13 persone sarebbero morte in raid su un edificio residenziale vicino Rafah e presso l’ospedale di Jabalia, secondo fonti palestinesi citate da Al Jazeera.
27.10.23
Omer e Omar, uno israeliano, l’altro palestinese: così la guerra (anche sui social) lega il destino di due bambini uccisi vicino al confine
di Enrico Franceschini
ottobre da Hamas, il secondo è rimasto sepolto sotto la casa che gli è crollata addosso colpita da un missile israeliano. E in Rete c’è chi ha trasformato le loro tragiche storie in propaganda
I nomi scritti sulle gambe, a Gaza le madri preparano il riconoscimento dei figlidi Sami al-Ajrami La strage dei bambini: sono il 40% dei morti

DEIR AL BALAH – Il 40% delle vittime dei bombardamenti su Gaza sono minori. Lo dice l’Unicef, non il locale ministero della Salute controllato dal governo di Hamas. Il numero dei giovanissimi morti è agghiacciante: 3mila vittime.
Le si vede arrivare in ospedale con i nomi scritti sulle gambe o sulle braccia dai loro genitori: affinché possano essere riconosciuti e non finiscano seppelliti semplicemente con un numero sul lenzuolo. Muoiono o vengono feriti mediamente 400 minori ogni giorno. «Pensano che siano i bambini il nemico? Sono forse loro i responsabili delle uccisioni e dei rapimenti?», è una frase che si sente ripetere davanti ai corpicini nelle camere mortuarie.
I bimbi che sopravvivono sono intontiti dalla paura, scioccati dalla perdita dei familiari e dalla devastazione di tutto ciò che conoscono. Così, proprio per salvarli, nelle ultime ore, si sta assistendo a un fenomeno nuovo qui nell’aria meridionale della Striscia di Gaza, dove Israele continua a bombardare pesantemente pure le zone a Sud del Wadi Gaza nonostante le avesse indicate come sicure. Intere famiglie abbandonano villaggi e rifugi e, come già accade a nord, vanno ad affollare le aree degli ospedali.
Nella sola giornata di ieri sono state centinaia le persone rifugiatesi nei pressi dell’ospedale al-Aqsa di Deir al Balah: occupando in poche ore tutto lo spazio disponibile con materassi accatastati e tende fatte di tappeti e di stracci. «Forse bombarderanno pure qui», dice Abu Ali Issa, arrivato da Bureij, un piccolo campo profughi vicino: «Ma almeno l’ospedale sarà l’ultimo posto che prenderanno di mira».
E si osserva anche un altro cambiamento: contrariamente a quanto le famiglie hanno fatto finora, riunirsi tutte insieme in un unico luogo, secondo tradizione nei momenti di crisi, cominciano a dividersi in rifugi diversi, sperando che così sopravviva almeno qualcuno. I bombardamenti hanno infatti già troppe volte cancellato interi nuclei, uccidendo fino a 30, 40 membri di un solo clan. Così mentre gli adulti continuano ad arrangiarsi dove e come possono, anziani e bambini – questi accompagnati da un solo adulto - vengono smistati nei pressi degli ospedali nell’area centrale di Gaza. O nelle scuole che l’Unrwa, ha qui in meridione: con buona pace del fatto che pure le risorse dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi sono agli sgoccioli. E a Nord lo hanno detto chiaro ai profughi ospitati nei loro rifugi: “Non siamo più in grado di garantirvi la protezione delle Nazioni Unite”.
A dilaniare questi bambini ci sono poi le ferite dello spirito. Stringe il cuore ascoltare quelli che ripetono continuamente il nome di mamme, papà, fratelli o sorella appena morti. O piangono disperati, implorando di essere riportati in una casa quasi certamente distrutta. Mentre i più grandi usano la parola morte come fosse normale alla loro età, anche parlando dì sé stessi: “Se non muoio vorrei...”. Qui all’al Aqsa Hospital c’è Salma, bambina di nove anni, costretta a crescere in fretta: è sola a prendersi cura dei fratelli di 5 e 2 anni. La mamma e la sorella sono all’interno dell’ospedale, ancora vive ma gravemente ferite, mentre i tre piccoli sopravvissuti dormono all’esterno con altri bambini. Il resto della famiglia, è morta sotto le bombe.
C’è poco per aiutare i più traumatizzati a superare il terrore che ormai li rende apatici e inappetenti e gli fa bagnare il giaciglio di notte anche se non sono più piccoli. Le ong che si occupavano di minori sono allo sbando, non più operative. Ma assistiamo sempre più spesso alle azioni straordinarie di volontari giovanissimi, spesso adolescenti, poco più grandi dei ragazzini di cui si prendono cura. Alcuni sono sportivi che improvvisano per loro giochi di squadra. Oppure studentesse sempre pronte a raccontar favole o a farli cantare. Capaci di trasformare un filo per la biancheria in una corda da saltare. Cartoni da imballaggio in un mini villaggio. E a riciclare ogni foglio per farli disegnare. I piccoli si stringono a ogni possibile oggetto con cui giocare, sapendo di poterlo brutalmente perdere domani.
Intanto, nei campi e nei rifugi le madri cercano di conservare ancora un po’ di decoro strofinando il viso, le mani, i denti dei piccini quotidianamente, spesso solo con uno straccio un po’ umido perché l’acqua è carente. E provano a fargli anche un po’ di scola, tracciando lettere dell’alfabeto per terra. «I miei figli dormono al freddo e in luoghi sudici, sono tutti malati» dice Jannat mentre i suoi tre maschietti si rotolano sui materassi della tenda piazzata in gran fretta nel campo profughi di Kahn Younis. «Dove sono i diritti umani dei miei figli?»
(testo raccolto da Anna Lombardi)
“Hamas non ha ucciso”. La fabbrica trasversale del complottismo italiano

le paure ed i dubbi inutili , insieme al complottismo e disinformazione fanno aumentare le opposizioni alla donazione di organi
E' notizia di questi giorni che : << Le opposizioni alla donazione degli organi continuano ad aumentare Da gennaio il 4...

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