21 Giugno 2022 Scritto da Daniele Grasso
Da 20 anni le parole di don Oreste guidano le attività della cooperativa siciliana che dà lavoro e senso di comunità, condividendo con ragazzi disabili o segnati da percorsi di violenza.
Venti anni sono un traguardo importante. Ancora di più se raccontano le attività di una cooperativa nata in una regione dove il tasso di disoccupazione è tra i più alti d’Italia. Inoltre nella provincia di Catania ci sono 2 istituti penitenziari minorili (sono 20 in tutta Italia), indice di una terra fortemente segnata dalle devianze dei più giovani
In questo contesto la missione della cooperativa Rò la Formichina non è solo dare risposte lavorative laddove scarseggiano, ma proporre un nuovo significato per la parola rispetto che da “non farsi mettere i piedi in testa” si evolve in “riconoscere l’altro, anzi custodirlo”, addirittura “farsene carico”.
Incontrare questo senso profondo di comunità, dove quando uno è in difficoltà tutti aiutano, è una scoperta rivoluzionaria per i ragazzi con un passato violento.
Ragazzi che arrivano dagli istituti penitenziari, e si trasformanoMarco Lovato, responsabile della cooperativa, racconta: «Ci spiegava Don Oreste che il lupo, vedendo che San Francesco guarda al suo cuore e non ai suoi denti, decide di aprirsi e parlare anziché attaccare. Noi lo sperimentiamo nella metamorfosi dei ragazzi arrivati dagli istituti penitenziari dopo questa esperienza di condivisione con i disabili».
La cooperativa è nata su questa intuizione con 3 persone: Alberto, il responsabile, un ragazzo in alternativa carcere e uno disabile. Ora ci sono 18 persone nel Centro Diurno, 8 nel laboratorio di falegnameria e 8 nel laboratorio di apicultura, oltre a un palmares di decine di tirocini attivati per ragazzi provenienti da entrambi gli istituti penitenziari minorili della provincia.
Rò la Formichina è riuscita a crescere in questo contesto difficile proprio grazie alla condivisione.
Fa parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, ed è consorziata con altre cooperative sociali che condividono la stessa vocazione. Ha un forte legame con il territorio (sia con le istituzioni e i servizi, sia con la Chiesa locale) e molti amici e i sostenitori.
La definizione più bella è quella data dai ragazzi stessi: «La cooperativa è un posto in cui ci si vuole bene».
Perché si chiama “Rò la formichina”Il nome Rò la Formichina viene da Rosario, un ragazzo scomparso inaspettatamente a 14 anni a causa di una grave malformazione interna. Formichina perché la forza che hanno le formiche di portare ben oltre il proprio peso racconta la forza del farsi carico delle difficoltà degli altri.
Le attività principali sono il centro diurno, il laboratorio di falegnameria e quello di apicoltura, dove si impara dagli insetti il senso di comunità, i ritmi e le regole della natura. Sul sito www.rolaformichina.it trovate in vendita i prodotti dei due laboratori oltre ai video, la storia, e tutte le informazioni sulla cooperativa.
Da 20 anni le parole di don Oreste guidano le attività della cooperativa siciliana che dà lavoro e senso di comunità, condividendo con ragazzi disabili o segnati da percorsi di violenza.
Venti anni sono un traguardo importante. Ancora di più se raccontano le attività di una cooperativa nata in una regione dove il tasso di disoccupazione è tra i più alti d’Italia. Inoltre nella provincia di Catania ci sono 2 istituti penitenziari minorili (sono 20 in tutta Italia), indice di una terra fortemente segnata dalle devianze dei più giovani
In questo contesto la missione della cooperativa Rò la Formichina non è solo dare risposte lavorative laddove scarseggiano, ma proporre un nuovo significato per la parola rispetto che da “non farsi mettere i piedi in testa” si evolve in “riconoscere l’altro, anzi custodirlo”, addirittura “farsene carico”.
Incontrare questo senso profondo di comunità, dove quando uno è in difficoltà tutti aiutano, è una scoperta rivoluzionaria per i ragazzi con un passato violento.
Ragazzi che arrivano dagli istituti penitenziari, e si trasformanoMarco Lovato, responsabile della cooperativa, racconta: «Ci spiegava Don Oreste che il lupo, vedendo che San Francesco guarda al suo cuore e non ai suoi denti, decide di aprirsi e parlare anziché attaccare. Noi lo sperimentiamo nella metamorfosi dei ragazzi arrivati dagli istituti penitenziari dopo questa esperienza di condivisione con i disabili».
La cooperativa è nata su questa intuizione con 3 persone: Alberto, il responsabile, un ragazzo in alternativa carcere e uno disabile. Ora ci sono 18 persone nel Centro Diurno, 8 nel laboratorio di falegnameria e 8 nel laboratorio di apicultura, oltre a un palmares di decine di tirocini attivati per ragazzi provenienti da entrambi gli istituti penitenziari minorili della provincia.
Rò la Formichina è riuscita a crescere in questo contesto difficile proprio grazie alla condivisione.
Fa parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, ed è consorziata con altre cooperative sociali che condividono la stessa vocazione. Ha un forte legame con il territorio (sia con le istituzioni e i servizi, sia con la Chiesa locale) e molti amici e i sostenitori.
La definizione più bella è quella data dai ragazzi stessi: «La cooperativa è un posto in cui ci si vuole bene».
Perché si chiama “Rò la formichina”Il nome Rò la Formichina viene da Rosario, un ragazzo scomparso inaspettatamente a 14 anni a causa di una grave malformazione interna. Formichina perché la forza che hanno le formiche di portare ben oltre il proprio peso racconta la forza del farsi carico delle difficoltà degli altri.
Le attività principali sono il centro diurno, il laboratorio di falegnameria e quello di apicoltura, dove si impara dagli insetti il senso di comunità, i ritmi e le regole della natura. Sul sito www.rolaformichina.it trovate in vendita i prodotti dei due laboratori oltre ai video, la storia, e tutte le informazioni sulla cooperativa.