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DI ALBERI, CANI E BAMBINI © Daniela Tuscano

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Fa pena Spelacchio, l'abete rosso che illumina (si fa per dire) il Natale di Roma, giunto agonizzante alla mèta e dichiarato ufficialmente morto. Per taluni i suoi rami poco fronzuti sono un'allegoria del degrado in cui versa la capitale. In realtà quel simulacro di natura non rappresenta altro che se stesso, ed è già troppo. La sofferenza di Spelacchio, il suo grido muto , rimbombano nel pensiero, strazianti e insopportabili. Non c'è mai stata pietà per l'abete piangente, come non ce n'è per i suoi compagni di sventura, all'apparenza floridi, che adornano le piazze del mondo. Anch'essi, dopo il fulgore delle feste, giungeranno esausti al macero e nessuno vi baderà più. Nessuno ha mai badato nemmeno a Bruno, un cagnone di nove anni che un manto l'aveva, soffice e inutilmente copioso. Numerosi fruitori di social network ne avevano condiviso più volte la fotografia. Ma lo sguardo dolcissimo di Bruno, alla fine, s'è arreso. È morto là dov'era nato