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1.9.24

uno degli inventori dello sport e dei giochi paraolimpici era il reduce della II guerra mondiale Giovanni pische

Giovanni Pische al centro in carrozzina, Gianni Minà è il primo a sinistra


Oggi voglio  raccontare    tra le  storie olimpiche  ( ma  non solo  ) .  Purtroppo  in quanto l'articolo   della  nuova sardegna  odierna    in cui  si parla    di  lui ,    nella    online  è  a  pagamento  ,    e non  ho voglia  di € per un articolo   quando  se  ne  parla  in altri siti . Comunque  polemica  a    a  parte  è  grazie   al web   che   ho  scoperto  anzi  riscoperto     in quanto    ne  avevo sentito  parlare    da  bambino    in famiglia   ed   letto   qualcosa  quando  s'inzio   a parlare    di queli che ora  sono  , anche se  anncora   c'è molta  strada  da  fare     , dei giochi paraolimpici . 

  da    <<  Giovanni Pische maestro di vita >> di lacanas.it 


Egli    fu   un  maestro di vita. Con queste parole il noto giornalista Gianni Minà definiva Giovanni Pische. Manon solo Minà, tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo hanno potuto apprezzare le sue doti umane.

Giovanni Pische nasce a Santu Lussurgiu nel mese di febbraio del 1921. Da ragazzo impara a nuotare nel rio Sos Molinos (in su foiu de tiu Pane Dente), e gioca come portiere nella locale squadra di calcio. Un ragazzo pieno di vitalità e di amicizia per tutti, giovani e vecchi.
A diciott’anni si arruola nell’Aeronautica Militare e partecipa alla seconda guerra mondiale come marconista di bordo. Il 14 giugno del 1943 il suo aereo viene abbattuto in un conflitto con due caccia inglesi. Si ritrova così in mare, ferito, aggrappato all’ala del suo aereo. Per sei ore lotta tra le onde, in quell’acqua che era da sempre il suo elemento vitale, sino a quando alcuni pescatori di Carloforte lo traggono in salvo.

Giovanni Pische sopravvive ma le ferite riportate lo rendono paraplegico, costringendolo sulla sedia a rotelle per tutto il resto della sua vita. Inizia una lunga serie di cure e trasferimenti da un ospedale all’altro sino ad approdare alla clinica Santa Lucia di Roma. Qui inizia una seria terapia riabilitativa e riprende a nuotare.
Nel 1961 partecipa ai Giochi Internazionali di Stoke Mandeville dove conquista una medaglia d’oro. Tre anni più tardi conquista una medaglia di bronzo alle Olimpiadi per paraplegici di Tokyo in seguito alla quale viene insignito dell’onorificenza di Gran Cavaliere della Repubblica.
Ma nella vita di Giovanni Pische non c’è solo lo sport. Al primo posto mette sicuramente l’impegno a favore delle persone sfortunate come lui (fu il fondatrore dell’Associazione nazionale tutela handicappati e invalidi). Ludwig Guttmann, creatore del Centro per le malattie spinali di Stoke Mandeville (Inghilterra), lo vuole nel Consiglio mondiale dello sport per paraplegici. Grazie alle sue tante battaglie civili i disabili possono oggi guidare l’automobile. Con l’aiuto di altre persone e di  qualche politico Giovanni Pische è riuscito a portare lo sport per diversamente abili in Sardegna.


Altro interesse di Giovanni Pische era la poesia. Nella sua vita, terminata immaturamente a sessantasei

anni ha scritto numerose poesie, alcune delle quali raccolte e pubblicate da Gastaldi Editore in un volumetto dal titolo ”Gocce del mio sangue”.
Nel 1999 Santu Lussurgiu ha voluto perpetuare la memoria di Giovanni Pische intitolandogli la nuova palestra comunale. La cerimonia di inaugurazione ha visto tra gli altri la presenza di Gianni Minà, grande amico di Pische, e Carmelo Addaris atleta paraplegico di Cagliari plurimedagliato alle Olimpiadi per paraplegici di Toronto nel 1976, anche lui amico di Giovanni.
Nel 2000 l’Associazione Culturale Elighes Uttiosos di Santu Lussurgiu ha raccolto e pubblicato altre sue poesie nel libro ”Sul Sentiero delle Stelle”, titolo tratto da una delle sue più belle poesie: L’approdo.Anche se la maggior parte della sua vita è trascorsa lontano dalla Sardegna, non ha mai dimenticato la sua terra e tornava frequentemente a Santu Lussurgiu, alla casa dei suoi genitori in Sa Carrela ’e Nanti, dove amava assistere come faceva da bambino alle corse dei cavalli carnascialesche. Quest’uomo, Giovanni Pische, questo maestro di vita, questo poeta, questo sportivo, forse sconosciuto alla maggioranza dei sardi, merita un posto tra i sardi illustri, tra quelli che si sono distinti nella loro vita per l’impegno sociale a favore degli altri, dei più sfortunati, per il suo impegno nello sport come atleta, come dirigente e organizzatore, nella cultura con la sua poesia e con la sua prosa fatta di racconti autobiografici, per i suoi rapporti umani con tutti, dai più grandi ai più umili.Nel suo racconto L’aquilotto ferito scritto nel ’49, narra i tragici momenti del suo ferimento: ”Il fedele aereo, benché anche lui  ferito a morte, lottava nell’azzurro spazio, voleva a tutti i costi ritornare al suo nido, e riportare l’aquilotto nella sua patria per ridargli la vita. (…) Quando tutto sembrava perduto e lentamente s’inabissava nei flutti, urtò in qualcosa di duro, istintivamente si aggrappò e fu la sua salvezza. Il fedele aereo ancora una volta gli diede aiuto, gli porse la sua ala infranta, gli ridonò la vita.(…)  – Coraggio, aquilotto ferito, mio fedele amico non disperare, tutto non è ancora perduto se in te rimane la fede.-  (…) L’aereo lentamente si inabissò nei flutti solo l’ala galleggiò ancora per ridare alla vita, alla sua terra il giovane aviatore. (…)
Giovanni Pische è morto a Bordighera nel 1987 e riposa nel cimitero di Santu Lussurgiu, il suo paese natale.

La  sua memoria  è  ancora  viva  .  in quanto   dalle memorie  dei nonni e  prozii   oltre   che  quelle  dei  miei   genitori    ne deduco    che  Giovanni Pische amava la vita anche se il destino gli aveva riservato un tiro mancino. Era un uomo di grande spirito, risoluto, con una straordinaria energia vitale.  Infatti leggo  su  

 l'unione  sarda 24 luglio 2024 alle 17:38

Il suo candido sorriso è un ricordo indelebile che affonda nei cuori dei Lussurgesi e di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Sebbene fosse costretto tutta la vita in carrozzina, per un incidente aereo durante la seconda guerra mondiale, Pische aveva sempre un sorriso da regalare a tutti, un sorriso pieno di speranza, che infondeva coraggio.Era un grande atleta, un ottimo nuotatore. Proprio grazie alla terapia riabilitativa alla clinica Santa Lucia a Roma affinò la sua abilità acquatica che gli fece vincere i Giochi Internazionali di Stoke Mandeville in Inghilterra nel 1961 e tre anni più tardi il bronzo alle Paralimpiadi di Tokyo (1964), per cui ottenne il titolo di Gran Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi.La sofferenza gli è stata sempre accanto però mai ha intaccato il suo spirito volitivo, il suo sorriso e le sue opere in favore dei più deboli di questa società che non aspetta chi ha difficoltà. La sua è una storia fatta di impegno verso gli altri e orientata al recupero dei disabili attraverso lo sport ma non solo. La sua figura rimarrà per sempre impressa nella comunità lussurgese, che infatti lo ricorderà venerdì 26 luglio nel centro di Cultura Popolare alle 18.30, attraverso le pagine del bel libro “Giovanni Pische, eroe, atleta, maestro di vita”, scritto a quattro mani da due lussurgesi che sempre lo hanno serbato nel cuore: Bachisio Serra e Francesca Manca. È un'antologia di ricordi, articoli di giornale, racconti degli amici e delle toccanti testimonianze degli atleti che sono stati cresciuti da Pische nel centro di Santa Lucia a Roma: Giuseppe Trieste, Claudio Tombolini, MariaPia Vezzaro e Roberto Valori.Una vita al servizio degli altri, un impegno sociale di grande valore e poca pubblicità. Se i paraplegici oggi possono guidare l’automobile è merito suo. Pische fu il fondatore dell’Associazione nazionale tutela handicappati e invalidi. Ludwig Guttmann, creatore del Centro per le malattie spinali di Stoke Mandeville, lo volle fortemente nel Consiglio mondiale dello sport per paraplegici. Con l’aiuto di uomini e di alcuni politici illuminati Giovanni Pische riuscì a portare lo sport per diversamente abili anche in Sardegna. Gianni Minà, suo grande amico, ricordava di lui: «ci insegnò ad avere interessi per quella che non doveva essere una vita banale. Un maestro di vita, è stato un italiano importante, un vero italiano di cui andare orgogliosi». Non solo Minà, tutti quelli che lo hanno conosciuto hanno potuto apprezzare le sue incomparabili doti umane.I due autori hanno voluto perpetuare la sua memoria intitolandogli la nuova palestra comunale nel 1999 quando erano amministratori del Comune. La cerimonia di inaugurazione vide, tra gli altri, la partecipazione di Gianni Minà e di Carmelo Addaris, atleta paraplegico di Cagliari plurimedagliato alle Olimpiadi di Toronto nel 1976, grande amico di Pische.