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15.8.22

Cristina nuti wonder woman all'italiana

CRISTINA NUTI

Il dolore alla gamba. La fatica a camminare. La diagnosi di sclerosi multipla. «Ci sono giorni migliori e altri in cui mi sento un carretto». Be’, questo carretto ha fatto un Ironman. Grazie (anche) ad Alex Zanardi

  settimanale  Oggi   Fiamma  Tinelli 


La prima volta che Cristina Nuti si è chiesta dove fosse finita la sua gamba sinistra era l’estate del 2008. Aveva 36 anni, era in vacanza sul Mar Rosso, mentre faceva il bagno si è accorta che dall’anca alla caviglia non sentiva nulla. Solo un formicolio. E, sotto, il dolore. «Mi sono preoccupata, ma pensavo

fosse un’ernia, un nervo schiacciato». Una volta tornata in Italia, la diagnosi le è piombata addosso mentre era seduta davanti a un neurochirurgo: sclerosi multipla recidivante-remittente. Traduzione: oggi cammini, domani non si sa. Nessuno può prevederlo. Il 3 luglio Cristina - milanese, marketing manager - ha completato il suo primo Ironman, l’Everest del Triathlon: 3,8 km a nuoto, 180 in bicicletta, una maratona di 42 km. «È stata dura, in confronto agli altri sono un carretto, ma ce l’ho fatta».La soddisfazione è tanta, ma non è questo il punto. Il punto è che scoprirsi malata, dice, ha cambiato il suo modo di guardare alla vita.I primi tempi sono stati duri. I medici le dicevano di non affaticarsi. «Mi spiegarono che la sclerosi multipla è una malattia autoimmune, subdola, che danneggia il sistema nervoso centrale e può determinare una disabilità progressiva. Le parole mi rimbombavano nella testa». “Disabilità”. “Progressiva”. Dopo una settimana in ospedale, Cristina è salita su un tapis roulant per mettere alla prova i muscoli. Inciampava ogni due passi, «un incubo». Per anni, in ufficio della sua malattia non ha detto niente. «Non mi piacciono gli sguardi di compassione, i “poverina”. Volevo dimostrare a me stessa di essere quella di sempre». E poi, quella di Cristina è una disabilità invisibile. Come lo spieghi che ci sono momenti in cui la testa va a mille ma il corpo non ce la fa? È come vivere nella Terra di mezzo: alle spalle c’è quella che eri, che si metteva i tacchi. Davanti allo specchio, una che soffre di dolore cronico e ogni tanto fatica a stare in equilibrio.

«Ce la caveremo», la incoraggiava sua mamma. E comunque, Cristina ha la testa dura. Ha due lauree (di cui una presa lavorando), ha cambiato vita, casa, lavoro, ha già ricominciato daccapo tante volte. Così, un giorno si è messa a studiare. Ha letto tutto quello che c’è sulla sua malattia, la genesi, la prognosi, i possibili sintomi più neri (elenco non esaustivo: tremori, disturbi alla vista, dolore parossistico, problemi intestinali, vescicali, alterazioni cognitive, spasticità). Sto male, ma c’è chi soffre più di me, si è detta. E ha deciso di mettersi alla prova.

All’inizio erano corsette da dilettanti, con un gruppo di amiche. Un chilometro, due, con le gambe che ogni tanto vanno, ogni tanto no. Poi ha cominciato con le gare. Ma la svolta è arrivata con Obiettivo 3, l’associazione fondata da Alex Zanardi per l’avviamento allo sport di atleti con disabilità. «Mi avevano invitata a un loro evento, c’era anche Alex. Mi ha abbracciata emi ha detto: “Grazie di essere con noi”. Mi sono sentita a casa». Sono stati i ragazzi di Zanardi a convincerla che non esiste una disabilità più

importante di un’altra. Che non c’è bisogno di dimostrare niente a nessuno, che ognuno ha la sua fatica, che non esiste una classifica della sfortuna. Ogni persona con disabilità fa quello che può, come può, «se ci stai provando hai già vinto». Da lì in poi, Cristina ci ha messo l’anima. In due anni ha corso nove maratone. La più bella è stata quella di New York, con i grattacieli che le sfilavano accanto. Quella di Roma non finiva mai, ma lei si è detta: piuttosto cammino, ma non mollo. Per farcela - anche quando il dolore picchia - ha elaborato due strategie, tutte di testa. La prima: «Mai pensare al traguardo, alla gara intera. Il prossimo ristoro è a 5 chilometri? L’obiettivo è quello, poi vediamo». La seconda: «Ogni tappa è dedicata a un amico. Penso a lui, a lei, rivedo i momenti passati insieme, ne immagino altri». Funziona. Quando qualcuno le ha proposto il Triathlon (nuoto più bici più corsa), Cristina s’è messa a ridere: fino a tre anni fa non sapeva nuotare. Ma mica si è fermata. È andata in piscina e ha detto all’istruttore: «Guardi che io sono una che se mette la testa sott’acqua vede i mostri marini». E si è tuffata. Per l’Ironman di Klagenfurt si è preparata per mesi. Un’ora e mezza di allenamento al giorno, di più nel weekend. La traversata del lago è durata due ore, il giro in bici sette, la maratona cinque. Dei primati, a Cristina non frega nulla. «Io sono fortunata, ci sono disabili che faticano ad arrivare dal divano al bagno: è il loro Ironman, anche loro vincono». La paura resta. Che il domani sia diverso, immobile. Quella che è cambiata è la testa. «Il mio prossimo traguardo è lavorare per l’inclusione. Far capire a tutti che la diversità non ha confini, solo nuovi blocchi di partenza». È la lezione di Alex. «E io lo so, lo sento, che lui tifa per noi».

13.7.22

Michele Agostinetto, 44 anni, di Treviso, ha iniziato il suo viaggio a maggio per raccogliere fondi per la ricerca sula sclerosi multipla

 riascoltando  un  classico   della musica  italiana   deglianni 90
In viaggio - Consorzio Suonatori Indipendenti - traccia 11 dell'album Ko de Mondo (1994).



  mi     è veuta  alla mente  questa  storia   letta  temo fa  


Agostinetto, duemila km a piedi
contro la sclerosi multipla

 corriee  della sera  
di Camilla Palladino

Michele Agostinetto, 44 anni, di Treviso, ha iniziato il suo viaggio a maggio per raccogliere fondi per la ricerca: «Sono stanchissimo ma soddisfatto

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Michele Agostinetto con Edward von Freymann (in carrozzella), il papà di Gaia, una delle due 16enni travolte e uccise a corso Francia (foto Giuliano Benvegnù)

Un itinerario composto da 87 tappe, per un totale di circa duemila chilometri a piedi. È l’impresa di Michele Agostinetto, trevigiano 44enne e affetto da sclerosi multipla, che lo scorso primo maggio si è messo in cammino per raccogliere fondi per la ricerca e per lanciare un messaggio di resilienza e di speranza diretto a chi, come lui, combatte contro la malattia neurodegenerativa.È partito da Valdobbiadene, in Veneto, città natale di suo padre. La destinazione è Santa Maria di Leuca, in Puglia, paese di origine della madre, che Michele conta di raggiungere il 22 agosto. Un «viaggio da sclero» (che è anche il nome del progetto) e una sfida fisica lunghi quasi quattro mesi. In questi giorni è arrivato a Roma, dopo essere entrato nel Lazio lo scorso 10 giugno e aver attraversato Civita di Bagnoregio, Montefiascone, Viterbo, Vetralla, Sutri, Campagnano di Roma e La Storta. Proseguirà passando per Castelgandolfo, Velletri, Cori, Sermoneta, Sezze, Priverno, Terracina, Fondi, Itri, Formia e Minturno, fino a sconfinare in Campania.A ospitarlo in zona Fleming mentre si trova nella Capitale è stato Edward von Freymann, il papà di Gaia, una delle due 16enni investite e uccise su corso Francia nel 2019. «Avevo comprato casa in questo quartiere dieci giorni prima della morte di mia figlia, proprio per starle più vicino. Ora voglio che sia un luogo di passaggio per trasformare il dolore in amore», spiega Edward. Il caso ha voluto che Michele venisse ospitato da un uomo costretto in carrozzina a seguito di un incidente stradale. «Guardo al futuro – sostiene Michele – so che un domani potrei ritrovarmi anche io su una sedia a rotelle. Con Edward abbiamo parlato soprattutto del problema delle barriere architettoniche in città».Michele lascerà Roma nella notte tra mercoledì e giovedì, dopo aver visitato il Campidoglio, fontana di Trevi, il Vaticano e il Parlamento. Ma le scene che gli resteranno più impresse sono il momento in cui nei pressi de La Storta è stato caricato da un gruppo di cinghiali, o quando alcuni agenti della Forestale l’hanno scortato a piedi per 22 chilometri per fargli compagnia e tenerlo al sicuro. «Nei primi mille chilometri percorsi ho incontrato persone meravigliose, Roma è il giro di boa. Sono stanchissimo – specifica – ma soddisfatto, perché ricevo tanti messaggi da persone che si sono rimesse in piedi dopo la diagnosi». I suoi occhi brillano mentre parla, è sorridente. Si soprannomina da solo «Forrest “Cramp”». Poi racconta la sua quotidianità: «Inizio a camminare alle 4 di mattina e mi fermo alle 10,30, percorrendo una media di 26 chilometri al giorno». L’orario è dettato dalla malattia. «Soffro il caldo 5 volte più degli altri – dice – e il mio cervello rischia di andare in tilt».La vita di Michele è cambiata nel 2020, quando gli è stata diagnosticata la malattia. A causa dei dolori fisici, ha dovuto chiudere il suo negozio di telefonia e informatica nel pieno della fase più critica della pandemia. Per un anno è stato costretto a muoversi solo con l’ausilio di stampelle e deambulatore, ma un giorno ha deciso di reagire. Ha iniziato ad allenarsi e a progettare il suo viaggio in solitaria, per dimostrare a se stesso e agli altri che poteva farcela. Chilometro dopo chilometro. Anche un’altra preoccupazione, tuttavia, l’ha spinto a partire: «Voglio visitare i luoghi che probabilmente non potrò mai più raggiungere in questo modo». In Puglia poi si ricongiungerà con la sua compagna di vita da 13 anni, Stella, e il suo cagnolino. «Loro sono un incentivo – conclude Michele – per arrivare fino in fondo»



Il viaggio di Michele, 2mila chilometri a piedi per combattere la sclerosi multipla  su fanpage  


31.1.16

Sclerosi: teoria Zamboni arriva su rivista specializzata Associazione CCSVI, 'una vittoria della libera ricerca medica'


Sclerosi: teoria Zamboni arriva su rivista specializzata
Associazione CCSVI, 'una vittoria della libera ricerca medica' Ansa  del 29 gennaio, 18:39

                                    Sclerosi: teoria Zamboni arriva su rivista specializzata


Per la prima volta una rivista specialistica sulla Sclerosi Multipla ha accettato un articolo sulla Ccsvi, l'Insufficienza venosa cronica cerebrospinale, che secondo il medico ferrarese Massimo Zamboni sarebbe correlata alla malattia. L'articolo, a firma dello stesso Zamboni e dell'anatomopatologo Massimo Pedriali, è stato pubblicato dal Journal of Multiple Sclerosis.
Gli autori passano in rassegna alcuni degli studi internazionali degli ultimi sei anni su questo tema, arrivando alla conclusione che "In questo momento limitazioni dell'imaging clinico della vena giugulare interna non permette di conoscere la reale prevalenza della Ccsvi nei pazienti con Sclerosi Multipla. Tuttavia gli aspetti patologici presentati rappresentano un interessante campo di ricerca".
Per l'Associazione CCSVI nella sclerosi multipla onlus, composta da malati e familiari di malati, questa "prima volta" della neurologia rispetto all'insufficienza venosa cronica cerebrospinale "rappresenta una vittoria della libera ricerca medica, dopo anni di irragionevole chiusura nei confronti di questa rivoluzionaria scoperta e concreta speranza per i 65 mila malati di sclerosi multipla solo in Italia".

12.6.13

Olbia Malata di sclerosi multipla, abbandonata dallo Stato

lo  che sono notizie  locali   ed all'ordine del giorno  in uno stato    che non rispetta le persone  e  taglia  ala  c...... per  non toccare  gli inutili  e  arcaici  privilegi  . ma  non riesco a smettere  d'indignarmi  
 dalla nuova  sardegna online  del  12\6\2013 


ARZACHENA. Barbara ha 18 anni, frequenta il liceo artistico di Olbia e da due anni convive con la sclerosi multipla. Al suo fianco la mamma, Anna Rita Demontis e il padre. Una convivenza con la malattia non facile. Un percorso in salita che spesso si scontra con la burocrazia, il sistema sanitario italiano, la freddezza dei numeri. In questi due anni mamma Anna Rita, bidella alla scuola media, ha usufruito dei benefici della legge 104. Per lei il diritto di assentarsi tre giorni al mese dal lavoro per accompagnare la figlia alle visite mediche. L’Inps dopo due anni ha levato questa possibilità alla mamma di Barbara. Secondo la commissione medica superiore che ha visitato la ragazza riconoscendole il 55 per cento di invalidità non ha più diritto al beneficio della legge 104. «Abbiamo scoperto la malattia di Barbara nel 2010 – racconta mamma Anna Rita –. Abbiamo presentato domanda di invalidità all’Inps. Ci è stato spiegato che fino ai 18 anni aveva diritto a un assegno di frequenza e alla legge 104, cioè alla possibilità per un familiare di assentarsi tre giorni al mese dal lavoro per accompagnarla alle visite mediche. Quest’anno ho ripresentato la domanda. Mia figlia è stata visitata prima dalla commissione medica locale che ha confermato purtroppo l’avanzamento della malattia. Barbara ha dei problemi alla vista, alle gambe. Poi dalla commissione medica speciale che ha assegnato a mia figlia una invalidità del 55 per cento e ci ha levato il diritto ai permessi dal lavoro retribuiti. Non le è stata riconosciuta la connotazione di gravità. Ho chiesto spiegazioni all’Inps. Mi hanno risposto che in base ai punteggi loro avevano elaborato quella valutazione».Anna Rita non ne fa una questione di soldi. Chiede solo di poter essere al fianco della figlia tre volte al mese senza rischiare di perdere il posto. «Io e mio marito lavoriamo – aggiunge la donna –. Non ci interessano assegni o contributi. Non è facile stare dietro a tutte le spese ma lo facciamo. L’unica cosa che non paghiamo sono le terapie mensili. Ma non importa. Purtroppo Barbara ha la sclerosi. Combattiamo contro la malattia, ma sappiamo che al momento ci sono solo cure palliative. Non capisco come l’Inps non riconosca la gravità di questa situazione e il diritto di una madre ad accompagnare la figlia alle visite. Già la prossima settimana per cinque giorni non potrò andare al lavoro. Barbara si diploma e ha gli esami. È la conclusione di un percorso non facile. Ma la scuola, i docenti, i compagni del liceo sono stati speciali con mia figlia. A ognuno di loro va il nostro grazie». (se.lu.)

12.11.12

quando l'ottimismo rovina tutto le dichiarazioni della Mantovani sulla ccsvi

Cara Nicoletta  
Nicoletta  mantovani  da www.repubblica .it
del 12\11\2012 
va bene che  sei vip  e hai  bisogno   di pubblicità   per  essere sempre  ala ribalta  e non essere dimenticata    in un mondo in cui l'informazione  è sempre  più veloce  , tanto  che  una news  data ora  fra  5\10 minuti   , se  non   si batte  il ferro  finché  è caldo, si   scompare  . Ma  ciò non dev'essere fatto  ,  credevo  lo sapessi visto  che hai lottato per  anni  a favore  del metodo Zamboni , creando  un forte rischio  di identificazione, nell'opinione pubblica, del problema Cssvi con la sclerosi multipla e di conseguenti facili entusiasmi su terapie "miracolose" hanno scatenato le polemiche che da sempre accompagnano il dibattito intorno al metodo sperimentato dal direttore del Centro malattie vascolari dell'università di Ferrara.
L'avere risolto  la  tua malattia  ( almeno  cosi  ti auguro  )  deve averti fatto  dimenticare   che   Lo stesso Paolo Zamboni, peraltro, anche in una recente intervista a repubblica, aveva messo in guardia rispetto alle speranze di soluzioni facili, ricordando che la Ccsvi è solo una delle possibili cause della sclerosi multipla, che non sempre è presente nei malati di sclerosi e che nella metà degli interventi mirati i casi di recidiva sfiorano comunque il 50%.
Quindi come  dice  la  repubblica online  d'oggi  :<< Davanti a un tema così delicato, la dichiarazione di Nicoletta Mantovani appare dunque un po' spiazzante persino rispetto alla prudenza dei medici che portano avanti il metodo di cura da lei seguito. >>
Ora   se   ci tieni alla  causa  e  non l'hai   opportunamente  calvalcata  ,  m'auguro  che  tenti di  gettare  acqua sul fuoco  a queste  tue dichiarazioni  . Altriementi  ha  ragione  stefania  calledda  ( http://www.stefaniacalledda.it/muliniavento ) quando  dice  


Vicenza - Ponte degli Angeli 11 Novembre 2012
Vicenza – Ponte degli Angeli 11 Novembre 2012

Giornata di M…: mi chiedo se sia peggio il Bacchiglione che esonda in più punti di Vicenza, con tanto di sirena in centro per l’evacuazione, lo stato di allarme cittadino, o la Mantovani che supera i limiti della decenza, vanificando un lavoro di anni per dare faticosamente un’informazione corretta, per costruire una certa credibilità, per riportare il dibattito a livello scientifico e non continuare a fare chiacchiere da bar sul tema della CCSVI. Il livello di conflittualità salirà, il lavoro dei ricercatori verrà turbato, il tutto a totale discapito dei pazienti.Mi sa che preferisco l’esondazione, ha fatto meno danni!