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13.8.24

[ Gli atleti italiani sono stati straordinari: la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport REPRISE ] Grazie compagno Velasco". I comunisti intruppano il ct azzurro

di cosa stiamo parlando
 Gli atleti italiani sono stati straordinari: la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport ed eviti la propaganda xenofoba e ultra nazionalista alla vanacci e company

Le olimpiadi    si lasciao   anchora  delle   scorie  polemiche    fra  chi accetta  un italia  multietnica   e  chi no  ,  e  sul  concetto    d'italianità  . Ora   sapete  tutti\e       che    detesto  tale  quotidiano   e  la  sua ideologia . ma  è  la  conferma  che  spesso nella  💩 ci posso  essere  delle perle . 
Stavoltà   anche  se  in parte   ha  ragione  .  Quidi   ques  articolo    conferma      , quello  che avevo già espresso chiaramente    nel post precedete  .finitela   di strumentalizzare  la  bellissima vittoria    e gli atleti  italiani 

ecco l'articolo    in questione  


Marco Leardi 13 Agosto 2024 - 16:35

"Grazie compagno Velasco". I comunisti intruppano il ct azzurro  L'assurda strumentalizzazione dell'ultrasinistra, che sui social celebra il ct argentino non come talentuoso allenatore ma come "militante comunista"



Hasta la victoria, "compagno Velasco". La strumentalizzazione politica dell'oro olimpico conquistato dall'Italvolley femminile non bastava. Così, dopo aver trasformato il trionfo azzurro in un fazioso spot a favore dello ius soli, la sinistra ha cercato di intruppare l'allenatore Julio Velasco erigendolo a novello emblema del comunismo vittorioso. Nelle stesse ore in cui i social traboccavano di messaggi riguardanti le imprese tricolori a Parigi, in rete sono infatti iniziati a circolare post che celebravano il ct argentino non per il suo talento sportivo ma per le sue idee politiche di gioventù, maturate peraltro in un periodo storico particolarmente complesso.
A diffondere tali messaggi di propaganda sono stati account di area antifascista, riconducibili all'ecosistema della sinistra militante. "Non tutti sanno.... Julio Velasco, antifascista, era iscritto al partito Comunista argentino. Oppositore del regime fascista di Videla e per questo perseguitato", si legge in uno di questi post, poi rilanciati a cascata e senza spirito critico, come spesso accade sui social. In effetti, in gioventù il dirigente sportivo fu presidente del comitato studentesco della sua facoltà e attraversò gli anni difficili della dittatura militare in Argentina, periodo durante il quale vide scomparire anche dei suoi amici. Ma azzardare un paragone tra quella antica militanza e l'attualità è un insulto all'intelligenza, oltre che un maldestro tentativo di connotare politicamente una vittoria sportiva.
"Grazie al compagno Julio Velasco. Professore di vita", si legge sull'account Facebook del Partito Comunista Italiano di Siracusa. Di colpo, al vittorioso allenatore argentino hanno tolto la casacca tricolore e appioppato l'eskimo: davvero curiosa la mossa dei compagni, che fino all'altro ieri nemmeno si erano accorti della presenza di Velasco sulla panchina delle azzurre dell'Italvolley. All'indomani dell'oro olimpico di Parigi, la reazione più naturale sarebbe stata quella di applaudire le capacità di un ct in grado di motivare le nostre atlete e di impostare una strategia vincente per il team azzurro femminile, mai arrivato così in alto nella sua storia. Invece no: a sinistra l'istinto è stato quello di trasformare il leader sportivo in un lider maximo in salsa antifascista.
Peccato però che lo stesso Velasco, intervistato a caldo dopo l'impresa olimpica, avesse smorzato ogni tentativo di strumentalizzazione politica. Interpellato dai cronisti sulle polemiche politiche sorte attorno ai Giochi, l'allenatore ha dichiarato: "La politica oggi è bianco o nero. Viviamo in un momento in cui tutti hanno subito un'opinione, anche se non sanno di cosa si tratta. Questo non mi appartiene". Al contrario, chi ha cercato di mettere di mezzo il comunismo non ha fatto altro che assecondare proprio lo schema manicheo criticato dallo sportivo, probabilmente con il condivisibile obiettivo di tenere lontana la politica spicciola da un'impresa storica che dovrebbe far gioire tutti. Senza distinzioni.

 il resto sono le  solite  fregnace  sovraniste       che    non sono degne  d'essere riportate  e  non meritano  nessun  ulteriore   coommento  a  quanto già detto    nel  post  precente vedre url  in cima  al  post   . 

9.8.24

Quarti per 20 volte: è lecito non riuscire a dire di aver vinto comunque



E' vero che ci sono quarti posti e quarti posti che hanno penalizzato la classifica del medagliere italiano . Ma sia 👍🏼❤  le dichiarazioni di Julio Velasco  (alenatore  della  squadra  femminile  di pallavolo)  l’ha fatta, anzi l’ha detta dopo la straordinaria semifinale vinta contro la Turchia.
E, non appena lo senti aprire bocca, capisci subito che stai per ascoltare qualcuno di completamente diverso per profondità, spessore, cultura, visione prospettica.

“Ci dobbiamo divertire e dobbiamo smetterla con questa storia dell’oro che manca, perché non se ne può più. Lo dico anche in difesa della squadra maschile.
Fa male alle squadre nazionali, fa male alla Federazione, fa male a tutti: è una filosofia di vita negativa.
Godiamoci il fatto che le nazionali italiani femminili, maschili, giovanili, sono sempre al primo livello e abbiamo una delle Federazioni più importanti del mondo. Guardiamo ciò che abbiamo, non sempre quello che ci manca.“
A 72 anni Velasco ha colto, in pratica, il senso di quello che un’intera generazione di atleti di vent’anni ci stanno ripetendo dall’inizio delle Olimpiadi e  che  i media   vedi le  polemiche   sullle  dichiarazioni   di cointentezza    fatte dalla  Pilato  per  il suo quarto  posto  E questo vale più di qualunque medaglia, qualunque colore sarà.


Seguiteda quelle     di 

 appoggia in pieno il discorso della nuotatrice Benedetta Pilato: Ha detto quello che avrei dovuto avere il coraggio di dire e fare anche io alla sua età. Avrei sofferto di meno e forse avrei vinto di più. Non c’è nessuna assoluzione in quelle parole. Io sono alla quarta olimpiade. 

Tesi che trovano conferma , anche  se  per  vie diverse  , da     quest articolo  del  quoti  diano  avvenire  

Chissà cosa ha pensato Domenico Acerenza quando ha picchiato la mano sul tabellone che metteva fine alla sua agonia. Cosa ha pensato quando ha realizzato che dopo aver nuotato per quasi due ore nella Senna infestata dai batteri senza fermarsi mai e senza mollare di un centimetro la scia dei migliori, la sua medaglia di bronzo è sfumata per 6 centesimi. Sei maledetti centesimi dopo 110 minuti di fatica immane, di acqua putrida in gola, di sogni e di progetti. Sì, perché anche senza essere nella testa altrui, è scontato che in dieci chilometri di fiume ci sia il tempo per riflettere. E per realizzare poi che basta un istante per azzerare tutto.Perché quarto è bello: significa che solo tre uomini al mondo sono più bravi e più veloci di te. Ma quarto, nello sport, non è come nella vita: il quarto è il primo dei non vincenti. E’ esattamente questo che ha pensato ieri sera Larissa Iapichino. Non è un’opinione, lo ha detto lei stessa. Chiaro e tondo: “Sono stata una scema…”. Quarta per pochi centimetri nella finale del salto in lungo. Possono bastare per essere duri con se stessi, perfino troppo. “Non posso essere contenta. La gara era alla mia portata - ha detto davanti ai microfoni – e sono stata scema a non approfittarne”.Difficile non comprenderla. Lo sport è un’avventura, è come leggere l’Odissea: si parte per un viaggio e si compie un tragitto, durante questo viaggio succedono le cose, c’è chi arriva alla fine più felice e c’è anche chi non riesce a farsene una ragione. O almeno non riesce a fingere che va bene così, che sarà per un’altra volta. Abbiamo applaudito Benedetta Pilato, le sue lacrime di gioia per aver sfiorato la medaglia di bronzo nei 100 rana di nuoto. Un centesimo appena, che per lei voleva dire comunque una vittoria. Brava Benedetta, così si fa. Ma non è una regola, non è giusto pensare che possa valere per tutti. E sono tanti in questa Olimpiadi. Tanti italiani, un numero mai visto prima: 20 per essere precisi.Diciannove quarti posti sinora, un record mondiale nel medagliere di chi si è fermato ai piedi del podio. Che bruciano, come quello di Nadia Battocletti che nei 5000 metri di atletica è stata addirittura medaglia di bronzo per più di un’ora, dopo la squalifica della keniota Kipyegon e prima che la giuria cambiasse idea. O come quelli di Simona Quadarella, che sono addirittura due, record dei record, quarta nonostante abbia fermato il cronometro con il record italiano sugli 800 stile libero di nuoto, e quarta anche nei 1500. E poi Massimo Stano (marcia), il canottaggio del 4 senza maschile, Alice D’Amato nell’all-around di ginnastica, Marsaglia e Tocci nei tuffi sincro da 3 metri, Cassandro nel tiro a volo, le ragazze dell’inseguimento a squadre di ciclismo su pista, ancora nei tuffi con la coppia Bertocchi-Pellacani, Alice Volpi nel fioretto, Luca Braidot nella mountain bike. E i quattro quinti posti, nel judo e nella boxe. Che di fatto, però, sono dei quarti posti perché judo e boxe assegnano due bronzi.“Perdere così fa male all’anima…”, disse una volta in un’altra Olimpiade, Petra Zublasing, posando la sua carabina. Non era il podio sfumato ad averla schiantata. Petra spiegò che quando a casa, tutti i giorni, tutto l’anno, ti alleni e fai risultati molto migliori di quelli che raccogli poi nell’occasione della tua vita, nella gara delle gare, la desolazione può essere devastante. Non sanguina l’orgoglio in questi casi. Sanguina la tua comprensione, e ti si strizza il cervello alla ricerca dei perché. L’anima che “fa male” allora dice tutto. E raccoglie un concetto, che senza aver mai fatto un’Olimpiade, nella vita tutti prima o poi abbiamo provato a tradurre. Sentirselo ricordare, alla fine, può essere una piccola vittoria