Varsavia (Polonia). Jerzy Popieluszko, il sacerdote assassinato nel 1984. L'oscar romero polacco


  dal  settimanale  Giallo  anno  XI n  1    11  gennaio  2023

                                             Silvana Giacobini 

Con il centro storico Patrimonio dell’umanità dell’Unesco, Varsavia è la capitale della Polonia con la testimonianza architettonica di una lunga storia a partire dalla sua fondazione nel 1350 circa. Se spiccano il Castello reale e gli antichi palazzi neogotici e si arriva ai moderni grattacieli passando per gli edifici dell’epoca sovietica, Varsavia rappresenta però anche una meta diversa per moltissimi fedeli in continuo pellegrinaggio dall’estero e dalla Polonia stessa, che si recano a pregare sulla tomba del beato Jerzy Popieluszko nel giardino della chiesa di San Stanislao è rimasta indimenticabile per tanti
fedeli ed è entrata nella storia, quella di Papa Giovanni Paolo II. La data era il 14 giugno 1987. E quando il Papa aveva pregato sulla tomba di Jerzy Popieluszko, era stato un omaggio di alto valore simbolico, perché il sacerdote martire dei comunisti, sottoposto a torture indicibili e ammazzato crudelmente tre anni prima, non era ancora beato . La proclamazione avvenne infatti  a distanza di più vent’anni nel 2009 da parte di Papa Benedetto XVI. Da notare che lo stesso Pontefice proclamerà beato anche Giovanni Paolo II nel 2011, reso poi Santo da Papa Francesco. Per molti è un segno di un destino comune, ma se si parlasse di coincidenza, sarebbe anch’essa simbolica, perché Karol Wojtyla, diventato il primo Papa straniero dopo centinaia d’anni, come Popieluszko era nato in Polonia, a Wadovice, il 18 maggio 1920 ed era stato testimone, o aveva vissuto sulla sua pelle, delle persecuzioni degli occupanti nazisti del suolo polacco così come il giovane sacerdote Jerzy Popieluszko aveva assistito alle persecuzioni contro gli attivisti sindacalisti da parte delle autorità comuniste. Detto anche il “cappellano di Solidarnosc”, Jerzy predicava la sua vicinanza agli operai e ai lavoratori. Era la scomoda voce cristiana che li spronava a “combattere il male con il bene”, in grado di attirare i fermenti di ribellioni pronte a destabilizzare il governo. Ricordiamo che nel 1987 quando Papa Giovanni Paolo II si recò a pregare sulla sua tomba, era il tempo di Solidarnosc, il Sindacato autonomo dei lavoratori “Solidarietà”, fondato nell’80 in Polonia e guidato da Lech Walesa, arrestato e rilasciato in libertà vigilata nel 1982, quando il sindacato era stato sospeso in base alla legge marziale voluta dal generale Jaruzelski. 

IL PROCESSO Varsavia (Polonia). In questa foto, del 1985, il processo agli imputati Griegor Piotrowski e Adam Pietruska. Gli autori dell’omicidio furono giudicati colpevoli e condannati a 25 anni di carcere, ma furono rilasciati a seguito di amnistia qualche anno dopo.



Solo nel 1989 Solidarnosc sarà considerato legale, a distanza di tre anni dalla visita di Wojtyla in Polonia e dal suo coraggioso omaggio a Popieluszko, vittima e martire del regime di stampo sovietico che osteggiava i sacerdoti nell’esercizio della propria fede. Torniamo quindi indietro al tempo che vide la nascita e la vicenda terrena di Jerzy. Era nato il 14 settembre 1947 nel Nord Est della Polonia, nel piccolo villaggio di Okopy. Era vicino al con#ne con la Bielorussia in una zona rurale in cui non girava molto denaro. Il piccolo Jerzy era chiamato con il soprannome di Alek e aveva ricevuto un’educazione religiosa da parte dei genitori. Per andare a servire la Messa a Suchowola, dove si trovava la chiesa parrocchiale, il giovanissimo Jerzy faceva cinque chilometri a piedi e non erano pochi qualsiasi tempo ci fosse, magari facendosi strada nella neve alta. “Alek”, dal temperamento introspettivo, sentiva la vocazione sacerdotale #n da ragazzo ed entrò nel seminario maggiore di Varsavia. Per capirlo meglio, va ricordato che Jerzy parlava spesso del beato martire poi diventato santo Massimiliano Kolbe, il presbitero francescano polacco fondatore della Milizia dell’Immacolata, che si era offerto di prendere il posto di un padre di famiglia nel campo di sterminio nazista di Auschwitz dove fu ucciso in sua vece con una iniezione di acido fenico nel 1941 e le cui ceneri furono disperse come spregio alla sua persona. Una passione, un’attrazione da parte di Jerzy verso la #gura del francescano Kolbe, che segnò con la sua esistenza di missionario martire la strada che avrebbe intrapreso lui stesso, passo dopo passo, con la
LA MAMMA Marianna Popieluszko,
morta nel 2013 a 93 anni
vocazione a predicare agli operai e di offrire la vita stessa per difendere i loro diritti mettendosi in questo modo dichiaratamente contro le autorità.
Come gli altri seminaristi polacchi, Popieluszko fu richiamato al servizio militare obbligatorio dal 1966 al 1968. La durata era di due anni in cui i giovani venivano indottrinati perché dimenticassero la vocazione. Lui resisteva e veniva spesso punito. Don Jerzy, consacrato sacerdote nel 1972, esercitò poi il suo ministero nella parrocchia di San Stanislao Kostka a Varsavia e iniziò a sostenere gli operai e i lavoratori contro la dittatura comunista. Non era solo un predicatore che con la parola convinceva i fedeli, ma si prodigava con i fatti assistendo e sostenendo chi era in bisogno. Inferivano le persecuzioni contro gli attivisti del sindacato Solidarnosc e la sua vicinanza lo rendeva pericoloso agli occhi del regime. Ben presto la mano minacciosa del potere ebbe la meglio sulla sua voce che predicava il Vangelo e celebrava le “Messe per la Patria” che attiravano migliaia di persone da tutta la Polonia. Arriviamo così al settembre del 1984. I capi dei servizi segreti appartenenti agli apparati speciali del Ministero degli Interni polacco emisero la sua condanna a morte e ordinarono di rapirlo. Il sacerdote Jerzy aveva intrapreso il viaggio di ritorno dalla città di Torun il 19 settembre quando tre uomini dal volto coperto lo affrontarono e lo imprigionarono in un luogo segreto a Wloclawek. Erano i tre agenti Piotrowski, Pakala e Chmielewski. Jerzy fu sottoposto a torture terribili per estorcergli qualsiasi informazione utile al regime per reprimere eventuali sommosse, compresi i nomi di chi fosse sospettato di essere un ribelle rivoltoso o di simpatizzante del sindacato Solidarnosc, ma Jerzy, che non era un attivista ma un sacerdote, resiste!e giorni e giorni "no allo stremo delle forze, tenuto in vita dagli aguzzini solo per spremergli informazioni. Fu martirizzato anche lui come Kolbe e tu!i coloro che in nome della fede avrebbero in ogni tempo preferito dare la vita stessa piu!osto che abiurarla. 



Trascorsero molti, troppi giorni, in cui la gente comune s’interrogava dove fosse finito il sacerdote che predicava nella chiesa di San Stanislao ed era soprannominato il cappellano di Solidarnosc. Arriviamo così al 20 o!obre, quando Don Jerzy spirò a Wloclawek, e poi al 30 o!obre 1984 quando Il corpo che portava i segni di torture disumane fu ritrovato nelle acque del fiume Vistola nonostante fosse appesantito con un mucchio di pietre. Non era la prima volta che la voce di un martire invece di essere messa a tacere con la morte si elevasse ancora e sempre più forte. Fu così che subito la fama della sua santità si sparse in Polonia e fuori il Paese. Cominciarono i prodigi in suo nome e il “miracolo” di una guarigione inspiegabile di un malato terminale francese nel 2012. Nel 1997 iniziò il processo di beatificazione per arrivare alla sua proclamazione nel 2009 da parte di Papa Benede!o XVI. Tra la folla dei fedeli che pregano il beato Jerzy Popizluszko c’è la sua discendente, la nipote Grazyna, figlia della sorella Teresa. È stato ricordato in un recente congresso a Czestochowa, dove sorge il Santuario della Madonna Nera cara a Karol Wojtya Ovvero Giovanni Paolo II

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