San Giovanni Bosco Lo spazio è curato da un insegnante in pensione In chiesa una biblioteca di periferia «La lettura per riunire il quartiere»

dal sassarese una storia in cui la chiesa rimedia o almeno ci prove alle deficenze dello stato

 

Sassari
Lo stanzone dell’oratorio è colorato dalle copertine di migliaia di libri. La parrocchia di San Giovanni Bosco ha la sua biblioteca e don Franco Manunta, il parroco, parla di un atto politico. Perché la lettura è educazione e condivisione e lo è ancora di più quando viene promossa nel cuore di un quartiere con le sue difficoltà ben radicate. Dopo aver mosso i primi passi ormai un anno fa, la biblioteca dell’oratorio della parrocchia che si affaccia su via Washington sarà inaugurata ufficialmente domani pomeriggio, proprio nel giorno in cui si festeggia don Bosco. Ricca di libri e volumi di ogni genere, è nata grazie alla passione e alla buona volontà di un insegnante di musica in pensione. Si chiama Tonino Satta e tra gliscaffali divisi per sezione sta portando avanti una vera missione.
Tonino Satta ha insegnato una vita alle scuole medie. Alla numero 5 aveva anche messo su una piccola biblioteca di mille libri. «Una volta andato in pensione, ho pensato di donare la mia dotazione alla parrocchia – racconta Satta –. Don Franco Manunta mi ha risposto che, insieme ai libri, serviva però anche un bibliotecario. E così è nato questo spazio. Nel giro di poco tempo sono stati donati tanti altri
Il bibliotecario volontario Tonino Satta
libri, adesso ne contiamo circa ottomila». La biblioteca, che sarà inaugurata domani alle 16.30, nasce proprio in una parrocchia intitolata a un santo che ha dedicato la vita ai giovani e all’educazione. «Qui non è stata spesa una lira – spiega Tonino Satta –. Ma anche in povertà si possono fare delle belle cose. Questo è un progetto della parrocchia e io sono solo al servizio». Anche altri volontari stanno dando la propria disponibilità per tenere aperte le porte la biblioteca, alla quale si accede da piazza Fondazione Rockefeller. Diversi i servizi garantiti: consultazione, prestito, aiuto alla ricerca, interscambio e anche consegna a domicilio per le persone con disabilità. I libri sono numerosi e per tutti i gusti: sezione ragazzi, religione, saggistica, narratori stranieri, narratori italiani, arte e poesia. Atto politico Quella dell’oratorio della parrocchia di San Giovanni Bosco è una biblioteca di periferia. Prende infatti forma in un quartiere alle porte della città, in un luogo privo di altri servizi di questo tipo. Un quartiere con le sue problematiche e anche le sue diversità. «Secondo me la biblioteca ha un valore politico – commenta il parroco della chiesa di via Washington, don Franco Manunta –. Io insegnavo filosofia e mi riferisco al senso platonico. E quindi al riunire il demos, il popolo, la gente. Questa biblioteca nasce in un quartiere con molte forme e tante identità e, credo, anche poco conosciuto dal resto della città. C’è la parte delle case popolari, quella delle cooperative e poi una parte più borghese. Zone che, spesso, neanche comunicano tra loro». Secondo il parroco è dunque importante che la biblioteca sia stata aperta proprio qui. «La biblioteca è formazione, istruzione, è porsi delle domande – aggiunge il sacerdote –. Per questo dico che ha una funzione politica. Il mio desiderio è che questo spazio diventi un punto di riferimento. Penso per esempio ai ragazzi che abbandonano la scuola perché non si sentono coinvolti: leggere significa pensare e riflettere».

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                                          don Gaetano Galia
Sassari 
Il 31 gennaio è la festa di san Giovanni Bosco, un grande educatore. Ne approfittiamo per riflettere su una tematica educativa a lui molto cara: il valore della riconoscenza. Don Bosco cita spesso nei suoi dialoghi e nei discorsi ai suoi ragazzi questo contenuto. Mi piace proporre questa riflessione che attiene sia alla sfera dell’etica laica che religiosa. Di fatto il grazie è sempre più merce rara. Sa dire grazie solo chi è sensibile, chi si coglie bisognoso degli altri, chi sa che la relazione è il segno del nostro
la chiesa intitolata a San Giovanni Bosco
      e il cappellano del carcere di Bancali don Gaetano Galia  autore  
dell'articolo 
limite, il sigillo della necessità della complementarità con l’altro. L’uomo è relazione e non può vivere da solo ma si   completa con l’altro. La riconoscenza, allora, consiste nel saper individuare il bene ricevuto. Si richiedono alcuni passaggi fondamentali: è necessario uscire dall’io, dal narcisismo, da quell’istinto naturale all’autosufficienza che regna in ciascuno di noi, dal nostro smisurato egocentrismo. Non può essere riconoscente chi è supponente, arrogante, superbo e quindi non percepisce il valore di ciò che gli viene donato. È un problema culturale: siamo nel tempo del tutto è dovuto e tutto è scontato. Forse dovremmo sdoganare maggiormente questo meraviglioso sentimento e ringraziare più frequentemente genitori, medici, insegnanti, negozianti, badanti, meccanici… Non dice grazie chi, con i soldi, crede di poter comprare tutto, e una volta pagato, non sente il bisogno di ringraziare! Chi crede di poter comprare anche l’amicizia, l’amore, la stima, l’affetto, Dio. Chi disprezza gli altri non ha bisogno di nessuno. Ci si accorgerà solo nel momento della sofferenza che non aver coltivato le relazioni con i propri simili porta alla solitudine e all’isolamento. Facciamo un esame introspettivo: cosa avvertiamo quando doniamo qualcosa e ci viene detto grazie? Ci sentiamo valorizzati, apprezzati, riconosciuti, incoraggiati, stimolati a fare sempre più del bene. Quando, al contrario, facciamo un bel gesto, un regalo e non veniamo ringraziati, ci percepiamo tristi, delusi, scoraggiati e perdiamo l’entusiasmo di essere generosi. È fondamentale riproporre a livello educativo la bellezza della meraviglia e del desiderio. Se i nostri figli desiderano solo oggetti e non si meravigliano più del mistero della vita, del fascino delle relazioni, dell’incanto delle emozioni, formiamo persone infelici. Persone che ricercano la felicità nell’ultimo oggetto proposto dal mercato per poi stancarsi e rincorrere il prossimo. Meravigliarsi delle cose semplici, dà un senso alla vita e gli adulti devono educare a questo, più che correre essi stessi verso l’ultimo prodotto. Dobbiamo educare i nostri figli alla riflessione e ad approfondire l’origine dei doni, il valore dei doni, l’affetto che c’è dietro un dono. Elementi che richiedono meditazione e silenzio. La fretta, la velocità, il mondo virtuale non consentono di apprezzare ciò che riceviamo. La gratitudine, quindi, è un sentimento positivo perché aumenta la nostra sensazione di benessere, di vitalità, ci aiuta a fidarci degli altri e a “donarci” al prossimo. Se prendessimo l’abitudine di usare con più frequenza la parola “grazie”, vedremmo che anche i nostri interlocutori avrebbero un atteggiamento ispirato alla cortesia, alla gentilezza, alle buone maniere, in quanto la gratitudine è un gesto che apre a rapporti umani, non formali, ma carichi di umanità. La riconoscenza è contagiosa. Ma anche non aspettarsi il grazie è un elemento di grande saggezza: il dono più bello è quello non opportunistico o strumentale, ma gratuito. L’apice della generosità matura! Il meccanismo è molto evidente nel rapporto genitori-figli. Per una parte della vita i ruoli sono chiari: i genitori danno, i figli ricevono. Poi è solo il senso di gratitudine che spinge i figli a a invertire i ruoli e a diventare a loro volta genitori di padri e madri invecchiati. Ma proprio per questo, più che mai bisognosi del nostro aiuto, della nostra riconoscenza, del nostro affetto. E della nostra gratitudine. Grazie! *cappellano del carcere di Bancali

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