10 febbraio 2022




Le foibe e l’esodo istriano, temi complessi e ancora spinosi, sono tutto sommato , secondo molti  di destra  ,  ancora poco noti al di fuori del contesto degli storici, e risultano ancora sostanzialmente inseriti in un cono d’ombra che ne  favorisce   una narrazione pubblica spesso decontestualizzata o parziale  ovvero a  senso  unico  .Infatti la  maggior   parte  delle  celebrazioni  ufficiali   e    televisive  Invececollocare gli eventi nel contesto in cui si snodano è un’operazione essenziale per analizzare ogni processo storico e lo è ancora di più per comprendere quanto avvenuto al confine orientale d’Italia, territorio segnato da tensioni e conflitti, dove si intrecciano irredentismi e nazionalismi, fascismo di confine, occupazione tedesca e comunismo jugoslavo  celebra    solo  le  violenze  di  una  determinata  parte   politica  .  Ecco  quindi    che ogni anno     ne  scrivo    cercando  'uscire dalle contrapposizioni strumentali, riportare queste tematiche lungo i corretti binari storiografici e sgomberare il campo da interpretazioni fittizie .  

Una storia nella quale le foibe e l’esodo della popolazione italiana rappresentano soltanto un aspetto, certamente drammatico, doloroso e tragico, ma non l’unico, in quella che appare piuttosto come una tormentata pagina del Novecento europeo . Infattti il dramma dell’esodo è il dramma della lacerazione sociale e familiare. Un nucleo viene estirpato, perché la sua terra non è più sua». Lo spiega in poche parole Adriana, esule da Zara, cosa fu il dopoguerra per gli italiani dell’Adriatico orientale, al di là del fiume di dibattiti politici e storiografici sulle vicende del confine orientale. Quella dei giuliano-dalmati è una storia di dolore.E di cui fino al 2004\5 a livello di massa ( era solo un fenomeno di nicchia usata per di più in chiave ieologico ed anticomunista dal Msi ) se ne parlava poco e solo fra specialisti , causa incapacità di fare i conti con il passato regime fascista ed i suoi crimini , il non voler ammettere da parte del Pci di aver sposato e accettato un dittatore e poi di non parlarne per non scontentare mosca con cui tito aveva rottto , non innimicarsi da parte degli Usa Tito perchè era un nemico del nemico Sovietticvo .Essa è costituita Di vite strappate e ricostruite faticosamente altrove. Per i suoi involontari protagonisti, l’esodo è memoria dello sradicamento, paura della polizia jugoslava, ricordo del padre ucciso sommariamente, l’abbraccio al nonno che sceglie di restare per morire nella sua casa, la disperazione di «lasciare tutto», l’onta dell’accoglienza ricevuta nei campi profughi. Gli occhi si riempiono di lacrime anche dopo settant’anni. In occasione dei suoi 140 anni, Il Piccolo usa lo sguardo dei testimoni per ripercorrere il filo di una storia che ha contribuito a raccontare sulle sue pagine. Con l’esodo sparisce un’intera società: più di 300 mila italiani lasciano la propria terra. I centri costieri dell’Istria si svuotano, le radici si troncano. Poi «il silenzio ci ha colpiti per sessant’anni»: cala l’oblio su una vicenda scomoda per tutti, tenuta viva dalle associazioni dei profughi e oggetto di troppe strumentalizzazioni, che stanno lasciando il posto alla pacificazione fra italiani, sloveni e croati dopo una faticosa opera di distensione. Ciascuno con la sua memoria, ma pronti a tendere la mano, perché «i confini non dovrebbero più esistere», dice in uno dei filmati chi sa quale sia il valore della convivenza e quale il volto mostruoso dei nazionalismi e dei totalitarismi. Ecco quindi che avere memoria non è solo ricordare come si sono susseguiti i fatti, ma restituire dignità a coloro che hanno vissuto sulla loro pelle questo terribile evento. Ma soprattutto lottare contro il'usoi strumentale che ancora persiste di tali eventi . Parlo di questo perchè Memoria e ricostruzione storica possono e devono oggi convivere serenamente, come dimostra la pagina nuova che i presidenti di Italia e Slovenia Sergio Mattarella e Borut Pahor hanno aperto, tenendosi per mano sui luoghi simbolo delle violenze perpetrate a Trieste da nazifascisti e comunisti.

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