29.1.17

Palestinian family saves Israeli lives in nighttime bus crash

finalmente  anche sui media  ufficiali una bella  notizia  in una terra martoriata (  oancora adesso )  da guerre , rappresaglie  , occupazioni , ecc che  durano   d  quasio  80 anni  . Una notizia incoraggiante. Una famiglia palestinese presta soccorso ai feriti israeliani in un incidente stradale nei territori occupati.Al di là di quello che sostengono gli estremisti antisionisti e gli estremisti di destra sionisti, un accordo fra i duo popoli è possibile.

 dalla pagina facebook sinistra per israele-italia 
 che riprende www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4913959,00.html


Palestinian family saves Israeli lives in nighttime bus crash
A Palestinian family notices an upturned bus nearby a West Bank settlement, and immediately heads out under the pouring rain assist those hurt in the accident; 'They didn't hesitate or stop to weigh things out. They saw that human lives were on the line,' says Capt. Sivan Raviv, who arrived on the scene.
It's nighttime in the Binyamin region. A Palestinian family from the village of Al-Lubban ash-Sharqiya notices an upturned bus that had rolled downhill from the nearby road leading to the West Bank settlement of Ma'ale Levona. Without a moment to lose, the family heads out while still in their pajamas, and under the pouring rain assist those hurt in the accident, where two people had lost their lives.



Capt. Sivan Raviv, a medical officer in the Binyamin Division, told Ynet that the family was the first to call emergency services late Friday night, and that their quick thinking saved lives. "They didn't hesitate or stop to weigh things out. They saw that human lives were on the line. When we arrived at the site we saw the family members already trying to extract the injured parties and offer them treatment."

צילום: חגי דקל
Emergency services rush to the site of the accident


The upturned bus (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)
The upturned bus (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)

An emergency services ambulance arrives on the scene
An emergency services ambulance arrives on the scene

At that very moment, the region's complex reality was underscored when a few kilometers away from the accident infantry soldiers from the Kfir Brigade were in hot pursuit of an armed terrorist near the Palestinian village of Aboud, where two shooting attacks had taken place with a 24-hour period. When word of the accident reached them, the soldiers divided into two groups—one to continue the chase after the terrorist, and the other to go tend to those hurt in the accident. Once arriving on the scene, they worked together with members of the Palestinian family to help rescue the injured parties.


Capt. Raviv
Capt. Raviv


Photo: TPS
Photo: TPS


Emergency services divise a rescue plan (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)
Emergency services divise a rescue plan (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)

Shortly after the family called to report the accident, Magen David Adom, a fire fighting unit, residents from Ma'ale Levona and additional medical teams arrived, and together they managed to evacuate those injured to several hospitals within an hour and a half. "We didn't give up," said Sivan. "It was hard to carry those injured on gurneys through the mud, while we fell down, got back up and lifted them once more, until reaching the ambulances and the two helicopters belonging to Unit 669 (the IDF Combat Search and Rescue unit—ed) that were waiting for us nearby."

Photo: TPS
Photo: TPS

"We realized this wasn't a regular occurrence," recalled Raviv. "The bus was turned over and completely destroyed. We couldn't afford to miss any one. The bus was totally crushed. We weren't thinking of anything but their quick extraction."


Ynetnews News - Trump and Netanyahu agree to February meeting

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"CAPRICCIO" in pillole, la scena del crimine.[ chi lo ha detto che lo splatter è solo violenza gratuita e non serva per denunciare il femminicidio e non solo ? reprise ]




un ulteriore  precisazione   degli autori   del video  " amatoriale  " \ produzione dal  basso (  vedere  nel primo link  sopra  per  il video  )   ecco  che   gli autori  Samuele Innocenti, Michele Roverselli. ci svelano alcuni   retroscena \  dietro le quinte   


A distanza di quasi un mese dalla pubblicazione del nostro primo video, abbiamo deciso di svelare alcuni "dietro le quinte" dello stesso. E'un modo per rispondere, in una volta sola, alle lecite domande che ci son state fatte e per descrivere i retroscena di quello che ci rendiamo conto esser stato un esperimento audace e molto pretenzioso, alla luce sopratutto della sua breve durata.


   L'immagine può contenere: una o più persone e primo pianoNonostante possa sembrare casuale, il set in realtà fu studiato in ogni suo singolo dettaglio, cercando di ricostruire nella sua disposizione anche le dinamiche non mostrate all'interno del corto, di modo da fornire indizi allo spettatore. Ringraziamo quindi di cuore tutte le persone che si son impegnate a guardarlo più volte e che quindi hanno colto taluni dei dettagli che ora spiegheremo. 1. Le corna di caprone inquadrate all'inizio di Capriccio, sono un voluto "indizio" utile allo spettatore per intuire che la colluttazione possa aver avuto luogo a causa di un presunto tradimento da parte della donna. 2. In un' altra inquadratura, c'e'una sorta di "faccia a faccia" tra il coltello di lui e la forchetta di lei, per evidenziare il fatto che dalla parte della donna ci sia una posata vacante, ovvero il coltello (che troveremo poi a terra), usato da lei per difendersi dall'aggressione. 3. L'unica scena del pre-delitto che compare, é un brevissimo flashback in bianco e nero della coppia seduta a tavola. Lui, già nervoso, tamburella sul tavolo con le dita, mentre lei copre in fretta lo schermo del cellulare a causa dell'arrivo inaspettato dell' sms che potrebbe aver dato inizio al "capriccio". 4. Non pochi hanno pensato che l'uomo sia morto tagliandosi le vene...In verità la ferita che riporta sul braccio e'stata causata dalla donna che lo ha colpito per difendersi..Prima che lui avesse la meglio e la finisse a colpi di mattarello. (L'uomo muore suicida con pillole e champagne) 5. A proposito di champagne...abbiam voluto evidenziare il di lei nervosismo mettendo del rossetto sul suo bicchiere, per testimoniare quanto la sua tensione fosse già altissima una volta seduta a tavola, portandola a bere prima del brindisi. 6. Mentre lui e'in agonia,c'e'un inquadratura dall'alto che richiama, volutamente, il video di OXO...Francesco Ippolito, in tal video, viene difatti inquadrato praticamente nello stesso modo. 7. E'impossibile morire suicidi con cosi poco alcool in corpo in cosi poco tempo,ma avevamo una storia da raccontare, meno di due minuti di musica per farlo e quindi, per "amor del cinema" abbiam dovuto congestionare il tutto (pentola,delitto,suicidio,dettagli) nel breve tempo concessoci dalla durata del "Capriccio 11" di Paganini. Ecco dunque svelati alcuni retroscena e dettagli del nostro primo lavoro...Ancora un grazie sincero a tutti coloro che ci hanno supportato. Con la NONDORMO siamo già al lavoro per nuovi lavori che vedranno la luce quest'anno e che speriamo vi facciano riflettere ed incuriosire come Capriccio.


                   Samuele Innocenti, Michele Roverselli.

Un libro per combattere l’omofobia e la violenza sulle donne

"Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne" di Cristian A. Porcino Ferrara


 è un saggio ben strutturato e, come sempre, scritto bene. Inoltre c'è l'elemento della novità: nessuno ha trattato due temi così delicati e importanti attraverso l'analisi dei testi di celebri canzoni.
Porcino Ferrara, filosofo e scrittore indipendente, ha creduto fortemente nell'uscita del libro nonostante i diversi apprezzamenti ricevuti da editori non disposti, però, ad investire economicamente su di un libro che si occupa dei cosiddetti “perduti della storia” (definizione racchiusa nella prefazione di D. Tuscano). Una scelta vittoriosa, quella del nostro autore, se pensiamo che il libro ha ottenuto anche il plauso della senatrice Monica Cirinnà. L'autore ricostruisce le vicende storiche che si celano dietro la tardiva emancipazione dell'universo femminile a causa di una società maschilista e aggressiva, spalleggiata, quasi sempre, dai rappresentanti religiosi (anch'essi, ahimè, maschi!). Inoltre si affronta con competenza la radice dell'intolleranza omofobica e le relative aggressioni a chi ha un orientamento sentimentale diverso dal proprio. A conclusione del libro si trova un progetto educativo per sensibilizzare gli studenti delle scuole sulle diverse forme di affettività. Cristian insiste nel sostenere che la violenza e l’intolleranza sono manifestazioni proprie dell'ignoranza, e di conseguenza vanno combattute con la conoscenza. Un testo che, a parer mio, deve essere letto proprio per contrastare comportamenti e situazioni ancora così frequenti nella nostra società. È notizia di questi giorni di una nuova aggressione omofoba a Milano, e della legge votata in Russia che depenalizza la violenza domestica su donne e bambini. In tal senso il viaggio dentro la storia operato da Porcino Ferrara si fa ancor più illuminante per noi lettori. Dunque auspicando una rapida diffusione del volume vi esorto alla lettura di un libro così tanto sentito e ispirato.



(Federica Giuliani)



Il libro può essere ordinato presso le librerie Mondadori e Giunti oppure acquistato su Amazon al seguente link:

28.1.17

Voci dal silenzio. Un documentario sugli eremiti d’Italia in crowdfunding






Voci dal silenzio
vocidalsilenziodoc

Cari amici, la campagna di crowdfunding terminerà tra 4 giorni, resta dunque poco tempo per sostenere il progetto prenotandone in anticipo la visione su https://www.produzionidalbasso.com/project/voci-dal-silenzio/
Vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno apprezzato l'iniziativa accompagnandoci in questa avventura. Il budget raccolto in questa prima fase ha coperto le spese vive necessarie ad avviare il progetto, compresi i costi relativi al viaggio. Ci saranno ancora passaggi importanti da dover affrontare, ma la bellezza di certi incontri, delle immagini e dei contenuti raccolti ci da molta fiducia. Approfittiamo infine di questo spazio per ringraziare Stefano Signori, Michele Cumo - Massaggi Professionali, Barbara Esposito, Maurizio Vezzoli Photography, Davide Della Penna, Serena Frailis, Fabio Romantini, Aurelio Manzoni, Manuel Prighel, Tommaso Goisis, Giuseppe Savino, Pasquale Verdicchio, Stefano Dell'Orto, Alexander Mutschechner, Viviana Bassan, Maria Giulia Terenzi - arte e restauro di suoli e territori, Giuseppe Gavazza e Mario Nava, per il sostegno dato al nostro lavoro.


Lo   so che   non sono più in tempo   per   poter  contribuire    a tale iniziativa lontana   dalla mediocrità   e  che  rispecchia  la  bellezza  ai  margini  e   ha  un notevole valore antropologico e culturale   di  un mondo  che resiste    alla  mediocrità della  vita    e    che     sembrava   scomparso \1 estinto con l'illuminismo   e le rivoluzioni culturali    del  XIX e XX  secolo  ma  come  unfenomeno  carsico  riemerge   e ritorna  . Quindi  è  un piacere   segnalare e parlare ( anzi in realtà lascio che a parlare sia l'articolo e il video o riportato sotto ) di tale iniziativa



VOCI DAL SILENZIO

Un documentario sugli eremiti d’Italia

UN VIAGGIO, DAL NORD AL SUD DELL’ITALIA,
PER RACCOGLIERE LE TESTIMONIANZE DI CHI,
ATTRAVERSO UNO SLANCIO INTIMO E SOLITARIO,
HA INTRAPRESO UN AUTENTICO PERCORSO DI RICERCA


SOSTIENI IL PROGETTO
VAI SU "PARTECIPA" E SCOPRI LE DIVERSE RICOMPENSE PREVISTE PER OGNI TIPO DI CONTRIBUTO

INTRO

Ogni eremita è un mondo a sé. C’è chi ispirato da una fede cristiana, musulmana o buddista, chi dagli insegnamenti delle sacre scritture, dei maestri, dei profeti, chi invece da valori laici. C’è ancora, tra loro, chi ha cercato di elevarsi e chi invece ha scavato nelle profondità dell’animo e della psiche. Abisso e vetta, a nostro avviso, delimitano l’ambito di un’investigazione infinita poiché rivolta a una meta che appare irraggiungibile: l’ascesi. Eppure la scelta del vivere in solitudine resta, agli occhi dei più, una decisione enigmatica e controversa, se non incomprensibile. Da qui l’idea di sviluppare un’opera visiva che possa diventare un ponte e condurre lo spettatore dal mormorio mondano a quel silenzio a noi ignoto, intriso di spiritualità, di cui è pervasa la vita ascetica.




IL DOCUMENTARIO

Viaggeremo per vie solitarie, spesso inospitali, in eremi distanti dalle voci del mondo, all’interno di luoghi caratterizzati dal silenzio e dal raccoglimento. Riprenderemo il rapporto con la solitudine, il silenzio, i riti quotidiani, la preghiera, le esperienze estatiche. Ci immergeremo all’interno delle singole storie, raccontandone il passato, la vocazione, i conflitti e le battaglie. Tutto ciò con l’obiettivo di partecipare a un dialogo tra le varie tradizioni, poiché l’eremita, nella sua ricerca sempre autentica e originale, è per noi esempio d’unione e fusione delle diverse esperienze religiose. Il documentario ritrova così il suo vero “oggetto di ricerca” nella mistica, intesa come dialogo diretto tra uomo e Dio, una comunicazione altra, non verbale, non razionalizzabile , cuore unico e pulsante di ogni tradizione, philosophia perennis.




COME NASCE IL PROGETTO

Il progetto nasce dall’incontro con Federico Tisa, fotografo torinese che nella primavera del 2014 decise di attraversare l’Italia a piedi, zaino in spalla e macchina fotografica, con l’intento di creare una relazione intima con gli eremiti. Una scelta dettata da una duplice motivazione: lasciarsi alle spalle il brusio urbano per riscoprire una dimensione contemplativa e documentare fotograficamente una storia che pochi conoscono. Ne è nato un reportage marcatamente espressivo e intenso: Visita Interiora Terrae




“Nutrivo il desiderio di comprendere, e realizzare, che un modo di vivere più semplice e più puro è possibile. Così, per esplorare autenticamente la dimensione umana e il suo rapporto con ciò che la circonda, ho affrontato questo viaggio a piedi, poiché solo a piedi e con i propri mezzi ritengo possibile integrarsi pienamente con la natura stessa di questo percorso. Camminando s’intuisce il peso reale del proprio corpo sulla terra, i limiti e le necessità concrete, non quelle imposte dall’esterno. Dormire, mangiare, respirare a pieni polmoni, affrontare ciò che è sempre stato umano e che ora trascuriamo. E, cosa per me più importante, porre lo sguardo verso un orizzonte lontano, dove la vista si perde e lo stare al mondo acquista un nuovo significato”.
Federico Tisa



Così, in uno spirito di piena collaborazione con Federico, abbiamo preso spunto da questa sua avventura per sviluppare un progetto documentaristico che ne ampli e completi la ricerca.
Questo progetto ha per noi un carattere fortemente simbolico, ritorniamo infatti a ciò che diede l’avvio alla nostra carriera documentaristica. Era il 2010 e a bordo di un camper sgangherato degli anni 80 attraversammo anche noi l’Italia. Incontrammo monaci, eremiti, alchimisti, sciamani. Privi dell’esperienza acquisita nel tempo e attenti più alle necessità di riscoprire noi stessi nella relazione con l’altro, non abbiamo mai orchestrato quelle riprese all’interno di un’opera. Eppure quel viaggio ha sancito l’amore per la ricerca documentaristica. Oggi, a distanza di 6 anni, crediamo sia giunto il momento di ritornare su quei primi passi e concludere un ciclo.





L’EREMITAGGIO

L’eremita è una figura onnipresente nella storia dell’umanità. In ogni secolo ci sono stati uomini che hanno intrapreso una via solitaria all’interno dell’esperienza spirituale. Hanno messo in pratica gli insegnamenti dei testi sacri, hanno seguito i passi dei profeti o la spinta di una voce interiore, attraversando il deserto, il pellegrinaggio, l’isolamento e mirando alla coincidenza di teoria e pratica religiosa, di mondo terreno e ultraterreno.
Attraverso il loro cammino si vivifica e attualizza la relazione tra Dio e l’uomo, dialogo in cui si sviluppa la ricerca umana dell’identità.
Immerso negli eventi mondani dell’ambiente sociale che lo circonda, ogni uomo deve e vuole sforzarsi di ritrovare se stesso, di scavare nella propria anima per comprendere la sua vera identità e la sua origine al di là dei lavori imposti, di ciò che la società gli ha richiesto e delle grandi opere che può realizzare. Ma nessuna scalata, nessun panorama – per quanto vasto – sulla bellezza straniante di questo mondo, potranno restituirgli il senso della sua vera casa, i confini infiniti e misteriosi dell’io che anima il suo corpo.




NOTE DI REGIA

All’inizio di questo film c’è solo l’indicazione di una direzione, di un orizzonte, di un'inclinazione. Perché filmare è, prima di ogni altra cosa, intessere una relazione. Nessuna sceneggiatura dunque. In questo caso si tratta di raccontare ciò che è invisibile, impalpabile. La cinepresa si adatta a quello che accade nel momento, col fine di coglierne la verità che si manifesta nel suo movimento, eludendo le false evidenze, immergendosi nelle sfumature meno appariscenti. Il reportage seguirà il ritmo del viaggio, quello esistenziale prima di tutto. Viaggio di ricerca di sé, di scoperta e conquista dell’universo interiore. Alla successione di testimonianze delle figure incontrate farà da eco il lucido travaglio dei viaggiatori, immersi all’interno di un appassionato viaggio on the road a bordo di un vecchio camper.
La regia orchestrerà il tutto in un’unica esperienza corale restituendo allo spettatore il senso dell’erranza, della ricerca, del raccoglimento. Le immagini si accompagneranno ai racconti degli eremiti, alle riflessioni degli autori, alle voci della natura, ai silenzi. Le riprese poetiche, puramente musicali, che si riempiono di gesti e di attimi, avranno il fine di riaffermare le forme del nostro immaginario.
Ciò che mostreremo sarà sempre il frutto di un atto condiviso, di una piena adesione al progetto da parte degli eremiti che incontreremo. Alcuni li conosciamo già e sappiamo che sposeranno le nostre finalità. Altri hanno creato un rapporto di fiducia con Federico e sarà lui a introdurci nel loro paesaggio emotivo. Altri ancora saranno invece nuovi incontri, perché i viaggi lenti nascondono la sorprendente capacità di aprire sempre scenari nuovi e inaspettati.




CHI SIAMO

I REGISTI

Alessandro Seidita - Joshua Wahlen

Nati entrambi a Palermo, si laureano con il massimo dei voti. A. Seidita in Filosofia della Conoscenza e della Comunicazione, discutendo una tesi sulle tecniche di trasformazione dell’Io nel percorso psicanalitico, J. Wahlen al D.A.M.S trattando una tesi sui linguaggi multimediali. Nel 2008 si trasferiscono a Torino. A. Seidita prosegue gli studi in ambito antropologico. J. Wahlen si specializza in tecniche audiovisive al V.R.M.M.P.

Nel 2009 vincono il premio Mind the Difference con l’Approsimatio in Tempora, video sperimentale sul disagio psichico. Nel 2010 ottengono il primo premio al XXVIII VideoCinema&Scuola con Non Tentarmi, video intervista finalista in numerosi festival nazionali. Lo stesso anno intraprendono un viaggio on the road, alla ricerca delle nuove forme di spiritualità. Nel 2013 rientrano in Sicilia. Qui firmeranno due documentari che raccontano la condizione attuale dell’Isola, Viaggio a Sud (2014) - che indaga il complesso rapporto che gli abitanti dei piccoli centri rurali tessono con la memoria - e Corrispondenze (2016), poema visivo nato dalla collaborazione con i detenuti della Casa di Reclusione di Noto.



IL FOTOGRAFO

Federico Tisa

Nato nel 1982 a Torino, dove tuttora vive. Frequenta la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. Comincia a occuparsi di fotografia nel 2009, dopo un diploma conseguito presso l’Accademia di Fotografia F.A. di Torino, collaborando con diverse web magazines e riviste che trattano di musica. Nel 2013 in seguito ad un master in fotogiornalismo seguito presso Obiettivo ReporterM.A.F. a Milano, decide che il fotogiornalismo è il modo migliore per comunicare con e del mondo esterno. Dal 2014 è membro della Eikòn, associazione che si occupa di fotogiornalismo.



PERCHE’ SOSTENERE IL PROGETTO

La comunicazione pervade oggi ogni singolo istante del vivere, fluendo nella mente, nell’occhio e nell’orecchio come una selva di stimoli d’intensità inumana. Una colata di contenuti marcatamente ipocriti, superficiali, accattivanti, pubblicitari. In un tale contesto, l’eco di alcune domande - “Dove sono?”, “Dove sono diretto?” - viene svuotato di senso concreto, quando lontanamente udibile. Da qui l’importanza di un cinema che prenda volutamente le distanze dal chiacchiericcio contemporaneo e rieduchi all’ascolto, al confronto, a una presa di coscienza personale e soggettiva. Con Voci dal Silenzio vorremmo dare un contributo in tal senso. E vorremmo farlo a partire da ciò che si pone come antitesi della distrazione e del rumore: il silenzio e la contemplazione. Sotto questa particolare gradazione, ancor più che le parole, le scelte attuate dagli eremiti possono diventare un monito per lo spettatore, stimolo concreto per tornare a dirigere il proprio tempo verso panorami più vasti, riscoprire il piacere della concentrazione e tornare a dare un giusto peso agli ostacoli e alle effimere conquiste del quotidiano. Dall’incontro con queste figure potremmo, forse, trarre l’impulso a riequilibrare il nostro stare al mondo, dando a esso un significato personale, profondo e spirituale.

Per realizzare tutto ciò è indispensabile il tuo contributo. Ci permetterebbe anche di:

- coprire le prime spese di produzione necessarie ad avviare il documentario
- emanciparci da quei sistemi produttivi che tendono a privilegiare tematiche che abbiano maggiore potenziale economico e mediatico
- attuare una ricerca libera e non condizionata da committenze che richiedono, sovente, linguaggi codificati, stereotipati, semplicistici, televisivi
- abbandonare l’idea di un cinema come puro intrattenimento a favore di una ricerca tesa ad esplorare nuovi e sinceri orizzonti espressivi.





SOSTIENI IL PROGETTO



VOCI DAL SILENZIO

UN PROGETTO DI: Uroboro Project

UNA PRODUZIONE: Joshua Wahlen e Alessandro Seidita

IN COPRODUZIONE CON: Arte Senza Fine

IN COLLABORAZIONE CON: Federico Tisa

DOCUMENTARIO: 52 min. c.a.

FORMATO: Full Hd

LINGUA: Italiano

REGIA e MONTAGGIO: J. Wahlen e A. Seidita

PROGETTO FOTOGRAFICO: Visita Interiora Terrea di F. Tisa


Le fotografie qui mostrate fanno parte del reportage fotografico di Federico Tisa. Per saperne di più visate la sua pagina personale www.federicotisa.com o dell'Associazione Eikon, di cui è membro attivo www.eikonassociazione.com

  da
http://www.farecultura.net/wordpress/arte-cultura/cinema-teatro/2568/voci-dal-silenzio-un-documentario-sugli-eremiti-ditalia/







Un viaggio, dal nord al sud dell’Italia, per raccogliere le testimonianze di chi ha intrapreso una ricerca intima e solitaria

Ogni eremita è un mondo a sé. C’è chi è mosso da una fede cristiana, musulmana o buddista, chi dagli insegnamenti delle sacre scritture, dei maestri, dei profeti, chi invece da valori laici. C’è ancora, tra loro, chi ha cercato di elevarsi e chi invece ha scavato nelle profondità dell’animo e della psiche. Abisso e vetta, a nostro avviso, delimitano l’ambito di un’investigazione infinità poiché rivolta a una meta che appare irraggiungibile: l’ascesi. Eppure la scelta del vivere in solitudine resta, agli occhi dei più, una decisione enigmatica e controversa, se non incomprensibile. Da qui l’idea di sviluppare un’opera visiva che possa diventare un ponte e condurre lo spettatore dal mormorio mondano a quel silenzio a noi ignoto, intriso di spiritualità, di cui è pervasa la vita ascetica.Rosalba – Val di Susa

Viaggeremo per vie solitarie, spesso inospitali, in eremi distanti dalle voci del mondo, all’interno di luoghi caratterizzati dal silenzio e dal raccoglimento. Riprenderemo il rapporto con la solitudine, il silenzio, i riti quotidiani, la preghiera, le esperienze estatiche. Ci immergeremo all’interno delle singole storie, raccontandone il passato, la vocazione, i conflitti e le battaglie. Tutto ciò con l’obiettivo di partecipare a un dialogo tra le varie tradizioni, poiché l’eremita, nella sua ricerca sempre autentica e originale, è per noi esempio d’unione e fusione delle diverse esperienze religiose. Il documentario ritrova così il suo vero “oggetto di ricerca” nella mistica, intesa come dialogo diretto tra uomo e Dio, una comunicazione altra, non verbale, non razionalizzabile , cuore unico e pulsante di ogni tradizione, philosophia perennis.
Paola – Piemonte

Il progetto nasce dall’incontro con Federico Tisa, fotografo torinese che nell’autunno del 2013 decise di attraversare l’Italia a piedi, zaino in spalla e macchina fotografica, con l’intento di creare una relazione intima con gli eremiti. Ne è nato un reportage marcatamente espressivo e intenso: Vita Interiora Terrae Abbiamo così preso spunto da questa sua avventura per sviluppare un progetto documentaristico che ne ampli la ricerca.
Questo progetto ha per noi un carattere fortemente simbolico, ritorniamo infatti a ciò che diede l’avvio alla nostra carriera documentaristica. Era il 2010 e a bordo di un camper sgangherato degli anni 80 attraversammo anche noi l’Italia. Incontrammo monaci, eremiti, alchimisti, sciamani. Privi dell’esperienza acquisita nel tempo e attenti più alle necessità di riscoprire noi stessi nella relazione con l’altro, non abbiamo mai orchestrato quelle riprese all’interno di un’opera. Eppure quel viaggio ha sancito l’amore per la ricerca documentaristica.
Oggi, a distanza di 6 anni, crediamo sia giunto il momento di ritornare sui quei primi passi e concludere un ciclo.Padre Isacco – Liguria

L’eremita è una figura onnipresente nella storia dell’umanità. In ogni secolo ci sono stati uomini che hanno intrapreso una via solitaria all’interno dell’esperienza spirituale. Hanno messo in pratica gli insegnamenti dei testi sacri, hanno seguito i passi dei profeti o la spinta di una voce interiore, attraversando il deserto, il pellegrinaggio, l’isolamento e mirando alla coincidenza di teoria e pratica religiosa, di mondo terreno e ultraterreno. Attraverso il loro cammino si vivifica e attualizza la relazione tra Dio e l’uomo, dialogo in cui si sviluppa la ricerca umana dell’identità. Immerso negli eventi mondani dell’ambiente sociale che lo circonda, ogni uomo deve e vuole sforzarsi di ritrovare se stesso, di scavare nella propria anima per comprendere la sua vera identità e la sua origine al di là dei lavori imposti, di ciò che la società gli ha richiesto e delle grandi opere che può realizzare. Ma nessuna scalata, nessun panorama – per quanto vasto – sulla bellezza straniante di questo mondo, potranno restituirgli il senso della sua vera casa, i confini infiniti e misteriosi dell’io che anima il suo corpo.Eremo- Piemonte

La comunicazione pervade oggi ogni singolo istante del vivere, fluendo nella mente, nell’occhio e nell’orecchio come una selva di stimoli d’intensità inumana. Una colata di contenuti marcatamente ipocriti, superficiali, accattivanti, pubblicitari. In un tale contesto, l’eco di alcune domande – “Dove sono?”, “Dove sono diretto?” – viene svuotato di senso concreto, quando lontanamente udibile. Da qui l’importanza di un cinema che prenda volutamente le distanze dal chiacchiericcio contemporaneo e rieduchi all’ascolto, al confronto, a una presa di coscienza personale e soggettiva. Con Voci dal Silenzio vorremmo dare un contributo in tal senso. E vorremmo farlo a partire da ciò che si pone come antitesi della distrazione e del rumore: il silenzio e la contemplazione. Sotto questa particolare gradazione, ancor più che le parole, le scelte attuate dagli eremiti possono diventare un monito per lo spettatore, stimolo concreto per tornare a dirigere il proprio tempo verso panorami più vasti, riscoprire il piacere della concentrazione e tornare a dare un giusto peso agli ostacoli e alle effimere conquiste del quotidiano. Dall’incontro con queste figure potremmo, forse, trarre l’impulso a riequilibrare il nostro stare al mondo, dando a esso un significato personale, profondo e spirituale.VIDEO – Estratto dall’intervista a Giancarlo Bruni
(Clicca sull’immagine per aprire il video)

All’inizio di questo film c’è solo l’indicazione di una direzione, di un orizzonte, di un inclinazione. Perché filmare è, prima di ogni altra cosa, intessere una relazione. Nessuna sceneggiatura dunque. In questo caso si tratta di raccontare ciò che è invisibile, impalpabile. La cinepresa si adatta a quello che accade nel momento, col fine di coglierne la verità che si manifesta nel suo movimento, eludendo le false evidenze, immergendosi nelle sfumature meno appariscenti. Il reportage seguirà il ritmo del viaggio, quello esistenziale prima di tutto. Viaggio di ricerca di sé, di scoperta e conquista dell’universo interiore. Alla successione di testimonianze delle figure incontrate farà da eco il lucido travaglio dei viaggiatori, immersi all’interno di un appassionato viaggio on the road a bordo di un vecchio camper.VIDEO – Estratto dell’intervista a fra Cristiano
(clicca sull’immagine per aprire il video)

La regia orchestrerà il tutto in un’unica esperienza corale restituendo allo spettatore il senso dell’erranza, della ricerca, del raccoglimento. Le immagini si accompagneranno ai racconti degli eremiti, alle riflessioni degli autori, alle voci della natura, ai silenzi. Le riprese poetiche, puramente musicali, che si riempiono di gesti e di attimi, avranno il fine di riaffermare le forme del nostro immaginario.
Ciò che mostreremo sarà sempre il frutto di un atto condiviso, di una piena adesione al progetto da parte degli eremiti che incontreremo. Alcuni li conosciamo già e sappiamo che sposeranno le nostre finalità. Altri hanno creato un rapporto di fiducia con Federico e sarà lui a introdurci nel loro paesaggio emotivo. Altri ancora saranno invece nuovi incontri, perché i viaggi lenti nascondono la sorprendente capacità di aprire sempre scenari nuovi e inaspettati.

Testo redatto e immagini e video forniti dagli autori Joshua Wahlen e Alessandro Seidita 


Sinfonica o progressive rock. Veruno il paese dove tutti suonano ed hanno un musicista per famiglia e ci sono varie rassegne - la storia di Davide Ierardi, musicista membro del gruppo «Santa Taranta».

riprendiamo , prima di gettarci nel giorno del ricordo   ( 10 febbraio  ) , di cose generalmente   più ( poi ovviamente   dipende   dai sentimenti    e da  quello che  ciascuno di noi sente     e ci riversa in essa  ) allegre  sopratutto  in  un  nazione  patria  del  bel canto  (  opera lirica , melodramma     e  cantautori  \ poeti )   ormai quasi estinti  salvo  eccezioni   come  queste  due  storie     che  m'avvio a  riportare  

la  prima   è tratta   da  http://www.lastampa.it/ del 26/01/2017





Sinfonica o progressive rock il paese dove tutti suonano Nel Novarese un musicista per famiglia e varie rassegne


Alcuni dei componenti della Società Filarmonica Verunese, il corpo bandistico che vanta 102 anni di storia

                                                 CHIARA FABRIZI

VERUNO (NOVARA)
Se per cercare il paese dei balocchi bisogna leggere Collodi, per quello della musica basta impostare sul navigatore il nome di una località del Novarese: Veruno. Già il cartello stradale recita: «Veruno, paese della musica». Per averne la prova basta entrare in una casa qualsiasi: almeno uno dei componenti suona uno strumento, canta nella corale o ha un diploma di conservatorio nel cassetto. Nella famiglia Bicelli la passione per la musica si tramanda di generazione in generazione, come il colore degli occhi. Renzo Bicelli, 76 anni, è un metalmeccanico in pensione: «A casa toglievo la tuta da operaio e imbracciavo il basso tuba». E’ lo strumento che suona nella Società Filarmonica, la banda che vanta 102 anni di storia. «Con me suonano le mie due figlie, una l’oboe e l’altra il clarinetto, mio genero la tromba, come mio nipote Samuele, 12 anni. Tutto ha avuto inizio con mio padre Primo, che nel 1914 ha istituito la Filarmonica, il vanto del paese».
Perché accada che in un Comune di 1700 abitanti la percentuale di persone «contagiate» dal virus della musica sfiori il 50%, lo spiega Alberto Temporelli, presidente di «Ver1 Musica»: «Tra fine ’800 e inizi ’900 in tanti sono andati a lavorare in Francia o in Svizzera e lì sono entrati a far parte di bande e sodalizi musicali. Una volta a casa, hanno importato quella passione». C’è chi della musica ha fatto una professione: Maurizio Sacchi che è direttore d’orchestra, i clarinettisti Alessandro Temporelli e Paolo Lombardo, mentre Lorenzo Bellini suona il corno; alcuni di loro fanno parte dell’Orchestra del Settembre musicale verunese, diretta da Alessandro Maria Carnelli. E chi, a Veruno, non suona, canta: in paese c’è la Corale di Sant’Ilario. E l’associazione «Percorsi musicali» promuove uno stage di perfezionamento per giovani strumentisti: ogni anno 100 musicisti a luglio, per 15 giorni, trasformano il paese in una sala prove diffusa.
Ma a rendere nota la località del Novarese oltre i confini italiani, in Europa e non solo, è il festival «2 Days Prog+1» organizzato dall’associazione «Ver1 Musica». «E’ il più importante festival di progressive rock in Italia e tra i primi al mondo - dice Temporelli - in media 6 mila persone ogni anno arrivano da tutta Europa». Il «2 Days Prog+1» - uno dei momenti del Settembre musicale verunese che comprende jazz e classica - offre concerti gratuiti: «Ogni anno si rinnova il miracolo - dice Temporelli -. Ci ritroviamo in migliaia sotto il grande palco nella piazzetta della Musica e nell’auditorium, per condividere musica ed emozioni. Negli anni abbiamo ospitato la nuova generazione del rock nostrano, come Litfiba e Afterhours, gruppi che hanno rappresentato il prog in Italia come le Orme, la Pfm, il Banco del Mutuo Soccorso accanto a band internazionali come Haken, Curved Air, Mystery, Uriah Heep». A tutti si chiede non solo di suonare ma di stare tra la gente: «Quattro chiacchiere davanti a un piatto di pasta cucinato da un’altra band che per una sera, lascia gli 
strumenti e mette il grembiule».


 la  seconda   dal http://www.messaggerosantantonio.it/ del 22\1\2017











                         Davide Ierardi, musicista membro del gruppo «Santa Taranta».


Il made in Italy ha una lunga storia in Australia. Non è iniziato con la pasta, la pizza o il panettone, bensì con la musica. Fin dalla seconda metà dell’Ottocento nel Paese oceanico arrivarono i primi gruppi di emigranti da Viggiano (provincia di Potenza, Basilicata) con le loro arpe a tracolla. Un terremoto aveva colpito duramente il Sud Italia nel dicembre 1857 e proprio a Viggiano – paese che vanta una lunga tradizione artigianale nella costruzione di arpe – i morti furono ottocento. L’emigrazione fu l’unica soluzione al dramma umano che ne seguì. Nel decennio 1860-1870 i viggianesi erano già numerosi a Sydney, Melbourne e Adelaide. All’inizio si esibivano per le strade ed erano chiamati musicantes. Successivamente formarono gruppi di buon livello artistico, sempre più richiesti durante i balli e i ricevimenti di lusso, ma anche nelle sale di proiezione, dove accompagnavano i film muti da dietro le quinte.
Col passare del tempo, l’arte di costruire e suonare l’arpa si perse un po’ nel nulla. Da circa dieci anni, però, è in atto un ritorno alla tradizione. E gran parte del merito va a Davide Ierardi (nella foto sopra ), viggianese che ora abita a Melbourne. «Mi sono avvicinato al mondo della musica sin da piccolo – racconta il giovane –. Da autodidatta ho iniziato a suonare la fisarmonica diatonica e ho avviato un percorso di ricerca, salvaguardia e promozione del patrimonio musicale lucano». 
Dopo aver frequentato il Conservatorio di Potenza e un corso di laurea in Discipline della musica e dello spettacolo a Napoli, nel 2004 Davide inizia a suonare l’arpa popolare di Viggiano (arpicedda). Quindi, assieme al padre Giovanni, crea il primo laboratorio di costruzione d’arpa. 
Gli anni passano, ma la passione per la musica popolare resta. È il 2012 quando Ierardi si trasferisce a Melbourne. In Australia conosce altri musicisti e, con Salvatore Rossano ed Emiliano Beltzer, forma il gruppo «Santa Taranta». «Taranta» è il termine pugliese per «tarantola», il ragno che, «pizzicando», scatena nella vittima un frenetico bisogno di danzare, per liberarsi dal suo veleno. Ovvio quindi che la «taranta» sia la musica più eseguita dal gruppo, seguita da pizzica, tammurriata, polka e jazz. I componenti della band, a turno, cantano e suonano la fisarmonica, l’organetto, la chitarra, la zampogna, il tamburello. Sono loro i nuovi musicantes che portano in Australia la musica tradizionale del Sud Italia. Non c’è da stupirsi se partecipano con successo a festival nazionali e sono invitati a esibirsi nelle scuole. «Il suono dei nostri strumenti – conclude Davide – è naturale, limpido, fresco, genuino. Per questo entusiasmiamo il pubblico e, dopo ogni spettacolo, ci sentiamo dire: “A quando la prossima volta?”».




27.1.17

Un viaggio a piedi nella neve, così il figlio riunisce i genitori prima della morte


questa  storia mi ricorda     tanto  l'anime   sui monti con annette in particolare  questi  tre  episodi  

A tutti i costi
「吹雪の峠をこえて」 - fubuki no touge wokoete 23 ottobre 1983
Lucien viene a sapere dalla sorella Marie che a Montreaux c'è un bravo medico che forse potrebbe guarire la gamba di Dany. L'intervento è molto costoso, ma Lucien non ha intenzione di farsi sfuggire il medico. Dopo aver racimolato tutti i suoi risparmi e anche quelli di Pegin, parte, all'insaputa di tutti, alla volta di Montreaux. Ma durante il viaggio si scatena una terribile tempesta.
40 In nome dell'Amicizia
「立ち上がれ ルシエン」 - tachiaga re rushien 30 ottobre 1983
Sorpreso da una terribile tempesta, Lucien, sfinito, crolla tra la neve. Nel frattempo Pierre si mette sulle sue tracce, ma il cattivo tempo lo costringe ad interrompere le ricerche. Lucien sta per arrendersi, ma il desiderio di parlare con il dottore di Montreaux e quindi di dare a Dany una possibilità di guarigione è più forte di tutto.

Una speranza per Dany
「ダニーを診てくれますか」 - dani wo mite kuremasuka 6 novembre 1983
Dopo mille difficoltà, Lucien raggiunge Montreaux. Contatta il dottor Givette e gli racconta di Dany. Il medico accetta di curare Dany ed assieme a Lucien parte per Roncinterre.
  quanti  ricordi  d'infanzia

da http://www.lastampa.it/2017/01/25/italia/cronache/


Un viaggio a piedi nella neve, così il figlio riunisce i genitori prima della morte



                                                     LAPRESSE









Pubblicato il 25/01/2017
ANTONELLA BORALEVI



Ci sono quattro metri di neve, tra i monti Sibillini e i monti della Laga, su per i boschi di faggi e di castagni. Neve intonsa, che nessuna ruspa finora ha trovato il tempo di sfiorare.
La strada è bloccata da giorni.
La neve fresca sono sabbie mobili che ingoiano le gambe, ogni passo sollevi una montagna.
Acquasanta Terme, duemilaottocento abitanti, un bel paese sperso in alto, a 19 km da Ascoli Piceno, è un tumulo bianco. La neve è dappertutto e è insormontabile.
Ma l’amore, e mi secca doverlo dire proprio io, che della retorica dell’amore sono nemica giurata, davvero vince tutto.
Romolo Nespeca, quaranta anni e qualcosa, venerdì scorso ha attraversato, un passo per volta, una gamba per volta, talvolta a gattoni, per due ore e mezzo di cammino, quell’universo bianco e gelato.
E’ andato nella frazione di Venamartello, ha preso tra le braccia sua madre, che di anni ne ha sessanta e di forza fisica molta meno di lui.
Era già buio.
E siccome non arrivavano né l’elicottero né lo spazzaneve, Romolo, con la mamma tra le braccia, talvolta sorreggendola, talvolta spingendola nel passaggio stretto che si sforzava di scavare con le mani nella muraglia di neve, ha fatto altre due ore di cammino, per arrivare all’ospedale.
Sulla porta, è quasi svenuto dalla fatica.
Ma era lì. Ce l’aveva fatta.
All’ospedale, c’era suo padre che moriva. Romolo e sua madre non volevano che morisse solo.
Alle nove di sera, in quell’ospedale che era irraggiungibile ma che l’amore ha raggiunto, quel marito e quella moglie che avevano diviso la vita, si sono potuti abbracciare. «A mezzanotte» ha detto Romolo «mio padre è morto,tra le braccia di mia madre».
Perchè ho scelto di raccontarvi questa storia?
Ho sentito l’obbligo di farlo. Perchè certe volte l’amore trionfa davvero.
E la retorica perde.

non fai l'ora di religione non puoi vedere nella giornata della memoria il film la vita è bella episodio avvenuto nella scuola Fratelli Bandiera di Roma,

Lo    so che  molti di voi  diranno  ( non li  biasimo  e li capisco  )    : <<  Ma  basta  lo sappiamo  cos'è avvenuto   nei lager  e  che di  cosa tratta la    giornata del  27 gennaio  e   ( anche se  vengono , salvo qualche  giornalista  coraggioso  e non completamente  omologato, taciute  o messe  in secondo  piano     le  notizie   sugli altri olocausti . Insomma   una  goccia in mezzo al mare  mediatico   ).  cosa  è stata  la shoah   ,.ecc  .

Ma   Ieri   in una  scuola   elementare    Roma  è   avvenuto  un  caso di  discriminazione  .  Strano   che il ministro ops ministra ( altrimenti le femministe e i politicamente corretti s'offendono e ti guardano male ) dell’Istruzione Valeria Fedeli proprio pochi giorni fa durante il Viaggio della Memoria ad Auschwitz con un gruppo di studenti romani diceva: «Se voi oggi siete qui è perché l’Olocausto ha fatto in modo che noi attivassimo la memoria: e la scuola ha un ruolo fondamentale in questo» non s'accorga di quello che (n vedere notizia sotto ) è avvenuto in questa scuola    e non mandi ispettori per accertamenti , visto che anche questo fatto mi sembra una discriminazioni di quelle che tale giornata ( dubbia o non dubbia , vedere post precedenti ) dovrebbe  abbattere   \  rimuovere  .


    dal corriere  della sera  del 27\1\2017 
E pensare che la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli proprio pochi giorni fa durante il Viaggio della Memoria ad Auschwitz con un gruppo di studenti romani diceva: «Se voi oggi siete qui è perché l’Olocausto ha fatto in modo che noi attivassimo la memoria: e la scuola ha un ruolo fondamentale in questo». Ma all’uscita della scuola esplode l’indignazione dei genitori degli esclusi. «Come è possibile - dice una mamma - che per un progetto che riguarda la Memoria, vengano discriminati alcuni bambini? Il film di Benigni era un progetto interculturale che non riguardava l’ora di religione, era destinato a tutti: che messaggio si dà a dei futuri adulti da parte di un’istituzione che li dovrebbe formare?».


Alla scuola Fratelli Bandiera «La vita è bella»: escluso chi non fa religione
L’iniziativa organizzata per la Giornata della Memoria alla scuola Fratelli Bandiera di Roma, ma solo per i bambini che seguono l’ora di religione. I genitori: i nostri figli discriminati


di Claudia Voltattorni (cvoltattorni@corriere.it)


                                      Un’immagine de «La vita è bella» di Roberto Benigni




Ne parlavano da giorni. A casa e a scuola. Di quella storia forte e commovente che un padre inventa per proteggere il suo figliolo dall’orrore nazista. Tutti eccitati dall’idea di vedere un film insieme. Le maestre avevano spiegato che «La vita è bella» era stato fatto vedere in tutto il mondo, che il suo regista aveva commosso migliaia di persone e aveva ricevuto anche un premio, che parlava di una cosa brutta successa tanti anni fa, che era però importante vederlo per «non dimenticare». E ieri mattina i ragazzini delle quattro quinte elementari dell’Istituto Fratelli Bandiera, zona piazza Bologna sapevano che la loro scuola avrebbe proiettato il film premio Oscar di Roberto Benigni. Era l’unica attività organizzata dall’istituto per la Giornata della Memoria celebrata oggi in tutto il mondo.
Ma poco prima di cominciare, la maestra di «Alternativa» chiede ai bambini che non fanno religione, e che le vengono affidati per quelle due ore settimanali in cui gli altri , di uscire, «perché quella è l’ora di religione» e «loro non possono restare con gli altri». Increduli i ragazzini. Senza parole le altre maestre. Scoppia il caso. «Cosa c’entra La vita è bella con l’ora di religione?». «Non si possono escludere dei bambini». «La Giornata della Memoria è di tutti». Viene interpellato quindi il preside Valter Farris e alla fine la soluzione è: chi non fa religione non può neanche vedere il film scelto per celebrare la Giornata della Memoria. Pianti dei piccoli, una ventina, portati in un’altra aula a fare l’ora «alternativa», cioè leggere, colorare, portarsi avanti con i compiti. Con buona pace del 27 Gennaio.
Nessuno aveva avvertito le famiglie dei bambini che non seguono l’ora di religione che i piccoli sarebbero stati esclusi dalla visione, «potevano chiederci un’autorizzazione - dice un papà -, saremmo stati ben felici di firmarla». Anche perché i genitori raccontano che la proiezione de «La vita è bella» era l’unica iniziativa fatta dall’istituto per celebrare il 27 Gennaio, fatta per di più con un giorno in anticipo rispetto alla data scelta in tutto il mondo («perché?»). Spiega un’altra mamma: «Siamo in una scuola costruita nel periodo fascista, un luogo che di memoria ne ha moltissima già di suo, questo dovrebbe spingere ancora di più la direzione a celebrare una giornata come il 27 gennaio».
Ma tra le mamme e i papà è già partito il tam tam con l’idea di far proiettare «La vita è bella» una seconda volta così che anche gli esclusi possano vederlo. Però, certo, dice una mamma, «mio figlio quando è tornato a casa piangeva e mi ha detto: così non dimenticherò più la Giornata della memoria 

quest bambino\a  ciha  dato  una lezine  di vita 

27 gennaio, giornata della memoria. 10 brani per ricordare

 Tutto quello che  dovevo dire  su  tale   giornata  l'ho detto nei post precedenti   e quindi non aggiungo altro  se  non questo articolo  , trovato mentre  cercavo  musiche   da mettere in sottofondo  a tali post  .Posso  soo  dire  che  condivido  e  faccio   mio l'incipit  di   questo articolo preso da  
http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/27-gennaio-giornata-della-memoria-10-brani-per-ricordare


Non c’è rabbia qui, non c’è rassegnazione, non c’è desiderio di vendetta. C’è solo il dovere di ritrovare e raccontare, ancora e ancora, storie che, se andassero perse, sarebbe una tragedia. LifeGate può farlo attraverso la musica.



Jozef Kropinski, RezygnacjaMusicista polacco, Jozef Kropinski nasce nel 1913 a Berlino ma ritorna in Polonia dove completa la sua educazione artistica. Il 7 maggio 1940 viene arrestato dalla Gestapo per aver pubblicato giornali illegali e mandato ad Auschwitz. Durante oltre quattro anni di prigionia in vari campi di concentramento compone centinaia di poemi e canzoni. A Buchenwald stringe amicizia con lo scrittore Kazimierz Wojtowicz e insieme a lui completa questo poderoso “quaderno musicale di Auschwitz e Buchenwald”, oltre 100 pezzi musicali tra canti, tango per quartetto d’archi, pezzi per pianoforte; un autentico patrimonio dell’umanità. Dopo la guerra si trasferisca a Breslau ma la sua opera, tranne un revival del 1962 quando vengono pubblicate le sue opere dall’Accademia di Berlino, viene via via dimenticata.


Leone Sinigaglia, Due danze piemontesi (1903)





Di famiglia benestante, la storia di questo compositore italiano è impreziosita dalla sua passione per i canti popolari: intorno al 1902 comincia a raccogliere sistematicamente i canti della collina di Cavoretto, utilizzandone alcuni, per la prima volta, nelle Danze piemontesi op. 31, eseguite nel 1903, sotto la direzione di Toscanini, al Teatro Vittorio Emanuele. Il musicista torinese ha raccolto, nel corso di lunghi anni di ricerche non sempre facili, un gran numero di canzoni pressoché scomparse (oltre 500 tra melodie e varianti), di cui solo qualche “vecchia donna” conservava la memoria. L’origine ebraica lo rende oggetto delle persecuzioni fasciste. Il 16 maggio 1944, mentre la polizia fascista lo sta per arrestare all’Ospedale Mauriziano di Torino dove s’era rifugiato con la sorella per sfuggire alle leggi razziali, muore per una sincope.


Gideon Klein, Partita für Streicher (1944)





A proposito delle persecuzioni naziste subite dai musicisti è esemplare, tra tutte, la parabola del compositore Gideon Klein, morto venticinquenne nel lager dopo un’esistenza trascorsa negli ultimi quattro anni tra i campi di Terezin e Auschwitz. La passione per la musica ha consentito a questo pianista e compositore cecoslovacco, anche durante la prigionia, di suonare e comporre in condizioni disumane. Organizzatore della vita culturale nel campo di concentramento di Theresienstadt, la sua morte è avvenuta in circostanze poco chiare proprio durante la liquidazione del campo Fürstengrube nel gennaio 1945. Non è l’unico musicista di fama, all’epoca, internato. Con lui, tra i molti, Erwin Schulhoff, compositore e pianista cecoslovacco morto nel lager di Weißenburg nell’agosto 1942, Pavel Haas, Hermann Leopoldi, Hans Krasa, morto ad Auschwitz all’età di 45 anni, la cantante italiana Frida Misul, l’austriaco Viktor Ullman che compose venti opere nei campi di concentramento prima di finire nelle camere a gas di Auschwitz.


Hanns Eisler, Deutsche Sinfonie, Op. 50 (1935-1947)





Pochi sanno che già nella ‎primavera del 1933, con Hitler appena insediato al potere, ci sono in piena attività in Germania almeno ‎tre campi, chiamati di prigionia o di lavoro, di transito, di raggruppamento, a ‎Breitenau, Dachau e Oranienburg. Vi finiscono innanzitutto dirigenti e ‎militanti comunisti e dell’opposizione rastrellati dalle SA dopo il rogo del Reichstag. Eisler compone i primi movimenti della “Deutsche Sinfonie, Op. 50” nell’immediatezza di ‎quegli eventi. Premiato alla XV edizione del Festival della Società ‎Internazionale per la Musica Contemporanea, gli promettono che i suoi componimenti saranno eseguiti ‎all’Esposizione mondiale di Parigi del 1937. Invece no. Il regime nazista, premendo sul governo ‎francese, fa cancellare la performance. La “Deutsche Sinfonie, Op. 50” viene eseguita per la prima ‎volta in studio nella sua interezza solo nel 1995 ad opera della Leipzig Gewandhaus Orchestra diretta da ‎Lothar Zagrosek.‎


Erich Itor Kahn, Ciaccona dei tempi di guerra (1943)





All’avvento del nazismo Erich Itor Kahn, grande pianista, viene sollevato da ogni incarico e costretto a fuggire a Parigi con sua moglie, Frida Rabinowitch. Nel 1939, all’inizio del conflitto mondiale, viene internato come “straniero nemico”. L’occupazione tedesca lo vede addirittura già prigioniero. Nei campi di Blois e di Milles compone la musica per soprano e pianoforte del Salmo XIII, il salmo di David, che nell’incipit recita “Fino a quando su di me trionferà il nemico?”. Un’altra composizione di Kahn nella prigionia francese è l’inno “Nenia judaeis qui hac aetate perierunt” per pianoforte e violoncello, un lamento funebre assolutamente profetico, considerato che viene scritto tra il 1940 ed il 1941 quando l’Olocausto non era ancora stato attuato, ma evidentemente ne erano già chiari – a chi voleva vedere – tutti i funesti segni premonitori. Scappato negli Stati Uniti, compone nel 1943 la sua celebre “Ciaccona dei tempi di guerra” per pianoforte.


Arnold Schoenberg, Un sopravvissuto di Varsavia (1947)





L’avvento del nazismo segna un periodo di crisi anche per Arnold Schoenberg, fondatore della scuola di Vienna e grande innovatore; Hitler, amante della musica wagneriana, lo osteggia al punto da indurlo a abbandonare la Germania, prima in Francia e in seguito a Boston, negli Stati Uniti. Tra i suoi capolavori c’è l’opera “Un sopravvissuto di Varsavia”, scritta nel 1947 proprio con l’intento di rievocare la persecuzione contro gli Ebrei. Una drammatica composizione per voce recitante, coro e orchestra. Si dice nell’atto 5: “Fu allora che udii il sergente che gridava: ‘Contateli!’ .Cominciarono lentamente e in modo irregolare. Uno, due, tre, quattro – ‘Attenzione!’ il sergente urlò di nuovo, ‘Più svelti! Cominciate di nuovo da capo! Fra un minuto voglio sapere quanti devo mandare alla camera a gas!’”


Luigi Dallapiccola, Il Prigioniero (1944-1948)





Luigi Dallapiccola compone la partitura del “Prigioniero” tra il gennaio 1944 e il maggio 1948. In realtà i primi progetti per un lavoro ambientato nel mondo delle prigioni discendono dall’impressione suscitata in lui dalla lettura, nel 1939, del racconto “La torture par l’esperance” di Villiers de l’Isle-Adam, che però si trasfigura in forza dagli eventi politici europei di quegli anni e, in particolare, dalla proclamazione delle leggi razziali. A esse il musicista oppone innanzitutto il ciclo di composizioni dei Canti di prigionia, tre preghiere di altrettanti reclusi illustri, a cui abbina l’opera Il prigioniero, per tentare di suscitare interrogativi (più che mai attuali, allora come oggi) sul valore della libertà dell’uomo. Prima rappresentazione a Firenze, Teatro Comunale, il 20 maggio 1950.


Aleksander Tytus Kulisiewicz, Songs from the Depths of Hell (1979)





La voce di Aleksander Kulisiewicz, un sopravvissuto di Sachsenhausen, trasmette ancora speranza, nonostante l’orrore di cui è stato testimone. Cantante amatoriale all’epoca del suo imprigionamento, Kulisiewicz ha composto 54 canzoni in circa sei anni nel campo di concentramento. Dopo la liberazione ha ricordato e trascritto sia quelle canzoni che quelle imparate dagli altri prigionieri, dettando centinaia di pagine di musica e parole all’infermiera che l’assisteva in un ospedale polacco. L’agonia che trasudano le sue canzoni è evidente, ma la bellezza dell’espressione musicale aiuta a contrastare le sofferenze raccontate qui, e vissute come lui da milioni di persone. L’album, pubblicato nel 1979, è cantato in tedesco, polacco, ucraino e yiddish.


Steve Reich, Different Trains (1988)





Steve Reich è nato nel 1936 a New York da padre di fede ebraica. Mentre in Europa ‎divampano guerre ed Olocausto, lui è costretto a frequenti viaggi in treno tra New York e Los Angeles a ‎causa del divorzio dei suoi genitori. Molti anni dopo, acclamato come uno dei padri ‎della musica minimale, Reich conduce una riflessione sul fatto che i viaggi in treno della sua infanzia, per quanto da incubo nella sua memoria, erano nulla al confronto delle tradotte verso i campi di concentramento e sterminio su cui erano ‎stipati tanti bambini come lui, ebrei d’Europa. Da qui l’album “Different ‎Trains”, i cui testi sono interviste a persone che vissero gli anni ‎intorno alla guerra. Nel secondo movimento parlano Paul, Rachel e Rachella, tre ebrei ‎sopravvissuti allo Sterminio in Europa, raccontano dell’occupazione nazista, dell’antisemitismo a scuola (i “corvi neri”, ossia gli ebrei) e della deportazione nei campi. Nel terzo, i sopravvissuti rifugiatisi in America, a cui resta il dolore e l’insopprimibile ricordo del male subìto, e di una bambina ‎ebrea che con la sua splendida voce incantava perfino i soldati nazisti.


Goran Bregovic, Train de Vie (1998)

La musica di Goran

Bregovic arricchisce questo film del regista romeno Radu Mihaileanu, una tragicommedia di viaggio sotto la triplice insegna dell’umorismo yiddish, di una sana energia narrativa e di un ritmo di trascinante allegria. Nel 1941, per evitare la deportazione, gli abitanti di uno shetl romeno allestiscono un finto convoglio ferroviario su cui alcuni si travestono da soldati tedeschi, nel folle tentativo di raggiungere il confine con l’Urss e di lì proseguire per la Palestina ed Eretz/Israel, la terra promessa. Ci riescono, dopo tragicomiche peripezie tra cui l’incontro con un gruppo di gitani che, a bordo di autocarri, hanno avuto la stessa idea. Dialoghi italiani di Moni Ovadia. Il regista riesce a mettere in scena gli effetti disumanizzanti dell’ideologia e del potere sull’individuo, mostrando come una commedia possa essere più tragica della tragedia stessa. Come egli stesso afferma: “L’umorismo come ebreo, è ciò che mi ha fatto sopravvivere, che ha salvato la nostra vita e la nostra memoria”.