19.11.24

"Io, Babbo Natale dei bambini meno fortunati"




da Quotidiano.Net tramite  msn.it 

Guido Pacelli è un Babbo Natale davvero speciale. Conosciuto come l’aggiustagiocattoli, lavora tutto l’anno per rendere felici bambini e famiglie in difficoltà economiche. Nel laboratorio romano dell’associazione Salvamamme ripara giochi rotti o difettosi, dando loro una nuova vita. È così che trenini macchinine, bambole e casette, dopo un checkup di controllo, vengono regalati ai meno fortunati. "La mia avventura è iniziata dopo la pensione. Sono ormai tredici anni che opero come volontario all’interno di SalvaMamme. Devo questa opportunità a mia

figlia, Katia Pacelli, che dirige l’associazione e mi ha proposto di dare una mano. Inizialmente mi occupavo della parte tecnica e logistica. Riparavo computer e stampanti, poi mi chiesi come mai molti giocattoli che ritenevo ancora buoni venissero buttati. Non funzionano, mi risposero, sono rotti. Non mi arresi e li aggiustai, dando una seconda vita a quegli oggetti destinati alla spazzatura. A oggi ho riparato più di 20mila oggetti", racconta."I giochi che arrivano all’ente sono frutto di donazioni di famiglie o di negozi che regalano i pezzi invenduti per difetti di confezionamento o malfunzionamento. Per recuperarli a volte basta veramente poco. È sufficiente sostituire un filo o i contatti ossidati per vedere in funzione nuovamente quelli elettronici. Quasi l’80% viene salvato". L’associazione Salvamamme si occupa anche di garantire alle famiglie più fragili ciò di cui hanno bisogno, dai beni di prima necessità al vestiario e di creare una rete di supporto per le madri in difficoltà."La filosofia di Salvamamme risiede nella metafora del baratro – spiega la presidente, Grazia Passeri – C’è un baratro, devi saltare? Ti do la mano perché tu non cada. È nel mutuo soccorso che si trova la possibilità e la forza di andare avanti". L’associazione è impegnata anche contro la violenza di genere, con la distribuzione di una valigia di salvataggio."Un bagaglio d’emergenza pronto – racconta Pacelli – con beni di prima necessità, donato alla donna che scappa dal luogo della violenza. Spesso le vittime non possono tornare a casa per prendere ciò di cui hanno bisogno. Forniamo loro abiti e oggetti personali per le prime necessità". "Dal 2014 – argomenta Passeri – sono state consegnate migliaia di valigie contenenti biancheria intima, un paio di scarpe, pantofole, un maglione, pantaloni, prodotti per l’igiene e una trousse per i trucchi. Oggetti che servono a dare il senso di accoglienza e di dignità alla donna. Si aggiungono piccole borse per i bimbi, indumenti, latte in polvere e qualche giocattolo. Il giocattolo rappresenta una forma di certezza, un mondo dentro al quale il bimbo possa trovare rifugio".La valigia di salvataggio viene data proprio per evitare che la donna maltratta torni sul luogo del pericolo. Serve a impedire ogni forma di contatto con la propria casa e con il soggetto maltrattante. I capi all’interno del trolley vengono donati dalle aziende che aderiscono all’iniziativa. Inoltre, l’associazione ha all’attivo un Protocollo d’Intesa con la Polizia di Stato e prevede anche assistenza legale, supporto psicologico e una sistemazione temporanea per le donne costrette alla fuga.Guido Pacelli e l’associazione intervengono dunque direttamente e in prima linea in situazioni di crisi perché "vedere lo sguardo di un bambino che riceve un giocattolo e che sorride ti ripaga di tutte le fatiche che fai", racconta il Babbo Natale romano. Salvamamme e Guido Pacelli sono un punto di riferimento per la città di Roma e per tutte le persone fragili che stanno vivendo un momento di difficoltà, infatti sostiene ogni anno 3mila nuclei familiari e mille nuovi nati.

18.11.24

il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin : «Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale» se stava zitto faceva più bella figura


«Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qualche modo discendenti da immigrazione illegale». Così il ministro dell’Istruzione,Giuseppe Valditara, nel suo videomessaggio trasmesso durante la presentazione alla Camera dei deputati della Fondazione Giulia Cecchettin, in presenza del pare Gino. Di solito  non  mi    meraviglio di  niente , ma  stavolta   anch'io    : ‹‹ Trovo francamente sconcertante ›› come   Irene Manzi,  del Pd  ‹‹ che il Ministro dell’Istruzione, davanti alla famiglia di Giulia Cecchettin e nel giorno della nascita di una fondazione che meritoriamente vuole lavorare con le scuole sul tema dell’affettività e della violenza, sulla qualità delle relazioni e sugli abissi che ci interrogano, banalizzi (per non dire rovini) tutto con uno spot di inutile violenza ideologica, con molte falsità e trovando anche il tempo di additare il solito nemico esterno.Questa volta se lo sarebbe dovuto risparmiare »
Una frase che si è inserita, quasi come chiosa finale, in un discorso durato una manciata di minuti e che ha toccato vari altri temi. Dalla Costituzione italiana all’inesistenza, almeno come fenomeno giuridico , del patriarcato .
Non è mancata la replica di Gino Cecchettin che, a margine della presentazione, ha glissato così: «Le parole del ministro Valditara?.
L'intervento del ministro  è il classico  esempio  di come  rovinare  un buon  discorso . Infilandoci  gli
immigrati  coem  capro espriatorio  . IL  ministro   ingnora o magari loo  sa  benissimo  ma  pee  propaganda    nasconde    che secondo i dati ISTAT e del Ministero dell'Interno aggiornati al 2023, gli stranieri rappresentano il circa 32-33% degli arresti per reati di violenza sessuale e molestie. Gli italiani rappresentano circa il 67-70% dei responsabili dei reati sessuali, che rimane una maggioranza significativa. Gli italiani sono inoltre più spesso soggetti a processi per reati di violenza sessuale domestica o in ambito lavorativo, aree meno denunciate per gli stranieri​. Ci sono anche differenze nel trattamento legale: Gli stranieri hanno meno accesso a misure alternative alla detenzione, il che aumenta la loro visibilità nelle statistiche carcerarie.Pregiudizi: Esiste una tendenza, confermata da studi sociologici, a denunciare più frequentemente crimini attribuiti a stranieri.Quindi  qualcuno può dire a Valditara che l'80% dei femminicidi è ad opera del compagno/ex compagno e che non è un fenomeno etnico ma sociale? Vogliamo parlare del "denunciate donne che tanto poi tornate a casa da sole", del codice rosso o di come funziona male il braccialetto elettronico che avvisa la vittima di stalking? IL patriarcato  c'è ogni volta che negate che esiste il problema o date altrove la colpa di quanto sta accadendo. Voi non avete paura quando uscite la sera, non sapete cosa vuol dire vedere donne adulte dire: "Ma l'importante è che non lo contraddico quando ha una giornata storta" ai corsi di difesa personale.Inoltre  si contraddice   in quanto si.  è vero    dal  punto  di vista legale il  patricarto  è stato    abolityo  per  legge  con  il nuovo  diritto  di  famiglia del  1975  che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla eguaglianza.  ma   esistono    ancore  le scorie    culturali  come   ammette Valditara, «nel nostro Paese ci sono ancora residui di maschilismo, diciamo pure di machismo, che vanno combattuti». Si tratta di quelli che «portano a considerare la donna come un oggetto, una persona con minore dignità, che deve subire». E questo maschilismo “moderno” «si manifesta in tanti modi»: dalle discriminazioni lavorative, al catcalling fino alla violenza vera e propria» . Ecco  quindi che  il discorso partito bene  è  stato  rovinato  dall''affermazione   che esiste un legame tra violenza sessuale e immigrazione senza uno straccio di dato, evidenze, prove, ha un solo nome: razzismo. Ovvero, discriminazione e ideologia (a proposito) allo stato puro.Il ministro chieda scusa a quest’uomo coraggioso, Gino Cecchettin, alla famiglia di Giulia, alle cento donne morte ammazzate ogni anno per mano di uomini spesso mariti, compagni, conviventi, fidanzati ITALIANISSIMI. Questa è pura propaganda per fomentare odio, oltre che grave ignoranza relativa al problema di cui si parla senza conoscerlo. Ed è grave da parte di una figura istituzionale  ch ha  in mano  il ministero dell'istruzione .In pratica  è   Il solito e ampiamente sfruttato riflesso di riportare sempre ogni argomentazione al flagello degli immigrati irregolari oramai é automatico nei discorsi di questi figuri. Ma tant' é. Evidentemente ad un certo elettorato queste deformazioni della realtà piacciono. Che tristezza !

non sempre è necessario abortire la storia di laura malata di oloprosencefalia alobare, una malformazione congenita del cervello

 Le voci di Andrea Celeste e di Francesco si sovrappongono come in un concerto polifonico, senza mai prevaricare l’una sull’altra. Chi li interrompe è Lucia, la loro bambina. La sua vocina si inserisce nel racconto più di una volta. Forse desidera capire chi è che sta parlando con i suoi genitori e perché è proprio lei la protagonista della storia. O forse vuole solo le «coccole», la prima parola che è uscita dalla sua bocca, ancor prima di mamma e papà, e che continua a ripetere, insieme a «mi piace tanto tanto tanto» – riferendosi alla pasta al pesto che sta mangiando –, a «Parole, parole parole» (sì esatto, la canzone di Mina) e a «Volare» di Domenico Modugno. «Sono i suoi cantanti preferiti – spiega la mamma ridendo –. Non sappiamo proprio come si sia innamorata di loro...».Tante altre cose, in realtà, non riescono a spiegarsi. Perché Lucia è un vero e proprio miracolo. Non ci sono altre parole per descriverla. Non avrebbe dovuto nascere. Due terribili diagnosi prenatali rischiavano di segnarle la vita. Prima la scoperta dell’idrocefalia, l’accumulo di acqua cerebrale nei ventricoli, che «non viene smaltita e quindi ingrandisce la scatola cranica». E poi la diagnosi ancora più grave dell’oloprosencefalia alobare, una malformazione congenita del cervello. «Si tratta del livello più grave – dice Francesco –. Nel 40 per cento dei casi i bambini muoiono entro pochissimi giorni dalla nascita, quelli che sopravvivono non riescono a respirare autonomamente, a mangiare, a muovere le mani, a defecare, e nemmeno a piangere». E invece Lucia ha pianto. Nonostante i medici che avevano consigliato ai suoi genitori di abortire, «perché anche se ce l’avesse fatta dicevano che sarebbe cresciuta come un’ameba».1Tutti tranne uno. Il professor Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice - Centro cure palliative prenatali del Policlinico Gemelli di Roma e promotore nel 2015, insieme alla moglie Anna Luisa La Teano e all’amica Angela Bozzo, della Fondazione “Il Cuore in una Goccia onlus”, di cui è presidente. Proprio ieri è iniziato, a Roma, il settimo raduno nazionale che ci conclude oggi con la Messa celebrata da Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma. Tanti volontari e famiglie da tutta Italia sono riunite per «rilanciare il concetto di custodia della vita umana in senso globale», spiega Noia. Con storie come quella di Lucia, che non appena è uscita dal grembo materno ha squarciato, tra la sorpresa di tutti, la quiete dei corridoi del Gemelli.
«La tentazione di abortire l’abbiamo avuta», ammettono entrambi i genitori. «Ma poi ho pensato – aggiunge Andrea Celeste – che nella vita la cosa più importante che ho ricevuto è stata l’amore. Se decido di abortire, mi sono detta, che cosa insegno a mia figlia? Che nella vita esiste solo la morte?». Francesco l’illuminazione l’ha avuta davanti al Santo Sepolcro di Gerusalemme: «Il Signore mi ha fatto capire che non poteva esserci dono migliore che potessi fare a mia figlia che farla nascere».
Poi l’incontro con Noia, «un angelo custode. Ci ha detto: “Le speranze di vita sono poche, e probabilmente Lucia avrà deficit neurologici molto gravi, ma tutti nasciamo malformati dalla storia, dal peccato e dalle sofferenze, eppure Dio ci ama». Lucia è nata al Gemelli un mese e mezzo prima del previsto con un cesareo. Altrimenti non ce l’avrebbe fatta. Oggi ha tre anni e mezzo ed è stata operata già undici volte. La sua testa, per dimensioni, è quella di una bambina di 12 anni. Ma respira autonomamente, mangia, vede (nonostante non possieda la struttura cerebrale della vista). I medici non si spiegano come ci riesca. E sente, «anche meglio di me, che sono musicista», aggiunge la mamma. Per muoversi usa un deambulatore. Ma per i medici è solo questione di tempo: prima o poi camminerà da sola. Così come si riuscirà a toglierle il pannolino.
La sua storia insegna che «ci vuole uno sguardo umile e grato sull’esistenza, senza cedere alla tentazione dell’autodeterminazione assoluta», sottolinea Ambarus. «Il nostro intento – aggiunge Noia – è contrastare la cultura dello scarto con la scienza, l’umanità, la formazione e la ricerca». Lo dimostrano i numeri: «Sono 824 le famiglie che l’Hospice ha aiutato nei suoi anni – conclude il professore –. Il 40 per cento dei bambini sembrava non avere speranze. E invece oggi è in braccio alle proprie mamme».

17.11.24

l'attrice israeliana Noa Cohen, per interpretare Maria di Nazareth: furia dei pro-Pal contro il film “Mary” di DJ Caruso su netflix

 
Pochi giorni fa Netflix ha pubblicato il trailer (  io  prefrisco  chiamarlo  promo  ma  fa lo stesso ) del film “Mary”, un’epopea biblica di formazione che racconta la figura di Maria di Nazareth. La pellicola sarà disponibile sulla piattaforma a partire dal 6 dicembre, ma non mancano le polemiche  e  le proteste  di boicottaggio  . Il motivo? La decisione di affidare il ruolo della protagonista all’attrice  israeliana Noa Cohen, già conosciuta per “Silent Game” e “Infinity”.  Tale   Una scelta che ha scatenato violente proteste sui social da parte degli attivisti pro-Pal, che ora chiedono il boicottaggio del film diretto da DJ Caruso.

L’attrice chiamata a vestire i panni di Maria è finita nel mirino degli haters sia perché israeliana, sia perché ebrea. I social sono stati invasi da commenti antisionisti e antisemiti.  del tipo  :  “Una disgustosa ebrea ha ottenuto la parte”, “Gli ebrei hanno creato questo e gli attori sono ebrei. No grazie”. E ancora: “Metà del cast è israeliano, inutile dire che è meglio evitare il film come la peste”, "La protagonista doveva essere palestinese", "Netflix fa schifo".
Molti hanno puntato il dito sul  genocidio in corso a Gaza, invocando una rivolta.Oltre alla già citata Cohen nei panni di Maria, da quel  che  ho apreso in  rete  ,   il cast comprende molti altri attori israeliani come Ido Tako, Ori Pfeffer, Mili Avital, Keren Tzur, Hilla Vido. Nel cast anche il due volte premio Oscar Anthony Hopkins, che interpreta Re Erode. Il film è stato girato in Marocco e, complice la tematica religiosa così delicata, il regista ha confermato che la scrittura e la produzione di “Mary” sono state realizzate con “grande cura” per creare “una storia che sembrasse sia sacra che moderna”. Interpellato da Entertainment Weekly, DJ Caruso ha post l’accento “sull’importanza che Maria, così come la maggior parte del cast, venisse selezionata da Israele per garantire l’autenticità”.
Evidentemente   la  maggior  parte di noi  pro-Pal ha teorie diverse…  . 
Ora Cari  amici\che  pro palestina   capisco  il vostro  odio   verso  la  stato d'israele  e  quindi  verso   il sionismo  per  la  sua  arroganza  verso  i palestinesi   la  cui  origine etnica  è  la stessa  degli ebrei non sionisti Premetto che  no ha   ancora  visto  ne  il   trailler  \  promo  del film e  vedendo ora  per la  prima  volta  una  foto   d'esso   quindi  riporto   il   commento un po'  aprioristico  su  Msn.it  \  bing  di     Annamaria Franzese
basta non guardarlo, al consumatore è rimasto questo potere ... a giudicare dalla foto, le stoffe, la copertina del bimbo...  anche i costumi sono di qualità "verosimile" :) ... non merita, si presenta come polpettone/soap

e quindi      se  anche   se  fosse  un polpettone   e  c'è un attrice  israeliana   perchè si  deve impedire  a  gli altri  di guardarlo     come sembra  propongono  di farlo alcuni  di   voi  pro palestina ?
Ma qui ( chiedo   scusa   a  chi   dovesse aver già  letto il precedente post  
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/11/belluno-coppia-di-tel-aviv-rifiutata-da.html ) ripeto    che   non bisogna  mai confondere i popoli con i loro governanti e con gli errori degli Stati. Ciò vale per gli israeliani come per i palestinesi . Lo dico da critico del governo israeliano e  di , ovviamente  senza  generalizzare  ,  di   alcuni israeliani  i cosidetti coloni  . 

16.11.24

Meloni e company facessero leggi più serie anzichè Vietare le parole «handicappato» e «diversamente abile» nei documenti ufficiali. un linguaggio più inclusivo non si fa per via legislativa

  se invece  di  fare  una legge  per una   cosa di poco conto   visto che  la  sostanza  non cambia 

 facessero leggi più  serie   o  almeno modificasero quelle esistenti , dato che    da quanto dice  il fondatore Nico Acampora,  il fondatore  di  PizzAut, il fondatore Nico Acampora: "Alcune aziende preferiscono pagare multe piuttosto che assumere una persona disabile": "Alcune aziende preferiscono pagare multe piuttosto che assumere una persona disabile"
Ora  secondo  la legge  proposta  dal governo Meloni  tutte le amministrazioni pubbliche dovranno adottare una nuova terminologia per le persone con disabilità: ecco quali parole devono cambiare e come mai.
Addio quindi  ai termini «handicappato» o «diversamente abile». È tempo di adottare un linguaggio rispettoso e inclusivo quando si parla e si scrive di persone con disabilità, affinché vengano evitate espressioni considerate obsolete o stigmatizzanti, a favore di altre che rispecchino il valore della dignità e della diversità umana. È l’invito contenuto ,  da quanto riporta  quest articolo  <<  Vietate le parole «handicappato» e «diversamente abile» nei documenti ufficiali: perché il governo Meloni sceglie un linguaggio inclusivo per la disabilità>> di  open , in una recente nota dell’ufficio di gabinetto del ministero per le Disabilità, che sollecita ad aggiornare e uniformare la terminologia ufficiale delle amministrazioni pubbliche. Si tratta di un aggiornamento che fa capo all’articolo 4 del Decreto legislativo n. 62 del 2024 (entrato in vigore il 30 giugno) e interessa sia la comunicazione istituzionale (comunicati stampa, siti web, documentazione informativa) sia l’attività amministrativa vera e propria, come decreti, provvedimenti o modulistica.
I termini da cambiare
Nella nota vengono indicate le seguenti modifiche:

«Handicap» viene sostituito da «condizione di disabilità» in tutti i documenti ufficiali.
Termini come «persona handicappata», «portatore di handicap», «persona affetta da disabilità», «disabile» e «diversamente abile» vengono unificati in «persona con disabilità».
Le espressioni «con connotazione di gravità» e «in situazione di gravità» sono sostituite da «con necessità di sostegno elevato o molto elevato».
Infine, «disabile grave» diventa «persona con necessità di sostegno intensivo».
Perché usare «persona con disabilità» invece di «disabile»

Perché usare l’espressione «persona con disabilità» invece di «disabile» o «handicappato»? La differenza principale sta nel fatto che, nel primo caso, si mette al centro la persona, mentre negli altri due si rischia di ridurre l’individuo alla sua disabilità. L’obiettivo di queste modifiche linguistiche è quindi di spostare l’attenzione sulla persona, piuttosto che sulla sua condizione, per evitare che venga etichettata unicamente in base alla disabilità. Si tratta di un approccio che promuove un linguaggio che rispetta e valorizza la dignità e la complessità di ogni individuo. Sebbene la modifica del linguaggio possa sembrare un cambiamento puramente formale, in realtà riflette una visione più moderna e inclusiva della società, che ora sta trovando spazio anche negli ambienti istituzionali. 
Un cambio di rotta del governo?
Si tratta di una mossa apparentemente dissonante nella linea adottata finora dalla maggioranza di governo, che alle sollecitazioni sulla necessità di utilizzare un linguaggio più inclusivo, ha più volte risposto in modo respingente. La premier stessa ha scelto di farsi chiamare «Il presidente», rifiutando l’utilizzo di «la presidente». La scorsa estate, il senatore della Lega Manfredi Potenti ha presentato un disegno di legge per vietare l’uso di termini femminili come «sindaca», «questora», «avvocatessa» e «rettrice» negli atti pubblici, sostenendo che il maschile universale dovesse prevalere in tutti i contesti ufficiali, pena sanzioni. E, solo pochi giorni fa, Meloni ha dichiarato: «Alcune femministe credono che la parità di genere si realizzi declinando titoli al femminile». Eppure, quando si parla di disabilità, il governo sceglie una strada diversa, più soft e meno controversa.
Forse un cambio di rotta o, più probabilmente, una mossa dettata dal fatto che il tema della disabilità è percepito come meno divisivo e, ad esempio, meno polarizzante rispetto alla questione di genere. In altre parole, parlare di linguaggio inclusivo per le persone con disabilità non solleva le stesse tensioni politiche e culturali che, invece, si accendono quando si discute della parità di genere. La disabilità continua ad essere erroneamente vista come una questione semplicemente di rispetto, mentre il tema della parità di genere sfida direttamente gli equilibri di potere esistenti. Sorge dunque spontaneo chiedersi se questo intervento faccia parte di un reale cambiamento di paradigma, o se si tratti semplicemente di un tentativo di presentarsi come inclusivi su un tema che, al momento, non scotta come altri. 

Anche    se  come ho spiegato dal titolo   lo reputo assurdo che ci voglia  una legge dello stato  per tale cambiamenti  , fare un  circolare   era meglio . Ciò non toglie, che la revisione della terminologia sui temi della disabilità rappresenti un passo avanti e un segno di civiltà   anche se  formale  

14.11.24

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata IX SE NON POTETE SCAPPARE USATE I GOMITI E LE GINOCCHIA

 puntate  precedenti 

 Se vi trovate in una situazione di pericolo o semplicemente di disagio e potete scappare, fatelo. Può sembrare brutto da dire e ancora peggio da fare, ma se potete levarvi di torno con una rapida “ritirata strategica”, fatelo. Del resto il vostro orgoglio guarisce più in fretta di una coltellata al fegato o, se volete metterla sul pericolo, meglio un codardo vivo che un eroe morto. Se la situazione che vi si presenta è troppo rischiosa, come nel caso in cui vi troviate davanti un ladro che vi minaccia con una pistola o un coltello, non fate gli eroi e trovate il modo di risolverla pacificamente, anche se questo signica farsi
derubare. Se invece la situazione lo impone, difendetevi. Le tecniche insegnate sono studiate per essere usate in situazioni critiche. Sono banditi calci alti o volanti e tutte quelle mosse coreografiche che servono solo a impressionare gli spettatori al cinema. È meglio usare i gomiti e le ginocchia, armi naturali del corpo che istintivamente sono molto poco usate. Eppure un colpo di gomito, grazie alla leva più corta, è in grado di impa!are sul bersaglio con grande potenza e può essere risolutivo. Le ginocchia, soprattutto se usate contro i genitali o contro lo stomaco, possono arrestare anche energumeni che pesano il doppio di voi. È utile anche applicare leve articolari e manipolare polsi e dita della mano. Si tratta di punti sensibili che, con il minimo sforzo, possono immobilizzare un aggressore. Se il contesto ve lo consente, organizzate una simulazione. Naturalmente non potrete contare su di un copione che necessariamente corrisponderà alla realtà, ma in ogni caso può riprodurre un’eventuale situazione di pericolo in cui potreste trovarvi un domani e consentirvi di misurare il vostro livello di stress e quelle che sono le vostre capacità di reazione davanti a una criticità di questa portata. Tra le altre cose si tratta dell’ennesima occasione per tenere bene a mente il primo comandamento dell’autodifesa: non pensare “a me non capiterà mai”

l'ultimo consiglio    

 Non fate mai entrare sconosciuti in casa. Anche se è una ragazza e vi chiede di utilizzare il telefono per chiamare il suo papà, oppure vi dice che il suo !glio o sua madre è in pericolo: potrebbe essere un trucco. Ditele che chiamerete voi il 113, ma non fate entrare nessuno in casa. Non fate entrare neanche persone che vi vogliono proporre prodotti o “tecnici” di varia natura. 
E' vero che fidarsi  è  bene non fidarsi  è meglio .  Ma    allo stesso tempo    è quasi    cinico . Infatti

In medio stat virtus (o anche in medio virtus stat) è una locuzione latina, il cui significato letterale in italiano è: «la virtù sta nel mezzo». La locuzione invita a ricercare l'equilibrio, che si pone sempre tra due estremi, pertanto al di fuori di ogni esagerazione.Anche nel buddhismo è presente un simile concetto: Il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza si chiama Via di Mezzo, perché evita i due estremi dell’auto-indulgenza e dell’auto-mortificazione, comportamenti eccessivi che non conducono alla pace mentale. Questa via, elaborata nel Nobile Ottuplice Sentiero, consiste nel coltivare la virtù, la serenità meditativa e la saggezza. .  Farlo . Ma  facendo  attenzione  .  ...  dalla voce   In medio stat virtus - Wikipedia

quindi fatelo  con cautela 

Belluno, coppia di Tel Aviv rifiutata da un hotel: «Israeliani responsabili di genocidio, non sono ospiti graditi»

l'accaduto
«Buon giorno, vi informiamo che gli israeliani, in quanto responsabili di genocidio, non sono ospiti graditi nella notra struttura. Pertanto, se vorrette cancellare la prenotazione, saremo lieti di garantila gratuitamente». Il testo è il contenuto di un Whatsapp spedito dal
titolare dell'Hotel Garnì Ongaro di Selva di Cadore a una coppia di Tel Aviv, che, attraverso Booking, aveva prenotato e pagato due notti nell'albergo bellunese nei primi giorni di novembre. Il messaggio di Patrick Ongaro ha raggiunto la coppia alla vigilia della partenza del volo per l'Italia. In un secondo momento, fatto su cui non c'è però conferma diretta, albergatore e clienti si sarebbero risentiti via telefono e l'invito a rinunciare all'ospitalità concordata si sarebbe strasformato in un, se possibile, più perentorio: «Non fatevi vedere qui...». 

 cosa  ne  penso  

Mai confondere i popoli con i loro governanti e con gli errori degli Stati. Ciò vale per gli israeliani come per i palestinesi .lo dico da critico del governo israeliano e  di , ovviamente  senza  generalizzare  ,   di   alcuni israeliani  i cosidetto coloni  . Per  il resto sono cosi  triste   che non so che  altro ire  ,  se  non   che    questi atti  di discriminazioni  svegliano  l'orgoglio e la  dignità di quella  parte del  popolo israeliano ch  vuole  la pace  e  la  convivenza  \  cosesitenza    con  il popolo ebraico . 

13.11.24

A VOLTE PER RIFLETTERE SUI FEMMINICIDI MEGLIO IL RUMORE CHE L'IPOCRITA MINUTO DI SILENZIO . LA BELLISSIMA INIZATIVA PER GIULIA CECCHETTIN

I movimenti studenteschi, compatti, avevano chiesto di organizzare un minuto di rumore in occasione dell’anniversario della morte di Giulia Cecchettin.Sapete chi è che ha rifiutato questa proposta di civiltà? Il Preside del Tito Livio, ovvero proprio il liceo di Padova che aveva frequentato Giulia.
“Niente rumore, serve silenzio, ma ognuno a casa sua, magari con una candela accesa sul balcone di casa.”
Questa la sintesi della allucinante circolare del preside Luca Piccolo, ovviamente uomo. 
Un preside che affossa l'iniziativa dei ragazzi è    a mio aviso  non dovrebbe ricoprire quel ruolo perché significa che non ne capisce l'importanza.Infatti ormai qualunque esperienza collettiva sembra sovversiva, mentre c'è un bisogno enorme di partecipazione e appartenenza, specie tra i giovani. Si può pregare e accendere candele sul proprio balcone, naturalmente, ma se i compagni di scuola si sentono di fare un piccolo gesto di memoria non mi pare proprio il caso di vietarlo  . Ecco quini che   la risposta più bella è arrivata dai ragazzi, dagli ex compagni di scuola di Giulia, che sono rimasti fermissimi sulla propria volontà.
“Il Preside non vuole? E noi lo facciamo lo stesso.” Hanno applicato quella che una volta si chiamava disobbedienza civile, ed è qualcosa che raramente si impara e s'apllica sui banchi di scuola.
Altro che silenzio, questi ragazzi ci stanno dicendo, anzi urlando, che abbiamo bisogno di rumore per Giulia e le quasi cento donne ogni anno vittime di femminicidio. Abbiamo bisogno di alzare la voce, di “far casino” se necessario. Mai tacere.E' questo che ci hanno voluto dire dando una grande lezione a chi dovrebbe insegnare loro.

PizzAut, il fondatore Nico Acampora: "Alcune aziende preferiscono pagare multe piuttosto che assumere una persona disabile"

 L'inclusione passa anche attraverso una pizza. A "Pomeriggio Cinque" Nico Acampora fondatore di PizzAutla prima pizzeria gestita interamente da ragazzi autistici con sede a Cassina de' Pecchi (Milano) e a Monza, racconta il progetto e fornisce alcuni dati sull'autismo in Italia. Ad accompagnarlo in studio ci sono due ragazzi che lavorano in questi ristoranti e spiegano come è cambiata la loro vita grazie a questa iniziativa. "Io ho


32 anni e da quando avevo 14 anni ho fatto stage in tantissime aziende italiane. Negli ultimi 2 anni e mezzo sono entrato da PizzAut ed è iniziata una cosa bellissima e finalmente sono stato assunto", confessa Edoardo.I numeri sull'autismo Il fondatore di PizzAut Nico Acampora, ospite in studio del programma condotto da Myrta Merlino, fornisce alcuni dati sulla situazione dell'autismo nel nostro Paese. "In Italia ci sono 600mila persone autistiche. Nasce un bambino autistico ogni 77 bambini e per i nostri figli non c'è nulla", spiega Acampora. E aggiunge: "Banalmente l'anno scorso l'insegnante di sostegno per mio figlio è arrivata a dicembre. Su 600mila persone, quelle inserite nel mondo del lavoro sono solo l'1,7%". "La Lombardia, che io conoscono bene perché ci abito e lì abbiamo i due ristoranti, ha incassato 81 milioni di euro di multe da parte di aziende che preferiscono pagare piuttosto che assumere una persona disabile", conclude l'uomo.Il progetto PizzAut  PizzAut ha aperto la prima pizzeria interamente gestita da ragazzi autistici nel 2021 a Cassina de' Pecchi, in provincia di Milano, e nel 2023 ha inaugurato un altro locale a Monza. Sin dalla sua fondazione, ha avuto come obiettivo quello di sensibilizzare le Istituzioni e la società civile sul tema dell’occupabilità delle persone autistiche. A "Pomeriggio Cinque" due ragazzi raccontano come è cambiata la loro vita da quando hanno trovato un lavoro regolarmente retribuito grazie a PizzAut. "Ho tantissimi sogni. Sono appassionato di modellini di robot giapponesi, in particolar modo dei Transformers, e sto collezionando tutti i loro modellini. È bellissimo avere uno stipendio e realizzare questi sogni qua", spiega Edoardo. "Io faccio il cameriere e sono assunto dal primo maggio 2023", racconta invece Lorenzo. Proprio quest'ultimo, come precisa Nico Acampora, ha visto svoltare la propria vita grazie a PizzAut: "Prima di venire da me si è fatto 4 lunghi anni in un centro diurno per ragazzi disabili. A un certo punto si piantava la forchetta in testa, si chiama autolesionismo. Quando è venuto da me ha smesso e adesso la neuropsichiatra gli ha tolto anche gli psicofarmaci. È compensato dal lavoro ed è un lavoratore straordinario".

12.11.24

DIARIO DI BORDO N 87 ANNO II . Dottoressa in matematica ma fa la bidella: storia di Annamaria Custode , dalla Puglia all'Emilia Romagna ., La 28enne Alice Chioda tiene viva una tradizione antica Sono molte le future spose che la cercano .,“Rifiorire con due bassotti”, la storia vera del brianzolo Sandro Nigro, rifiutato dalla famiglia perché omosessuale

 Una  storia    che  Sinceramente mi sembra strana . Sono  curioso di  capire    perchè non abbia avuto nessuna convocazione come insegnante: i docenti nelle materie STEM* sono richiestissimi !

Dottoressa in matematica ma fa la bidella: storia di Annamaria, dalla Puglia all'Emilia Romagna


«Nessuno lascia la sua casa a cuor leggero». Il pensiero di Annamaria Custode è
molto simile a quello dei tanti giovani pugliesi che hanno dovuto riprogrammare la loro vita, percorrendo strade che difficilmente avrebbero immaginato di imboccare; tappe divenute  
obbligate per realizzare il desiderio di libertà e indipendenza. Trentatré anni, una laurea in Matematica nella valigia, Annamaria è partita quattro anni fa da Ruvo di Puglia alla volta dell’Emilia Romagna per prendere servizio in una scuola di Comacchio. Non come insegnante, ma come collaboratrice scolastica.«Ho studiato per guardare la cattedra da un’altra prospettiva ma sono comunque felice dell’esperienza che ho fatto», racconta. In quella scuola Annamaria è rimasta per tre anni, prima di decidere di rientrare in Puglia da suo marito. «Il primo anno di matrimonio l’abbiamo vissuto a distanza. È stata una dura prova che abbiamo superato non senza sacrifici e rinunce», afferma, ripercorrendo le fasi di una esperienza lavorativa che le ha lasciato tanto in termini umani e di crescita personale. «Non mi sono mai lasciata scoraggiare, ho vissuto ogni giorno come un passo verso il futuro che mi stavo costruendo con dignità e autonomia». E non importa se ha dovuto ridimensionare le aspirazioni: «I sogni a volte devono fare i conti con la realtà - dice - ma la libertà e la dignità di poter vivere con le proprie forze sono sogni reali che meritano tutto il nostro impegno». Questione di carattere e determinazione, componenti che rendono meno pesante una scelta di vita non semplice, quasi una scommessa sul proprio futuro. Una vita da precaria, quella di Annamaria, a seicento chilometri dalla propria famiglia, in un paese sconosciuto. Racconta: «Ma qui mi sono sentita a casa, ho costruito nuove amicizie, inventato la mia nuova vita. Tanta gente mi ha voluto bene, mi ha accolto come se mi conoscesse da sempre, diventando una mia seconda famiglia e penso che sarei rimasta qui se non avessi avuto in Puglia i miei affetti più cari. E poi, qui, avrei ottenuto nuovamente un incarico full time». Sì, perché oggi Annamaria è tornata a lavorare in Puglia, sempre a scuola, ma con un contratto di sei ore settimanali in segreteria.Il punteggio maturato al nord come collaboratrice non le ha risparmiato una ulteriore gavetta, quasi una ripartenza dal via con la frustrazione di dover rimanere in attesa di una chiamata per una nuova supplenza. «Dovrò maturare il punteggio necessario a scalare la graduatoria così da poter aspirare a un posto di lavoro a tempo pieno nei prossimi anni. Qui in Puglia occorre un punteggio più alto per piazzarsi bene in graduatoria rispetto all’Emilia Romagna», spiega. Con un contratto di poche ore lo stipendio mensile serve a malapena a sostenere le spese per raggiungere in auto il posto di lavoro. «Posso affrontare questa nuova esperienza, nonostante le diverse condizioni, perché sono a casa. Certo, sto ancora seminando, ma sono consapevole che ciò non sarebbe stato possibile se vivessi ancora da sola al Nord», conclude.


 *Le materie STEM sono un acronimo che sta per Science Technology Engineering Mathematics, ovvero Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica


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Una bergamasca che fà henné? Sì. Alice Chioda, classe 1996, è una henna artist ovvero un’artista dei tatuaggi all’hennè, con cui decora, a mano libera, varie parti del corpo. Per realizzarli utilizza una miscela ottenuta mescolando la polvere ricavata dalle foglie essiccate di una pianta chiamata Lawsonia Inermis, proveniente dal Medio Oriente e dal Nord Africa, insieme allo zucchero e all’olio di lavanda. Sin da piccola questo tipo di arte l’ha appassionata, tanto da
spingerla, diversi anni dopo, a lasciare la facoltà di psicologia.
Solo hennè naturale Alice, che su TikTok ha oltre 67mila followers, cui si aggiungono i 18mila su Instagram @zzingara   ( da  cui  ho tratto il  video sotto   e  lka  foto a  destra  ) ,  si è infatti avvicinata all’henné da piccola grazie a sua madre. Lei insegnava italiano a donne straniere, spesso del Marocco, che a loro volta decoravano le sue manine. Sui social è diventata famosa condividendo le sue esperienze lavorative: matrimoni, viaggi e la preparazione dei conetti di hennè. È una ragazza generosa, come dimostra il fatto che non ha avuto problemi a rendere pubblico il composto, che tanto ha faticato a creare, con cui realizza i suoi tatuaggi temporanei. Soprattutto ci tiene a sensibilizzare il suo pubblico riguardo alla differenza sostanziale tra l’hennè naturale e quello chimico: quest’ultimo può rovinare gravemente la pelle lasciando anche cicatrici. Come si può distinguere? Controllando gli ingredienti ma, ancora più facilmente, dal profumo: in quello chimico alcune volte viene usata l’acquaregia al posto degli oli essenziali. A livello d’uso non cambia nulla, ma l’impatto sulla pelle è disastroso, considerando che l’acquaregia viene usata per sciogliere l’oro.
Decorare le spose
La parte principale del suo lavoro consiste nel decorare le spose, che spesso provengono da Marocco, Burkina Faso, India, Pakistan o Turchia, qualche giorno prima delle nozze. Questa cerimonia per sole donne riguarda amiche, parenti e la sposa, che si deve rendere bella per lo sposo secondo la tradizione. È una giornata di festa molto bella e colorata quella della preparazione della sposa, perché, come si può vedere nei video di Alice Chioda, si svolgono balli e canti. Inoltre, certe volte, la sposa decide di decorare lei stessa le proprie amiche, tutto questo indossando specifici vestiti e gioielli – che seguono le tradizioni del Paese di provenienza della sposa – per poi concludere la giornata con del delizioso cibo. Un’ulteriore curiosità è che molto spesso le spose richiedono di nascondere le lettere del marito in mezzo ai disegni, così dopo i curiosi si metteranno a cercarle, ridendo insieme.
Testimonial di un’arte

Alice ha anche uno shop online dove vende i conetti di henné e le foglie essiccate inserendo nel pacco anche la preparazione del composto. Lo scopo dei suoi account social non è solo quello di sponsorizzare il suo lavoro facendosi conoscere, ma anche quello di diffondere il più possibile questo tipo di arte, che purtroppo non è molto conosciuta nel nostro Paese. Come ha spiegato più volte lei stessa sui suoi canali, l’henné si può usare per disegni più semplici e di stili diversi: molte persone lo usano come prova temporanea per poi decidere se andare a tatuarselo in modo permanente. Alice vive a Bergamo ma viaggia molto spesso sotto richiesta delle sue clienti, inoltre ha partecipato a molte fiere compresa la Fiera dell’Oriente che viene organizzata in varie regioni d’Italia. Se vi capita di passare per caso per Bergamo o in una delle fiere in cui partecipa e, più di tutto, volete anche voi provare quest’arte, fate un salto da lei


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Concorezzo. Il 2024 è l’anno in cui Sandro Nigro, presidente dell’Associazione Cuor di Pelo Rescue Bassotti di Concorezzo, ha deciso di raccontare la sua storia personale attraverso il libro “Rifiorire con due bassotti“. Un racconto che, partendo da una dolorosa esperienza di abbandono familiare, si trasforma in un inno alla speranza, alla resilienza e all’amore che solo gli animali sanno donare. In un’epoca in cui le diversità continuano a incontrare pregiudizi, il libro di Nigro si fa portavoce di un messaggio di accettazione e di coraggio, celebrando la bellezza della vita, nonostante le difficoltà.
di “Rifiorire con due bassotti”
“Rifiorire con due bassotti” è un libro di poco più di 120 pagine, ma molto intenso, che racconta la storia di un giovane uomo che, dopo aver vissuto un rifiuto da parte della sua famiglia a causa della sua omosessualità, trova conforto e speranza in due bassotti, Matita e Pastello. Questo incontro segnerà una vera e propria rinascita per il protagonista, che, grazie all’amore incondizionato dei suoi cani, riscoprirà la gioia di vivere e il valore dell’affetto genuino. La storia, purtroppo, troppo spesso comune, racconta di abbandono, solitudine, ma soprattutto di un percorso di rifioritura che dimostra come la forza di andare
avanti possa nascere anche dalle esperienze più dolorose
Sinossi: L’incontro fortuito dell’autore, in mezzo alla nebbia e alle luci della vigilia di Natale, con un uomo misterioso, apre le porte a un racconto intenso, commovente e a tratti divertente. L’uomo misterioso, in quell’atmosfera sospesa, inizia a raccontare la sua vita. L’infanzia di un bambino costretto in un’armatura, sia fisica (il busto correttivo che lo rende distante dagli altri bambini) che mentale: la madre lo costringe a rimanere solo, lontano dagli altri bambini e gli impedisce di frequentare l’asilo, il parco, i giochi dei bimbi, impedendogli di vivere le gioie e la spensieratezza dell’infanzia. Il bambino cresce in casa e, meraviglia dell’infanzia, riesce a trovare divertimento nei lavori casalinghi o nei racconti di cucina delle amiche della nonna. La nonna, donna siciliana, è l’unica persona che gli fa assaporare la bellezza di essere un bambino: lo coccola, gli parla e lo colma di attenzioni. Il bambino cresce nella solitudine, salvato dalla creatività e dalla fantasia, in un continuo e difficile rapporto con la sorella, distante e triste, e con la mamma autoritaria, fredda e litigiosa: depressa per avere un figlio così diverso dagli altri. E poi la morte del padre, dolce ma assente. Crescendo avviene la scoperta della propria omosessualità e la reazione crudele della madre e della sorella, contrapposta a quella amorevole e comprensiva della zia e della nonna. La morte della nonna lo riporta nel buio della solitudine da cui il protagonista esce grazie all’incontro con una bassottina, Matita, vivace e intraprendente, che gli cambia la vita (e il divano). La vita con il cane e l’incontro con un altro bassotto, Pastello, nel quale il protagonista si rispecchia, rappresentano una vera e propria rinascita, in un crescendo di positività, bellezza, fantasia, contornate dai disastri compiuti dai pestiferi bassotti.E poi la piena accettazione della propria omosessualità, e infine l’idea di un’associazione per riunire tutte le persone accomunate dall’amore verso i cani e per aiutare quei bassotti che, come Matita e Pastello, sono stati abbandonati, lasciati soli a disperarsi: in Matita e Pastello, l’uomo ha riconosciuto la sua storia e la chiave per superare le tristezze della vita.
L’intervista a Sandro Nigro
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore di “Rifiorire con due bassotti”, Sandro Nigro, per scoprire di più sulla sua esperienza, sul significato profondo del suo libro e sulla missione della sua Associazione, Cuor di Pelo.




Rifiorire con due bassottiSandro Nigro con il suo libro

1) L’omosessualità, nel 2024, è ancora un problema secondo lei? Perché ha sentito l’esigenza di scrivere questo libro?

“È un problema perché il campo visivo è ancora molto ristretto. Buona parte dei genitori sono ancora radicati alla famiglia tradizionale e pertanto vivono in quell’emisfero dove un figlio tassativamente si sposerà e avrà dei figli. Quando questo non accade, getta un genitore nello sconforto e nella non accettazione di una realtà diversa dalla sua. Alcuni genitori la vivono come una sorta di tradimento, altri come una grave malattia vista peggio di una leucemia fulminante. Ho pensato che, ai giorni nostri, ci siano ancora molti ragazzi che vivono in una sorta di limbo, di non accettazione verso se stessi per paura del giudizio della famiglia. Invece il primo passo da superare è accettarsi per poi affrontare lo scoglio della famiglia. In alcuni casi qualcuno ha tentato il suicidio per paura del coming out, altri vivono una forte depressione, e invece c’è sempre un pretesto positivo per andare avanti e viverla con serenità.”


2) Il libro racconta di una storia vera, la sua. Ma il protagonista è volutamente senza nome perché si rivolge a tutti coloro che sono intrappolati in gabbie emotive, sociali o fisiche. Partendo dalla sua reale esperienza, ci può raccontare il suo percorso verso la rifioritura? Cos’è la cosa che più di tutte l’ha fatto soffrire negli anni?

“L’uomo misterioso potrebbe essere ognuno di noi, non sono stato, non sono e non sarò l’unico caso al mondo. Chi si trova nella mia stessa condizione potrebbe ritrovarsi e trovare la strada per uscire dal tunnel. Ad esempio, a me hanno aiutato a ritrovare il sole proprio gli animali. Loro non ti giudicano, ti amano per quello che sei. La cosa che mi ha fatto più soffrire è stata l’allontanamento di mia madre e mia sorella dopo la perdita di mio padre nel 2004 per una grave neoplasia renale. Mi sono sentito tradito, eppure la mamma dovrebbe essere colei che assorbe le varie sfaccettature dei figli. Questa cosa mi ha turbato parecchio perché mia madre è stata sempre morbosamente legata a me, a causa anche della mia disabilità fisica che da bambino mi ha costretto a vari interventi di riabilitazione.”

3) Il titolo del suo libro già dice molto: “Rifiorire con due bassotti”. Che cosa c’è di così speciale nel rapporto con un animale? In questo caso due cani?

“I cani dispensano amore incondizionato e hanno effetti positivi sulla nostra quotidianità. Matita e Pastello, ovvero Molly e Califfo, sono il mio punto fermo. Mi hanno insegnato cosa significhi la lealtà, la pazienza, il rispetto ed il perdono. Molly e Califfo non mi hanno giudicato per il mio orientamento sessuale, ma per il rispetto che nutro verso di loro. Ho fortemente voluto Molly per colmare il vuoto lasciato dalla mia famiglia, Califfo è arrivato inaspettatamente. Poi negli anni ho capito che i bassotti devono vivere e viaggiare in coppia. Soffrono molto la solitudine.”

4) Scrittore ma anche presidente della nota associazione Cuor di Pelo Rescue Bassotti di Concorezzo. Siamo curiosi: come è nato il suo amore nei confronti di questa specifica razza? Quali sono le caratteristiche dei bassotti?

“Il bassotto mi è sempre piaciuto, mi ci sono ritrovato nella forma e nella sostanza. Purtroppo vivevo in una famiglia dove gli animali non erano ben graditi, questo mi ha fatto soffrire parecchio. Dal momento in cui sono andato a vivere da solo ho capito che finalmente potevo avere un bassotto tutto per me. Il bassotto è un cane tascabile che puoi portare ovunque, un fedele amico su cui contare e con cui condividere i vari step della tua vita. È al contempo docile, ma testardo, affettuoso, ma amante della sua autonomia. Non è pigro, anzi è sempre in movimento e adora stare all’aria aperta. Allegro, divertente, è sempre un piccolo terremoto.”

5) La vendita di questo libro servirà anche per raccogliere fondi per la sua Associazione. Di cosa c’è bisogno?

“Non voglio risponderle “banalmente” che c’è “semplicemente” bisogno di cibo o beni primari per i nostri piccoli ospiti. In un’associazione come Cuor di Pelo c’è sempre bisogno di fondi. Con i fondi possiamo garantire pasti caldi ai bassotti che soccorriamo, ma possiamo provvedere alle loro cure mediche, alle sterilizzazioni, alle vaccinazioni, alla fisioterapia dei bassotti a rischio di infermità. Con l’aiuto delle persone che ci conoscono possiamo dare una nuova vita a tanti bassotti che, senza Cuor di Pelo, probabilmente non sarebbero nemmeno più su questa terra.”

6) La Strabassotti, che ogni anno riempie il parco di Monza, è uno tra gli eventi sportivi e sociali più apprezzati in Brianza. Qual è il segreto di tanto successo? Qualche novità per l’edizione 2025?

“La Strabassotti ha avuto un successo che è andato ben oltre la Brianza. Abbiamo visto partecipanti anche da altre nazioni e l’evento cresce ogni anno. La nostra passione e serietà, unite alla bellezza di vedere così tanti bassotti e i loro padroni, sono la chiave del successo. La gente lo capisce e torna ogni anno. Per l’edizione 2025, stiamo preparando qualche novità che sicuramente renderà la manifestazione ancora più speciale.”

7) Qual è il messaggio che vuole lasciare ai lettori del suo libro?

“Non abbiate paura di dire chi siete. Camminate sempre a testa alta e non rimanete nell’ombra perché i fiori crescono e sbocciano con i raggi del sole e non all’ombra.”


11.11.24

roberto saviano stavolta ha toppato ha ragione anche se un po' faziosamente don Maurizio Patriciello, il parroco del Parco Verde di Caivano

Datemi pure  dell'avvocato del diavolo e del  cerchio bottista  . Ma  tali insulti  ti fano passare  distinguo
il Saviano personaggio   dei salotti   tv    dal   Saviano scritore    le  sue  opere   in particolare la Paranza dei Bambini  e  visto Gomorra  la serie  .Ma un conto è finché un cittadino attacca i politici, come potremmo essere io o   altro  che attacchiamo la Meloni o la Schlein, per dire. Un altro è quando un partito di Governo, primo in Italia alle scorse elezioni, fa un attacco così  
cattivo  a un cittadino.Ora  il problema non è l'attacco in se, una replica alle posizioni di Saviano ci può stare, mancasse altro,  vedere  la  risposta  di  Don M.Patruciello  , il problema è la violenza di questo attacco da un profilo, alla fine, istituzionale. Mi    chiedo  come  il   primo partito in Italia come può permettersi di fare un attacco cosi cattivo  e  pieno d'astioa  un cittadino italiano? Sono al Governo, che lo vogliano o no rappresentano tutta l'Italia, anche chi non li ha votati. Attaccare in modo così cattivo un cittadino che non ha ruoli politici dal profilo pubblico del partito è indecente e  vergognoso  a   prescindere    da Destra o Sinistra  ,


 


.Infatti mi chiedo  ancora  come si possa attaccare nella Figura di Saviano  una persona che ha avuto il merito di far conoscere ulteriormente  attraverso lo strumento letterario ad ampie fette di cittadini prima inconsapevoli o  oquasi  della terribile realtà del crimine organizzato, la sua ferocia e la sua capacità di infiltrare la nostra società. Così pericoloso per la camorra da dover vivere da anni sotto scorta. Si vergognino Meloni e Salvini,. che per cinici motivi politici fanno tutto questo. Incapaci, privi di alcun coraggio civile e personale. Ma soprattutto paragonare saviano a un sciacallo è una cosa grave  paragonarlo a uno sciacallo vuol dire offendere gli sciacalli .Ritornando  a noi   , come  ho già   detto nel  titolo   ,  ha ragione  il  Don .  Almeno c'è   sia che  ci  si schieri proo contro  Saviano  , una crtica  certo  aspra  e  un po'   di parte , ma   almeno rispettosa   e civile rispetto a   toni usati da FdI  . Infatti   dopo aver visto  varie  fiction  ( il  padrino , la  piovra  ,  Gomorra   film e serie  ,  ecc solo per  citare i principali )  concordo   quasiu totalmente  con  l'intervento del prete  . 







A ROBERTO SAVIANO
Gli ultimi tre orribili omicidi avvenuti a Napoli dovrebbero bastare per farci diventare più intellettualmente onesti, pensosi, umili; più veri. Dovremmo tutti arrossire di vergogna e chiedere perdono ai ragazzi per le ruberie perpetrate negli anni da politici che hanno pensato a riempire solo le loro tasche. Per lo spreco - enorme - di denaro pubblico. Per non essere stati in grado di bloccare le tonnellate di droga che hanno invaso la Campania e l’ Italia. Per avere costruito impensabili quartieri con materiali fatiscenti per ammassarvi migliaia di persone lasciandole poi in balia di prepotenti e camorristi. Guarire una persona influenzata è facile. Richiamare in vita un ammalato grave è cosa molto più complessa. E Parco Verde, il centro sportivo ridotto a un immondezzaio puzzolente, il comune di Caivano sciolto per la seconda volta per infiltrazione mafiose, il dramma ambientale e sanitario, i mille clan della camorra che ci angariano da sempre, la disoccupazione atavica che affligge la nostra terra, il lavoro in nero, l’evasione scolastica, la pigrizia di tanta gente “ buona” che non disdegna di insozzare e occupare strade e marciapiedi, meriterebbero un’analisi piu onesta, piu severa. Per amore di questo nostro popolo bistrattato occorre andare al di là degli slogan e degli stereotipi. Invece. Roberto Saviano scrive che “ gli omicidi dimostrano il fallimento completo del modello Caivano “. Falso. Caro Roberto, sono passati quasi 20 anni da quando - sconosciuto giornalista - venisti al “Parco Verde” per scrivere dell’omicidio di un nostro ragazzo di 15 anni. Quel racconto finì nel tuo libro “ Gomorra”. Da allora - lo sai bene - ti ho invitato tante volte a ritornare. A dare voce alle nostre voci. Non lo hai mai fatto. Non sei mai venuto. In questi 20 anni - pensa a quanti governi si sono succeduti e da chi erano formati - le cose sono andate di male in peggio. Non poteva che essere così. Lasciato a se stesso il degrado peggiora; l’ammalato si aggrava e muore. Ho chiesto aiuto a tutti. I colori politici non mi hanno mai impressionato. Sono un prete. Un uomo libero. I rischi di essere frainteso e deriso ci sono. Pazienza. Il presidente del Consiglio dei ministri della nostra repubblica, l’ anno scorso, ha accolto il mio invito. È venuta. È ritornata. Quel che è accaduto a Caivano è sotto gli occhi di tutti. Di tutte le persone oneste che vogliono vedere. Certo, è poca cosa rispetto al gran lavoro che dovrà essere fatto. I miracoli li fa Dio. La bacchetta magica ce l’ha la fata. Nessuno ha mai creduto che in un solo anno, un luogo dove - parola di Vincenzo De Luca - “ lo Stato non c’è. Punto” sarebbe diventato il paradiso terrestre. Si sta lavorando. Con fatica. Avrai saputo che “ Parco Verde” non è più una delle più grandi piazze di spaccio d’ Europa. Qualcosa si muove. Giorgia Meloni ha risposto al mio appello. Un merito che altri, prima di lei, non hanno voluto o potuto prendersi. La verità è limpida come l’acqua di sorgente. Se vuoi bene al tuo popolo, non remare contro. Si perde solamente tempo. Lascia che lo facciano i politici di professione. Noi, preti, giornalisti, scrittori, intellettuali, dobbiamo essere capaci di stare al di sopra delle parti. Essere coscienza critica. Sempre con le mani pulite. Viceversa, non saremmo credibili. No, Roberto, gli ultimi omicidi non dimostrano affatto il completo fallimento del modello Caivano, ma sono il frutto avvelenato e velenoso di decenni di disattenzione verso il dramma della camorra, della terra dei fuochi, delle problematiche giovanili, delle nostre bistrattate periferie. Ti auguro ogni bene. E ti invito ancora una volta a ritornare al “Parco Verde”. Dio ti benedica. Padre Maurizio Patriciello.

In quanto a Saviano  è  mancata l'onesta intelletuale  e   cosa strana   lui che è cosi  attento e preparato   la  capicità  d'analisi del contesto di Caivano  pre  Meloni  .

"Io, Babbo Natale dei bambini meno fortunati"

da  Quotidiano.Net  tramite  msn.it  Guido Pacelli è un Babbo Natale davvero speciale. Conosciuto come l’aggiustagiocattoli, lavora tutto l’...