Per il 25 novembre anzichè raccontare le recenti storie di femminicidio \ d'amore criminale che in una società sempre più anestetizzata ed un informazione sempre più veloce dove dopo tre giorni ( salvo ecezioni ) sono già dimenticati o strumentalizzati vedere post precente ,racconterò un femminicidio del passato . Si tratta di Beatrice Cenci , alla cui condanna a morte vi assistente e trase ispirazione per una delle sue opere
più belle e cariche di pathos nonche la secondo alcuni Il capolavoro più sanguinoso , Caravaggio.
Il parricidio
[modifica | modifica wikitesto]Esasperata dalle violenze e dagli abusi sessuali paterni, si dice che Beatrice giunse alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la complicità della matrigna Lucrezia, dei fratelli Giacomo e Bernardo, del castellano Olimpio Calvetti[6] e del maniscalco Marzio da Fioran, detto il Catalano.
Per due volte il tentativo fallì: la prima volta si cercò di sopprimerlo con il veleno ma l’uomo, assai diffidente, fece assaggiare cibo e bevande alla figlia prima di consumarle così questa proposta fu scartata; la seconda con un'imboscata di briganti locali che però, scoperte le possibili conseguenze, si rifiutarono. La terza volta Francesco, stordito dall'oppio fornito da Giacomo e mescolato a una bevanda, fu assalito nel sonno: Marzio gli spezzò le gambe con un matterello, Olimpio lo finì colpendolo al cranio e alla gola con un chiodo e un martello.
Per mascherare l’omicidio, Olimpio cercò di rompere il pavimento di un balcone per far precipitare il cadavere al suolo, ma non ci riuscì. Così demolì il ballatoio per tentare quindi d'infilarci il cadavere ma la cosa era impossibile: il foro era troppo piccolo. Decisero allora di gettare il corpo dalla balaustra della Rocca, sperando che tutti credessero al cedimento della struttura. Il 9 settembre 1598, Francesco fu trovato in un orto ai piedi della Rocca. Dopo le esequie il conte fu sepolto in fretta nella locale chiesa di Santa Maria. I familiari, che non parteciparono alle cerimonie funebri, lasciarono il castello e tornarono a Roma nella dimora di famiglia, palazzo Cenci, nei pressi del Ghetto.
Le indagini
[modifica | modifica wikitesto]Inizialmente non furono svolte indagini, ma voci e sospetti, alimentati dalla fama sinistra del conte e dagli odi che aveva suscitato nei suoi congiunti, indussero le autorità a indagare sul reale svolgimento dei fatti.Dopo le prime due inchieste, la prima voluta dal feudatario di Petrella, duca Marzio Colonna e la seconda ordinata dal viceré del Regno di Napoli don Enrico di Gusman, conte di Olivares, lo stesso pontefice Clemente VIII volle intervenire nella vicenda.La salma fu riesumata e le ferite furono attentamente esaminate da un medico e due chirurghi che esclusero la caduta come possibile causa delle lesioni. Fu anche interrogata una lavandaia alla quale Beatrice aveva chiesto di lavare lenzuola intrise di sangue dicendole che le macchie erano dovute alle sue mestruazioni ma la giustificazione, dichiarò la donna, non le sembrò verosimile. Gli inquirenti furono insospettiti, inoltre, dall'assenza di sangue nel luogo ove il cadavere era stato rinvenuto.I congiurati furono scoperti e imprigionati. Calvetti, minacciato di tormenti, rivelò il complotto. Riuscito a fuggire, fu poi fatto uccidere da un conoscente dei Cenci, monsignor Mario Guerra,[senza fonte] per impedirne ulteriori testimonianze. Anche Marzio da Fioran, sottoposto a tortura, confessò ma, messo a confronto con Beatrice, ritrattò e morì poco dopo per le ferite subite. Giacomo e Bernardo confessarono anch'essi. Beatrice inizialmente negò ostinatamente ogni coinvolgimento indicando Olimpio come unico colpevole, ma la tortura[7] della corda[8] ne vinse ogni resistenza ed ella finì per ammettere il delitto.Acquisite le prove, i due fratelli Bernardo e Giacomo furono rinchiusi nel carcere di Tordinona,[9] Beatrice e Lucrezia in quello di Corte Savella.[10]
Il processo
[modifica | modifica wikitesto]Il processo fu affidato al giudice Ulisse Moscato ed ebbe un grande seguito pubblico. Nel dibattimento si affrontarono due tra i più grandi avvocati dell'epoca: l'alatrense Pompeo Molella per l'accusa e Prospero Farinacci per la difesa. Farinacci, nel tentativo di alleggerire la posizione della giovane, accusò Francesco di aver stuprato la figlia, ma Beatrice, nelle sue deposizioni, non volle mai confermare l'affermazione del difensore. Alla fine prevalsero le tesi accusatorie di Molella e gli imputati superstiti vennero tutti giudicati colpevoli e condannati a morte.Cardinali e difensori inoltrarono richieste di clemenza al pontefice ma Clemente VIII, preoccupato per i numerosi e ripetuti episodi di violenza verificatisi nel territorio dello Stato, volle dare un severo ammonimento[11] e le respinse: Beatrice e Lucrezia furono condannate alla decapitazione, Giacomo allo squartamento. Solo per Bernardo il pontefice acconsentì alla commutazione della pena: di soli diciotto anni, non aveva partecipato attivamente all'omicidio, venendo condannato unicamente per non aver denunciato il complotto; per la sua giovane età ebbe risparmiata la vita, ma gli fu imposta la pena dei remi perpetui, cioè remare per tutta la vita sulle galere pontificie, e fu obbligato, inoltre, ad assistere all'esecuzione dei congiunti legato a una sedia. In aggiunta, la notizia della commutazione della pena gli fu deliberatamente nascosta e comunicata solo poche ore prima della scampata esecuzione. Solo alcuni anni più tardi, dopo il pagamento di una grossa somma di denaro, riottenne la libertà.
L'esecuzione
[modifica | modifica wikitesto]L'esecuzione di Beatrice, della matrigna e del fratello maggiore avvenne l'11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti anche tre artisti: Caravaggio, Orazio Gentileschi e la figlia di costui, la futura pittrice Artemisia. La giornata molto afosa causò il decesso di alcuni spettatori per insolazione (che risultò fatale anche al giovane romano Ubaldino Ubaldini, famoso per la sua grande bellezza, come ricorda Stendhal nelle sue Cronache italiane); altri rimasero uccisi nella calca e qualcuno invece scivolò nel Tevere, morendo annegato.La decapitazione delle due donne fu eseguita con la spada[12][13]. La prima a essere uccisa fu Lucrezia, seguì poi Beatrice e infine Giacomo, che fu seviziato durante il tragitto con tenaglie roventi, mazzolato e infine squartato.
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