23.11.24

femminicidio \ violenza di genere come è difficile fare prevenzione i casi di Michela Noli Uccisa nel 2016 e di Stefania Secci, ex modella e attivista contro la violenza sulle donne, rifiutata dalle inizative scolastiche sul 25 novembre perchè ci sono delle sue foto di nudo artistico in rete .

Come prova ,  vedere  i  miei  post  precedenti  in particolare  questo  ,   delle  diverse  sfacettaure    tanto da  non   riuscire  a    definire   in mainnera  chiara  ed  univoca  (  almeno  per me   che  :  donna  non sono  ,  che non  sono  ne  antropologo   ne addentro  ai centri  antiviolenza  )        tanto  da  confondere  ilfemminicidio  in violeza  di genere  e  viceversa ,  c'è la  storia    d'oggi   .  O meglio  due   storie    che  dimostrano  di  come  ancora  siamo  molto indietro nella  prevenzione   . Ma  andiamo  con  ordine  .

La  prima    da  una lettera     sul  il FQ  d'oggi  


 SIAMO I GENITORI DI MICHELA, che il 15 maggio 2016 ha perso la vita per mano dell’ex marito, che subito dopo si e suicidato. Da quel giorno il nostro intento è quello di far
capire come possa essere accaduto e come si possa prevenire ed evitare che fatti come questo non succedano più.

Soltanto leggendo il verbale delle indagini siamo venuti a conoscenza del fatto che i genitori e gli amici sapevano che l’ex marito soffriva di disturbo bipolare, per il quale era stato in cura fino all’eta di 21 anni, e che fino a quella sera la malattia era stata tenuta gelosamente nascosta. lnoltre i genitori dichiaravano che il figlio aveva detto loro quello che intendesse fare così come anche gli amici dichiaravano che l’ex marito aveva detto loro quali fossero le proprie intenzioni e come avrebbe messo in opera il suo progetto criminale, spiegandolo nei minimi particolari.Anche il neurologo e la psicoterapeuta, che avevano in cura l’ex marito, dichiaravano che sapevano della malattia, per la quale era stato in cura dai 16 ai 21 anni dal direttore sanitario e scientifico dell’istituto di Neuroscienze dell’università di Firenze e dal direttore del dipartimento di Psichiatria dell’università di Pisa, ma hanno ritenuto opportuno non infrangere il segreto professionale. Noi pensiamo che sarebbe stato sufficiente inviare anche solo un messaggio a noi o a nostra figlia per evitare questa tragedia. Lei non sarebbe scesa per prendere la valigia, che si è rivelato un tranello per farla salire in macchina. La domanda che ci poniamo è se avremmo potuto prevenire fatti di questo tipo e, secondo noi,la risposta sta nell’attivazione di due procedure:

  •  Chiunque venga a conoscenza dell’intento altrui di commettere un reato di violenza e abbia consapevolezza che la persona sia realmente in grado di metterlo in pratica, deve denunciare. Altrimenti può essere incriminato per omissione di “soccorso”.
  • Dobbiamo attivare un protocollo specifico al quale deve attenersi uno psicoterapeuta e un neurologo o, più genericamente, i medici professionisti che hanno in cura il paziente bipolare, che preveda non solo la possibilità, ma l’obbligo di rompere il segreto professionale. Pensiamo che, almeno nei casi simili al nostro, si possa fare opera di prevenzione e salvare la vita delle persone.

Il nostro intento è quello di sensibilizzare chi ritenga opportuno fare propria questa mozione nell’interesse sociale.


La  seconda   tratta  da     rainews  del   TGR Piemonte 
 che  è ancora  legata    ad  un  ateggiamento    bachettone    che confonde  eros  e  pornografia  ,  e  vede  la   donna   colpevole  di   provocare   gli istinti animaleschi  dell'uomo  ( l'uomo  non  è  solo un pezzo di legno 



E'diventato un caso l'invito a scuola di Stefania Secci, ex modella e attivista contro la violenza sulle donne, che ha denunciato e fatto arrestare il fotografo Paolo Ferrante. L'Istituto tecnico Vittone di Chieri e la Scuola media di Pino Torinese l'avevano invitata a parlare in occasione della giornata contro la violenza sulle donne. Ma sono spuntate alcune sue foto, nuda, sui social. Che sono immediatamente circolate sulle chat di ragazzi, genitori e docenti. E così l'incontro di Chieri è stato annullato. “Si comunica che l'intervento previsto

per il 25 novembre 2024 non avrà luogo in quanto l'istituto ha acquisito ulteriori informazioni sulla signora Secci e, al momento, non si ritiene che il suo incontro con gli studenti possa avere una ricaduta didattica e/o educativa”, si legge nella circolare. Altrettanto potrebbe fare la dirigenza scolastica di Pino Torinese. Foto che però, secondo quanto dichiarato alla Stampa dagli assessori Vittoria Moglia (Chieri) ed Elisa Pagliasso (Pino Torinese) “sono state scattate contro la volontà della Secci, e che ora è per vie legali”. Consenso, libertà, violenza sulle donne. Il dibattito è aperto.

perchè al femminismo serve capire gli uomini e al maschilismo capire le donne consigli perchè il 25 novembre sia tutto l'ano e non solo la classica giornata palla

Il 25 novembre è una giornata specialeo almeno dovrebbe esserlo , poiché si celebra la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne. Ecco alcune idee per rendere questa giornata significativa e interessante:

  1. Partecipare a Eventi Locali: Molte città organizzano eventi come mostre, flashmob, e incontri per sensibilizzare sul tema della violenza di genere.
  2. Controlla il programma della tua città per vedere cosa è in programma.
  3. Organizzare un Incontro: Invita amici e familiari per discutere l’importanza della giornata. Potreste guardare un documentario o un film che tratta il tema della violenza contro le donne e poi discuterne insieme.
  4. Volontariato: Offri il tuo tempo a organizzazioni locali che lavorano per supportare le vittime di violenza. Può essere un modo molto gratificante per fare la differenza.
  5. Campagne Social: Partecipa a campagne sui social media per aumentare la consapevolezza. Usa hashtag come #25Novembre o #StopViolenza per unirti alla conversazione globale.
  6. Educazione e Sensibilizzazione: Leggi e condividi articoli, libri o risorse che trattano il tema della violenza di genere. Educare te stesso e gli altri è un passo importante per il cambiamento.

Ecco   quindi     che    per la  giornata  del 25  novembre 2024   propongo oltre    ai  post precedenti  un articolo    dell'anno  scorso  del  FQ , trovato  metre  cerco  giornali vecchi    per  accendere  il  fuoco    e  da  cui    ho preso in prestito il titolo  


  cosi  allo stesso modo  propongo questo film  la  cui recensione  e prea  dalla  nuova  sardegna  di qualche tempo  fa  




22.11.24

diario di bordo n 88 anno III Cristina Brignolo,l'unica donna al volante del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Ancona,"Abbraccio le donne vittime di violenza per rassicurarle" ., Ferrara, è morta a 104 Giuseppina "Giose" Molinari, a marzo era stata fermata mentre guidava con la patente scaduta



(ANSA) - ANCONA, 21 NOV - Quando entra in una casa per soccorrere una donna che ha chiesto aiuto la prima cosa che fa è "abbracciarla, farla sentire sicura", quando è in pattuglia e qualcosa non le torna,
interviene senza esitazione e non si ferma neppure quando si tratta di gettarsi in un inseguimento per fermare un fuggitivo in auto. Alle donne vittime di violenza dice "non perdonate, non nascondetevi i segnali che vi dicono quest'uomo è tossico e vi fa male. Non c'è amore dove c'è violenza". E non sono solo i pugni e le sberle che devono preoccupare "c'è la violenza psicologica che è ancora più grave che rende succubi ed è la meno riconoscibile dalle vittime". Lei è Cristina Brignolo, 38 anni, Piemontese di origine, tre figli di 13, 10 e quasi 5 anni, l'unica donna al volante del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Ancona, "ho lottato per far parte del nucleo Radiomobile, c'erano resistenze ma il mio generale ha avuto fiducia in me". Operativa su turni h24, sempre in prima linea nel rispondere alle chiamate, una forte empatia verso chi soffre una sola preoccupazione "con quello che vedo ho paura di essere troppo dura con i miei figli". "Non ho paura e non mi tiro mai indietro" anche se ogni tanto "il mio collega deve tenermi a bada". Le emergenze che affronta quotidianamente sono soprattutto i "codici rossi e la droga". Ma è la violenza di genere "non solo di mariti, compagni presenti o ex, ma anche, dei figli verso i genitori, soprattutto le madri" a non darle tregua, a farla soffrire quando non riesce a "liberare" la vittima e a convincerla che "una alternativa c'è sempre".Soffre quando la donna non vuole denunciare: "abbiamo le mani legate - ammette - e allora entra in gioco la capacità di convincere la vittima che non è sola, che ci sono le associazioni e le strutture protette che possono accoglierle anche con i loro figli". Cristina affronta ogni giorno, insieme ai suoi colleghi, situazioni critiche ma "è quello che ho scelto e per cui mi sono battuta, aiutare le persone e farlo per strada al volante della gazzella, senza esitazioni" (Bper Banca): “Vogliamo fare la differenza contro quella economica”



Visualizza su Orologio"Un giorno - è il suo racconto - siamo intervenuti dopo la chiamata al 112 di una bambina di 7-8 anni che sentiva le urla della madre. L'ex compagno l'aveva aspettata fuori e l'aveva picchiata. Non era la prima volta e la figlia, nonostante fosse terrorizzata e forse perché istruita dalla mamma, ha dato l'allarme. Siamo arrivati subito, l'uomo ci aspettava fuori dell'abitazione. 'Sono stato aggredito' - si è giustificato con il mio collega - era convinto di non aver fatto nulla di male. Mi sono precipitata all'interno dell'appartamento. 




Ho trovato la bimba scossa e la donna terrorizzata. L'ho abbracciata e rassicurata, ho chiamato il 118 e intanto abbiamo fatto avvisare i genitori". Dopo i primi momenti chiedo cosa le accade."Inizia un dialogo in cui spiego che lo può denunciare, le dico che può chiedere di andare in una struttura protetta". E la convinci? "Purtroppo spesso la donna ritiene di essere
lei il problema, perdona la violenza quando non c'è un danno grave ed evidente". In quel caso la donna ha poi denunciato l'ex compagno ed è scattato il braccialetto elettronico "una soluzione non sempre sufficiente" e "purtroppo nel 90% dei casi prevale la paura a denunciare e per me è una sconfitta perché so che le violenze si ripeteranno".Non riuscire a dare consapevolezza alla vittima che "vive in uno stato di costrizione, o dove la gelosia è già degenerata nel controllo totale" per Cristina significa aver perso. "Io mi immedesimo nella donna, nella paura che leggo negli occhi dei loro figli, non posso farne a meno" e "se vedo qualcosa che non mi quadra devo andare fino in fondo anche se purtroppo non sempre si riesce a far accettare una prospettiva diversa". Cristina è 'tosta' dicono i colleghi lei abbraccia le vittime anche se "non è una cosa da carabiniere" si schernisce. 

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L'11 marzo, in piena notte, Giuseppina si era messa alla guida per tornare a casa dopo una serata passata a giocare a burraco con amici. A quanto pare, però, a un certo punto si era persa e aveva continuato a percorrere le stesse strade senza riuscire a raggiungere la meta. A segnalare l'auto della donna era stato, attorno all'una di notte, un cittadino. Pochi minuti dopo, una pattuglia dei carabinieri aveva rintracciato la vettura: dopo averla fermata e controllato la patente dell'anziana, i militari avevano scoperto che la patente era scaduta da due anni e che l'auto era senza assicurazione. A quel punto l'anziana era stata multata e poi riaccompagnata a casa, mentre l'auto era stata prelevata da un carro attrezzi. In poco tempo, la storia di Giuseppina era finita su tutti i media.
"Mi dicevo 'domani vado a rinnovare la patente'. Poi domani è diventato dopodomani e dopodomani è diventato dopodomani ancora e alla fine mi hanno fermata e multata… I carabinieri mi hanno detto che non avrei potuto più guidare e ho risposto loro che avrei scritto per protesta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella", aveva dichiarato l'anziana. È morta a 104 anni Giuseppina "Giose" Molinari, l'anziana di Vigarano Pieve (Ferrara) balzata agli onori della cronaca a marzo dopo essere stata fermata e multata dai carabinieri a Bondeno, nel Ferrarese, perché scoperta alla guida della sua auto senza assicurazione e con la patente scaduta. "Era una beniamina del paese, amata da tutti e ci dispiace molto per la sua scomparsa. Ci lascia una donna molto dinamica, forte e tenace, che lasciava dimenticare quale fosse la sua età anagrafica. Non dimenticheremo quello che ha dato alla comunità", ha dichiarato il sindaco di Vigarano Mainarda, di cui Vigarano Pieve è frazione, Davide Bergamini. Lo riporta l'edizione bolognese del Corriere della Sera.

non sapevo che dire a una donna Perché ti stai truccando? A me piaci così» fosse violenza e le pubblicita sociali contro il femminicidio \ violenza di genere

 
Ieri, mentre  sminchionavo \  cercavo   storie   per il blog   mi sono imbattuto   due  pubblicità   suylla  giornata     del  25  novembre  . la   prima   (  vedere   il  video sotto )  sublime  e  fatta  benissimo   perchè  spiega  (  ancora ce n è bisogno  visto l'alto numero  di episodi   ,   quando  e No e  quando è Si    quando  è violenza. La  campagna è stata   lanciata  dalla  Fondazione Una Nessuna Centomila   e  si  chiama  Se io non voglio, tu non puoi, per sensibilizzare sulla violenza di genere e promuovere una cultura basata sul rispetto del consenso. La campagna punta a combattere i pregiudizi che spesso colpevolizzano le vittime invece di condannare i colpevoli. Domande come “Perché non hai gridato?” o affermazioni come “Ma gli piaceva, no?” o “Sei stata tu a invitarlo a casa” ribaltano le responsabilità, trasformando la vittima in colpevole. La Fondazione intende sfatare questi stereotipi, ribadendo con forza che il silenzio non è consenso e che ogni donna ha il diritto di dire “no” in qualsiasi momento.



A sostenere “Se io non voglio, tu non puoi” si sono uniti numerosi artisti, musicisti e attori, tra cui Fiorella Mannoia, Achille Lauro, Giuliano Sangiorgi, Paola Cortellesi, Luca Zingaretti, Manuel Agnelli, e molti altri. Le loro voci e i loro volti amplificano il messaggio della campagna, dando forza e visibilità a chi spesso non riesce a farsi sentire.E' vero come dice Marilena Mari Azzolini su tik tok :<< siamo ancora lontane.. ma vedere e avere gli uomini dalla nostra parte è un valore immenso.. grazie >>.


<blockquote class="tiktok-embed" cite="https://www.tiktok.com/@laura.pelosi/video/7439746950968184096" data-video-id="7439746950968184096" style="max-width: 605px;min-width: 325px;" > <section> <a target="_blank" title="@laura.pelosi" href="https://www.tiktok.com/@laura.pelosi?refer=embed">@laura.pelosi</a> <p></p> <a target="_blank" title="♬ suono originale - Laura Pelosi" href="https://www.tiktok.com/music/suono-originale-7439746950775278369?refer=embed">♬ suono originale - Laura Pelosi</a> </section> </blockquote> <script async src="https://www.tiktok.com/embed.js"></script>

 La seconda  (      foto in  alto    a  sinistra   )  il cui slogan è     «Perché ti stai truccando? A me piaci così» (che è la frase immaginaria di un uomo possessivo alla sua compagna). Claim: «Se te lo dice è VIOLENZA» (che è la conclusione immaginaria di chi ha ideato la campagna pubblicitaria). IO     che    sono  rimasto   a quando dire 
una cosa del genere era un complimento - e che semmai è body shaming dire a una donna che senza trucco non sta bene - mi  sono  stupito. Se questa è violenza, penso  tutto è violenza. E dopo, cosa ci resta da dire? 
Ma io illuso che dipenda solo dalla situazione e dai toni, non sono  affidabile. E così  ho  chiesto ad   ad alcune amici  e amiche   cosa ne pensassero.
In particolare  questa  con  ******
IO 
 
perchè dire a una donna di non truccarsi e che gli piaci cosi è violenza ?
LEI
 Dire a una donna di non truccarsi e che ti piace così può sembrare un complimento innocuo, ma può anche essere percepito come una forma di controllo o manipolazione. Questo tipo di commento può implicare che il suo valore o la sua bellezza dipendano dal conformarsi alle tue preferenze, piuttosto che dalle sue scelte personali.Inoltre, può essere visto come una forma di violenza psicologica perché mina l'autonomia e l'autostima della persona, facendola sentire giudicata o non accettata per chi è veramente. La violenza psicologica può manifestarsi in molti modi, inclusi commenti che sembrano benigni ma che in realtà limitano la libertà di espressione e l'autodeterminazione di una persona.
È importante rispettare le scelte personali e l'autonomia di ognuno, senza imporre le proprie preferenze sugli altri. 
IO allora non gli si può dire niente ?
LEI
Capisco che possa sembrare complicato, ma non si tratta di non poter dire nulla. È importante comunicare in modo rispettoso e supportivo. Ecco alcuni suggerimenti su come esprimere apprezzamento senza risultare controllanti:
  1. Complimenti sinceri: Puoi dire qualcosa come "Sei bellissima" o "Mi piace molto come ti trucchi" senza imporre le tue preferenze.

  2. Rispetto per le scelte personali: Riconosci che il trucco è una scelta personale e che ognuno ha il diritto di esprimersi come preferisce.

  3. Supporto e incoraggiamento: Puoi mostrare supporto dicendo "Mi piace vederti felice e sicura di te" o "Fai quello che ti fa sentire meglio".

L'importante è che il messaggio trasmesso sia di apprezzamento e rispetto per l'autonomia della persona. 

 IO   Ok grazie   

E le loro risposte hanno suscitato ultteriori  curiose domande che  però   essendo  le  22 passate    non ho fatto   ( oltre  che  la  mancanza  di coraggioonde  evitare polemiche  , derisioni   ,  e  cazziatoni )   quest'altre  domande      che  ho  preferito  farmele tra me  e  me  . 
Ma se dico «Dài che ti porto a fare shopping», è sequestro di persona? E «Il risotto di mia mamma è più buono», è un reato contro l'onore? E «Vieni qui gattina mia»? Abigeato?Dubbio. Se stasera regalo all'amante un completo di Victoria's Secret, cos'è? Istigazione alla prostituzione?

a  voi ogni giudizio in merito 



21.11.24

Il vero amore non è “tossico“: "Mai giustificare la violenza" La psicologa Lucia Beltramini: "Una coppia su dieci ha atteggiamenti sbagliati"

   non ricordo la  fonte     in quanto     come    mio  solito a  volte   salvo  e faccio cute  past  in fretta e i dimentico   di riportare  la  fonte   .  


Il percorso per arrivare a riconoscere il fenomeno della violenza di genere e la violenza domestica, la sua forma più nota, è stato lungo e tortuoso e tuttora i meccanismi sociali di minimizzazione e normalizzazione ostacolano l’emersione, e quindi l’attivazione, di interventi di protezione nei confronti delle vittime di questo fenomeno.
Quando si parla di violenza domestica, normalmente si guarda al mondo degli adulti o al mondo infantile, tralasciando una fase particolarmente delicata dello sviluppo: l'adolescenza. Ma cosa succede quando la violenza di genere entra nella vita di un/a adolescente? 

Adolescenti e violenza di genere tra pari

Il fenomeno della violenza di genere nelle relazioni tra pari (teen dating violence) è estremamente diffuso. Per teen dating violence si intendono tutte quelle forme di violenza di coppia tra adolescenti che riguardano una varietà di comportamenti che vanno dall'abuso fisico e sessuale a forme di violenza psicologica ed emotiva.I dati dell’Indagine Youth Risk Behaviour del Centro Statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), indicano che tra gli studenti delle scuole superiori statunitensi che hanno riferito di aver frequentato un/a coetaneo/a durante i 12 mesi prima del sondaggio:

  • Circa 1 su 12 ha subito violenza fisica;
  • Circa 1 su 12 ha subito violenza sessuale.

Alcuni/e adolescenti sono più a rischio di altri/e. Le studentesse sperimentano tassi più elevati di violenza fisica e sessuale rispetto agli studenti maschi. Studenti/esse che si identificavano come lesbiche, gay, bisessuali, transgender o queer (LGBTQ) o coloro che non erano sicuri/e della propria identità di genere hanno sperimentato tassi più elevati di violenza fisica e sessuale negli appuntamenti rispetto agli studenti che si identificano come eterosessuali.Il fenomeno di Teen Dating Violence è un fenomeno molto diffuso in adolescenza. La Dottoressa Mara Morelli, ricercatrice presso la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma racconta: “Le ricerche ci dicono che gran parte degli adolescenti, quindi più del 50%, è stata coinvolta nel ruolo di vittima o di perpetratore di dating violence all’interno di una coppia, intesa nella sua forma fisica, sessuale, psicologica o relazionale, cioè isolare la vittima.” Tra le spiegazioni date c’è, da una parte la difficoltà a riconoscere le forme di violenza indiretta (controllo, possesso, gelosia), e dall’altra l’inesperienza. 

La online teen dating violence

Spesso si tende a sovrapporre la violenza di genere tra pari al bullismo, impedendo di identificare l’unicum di questo fenomeno, che lo differenzia anche dalla sua manifestazione in età adulta: nella maggior parte dei casi la violenza tra pari viene messa in atto (anche) attraverso le tecnologie digitali, considerando l’impossibilità della distinzione tra vita online e offline nell’esperienza degli/delle adolescenti. Per questo si parla di online teen dating violence.
La online teen dating violence può avere un profondo impatto sulla salute a breve e lungo termine. Le giovani vittime possono infatti:

  • sviluppare sintomi di depressione e ansia;
  • mettere in atto comportamenti malsani, come l'uso di tabacco, droghe e alcol;
  • mostrare comportamenti antisociali, come mentire, rubare, picchiare o mettere in atto altri atti di bullismo;
  • sviluppare ideazioni suicidarie.

La violenza di genere tra pari pone inoltre le basi per possibili futuri problemi relazionali, inclusa la violenza da partner intimo. Ad esempio, le giovani vittime di violenza di genere durante la scuola superiore sono più a rischio di vittimizzazione durante gli anni successivi. Parliamo di violenza di genere onlife tra adolescenti nella nostra indagine inedita realizzata in collaborazione con IPSOS, leggi l'articolo e approfondisci il rapporto, Adolescenti e violenza di genere onlife: le ragazze stanno bene?
Data la specificità dell’online teen dating violence che la differenzia dalla violenza di genere in età adulta, sarebbe fondamentale disporre di servizi dedicati che in Italia, tuttavia, non esistono. Questo porta a un rallentamento o addirittura un impedimento nell’intercettazione tempestiva di situazioni di otdv.

Forme online teen dating violence

La Dottoressa Morelli continua nel fornire un significato chiaro del fenomeno del teen dating violence, parlando delle forme e delle caratteristiche. Queste forme di violenza sono difficilmente riconosciute come tali: “Da un lato io ti controllo e dall’altro tu mi dimostri che io sono davvero importante al punto che io possa avere accesso alle tue informazioni private […] questa si chiama dating violence impersonation, cioè si va oltre la relazione, si acquisiscono tutti quei dati (come le password) che mi permettono di entrare nella tua vita a 360 gradi e queste appunto vengono confuse come dimostrazioni di impegno. C’è tutto un filone di ricerca che parla di sexual double standard per cui ci sono standard sessuali diversi per ragazze e ragazzi […] da una parte c’è la richiesta sociale alle ragazze di perseguire un modello iper sessualizzato e di mandare queste immagini, poi però nel momento in cui lo fanno vanno incontro a molta violenza rispetto ai ragazzi perché vengono viste come delle poco di buono, che non hanno valore o orgoglio […] per i ragazzi invece condividere le loro immagini viene visto come grande esempio di mascolinità.”

Come intervenire

Le buone pratiche a livello internazionale suggeriscono di sviluppare programmi che partano dal punto di vista di ragazzi e ragazze per comprendere come loro percepiscano la violenza nelle relazioni e, sulla base di questo, costruire un dialogo improntato sulla messa in discussione di stereotipi di genere che tutt’oggi influenzano le relazioni affettive fin dalla tenera età. 
Risulta essere prioritaria l’alleanza con gli ambienti scolastici e con i/le professionisti/e dell’aria sociale educativa e sanitaria e tutti gli attori che, per mandato professionale o informalmente, entrano in contatto con gli/le adolescenti al fine di sviluppare programmi efficaci di prevenzione ed intervento.
Ad esempio, negli Stati Uniti e in Inghilterra sono state create delle apposite linee telefoniche o siti web funzionanti h24 con la finalità di aiutare i/le giovani fornendo informazioni su come riconoscere segnali di pericolo nelle relazioni e a chi rivolgersi qualora il problema fosse già presente. In Italia, benché non sia dedicato specificatamente al fenomeno otdv, esiste il numero 114-Emergenza Infanzia del Dipartimento per le Politiche della Famiglia gestito da SOS Il Telefono Azzurro Onlus, che offre un servizio di tutela per bambini/e e adolescenti.
In generale, è fondamentale intervenire promuovendo l’alfabetizzazione emotiva nei giovani e nelle giovani: scarse abilità interpersonali, incapacità di immedesimarsi nella vittima e di riconoscerne i segnali di sofferenza, mancanza di consapevolezza e incapacità di gestione delle emozioni proprie e altrui, caratterizzano gli autori della violenza. Risulta quindi fondamentale promuovere negli/nelle adolescenti lo sviluppo di empatia, di abilità di comunicazione, negoziazione, tolleranza, capacità di regolazione delle emozioni, gestione della rabbia e risoluzione dei conflitti, nell’ambito di una più ampia educazione di genere. Data la specificità del canale attraverso il quale la violenza di genere tra pari si sviluppa, è inoltre fondamentale offrire a ragazzi e ragazze una formazione sulle competenze digitali e sull’uso consapevole delle tecnologie digitali. 
La nostra esperienza suggerisce quanto l’efficacia di un programma rivolto ai/alle giovani passi attraverso il loro coinvolgimento e la loro partecipazione e compartecipazione al disegno di interventi di prevenzione su queste tematiche. Il progetto DATE (Developing Approaches and Tools to End Online Teen Dating Violence) nasce in quest’ottica inserendosi nel gap di letteratura, progetti e interventi in campo di violenza di genere online tra pari
Viviamo in un tempo in cui la vita dei bambini è “datificata”, registrata e condivisa sul web. Approfondisci il tema sulla XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Tempi digitali” esploriamo le opportunità e i rischi che bambini, bambine e adolescenti stanno affrontando dentro la nuova rivoluzione dell’onlife e di una vita spesa tra reale e virtuale.
Infatti  
La “teen dating violence”, la violenza in una relazione di coppia tra adolescenti, è più reale e diffusa di quanto si pensi. "Già nel 2007 - spiega Lucia Beltramini, psicologa e psicoterapeuta - i dati di una ricerca sulla percezione di violenze di tipo fisico, sessuale e psicologico negli adolescenti avevano dimostrato che in più di una coppia su dieci erano presenti questi atteggiamenti. E tutte le ricerche successive, sia livello italiano che internazionale, hanno confermato questa realtà".
I ragazzi riconoscono i comportamenti violenti?
"Fanno fatica a capire dove mettere un limite, cosa è violenza e cosa non lo è. A volte, proprio perchè non c’è ancora una corretta educazione alle relazioni, la gelosia eccessiva o l’essere costantemente controllati non vengono visti come comportamenti problematici ma come segni di interessamento e amore".
Come intervenire?
"È necessaria un’attività di prevenzione e una corretta educazione rispetto agli affetti, a come si sta insieme e alla parità. Non dimentichiamoci che spesso la violenza appare più evidente quando porta delle conseguenze sulla salute. Attacchi di panico, pensieri negativi, isolamento sociale, possono essere i segnali che qualcosa non va in una relazione".
A chi spetta il compito?
"La prima agenzia educativa durante l’infanzia è la famiglia, poi crescendo, si aggiungono la scuola e altri gruppi di riferimento come l’allenatore, per chi fa sport. Più questi mondi lavorano insieme, con interventi a scuola, formazione agli insegnanti e momenti di riflessione con i genitori e le famiglie, maggiori sono le probabilità di avere esiti positivi".

qualche giorno fa è stato approvato il ddl che dichiara la GPA «reato universale». Ora sì che eviteremo sfruttamento e mercimonio...



La mia posizione sulla GPA è nota ab illo tempore, mi ha provocato già diverse discussioni, anzi, no, insulti, accuse (di non essere davvero una femminista, per esempio, da chi, evidentemente, pensa di detenere il copyright, e di poter distribuire patenti, come una sorta di motorizzazione per femminismi), e persino condanne ed epurazioni social, con un certo invasamento e senza nemmeno possibilità d'appello; anche per questo, non ne parlo da molto tempo.
Pure con l'avvento dell'abominevole disegno di legge che parla di «reato universale» del governo Meloni, ne ho parlato poco
E, forse, farei bene a continuare così.
Ma, invece, oggi no: oggi ribadisco di nuovo quello che  già  dissi precedentemente   su  queste pagine   che, quando si parla della GPA e la si vuole per forza definire "utero in affitto", non volendo capire, o facendo finta di non sapere, che è utero in affitto quando c'è mercificazione, sopraffazione e ricatto sociali, di classe, ma non è sempre così, perché ci sono casi nei quali, è, appunto, una scelta libera, e, quindi, è giusto definirla "gestazione per altri, altre, altrə", ed è giusto, ma, soprattutto, sarebbe utile, che è ciò che più conta, che venga realmente conosciuta e compresa, e regolamentata, in modo da rendere la sua attuazione etica, il più etica possibile, e non impedirla; anche perché, se non accade questo, non è che non si farà più, continuerà a farsi nel modo meno etico possibile, e la mercificazione e lo sfruttamento e il ricatto sociale nei confronti di una donna saranno solo resi più semplici; regolamentare è l'unico modo per controllare e per limitare gli abusi, normare e legittimare, e non impedire generalmente in base a discorsi pretestuosi, arroganti, miopi, di gente che non vuole ascoltare davvero l'altra, l'altrə, l'altro, e, spesso, pure moralistici. È solo regolamentandola, ponendo criteri e limiti chiari e definiti, tracciando delle linee cristalline, che puoi tenere sotto controllo e avere reale contezza di qualcosa. È un po' come per l'aborto (non sto dicendo che i due fenomeni sono sovrapponibili, né identici, ma solo che questo elemento è il medesimo): non è che quando non c'era una legge che lo legittimava e lo regolamentava, non avvenisse (perché se una persona ne ha bisogno, sente di doverlo fare, vuole farlo, lo fa comunque, è questo il punto, questo non si può impedire): avveniva comunque, ma clandestinamente, su un tavolo e con grucce non sterilizzati, avendo molto spesso, come conseguenza, la morte delle donne che vi ricorrevano.
Comprendere, legittimare, legalizzare e regolamentare un fenomeno serve sempre, soprattutto, per avere la possibilità di tenere sotto controllo qualcosa che già e comunque accade, e senza norme e legittimazione nella sua forma peggiore e/o più dannosa, pericolosa, per tentare di evitare il più possibile le forme di abuso, per limitare i danni.
E aggiungo che i femminismi, in particolare il transfemminismo intersezionale, per meritare davvero di essere considerati tali, per avere realmente una ragion d'essere, per avere un'utilità e sperare veramente di essere agenti di cambiamento, di rivoluzione, devono rifuggire qualunque semplificazione, ogni manicheismo, l'approccio moralista, giudicante, normativo ed escludente, e i giudizi e i pre-giudizi facili, la negazione e/o il rifiuto aprioristico di ciò che esiste attorno solo perché non ha che fare direttamente con noi e fatichiamo a comprenderlo, le banalizzazioni, in favore, invece, della complessità, dell'ascolto, della capacità di comprensione, dell'inclusione, della varietà di istanze, di proposte, di vissuti, dell'apertura mentale, della propensione alla conoscenza effettiva e profonda di qualcosa o qualcuno prima di decidere di assumere un posizione radicale e di esprimerci su quel qualcosa o qualcuno, che ci permetta di escludere con ragionevole sicurezza di essere realmente nelle condizioni di farlo, e della propensione all'accettazione delle differenze e prima ancora del fatto che queste esistano, che è bello, giusto, sano che sia così, e che non si può e non si deve pretendere che ciò che è adatto a/libera/fa star bene noi, sia necessariamente rappresentato dalle stesse cose che fanno per/liberano/fanno star bene altre donne, e, più in generale, altre persone.
E da transfemminista intersezionale, e da anticapitalista convinta e radicale, mi permetto di ricordare che il problema è sempre il capitalismo, è sempre che ci siano ricchi sempre più ricchi, che, in una società come questa, possono fare ciò che vogliono, e poveri, povere, poverə sempre più poveri, povere, poverə, che, invece, sin troppo spesso, quasi sempre, si ritrovano a non avere reale possibilità di scelta, e a subire quelle altrui.
Per cui, è su questo che, se davvero si volesse fare qualcosa per evitare lo sfruttamento e gli abusi dei primi ai danni deə secondə, le politiche dovrebbero puntare, e legiferare. Ed è su questo che le sedicenti femministe, specie se anche sedicenti intersezionali e anticapitaliste, dovrebbero far sentire la loro voce.
E non sulla criminalizzazione della GPA in sé e per sé, in quanto tale, con tanto di plauso per l'«invito» alla delazione da parte dei medici alle istituzioni.
Perché, se «il corpo è mio e decido io», posso decidere di non fare figli ma anche di portare avanti una gravidanza per un'altra donna — amica, sorella, cognata, collega, compagna di lotte, pure semplice buona conoscente —, o altra persona, a me più o meno cara, che non può (ricordate, per dire, Phoebe che, nella serie tv Friends, negli anni '90, sceglieva di portare avanti una gravidanza per il fratello e la cognata ? )
E, in questo, non c'è alcuna mercificazione, né sfruttamento, c'è solo libertà di scelta (condivisibile o meno, ma tant'è; e, se non condividi, semplicemente, non lo fai, esattamente come per l'interruzione di gravidanza, o per il sex work, ma non ti permetti di arrogarti il diritto, che non hai, di dire a un'altra donna cosa deve fare o non fare ).
La mercificazione e lo sfruttamento sono possibili solo laddove c'è un divario di risorse e di mezzi, laddove vige il capitalismo, laddove tutto ruota intorno al profitto dei soliti pochi e alla subordinazione di tutte le altre, tuttə lə altrə, tutti gli altri.
Allora, se volete davvero sconfiggere mercificazioni, sfruttamento, abusi dovuti a questo, oltre, chiaramente, nella fattispecie del discorso specifico, a rendere più semplici, fattibili, meno assurdamente burocratizzate e costose le adozioni, è di anticapitalismo che dovete parlare. E, guarda caso, io, a molte e molti di voi, che, ora, sento ergersi ridicolmente a paladini e difensori «delle donne», di questo non ho mai sentito parlare.
Abbiate il coraggio di mettere al centro del discorso politico la lotta di classe e la lotta alle ingiustizie sociali. Il sovvertimento della società capitalistica. E pure l'anticolonialismo, l'eterno sfruttamento di certi Paesi e di chi li abita (guarda caso sempre occidentali) nei confronti di altri e di chi qui è nato, nata, natə e vive (sempre gli stessi, sempre quelli).
Altrimenti, è solo fuffa ipocrita, liberticida, reazionaria, moralista, autoritarista. Altro che femminismo.

SE QUALCUNO VI SALE IN AUTO, TAMPONATE QUELLO DAVANTI Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco punta X°

  puntate  precedenti 

Ipotizziamo che vi troviate in una situazione di pericolo ogge!ivo, con un aggressore davanti a voi, pronto a farvi del male. ComeCome dovete comportarvi per uscire dalla situazione? Se non avete vie di fuga e non avete modo di allontanarvi, cercate di colpirlo con una ginocchiata. Nel caso in cui l'uomo dovesse cadere a terra, continuate a colpirlo cercando di rimanere comunque a una distanza di sicurezza. Ricordate: ginocchia e gomiti sono i mezzi migliori per difendervi. Se dovesse succedere, comunque non fermatevi. Cercate di richiamare l"a!enzione di altre persone urlando “No, no, no, no!”. Meglio ripetere la parola “no” invece di “aiuto”, perché si tra!a di una sola sillaba capace di a!irare l"a!enzione del prossimo e perché ribadisce – e non soltanto a livello psicologico – la vostra contrarietà assoluta a
qualunque forma di aggressione. Nel caso in cui vi troviate in automobile e un malvivente si introduca nella vostra vettura, magari minacciandovi con un coltello e costringendovi a guidare indipendentemente dalla vostra volontà, voi fate finta di obbedire ma nel fra!empo guardatevi intorno. Se per esempio vi trovate fermi al semaforo, tamponate la vettura che avete davanti a voi per richiamare l'attenzione del suo guidatore. Non abbiate paura di farvi male o di fare male: basta anche solo una piccola bo!a. Anche mentre state guidando all"improvviso potreste avere la possibilità di sterzare e provocare un incidente. Ma attenzione: procedete in questo modo solo nel caso in cui abbiate so!o controllo la situazione e siate ragionevolmente certi di non farvi male. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: sono la prevenzione e la prudenza le vostre armi migliori per difendervi dalle aggressioni e dalla violenza. Senza diventare paranoici ed eccessivamente condizionati nella vostra quotidianità, è fondamentale che facciate di tutto per evitare queste situazioni di potenziale pericolo.

Vero  ha  ragione la prudenza  non è  mai troppa   però  non bisogna  esagerare  .ma  trovare  una via di mezzo . Infatti   Egli  propone 
 Nel caso in cui la vostra macchina dovesse essere in panne, diffidate dell’aiuto di chi si offre di prestarvi soccorso.Meglio essere malfidenti e non rischiare brutte avventure che possono diventare pericolose. Rivolgetevi alle forze dell’ordine o contattate  persone che conoscete  e di cui sapete di potervi fidare.

Si può  accettare  un aiuto  di un estraneo  con prudenza  : 1) usando le  tercniche   sopra  elencate  ,  o lo spray  al peperoncino  nei casi più pericolosi ., 2)  stando a debita  distanza   e  con il cell in mano  fingendo  i giocare  o  vedere in internet  ,  e poi in caso  di pericolo chiamare i n  di emergenza o  un  amico\a  fidato mettendo il viva voce  o  video  chiamata  

20.11.24

raccontare i femminicidi di oggi parlando di quelli del passato il caso Beatrice cenci

 Per  il 25  novembre oltre  post  di riflessione   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più anestetizzata ( o quasi  )  ed  un informazione sempre  più  veloce  dove  dopo tre  giorni (  salvo ecezioni )    sono già  dimenticati o  strumentalizzati vedere le  news  riportate   nel  post  precente ,racconterò un  femminicidio  e  una   violenza  di  genere  insieme    del passato . Si tratta di Beatrice Cenci , alla cui condanna a morte vi assistente e trase ispirazione per una delle opere


 più belle e cariche di pathos nonche la secondo alcuni Il capolavoro più sanguinoso ,  Caravaggio. 


Beatrice Cenci (Roma, 6 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) è stata una nobildonna italiana giustiziata per parricidio e poi assurta al ruolo di eroina popolare, per essersi difesa dal padre violento e depravato.

[---- ] da Beatrice Cenci - Wikipedia

Il parricidio

Esasperata dalle violenze e dagli abusi sessuali paterni, si dice che Beatrice giunse alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la complicità della matrigna Lucrezia, dei fratelli Giacomo e Bernardo, del castellano Olimpio Calvetti[6] e del maniscalco Marzio da Fioran, detto il Catalano.
Per due volte il tentativo fallì: la prima volta si cercò di sopprimerlo con il veleno ma l’uomo, assai diffidente, fece assaggiare cibo e bevande alla figlia prima di consumarle così questa proposta fu scartata; la seconda con un'imboscata di briganti locali che però, scoperte le possibili conseguenze, si rifiutarono. La terza volta Francesco, stordito dall'oppio fornito da Giacomo e mescolato a una bevanda, fu assalito nel sonno: Marzio gli spezzò le gambe con un matterello, Olimpio lo finì colpendolo al cranio e alla gola con un chiodo e un martello.
Per mascherare l’omicidio, Olimpio cercò di rompere il pavimento di un balcone per far precipitare il cadavere al suolo, ma non ci riuscì. Così demolì il ballatoio per tentare quindi d'infilarci il cadavere ma la cosa era impossibile: il foro era troppo piccolo. Decisero allora di gettare il corpo dalla balaustra della Rocca, sperando che tutti credessero al cedimento della struttura. Il 9 settembre 1598, Francesco fu trovato in un orto ai piedi della Rocca. Dopo le esequie il conte fu sepolto in fretta nella locale chiesa di Santa Maria. I familiari, che non parteciparono alle cerimonie funebri, lasciarono il castello e tornarono a Roma nella dimora di famiglia, palazzo Cenci, nei pressi del Ghetto.

Beatrice Cenci in prigione. Quadro di Achille Leonardi, XIX secolo

Le indagini

Inizialmente non furono svolte indagini, ma voci e sospetti, alimentati dalla fama sinistra del conte e dagli odi che aveva suscitato nei suoi congiunti, indussero le autorità a indagare sul reale svolgimento dei fatti.Dopo le prime due inchieste, la prima voluta dal feudatario di Petrella, duca Marzio Colonna e la seconda ordinata dal viceré del Regno di Napoli don Enrico di Gusman, conte di Olivares, lo stesso pontefice Clemente VIII volle intervenire nella vicenda.La salma fu riesumata e le ferite furono attentamente esaminate da un medico e due chirurghi che esclusero la caduta come possibile causa delle lesioni. Fu anche interrogata una lavandaia alla quale Beatrice aveva chiesto di lavare lenzuola intrise di sangue dicendole che le macchie erano dovute alle sue mestruazioni ma la giustificazione, dichiarò la donna, non le sembrò verosimile. Gli inquirenti furono insospettiti, inoltre, dall'assenza di sangue nel luogo ove il cadavere era stato rinvenuto.I congiurati furono scoperti e imprigionati. Calvetti, minacciato di tormenti, rivelò il complotto. Riuscito a fuggire, fu poi fatto uccidere da un conoscente dei Cenci, monsignor Mario Guerra,[senza fonte] per impedirne ulteriori testimonianze. Anche Marzio da Fioran, sottoposto a tortura, confessò ma, messo a confronto con Beatrice, ritrattò e morì poco dopo per le ferite subite. Giacomo e Bernardo confessarono anch'essi. Beatrice inizialmente negò ostinatamente ogni coinvolgimento indicando Olimpio come unico colpevole, ma la tortura[7] della corda[8] ne vinse ogni resistenza ed ella finì per ammettere il delitto.Acquisite le prove, i due fratelli Bernardo e Giacomo furono rinchiusi nel carcere di Tordinona,[9] Beatrice e Lucrezia in quello di Corte Savella.[10]

Prospero Farinacci, difensore di Beatrice. Da Crasso, Ritratti d'huomini letterati1666

Il processo

Il processo fu affidato al giudice Ulisse Moscato ed ebbe un grande seguito pubblico. Nel dibattimento si affrontarono due tra i più grandi avvocati dell'epoca: l'alatrense Pompeo Molella per l'accusa e Prospero Farinacci per la difesa. Farinacci, nel tentativo di alleggerire la posizione della giovane, accusò Francesco di aver stuprato la figlia, ma Beatrice, nelle sue deposizioni, non volle mai confermare l'affermazione del difensore. Alla fine prevalsero le tesi accusatorie di Molella e gli imputati superstiti vennero tutti giudicati colpevoli e condannati a morte.Cardinali e difensori inoltrarono richieste di clemenza al pontefice ma Clemente VIII, preoccupato per i numerosi e ripetuti episodi di violenza verificatisi nel territorio dello Stato, volle dare un severo ammonimento[11] e le respinse: Beatrice e Lucrezia furono condannate alla decapitazione, Giacomo allo squartamento. Solo per Bernardo il pontefice acconsentì alla commutazione della pena: di soli diciotto anni, non aveva partecipato attivamente all'omicidio, venendo condannato unicamente per non aver denunciato il complotto; per la sua giovane età ebbe risparmiata la vita, ma gli fu imposta la pena dei remi perpetui, cioè remare per tutta la vita sulle galere pontificie, e fu obbligato, inoltre, ad assistere all'esecuzione dei congiunti legato a una sedia. In aggiunta, la notizia della commutazione della pena gli fu deliberatamente nascosta e comunicata solo poche ore prima della scampata esecuzione. Solo alcuni anni più tardi, dopo il pagamento di una grossa somma di denaro, riottenne la libertà.

Castel Sant'Angelo: luogo dell'esecuzione
Esecuzione di Beatrice Cenci

L'esecuzione

L'esecuzione di Beatrice, della matrigna e del fratello maggiore avvenne l'11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti anche tre artisti: CaravaggioOrazio Gentileschi e la figlia di costui, la futura pittrice Artemisia. La giornata molto afosa causò il decesso di alcuni spettatori per insolazione (che risultò fatale anche al giovane romano Ubaldino Ubaldini, famoso per la sua grande bellezza, come ricorda Stendhal nelle sue Cronache italiane); altri rimasero uccisi nella calca e qualcuno invece scivolò nel Tevere, morendo annegato.La decapitazione delle due donne fu eseguita con la spada[12][13]. La prima a essere uccisa fu Lucrezia, seguì poi Beatrice e infine Giacomo, che fu seviziato durante il tragitto con tenaglie roventi, mazzolato e infine squartato

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non  so  che altro dire   alla  prossima