Ora Galimberti ha ragione . L'espressione usata è da terrorismo mediatico . Infatti come fa notare Annamaria Testa, esperta di comunicazione nel suo bellissimo articolo per il settimanale l'internazionale : << Specie in tempi difficili, dovremmo sforzarci di usare parole esatte e di chiamare le cose con il loro nome.
Le parole che scegliamo per nominare e descrivere i fenomeni possono aiutarci a capirli meglio. E quindi a governarli meglio. Quando però scegliamo parole imprecise o distorte, la comprensione rischia di essere fuorviata. E sono fuorviati i sentimenti, le decisioni e le azioni che ne conseguono.
Tra l’altro: sulla scelta delle parole che servono per descrivere le cose si gioca anche buona parte della propaganda politica contemporanea.[....continua qui ] .
I media e a seguire tutti noi consciamente ed inconsciamente sembrano aver sposato il linguaggio della politica, ma siamo ancora in tempo per prendere le distanze dalla metafora della guerra per descrivere la pandemia che stiamo vivendo e ci sono diversi lettori attenti che ce lo chiedono. A usare termini militari contro il coronavirus sono stati innanzitutto i leader politici, da Xi JinPing a Donald Trump, d’altra parte si sa che sulla scelta delle parole si gioca la propaganda politica. E i fautori dell'odio trovano in questa narrazione del virus l’ennesima occasione. Ma un conto è impiegare l'esercito per i soccorsi, un altro essere guerrafondai. << In guerra l'ordine democratico viene temporaneamente sospeso, si passano misure che estendono i poteri dello Stato e limitano i diritti dei cittadini. >>Infatti Anna Masera sempre su la stampa del 31\3\2020 << (...) I lettori de La Stampa che hanno vissuto i tempi della guerra se lo ricordano bene e ci chiedono di soppesare le parole per evitare di contribuire alla diffusione del panico. "La pandemia non è una guerra" ci redarguisce una lettrice di 93 anni che la guerra se la ricorda.
Già ci aveva messo in guardia l’autrice americana Susan Sontag nei suoi libri Malattia come metafora (Einaudi, 1979) e quasi dieci anni dopo L'Aids e le sue metafore (1988): applicare la metafora della guerra e della sconfitta a una malattia significa caricare il malato di sensi di colpa, ostacolando il percorso di guarigione. Per il coronavirus è una metafora sbagliata perché non c’è un fronte e un nemico nel senso di uno straniero “altro” da noi da non far passare. Il nemico è comune a tutti e gli altri sono nostri alleati perché solo condividendo gli sforzi, solo con la solidarietà e con comportamenti che ispirano una fiducia reciproca si vince il virus. Tutti insieme.
Certo, come avverte l’esperta di comunicazione Annamaria Testa, la metafora della guerra può essere una cornice folgorante. Ma parlare di invasione e di trincee, di untori e di eroi non aiuta a ragionare in termini di inclusione, di condivisione, di cura. Un conto è lo stato di guerra di una nazione, un altro lo stato di emergenza, per il quale sono necessarie misure sanitarie ed economiche proporzionate.
Sull’etica della comunicazione del coronavirus stanno riflettendo studiosi di tutto il mondo: proprio ieri si sono riuniti per discuterne in un incontro online organizzato dal Poynter Institute per il giornalismo con sede a St. Petersburg, Florida. Senza cercare così lontano già Massimo Vedovelli, fondatore dell'Osservatorio linguistico dell'italiano diffuso fra stranieri e lingue immigrate in Italia, Centro di Eccellenza della Ricerca istituito presso l'Università per Stranieri di Siena di cui è stato Rettore, lo ha spiegato: quello che stiamo vivendo con il coronavirus è un pericolo globale, una tragedia collettiva, “un’emergenza difficile” (per dirla con il presidente Sergio Mattarella), “una tempesta” (per dirla con Papa Francesco). Non evochiamo la guerra. >> Quindi concludendo è vero servono nuove parole in ambito politico \ culturale ed il linguaggio non è mai statico è ed sarà sempre in movimento evoluzione ma bisogna evitare manomissioni \ uso improprio delle parole vista la rapidità con cui diventano d'uso comune . Insomma fare attenzione a come si maneggiano ed creano perché come le parole sono importanti e raccontano come dice sia il libro citato nell'immagine a sinistra sia questa famosa scena filmica di qualche tempo fa ( mi scuso per la ripetizione ma certe espressioni anche se le uso perchè costretto sono un obbrobrio )
con questo è tutto . per chi volesse approfondire l'argomento trovate , come di consueto , dei link compresi i due articoli citati
https://www.iltascabile.com/scienze/pandemia-guerra/
https://www.vita.it/it/article/2020/03/26/la-viralita-del-linguaggio-bellico/154699/
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/03/30/metafora-guerra-coronaviru
htps://www.internazionale.it/opinione/daniele-cassandro/2020/03/22/coronavirus-metafore-guerra
https://www.valigiablu.it/coronavirus-solidarieta/
https://www.voanews.com/science-health/coronavirus-outbreak/
https://time.com/5806657/donald-trump-coronavirus-war-china/
https://www.eurasiareview.com/21032020-winning-the-war-on-coronavirus-oped/
https://www.eventbrite.com/
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/03/30/metafora-guerra-coronavirus
https://www.lastampa.it/rubriche/public-editor/2020/03/31/news/la-pandemia-non-e-una-guerra-1.38659497
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