È la prima volta che le sue opere si offrono allo sguardo del pubblico. Un sicuro talento il
La pittrice Anna Maria Fabriani ha compiuto ieri 100 anni, il sindaco Mario Pardini e il consigliere comunale Gianni Giannini FONTE LA NAZIONE.IT
suo, affinatosi accanto a uno dei maggiori esponenti della Scuola Romana, Carlo Socrate, ma rimasto poi confinato nella dimensione domestica, per censura e autocensura, per quel non sentirsi all’altezza, perché per le donne non è mai stato facile (e in parte ancora
non lo è) ottenere la giusta considerazione e i relativi riconoscimenti, figurarsi nell’Italia patriarcale del secondo dopoguerra. E se una prima volta è sempre importante, questa è davvero speciale. Sì perché l’artista a cui è dedicata questa prima retrospettiva è Anna Maria Fabriani, nata a Roma nel 1924, e che lo scorso 28 giugno ha compiuto cento anni. La mostra Anna Maria Fabriani – Riverberi e trame della Scuola Romana, a cura di Sabina Ambrogi, figlia dell’artista, è allestita nei magnifici e prestigiosi spazi di Palazzo Merulana, a Roma, fino al 6 ottobre. E benché la pittrice ora viva a Lucca, all’inaugurazione, il 4 settembre, è stata presente, forse un po’ frastornata da attenzioni e complimenti ma sempre lucida e ironica, tanto da dire alla figlia Sabina artefice di tutto: "Ma cosa ti è venuto in mente?".
Ha sempre dipinto Anna Maria, figlia di un designer industriale, Raffaele Fabriani, e di Maria Magris, appartenente a una famiglia di illustratori, pittori, architetti. Nel dopoguerra, con i soldi guadagnati come impiegata al ministero degli Esteri, si paga gli studi all’Accademia di Belle Arti di via Ripetta, dove diventa allieva di Carlo Socrate. Nel 1960 sposa Silvano Ambrogi, scrittore e drammaturgo, autore tra l’altro de I Burosauri, commedia di successo, scelta anche da Roberto Benigni per il suo debutto come attore. Nascono Cecilia e Sabina, si dedica all’insegnamento e dalla fine degli anni ’60 smette di dipingere. "Non è assolutamente dipeso da mio padre, è stata una sua scelta", tiene a precisare Sabina.
Passano molti anni prima che riprenda i pennelli in mano. Accade pochi mesi dopo la morte del marito, scomparso nel ’96. Si ricorda di un ritratto che gli aveva fatto da giovane, mai completato e rimasto confinato in cantina. Da quel momento ricomincia a dipingere e continua, con quella passione, quasi un’ossessione, che la portava a non essere mai soddisfatta. "La notte cancellava con una lametta – racconta Sabina – quello che aveva dipinto durante il giorno. La mattina dopo riprendeva a dipingere su quella tela, per poi, la sera, tirare via di nuovo tutto". Dipingeva nella sua stanza da letto: nature morte, fiori, ritratti: soggetti che rispecchiano il suo orizzonte domestico e il bellissimo ritratto della figlia Cecilia ne è l’immagine simbolo sul manifesto della mostra. Nel 2018, dopo avere realizzato un centinaio di opere, si ferma perché non riesce più a stare in piedi davanti al cavalletto e non è pensabile per lei dipingere da seduta.
Nella mostra di Palazzo Merulana ci sono quadri del primo periodo della sua attività, dal ritratto di Rosetta e della madre, Maria Magris, del 1953, e quelli della seconda fase fino all’ultimo, Limoni e bottiglia di amaro. Ha impiegato anni Sabina Ambrogi a recuperare i quadri della madre, molti messi via senza nessuna attenzione così da avere bisogno di importanti restauri. Alcuni ritrovati per caso, macchiati di vernice, ammuffiti, nella cantina di un palazzo a Villa Fiorelli, a Roma, dove la pittrice aveva abitato dal 1934 al 1960. E altri ne mancano all’appello, come quelli spediti nel 1959 al fratello Maurizio, in Venezuela, scaricati al porto di Caracas e di cui si sono poi perse le tracce. La speranza è che questa mostra possa, in qualche modo, come lanciando “un messaggio in una bottiglia“, aiutare a ritrovarli.
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