CORRIERE DELLA SERA 8\10\204
Giulia e Chiara, legate da un filo che non si
potrà mai spezzare. A quattro anni dal brutto
incidente in cui la prima perse la gamba per
salvare l’amica, si sono laureate insieme. Giulia in
Lettere moderne a Salerno, Chiara in Ingegneria
di Giusi Fasano biomedica a Torino.
Ma c’è di più. C’è che Chiara
ha scelto Ingegneria biomedica sognando di poter sostenere e aiutare la sua amica con le
protesi. «Dopo il fatto dell’incidente — dice — ho cominciato a vedere, proprio osservando Giulia, che cose fantastiche poteva fare un ingegnere in quest’ambito. E quindi è
grazie a lei che mi sono avvicinata a questo mondo e ho
scelto questo corso di laurea.
Ora mi sono iscritta alla magistrale in Strumentazione biomedica che si occupa, fra le
altre cose, di progettare le
componenti elettroniche dei
singoli strumenti oppure dei
sensori e dei collegamenti all'app come quelli che usa
Giulia per la sua gamba».
L’incidente? «Non ne parliamo quasi più», giura Chiara. «Anche perché non c’è più
niente da dire. È andata così.
Ogni tanto torna tutto a gallai sono destini legati
con un filo così spesso
che niente potrà mai
spezzare. Giulia e
Chiara sanno che per loro è
così, è sempre stato così. Hanno imparato a camminare assieme, hanno giocato assieme, hanno studiato assieme,
sono finite assieme nella stessa disgrazia e adesso, manco a
dirlo, si sono laureate praticamente assieme, a pochi giorni
l’una dall’altra. Laurea triennale: Giulia in Lettere moderne a Salerno, Chiara in Ingegneria biomedica a Torino.
Giulia è Giulia Muscariello,
quella ragazza dai lunghi capelli chiari che oggi ha 22 anni e che abbiamo imparato a
conoscere quando ne aveva
appena compiuti 18. Nella
notte fra il 30 e il 31 luglio del
2020 era seduta su un muretto accanto alla sua amica diciassettenne Chiara Memoli, a
Cava de’ Tirreni, Salerno.
Chiacchieravano quando il
rombo di un’auto irruppe sulla scena e in pochi istanti diventò più forte delle loro voci.
Giulia capì al volo che quell’auto non avrebbe frenato,
diede uno spintone a Chiara
per evitare l’impatto ma non
fece in tempo a mettere in salvo se stessa.
Si svegliò in ospedale con la
gamba sinistra amputata all’altezza della coscia e quello
fu il giorno zero da cui ripartire. Con Chiara al suo fianco,
come sempre. L’amica avviò
per le sue cure una raccolta
fondi, la storia della loro amicizia e del gesto di generosità
di Giulia arrivò al Quirinale,
dove Sergio Mattarella la nominò Alfiere della Repubblica. Una favola fatta di un’amicizia che non è stata scalfita
nemmeno un po’ dalla distanza dettata dalle scelte universitarie. E così, eccole, Giulia e
Chiara in prima fila a celebrare l’una la laurea dell’altra. Ma c’è di più. C’è che Chiara
ha scelto Ingegneria biomedica sognando di poter sostenere e aiutare la sua amica con le
protesi. «Dopo il fatto dell’incidente — dice — ho cominciato a vedere, proprio osservando Giulia, che cose fantastiche poteva fare un ingegniere in quest’ambito. E quindi è
grazie a lei che mi sono avvicinata a questo mondo e ho
scelto questo corso di laurea.
Ora mi sono iscritta alla magistrale in Strumentazione biomedica che si occupa, fra le
altre cose, di progettare le
componenti elettroniche dei
singoli strumenti oppure dei
sensori e dei collegamenti all' app come quelli che usa
Giulia per la sua gamba».
L’incidente? «Non ne parliamo quasi più», giura Chiara. «Anche perché non c’è più
niente da dire. È andata così.
Ogni tanto torna tutto a galla
quando magari lei è preoccupata o indecisa per qualcosa.
Le dico sempre: sei stata capace di superare quel che ti è
successo, non ti farai spaventare da una piccola scelta! Lei
è davvero speciale. Il giorno
della sua laurea io c’ero e alla
fine l’ho abbracciata e ho
pianto come forse non avevo
mai fatto da quella sera tragica. Ho metabolizzato tutto, finalmente».
Con il suo 110 e lode in tasca, Giulia ha cominciato la
magistrale alla Sapienza di
Roma in Filologia, e se deve
immaginare un futuro felice
si vede dietro una cattedra
universitaria a insegnare. Lei,
che è da sempre innamorata
delle parole, dice che la sua
preferita l’ha presa in prestito
dal greco: ananthèo, rifiorire.
Proprio quel che ha fatto in
questi quattro anni, nonostante le difficoltà dei primi
mesi post incidente e la morte
di sua madre alla quale ha dedicato la tesi in Letteratura latina sul mito di Narciso.
«Mai avrei immaginato di
riuscire a vivere da sola in una
grande città», confessa ripensando alla Giulia spaventata e
disperata dell’estate 2020. «E
invece ora so che posso farcela. Sono autonoma, guido, ho
trovato casa, ho molti amici.
Avere persone vicine che ti
aiutano è una cosa bellissima,
ma avevo bisogno di capire se
potevo cavarmela da sola e
adesso so che la risposta è sì».
L’ostacolo più grande? «Mostrarmi, soprattutto al mare.
Ho fatto fatica a superare questo passaggio ma alla fine ho
capito che dovevo trasformare
quel punto debole in un punto di forza e sa che ho fatto?».
Che cosa? «Ho cercato di rendere più belle le mie protesi.
Quella da mare adesso è rosa
brillantinata, quella da tutti i
giorni è dorata».
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