29.10.24

Hallowen ... ehm .... il culto dei morti ed i falsi nazionalisti \ sovranisti che lo vedono solo come festa imortata dagli Usa e pesi anglossassoni dimenticando che ci sono le nostre tradizioni mortuarie pagane ., La piccolezza dei fischi al film sul bullismo

dai nazionalisti \ sovranisti che scrivono articoli critici   verso Hallowen  come questo  de  ILGiornale  riportato     sotto   su #Hallowen mi aspettavo più conoscenza delle nostre tradizioni #pagane e non la solo la riduzione d'essa a festa importa dagli Usa  su   in flusso  dei paesi Anglossassoni  . A che punto siamo arrivati  non ci sono  più  i nazionalisti  di  una  volta  che  contrapponevano ad mode  estere  le   tradizioni nazionali  e  regionali   . 


Halloween non commemora i morti, scaccia quelli tornati dall'inferno. Invece il nostro amore per i defunti è senza limiti di tempo e di spazio
Halloween è simbolicamente all'opposto rispetto alla tradizione comune della commemorazione dei defunti
                               Giulio Dellavite 27 Ottobre 2024 - 10:00





Una signora anziana, di quelle che barcollano ma non mollano, che ogni giorno partecipa alla Messa feriale con una fede che io le invidio, arriva in sagrestia accompagnata dalla figlia per «risolvere un dilemma», mi si dice. Lei ha un peso sul cuore e vorrebbe confessarsi. La figlia sorride. Il giorno prima, tornata dalla Messa, si era rifiutata categoricamente di prendere l'Aulin per i dolori (ogni intenzione pubblicitaria o relativa ad altre eventuali tematiche inerenti al farmaco è esclusa). La motivazione era profondamente religiosa: «Il parroco ha detto che non è una cosa bella!». Addirittura si faceva lo scrupolo di essere in peccato per averne presi diversi.
Quella donna aveva colto la sfumatura della riflessione che avevo proposto, il problema è che io avevo parlato di Halloween. La sordità dell'anziana e la modernità della festa avevano fatto il resto, facendo andare la sua mente per assonanza alla famosa bustina che la figlia le faceva prendere. Resta il fatto che, come quella cara nonnina, tante persone vengono coinvolte da questa ricorrenza senza però conoscerne il significato. Noi l'abbiamo commercialmente copiata dagli Stati Uniti, in realtà pare che il suo inizio sia stato in Scozia alla fine del '700, celebrando la vigilia dei Santi (il 31 ottobre appunto), come «la notte degli spiriti, All Hallows' Eve» da cui appunto il nome Halloween. Si pensava che in contrapposizione agli spiriti beati del paradiso, nel buio della vigilia, le anime in pena uscissero dagli inferi della terra per rubare la vita degli uomini risucchiandola. I viventi, allora, per paura di essere divorati e per riuscire a scappare dagli assalti, cominciarono a mascherarsi da morti, da scheletri, da fantasmi, da personaggi dell'oltre tomba per confondere gli spiriti dannati affamati di vita. Qui prende senso allora la fatidica domanda: «dolcetto o scherzetto?». Gli «zombies» per capire quali fossero gli umani camuffati ponevano la richiesta come trappola terribile: se qualcuno avesse risposto «dolcetto» era chiaramente un vivente in quanto i morti non possono mangiare. Quindi scattava lo «scherzetto» dello strappargli l'esistenza.
Halloween è simbolicamente all'opposto rispetto alla tradizione comune della commemorazione dei defunti. In questi giorni non si fugge dai morti, ma si va loro incontro, si vanno a trovare al cimitero offrendo un fiore, cioè offrendo loro un segno di vita nuova. Gabriel Marcel scrive: «Dire ti amo a una persona significa prometterle: tu non morirai mai!». Infatti «amore» per qualcuno viene proprio dal latino «a-mors» ciò che è senza morte, ciò che vince la morte, ciò che non risucchia la vita ma la fa crescere nell'eredità di azioni, valori, passioni, insegnamenti, premure. Collego allora un'altra interpretazione, quella per cui «ricordare» verrebbe da «ri-cuor-dare»: ridare cuore, ri-mettere nel cuore, ridare vita al cuore nostro e loro, riscoprire il cuore delle nostre storie.
Non so quanto siano deduzioni linguisticamente esatte, ma mi piacciono e comunque il senso che offrono mi sembra alquanto significativo da condividere. Va sempre più di moda dire a un defunto «la terra ti sia lieve», come saluto laico e moderno opposto al «riposi in pace». È invece un antico augurio religioso latino «sit tibi terra levis» che ha assonanza al significato originario di Halloween. Al momento della sepoltura, il rumore della terra sulla bara e il vederla sotterrarsi generava un senso di angoscia. Allora si augurava al defunto la «lievità», cioè che la sua anima non fosse sotto le zolle, bloccata o imprigionata negli inferi, ma libera e liberata, viva e presente, amata e amante. A me non piace l'espressione «ovunque tu sia» perché mi sembra che celi in sé l'idea che si tratti di qualcuno smarrito o disperso o scappato o rapito. Quando amo una persona, sento che c'è anche se non so dove è, anche se è lontana.

Nononostante  la   sua  versione   dogmatica  e  classicistica   sulla   morte   concordo  quando  dice  :

Halloween o All Saints, commemorazione dei morti o festa dei santi, tradizione religiosa o ricordo laico, per tutti comunque c'è una medesima provocazione alla riflessione e cioè che la morte più che «triste» è «seria»: il loro «al di là» fa prendere sul serio il nostro «al di qua».

ogni uno   è  libero di celebrare la  riccoreza   mortuaria  e  la morte dei propri cari  come meglio crede   basti che rispetti   l'altro  e   non rompa  le  scatole  

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Lo  so  che  ne  ho già   parlato   precedentemente qui in questo post ma    non riesco ad evitare   di ripetermi   in  quanto la cultura anzi  meglio  l'incultura del bullismo oltre ad essere un circolo vizioso visto il passaggio da bullizzato o bullizzatore è difficile da da sradicare Infatti  non bisognerebbe stupirsi troppo di fatti come quello avvenuto a Roma alla proiezione in anteprima  visto che nelle sale esce il 7 novembre per le scuole del film Il ragazzo dai pantaloni rosa perché, come noto, la stupidità è senza limiti; ci si può però sentire feriti, delusi, dispiaciuti e anche "vergognarsi", come ha detto una
studentessa presente in quella sala . IL film ( tratto dall'omonimo libro ) racconta di Andrea ha quindici anni quando decide di uccidersi. Non sopporta più i compagni che lo tormentano e lo insultano, non solamente nei corridoi del liceo ma anche su internet, su una pagina che hanno creato appositamente per umiliarlo, dal titolo « Il ragazzo dai pantaloni rosa ». Perché alla stupidità e alla crudeltà basta l'appiglio del nulla, per trasformarsi in disumanità. È il 2012. La mamma di Andrea, Teresa, scopre dopo la morte del figlio di quei ragazzi che gli hanno rovinato la vita al punto di spingerlo a distruggerla. Scrive un libro, che è diventato un film e l'altro giorno è stato presentato alla Festa del cinema di Roma alle scolaresche della città, tutti ragazzi fra i 15 e i 17 anni. L'età di Andrea e dei cosiddetti bulli che lo avevano perseguitato. Il fatto è che Andrea è morto e i bulli no . Inn quella sala hanno fatto sentire ancora la loro voce senza vergogna, tra fischi e offese al protagonista sullo schermo. Lo ha raccontato il quotidiano Il Messaggero e il ministro dell'Istruzione Valditara ha chiesto che i responsabili siano individuati e annunciato che andrà a incontrarli di persona.
Non bisognerebbe stupirsi troppo perché, come noto, la stupidità è senza limiti; ci si può però sentire feriti, delusi, dispiaciuti e anche «vergognarsi», come ha detto una studentessa presente in quella sala. Ma un fatto di tale gravità interpella innanzitutto gli adulti e la domanda è forse, in questo caso, fino a quale punto di non ritorno possa arrivare lo scollamento dei ragazzi dalla realtà. E poi: perché avvenga, e che cosa si possa fare. È uno scollamento che si osserva sempre più spesso e in ogni ambito, dalla consapevolezza di ciò che è stato il nostro passato a quella della propria identità, dei propri valori, del proprio possibile futuro.
Difficile immaginare una presa di responsabilità da parte di qualcuno capace di insultare un ragazzino morto nel buio di una proiezione e poi, una volta accese le luci, pauroso di proferire verbo. Senza arrivare a immaginare (come minimo) delle scuse, non c'è stato nemmeno qualcuno che abbia avuto il coraggio di bullarsi del pessimo comportamento. 
Quanta piccolezza, perfino nella cattiveria non solo  da parte  dei  coetanei  ma  anche  dei  genitori    che gli hano educati     e  degli stessi responsabili scolastici . Infatti  ho letto   su  msn.it    un articolo  mi sembra  del corriere  della sera    che  riporta la  notizia     di un genitore      che     dice «Mia figlia non potrà partecipare ad "Uniti contro il bullismo" il grande evento live diretto agli studenti: la scuola che frequenta ha deciso che non è un tema adatto a ragazzini di 11 anni. Un’occasione persa per i nostri giovani». 
Sempre  secondo   l'articolo  M'indigna  e  mi  crea  sconcerto il fatto    che  alcuni genitori della scuola media Augusto Serena di Treviso dopo che la dirigente ha deciso di non fare partecipare i circa 150 studenti dell’istituto alla proiezione del «Il ragazzo dai pantaloni rosa», un film , patrocinato dalla Presidenza della Repubblica e da diversi ministeri, tratto dalla storia vera di un quindicenne suicida, trasmesso in streaming, il prossimo 4 novembre, in occasione della giornata dedicata alla lotta contro il cyberbullismo.Andrea Spezzacatena il 20 novembre del 2012 si tolse la vita dopo vessazioni subite dai compagni di classe, preso di mira perché portava dei pantaloni di colore rosa, stinti per errore dopo un lavaggio della madre Teresa che ha raccontato nel libro «Andrea oltre il pantalone rosa» da cui poi è stato tratto il film. Dopo la visione della pellicola, previsto un incontro degli studenti con la regista Margherita Ferri e la madre del ragazzo scomparso, Teresa Manes. Un momento insomma educativo e di riflessione per sensibilizzare i giovani ad argomenti come l’omofobia e le serie conseguenze che essa può avere anche a scuola.
La trasferta dei circa 150 alunni frequentanti la prima, la seconda e la terza media della Serena, era stata organizzato al dettaglio con largo anticipo: il trasporto in corriera dal plesso al cinema Edera e la racconta dei soldi del biglietto. Gli studenti entusiasti di trascorrere una mattina al cinema, gli insegnati soddisfatti di aderire ad un importante azione di prevenzione contro la temuta piaga del bullismo. Poi, invece, il dietrofront della scuola. Qualche giorno fa, alcuni genitori si sono infatti rivolti agli insegnanti per chiedere di non portare i ragazzi al cinema «in quanto il tema dell’omofobia e del suicidio potrebbe non essere adatto a ragazzini di 11-12 anni». La dirigente del plesso Anna Durigon, d’accordo con il collegio docenti, ha dunque chiamato la sala per cancellare la prenotazione. A confermarlo gli stessi gestori del cinema, stupiti dell’improvviso dietrofront della scuola. «Non abbiamo cancellato ma solo rimandato – spiega però la dirigente -. Una decisone maturata dopo che alcuni genitori ci hanno fatto notare che il film poteva non essere adatto a tutti i ragazzi. Ci è sembrato, dunque, più prudente mandare prima qualche nostro docente a vederlo per capire se può essere visto da ragazzi così giovani. Dobbiamo anche renderci conto che ci possono essere ragazzi che stanno vivendo situazioni simili e dunque non sappiamo che reazioni emotive potrebbe scatenare certe scene. Non si tratta di nascondere certi argomenti ma di affrontarli con tatto, in base alla sensibilità e alle situazioni diverse che sono presenti in una classe».
La scelta della preside di non partecipare all’appuntamento in live contro il bullismo non è piaciuto alle associazioni che combattono per i diritti Lgbt: «Un film non ha mai ucciso nessuno, l’omofobia sì» la reazione di Paola Marotto, presidente del Coordinamento Lgbte di Treviso - Ancora una volta un clima ormai imperante di omofobia, spalleggiato da più parti, porta all’annullamento di una proiezione di un film che non avrebbe fatto altro che aumentare la coscienza di quella che è la società civile e di quello che, invece, alcuni atteggiamenti e azioni possono causare». Nelle stesse ore in cui la scuola annunciava la decisione di annullare la visione del film dedicato al suicidio del giovane bullizzato a Roma è, infatti, accaduto un altro fatto sconcertante: la proiezione della pellicola ad una scolaresca è stata accompagnata da fischi e frasi omofobe. 
All’episodio è seguito il commento del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che in un post su X ha dichiarato: «Il bullismo va contrastato con la massima severità. Appena saranno noti i nomi dei responsabili, andrò nella loro scuola perché voglio incontrarli personalmente». A Treviso a prendere posizione, subito dopo, anche il sindaco Mario Conte, intervenuto contro la decisione della scuola Serena di annullare la proiezione della film : «E’ uno sbaglio non farlo vedere ai ragazzi. Provvederemo a proiettarlo noi – ha subito fatto sapere il primo cittadino di Treviso -, temi così importanti come il bullismo e la depressione devono essere sempre affrontati a scuola ».


Ma non solo nelle scuole, aggiungo io,  anche in tutti i centri d'aggregazione laici o parocchiali e coinvolgere in essi anche le famiglie perchè la  prima  educazione  avviene  in casa  

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