N.b
prima d'iniziare il post d'oggi ci tengo a precisare che il titolo del post d'oggi è un satirico ed ironico ed intende prendersi gioco dei luoghi comunai e degli stereotipi culturali e sociali ormai jurassici ma che ancora resistono. Questa precisazione è dovuta al fatto che ogni volta che faccio un titolo ironico o una battuta la maggior parte della gente ( salvo pochi ) compresi a volte i genitori e miei amici più cari , mi prendono sul serio, dimenticando o non sapendo o per causa loro o causa del sistema scolastico che la cultura e la letteratura italiana è [ era ] ricchissima d'ironia e di satira .
Dopo questa precisazione ( spero di non doverci più ritornare ) veniamo al post in questione
Come tutti i mestieri di successo anche quello di chef è declinato al maschile. L’Italia non fa eccezione ma può vantare la pattuglia di cuoche pluri stellate più folta d’Europa. Ora due libri raccontano le storie di volontà e sacrificio
di chi è riuscita a rompere con la catena di montaggio alimentare casalinga
e a tradurre il suo talento in piatti griffati
dall'ultimo inserto la domenica del quotidiano repubblica
LICIA GRANELLO
«Quando la gastronomia sarà una religione, con il suo calendario, i suoi santi e i suoi confessori le sue vergini e i suoi martiri, la Mère Fillioux sarà canonizzata e diventerà una delle patrone della cucina francese». Scriveva così, adorante e mistico, monsieur Curnonsky — alias Maurice-Edmond Sailland — principe dei gastronomi francesi negli anni Trenta. Oggetto di tanta devozione, Francoise Fayolle sposata Filloux, una de “Le Mères”, le Madri della cucina francese, piccolo gruppo di indomabili donne dei fornelli che a cavallo tra le due guerre riscattarono generazioni di cuoche silenziose e dimenticate, conquistando il Gotha dell’haute cuisine internazionale a colpi di Tre Stelle Michelin. Solo pochi mesi fa, Anne Sophie Pic è riuscita a rinverdirne i fasti, conquistando la terza stella e il titolo di migliore chef di Francia.
Due libri e un pranzo di piazza celebrano in questi giorni gli splendori dell’alta cucina al femminile, movimento a lungo trascurato e misconosciuto in nome di una superiorità maschile tradotta in premi, stelle e classifiche gourmand. Da una parte, Le cuoche che avrei voluto diventare, (Roberta Corradin Enaudi )
all’altra Eugénie Brazier e le altre, di Alessandra Meldolesi Le Lettere.
In entrambi i casi, scrittrici-gourmand e cuoche provette pronte a riannodare il filo con le radici del proprio savoir-faire: ovvero dire,fare, raccontare cucina e dintorni. «Gli uomini sono dei geni, ma noi siamo la storia», ama ricordare
Nadia Santini, chef tristellata da una dozzina d’anni, considerata la più grande cuoca italiana. Non è la sola, se è vero che, unico caso al mondo, la guida Michelin attribuisce il massimo dei giudizi possibili a ben tre donne dello stesso Paese (Annie Feolde, pur nata in Costa Azzurra, vive a Firenze da oltre trent’anni). A loro, vanno aggiunte altre tre super-cuoche con due stelle Michelin: come dire che in nessun altro posto la cucina femminile viene riconosciuta, apprezzata, amata come da noi.
Eppure, quando si parla di cucina d’autore, facce, nomi e indirizzi sono tutti declinati al maschile. «Questione di fatica, di orari, di sacrifici», sostengono i critici gastronomici (uomini), svelando solo una parte di verità. Perché le donne cucinano da sempre, coniugando come possono il meglio e il peggio della quotidianità alimentare, dalla necessità di variare i menù ai pochi soldi con cui realizzarli, accontentando bimbi svogliati e adolescenti a dieta, mariti ipertesi e anziani diabetici. Così, nella maggior parte dei casi, le donne lasciano il palcoscenico all’artista di turno, ritagliandosi ruoli esterni al cono di luce della celebrità, diventando sous-chef,executive, capi brigata. In quanto alle nostre Magnifiche Sei Pluristellate, le loro storie sono storie di straordinaria volontà: spose con mariti eredi di trattorie e locali, supportate da suocere disposte a passare i loro saperi, assemblando amore, passione lavorativa e vita famigliare.
Ma le più giovani non ci stanno. Rivendicano una professionalità svincolata dal passaporto matrimoniale. Vogliono essere cuoche come sarebbero medici, insegnanti, avvocate, artigiane. Se nonavete tempo e modo di fermarvi in uno dei tanti indirizzi di alta cucina femmina sparsi per l’Italia, regalatevi una sera a teatro a Bologna. A luglio, dopo uno degli appuntamenti che fanno ricco il cartellone dell’Arena del Sole, potrete godervi una meravigliosa cena nel chiostro annesso, curata dagli chef stellati dell’Emilia Romagna.Scoprirete il talento di Aurora Mazzucchelli, stella Michelin a Sasso Marconi: giovane, sveglia, bravissima. Perfino senza avere un marito accanto.
prima d'iniziare il post d'oggi ci tengo a precisare che il titolo del post d'oggi è un satirico ed ironico ed intende prendersi gioco dei luoghi comunai e degli stereotipi culturali e sociali ormai jurassici ma che ancora resistono. Questa precisazione è dovuta al fatto che ogni volta che faccio un titolo ironico o una battuta la maggior parte della gente ( salvo pochi ) compresi a volte i genitori e miei amici più cari , mi prendono sul serio, dimenticando o non sapendo o per causa loro o causa del sistema scolastico che la cultura e la letteratura italiana è [ era ] ricchissima d'ironia e di satira .
Dopo questa precisazione ( spero di non doverci più ritornare ) veniamo al post in questione
Come tutti i mestieri di successo anche quello di chef è declinato al maschile. L’Italia non fa eccezione ma può vantare la pattuglia di cuoche pluri stellate più folta d’Europa. Ora due libri raccontano le storie di volontà e sacrificio
di chi è riuscita a rompere con la catena di montaggio alimentare casalinga
e a tradurre il suo talento in piatti griffati
dall'ultimo inserto la domenica del quotidiano repubblica
LICIA GRANELLO
«Quando la gastronomia sarà una religione, con il suo calendario, i suoi santi e i suoi confessori le sue vergini e i suoi martiri, la Mère Fillioux sarà canonizzata e diventerà una delle patrone della cucina francese». Scriveva così, adorante e mistico, monsieur Curnonsky — alias Maurice-Edmond Sailland — principe dei gastronomi francesi negli anni Trenta. Oggetto di tanta devozione, Francoise Fayolle sposata Filloux, una de “Le Mères”, le Madri della cucina francese, piccolo gruppo di indomabili donne dei fornelli che a cavallo tra le due guerre riscattarono generazioni di cuoche silenziose e dimenticate, conquistando il Gotha dell’haute cuisine internazionale a colpi di Tre Stelle Michelin. Solo pochi mesi fa, Anne Sophie Pic è riuscita a rinverdirne i fasti, conquistando la terza stella e il titolo di migliore chef di Francia.
Due libri e un pranzo di piazza celebrano in questi giorni gli splendori dell’alta cucina al femminile, movimento a lungo trascurato e misconosciuto in nome di una superiorità maschile tradotta in premi, stelle e classifiche gourmand. Da una parte, Le cuoche che avrei voluto diventare, (Roberta Corradin Enaudi )
all’altra Eugénie Brazier e le altre, di Alessandra Meldolesi Le Lettere.
In entrambi i casi, scrittrici-gourmand e cuoche provette pronte a riannodare il filo con le radici del proprio savoir-faire: ovvero dire,fare, raccontare cucina e dintorni. «Gli uomini sono dei geni, ma noi siamo la storia», ama ricordare
Nadia Santini, chef tristellata da una dozzina d’anni, considerata la più grande cuoca italiana. Non è la sola, se è vero che, unico caso al mondo, la guida Michelin attribuisce il massimo dei giudizi possibili a ben tre donne dello stesso Paese (Annie Feolde, pur nata in Costa Azzurra, vive a Firenze da oltre trent’anni). A loro, vanno aggiunte altre tre super-cuoche con due stelle Michelin: come dire che in nessun altro posto la cucina femminile viene riconosciuta, apprezzata, amata come da noi.
Eppure, quando si parla di cucina d’autore, facce, nomi e indirizzi sono tutti declinati al maschile. «Questione di fatica, di orari, di sacrifici», sostengono i critici gastronomici (uomini), svelando solo una parte di verità. Perché le donne cucinano da sempre, coniugando come possono il meglio e il peggio della quotidianità alimentare, dalla necessità di variare i menù ai pochi soldi con cui realizzarli, accontentando bimbi svogliati e adolescenti a dieta, mariti ipertesi e anziani diabetici. Così, nella maggior parte dei casi, le donne lasciano il palcoscenico all’artista di turno, ritagliandosi ruoli esterni al cono di luce della celebrità, diventando sous-chef,executive, capi brigata. In quanto alle nostre Magnifiche Sei Pluristellate, le loro storie sono storie di straordinaria volontà: spose con mariti eredi di trattorie e locali, supportate da suocere disposte a passare i loro saperi, assemblando amore, passione lavorativa e vita famigliare.
Ma le più giovani non ci stanno. Rivendicano una professionalità svincolata dal passaporto matrimoniale. Vogliono essere cuoche come sarebbero medici, insegnanti, avvocate, artigiane. Se nonavete tempo e modo di fermarvi in uno dei tanti indirizzi di alta cucina femmina sparsi per l’Italia, regalatevi una sera a teatro a Bologna. A luglio, dopo uno degli appuntamenti che fanno ricco il cartellone dell’Arena del Sole, potrete godervi una meravigliosa cena nel chiostro annesso, curata dagli chef stellati dell’Emilia Romagna.Scoprirete il talento di Aurora Mazzucchelli, stella Michelin a Sasso Marconi: giovane, sveglia, bravissima. Perfino senza avere un marito accanto.
TRE STELLE MICHELIN (Italia)
Annie Feolde
ENOTECA PINCHIORRI
Via Ghibellina 87
Tel. 055-242757
Firenze
Nadia Santini
DAL PESCATORE
Località Runate
Tel. 0376-723001
Canneto sull’Oglio (Mantova)
per le altre protagoniste andate su repubblica e alla pag 15 e 16 del pdf troverete le altre foto
2 commenti:
Sono passata per un salutino. Che bello il nuovo formato del tuo blog! Un forte abbraccio. Angie
Mi sono iscritta, ma non capisco come fare a inviare un articolo sul tuo blog.
Daniela Tuscano
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