Non bastava l'umiliazione subita: il datore di lavoro di una 40enne di Brescia ha deciso cacciarla dall'azienda per danno d'immagine. Sottoponendola a un doppio abuso. Ma non possiamo dimenticare che siamo tutti responsabili. Ricordate Tiziana Cantone?
Immaginate una donna che fidandosi perchè convinta che tutto rimanesse tra le quattro mura della camera da letto, d’accordo che non sarebbe mai uscito da lì , ha realizzato un video hot erotico con il compagno, marito, amante o chiunque sia. Invece le cose sono invece andate come accade purtroppo spesso viene inoltrato a centinaia di numeri di cellulare e finisce online. Fin qui niente di nuovo \ normale ( OVVIAMENTE SON SARCASTICO non fraintendetemi in quanto considero il fatto già grave di per sè. Ma se quei video finiscono nelle chat di cui
fanno parte poliziotti e carabinieri che non fermano la cosa, ma anzi,
ci ridono su e alimentano la cosa, la faccenda diventa più preoccupante. La sua diffusione è inarrestabile, come qualsiasi contenuto gettato in Rete. Infatti La vergogna,
umiliazione e la rabbia sono ancora più indescrivibili. Sopratutto quando : 1) esso circola e viene diffuso da coloro dovrebbero tutelarti come le forze dell'ordine . .2) o quando dopo aver sporto denuncia il vostro datore di lavoro vi licenzi. Sì, avete capito bene. Per «danno d’immagine». La sua. Sembra una beffa, ed è quello che è realmente accaduto a una donna bresciana.
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TELFONATE
Qualche giorno dopo l’inizio dell’indagine, la donna, già vittima di revenge porn, ha subito un altro abuso: è stata licenziata da uno degli studi per i quali lavorava. Il licenziamento sarebbe scattato per un danno di immagine e il datore di lavoro ha spiegato di aver ricevuto chiamate da uomini che volevano un appuntamento con la professionista «senza far riferimento alla problematica da affrontare e senza lasciare recapito telefonico».
IL REVENG PORN È REATO SOLO DAL 2019
Il reveng porn, diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti, in Italia è reato da luglio 2019, grazie all’articolo 10 della legge numero 69. Un delitto introdotto per contrastare legalmente la moda di diffondere foto e video hard realizzate con il consenso dell’interessato e diffuse senza nessuna autorizzazione, ledendo privacy, reputazione e dignità della vittima. Il termine revenge porn è nato alla fine degli Anni 90 negli Stati Uniti, dove un sito omonimo già allora pubblicava materiali intimi con lo scopo dichiarato di consentire «vendetta» («revenge») a chi si ritenesse offeso o vilipeso dal comportamento altrui. Di solito chi usa il revenge porn come arma è un ex offeso per un tradimento o semplicemente arrabbiato. Un fenomeno grave e per fortuna da pochi mesi punibile, ma di ancora più grave in questa storia c’è un passaggio ulteriore: il licenziamento della donna offesa.
ABBIAMO GIÀ DIMENTICATO TIZIANA CANTONE?
Come è possibile che un datore di lavoro anziché capire la delicata posizione della dipendente decida di tagliarla fuori per danno di immagine? Come può sentirsi una donna violata per mano di una persona di cui si fidava, esposta alla pubblica gogna con viso e corpo esposti, e poi persino licenziata, quindi vittima due volte? Ci siamo dimenticati di Tiziana Cantone, la 30enne che si tolse la vita per smettere di dover sopportare l’umiliazione continua di un video hard finito sulle chat WhatsApp di tutta Italia? Ci siamo dimenticati di quanto sia pericoloso vivere un oltraggio del genere ed essere derise e chiamate troie senza che a tutto questo venga messa la parola «fine»? Tiziana Cantone la parola «fine» purtroppo ha scelto di scriverla da sola. Ma a nessun’altra donna e nessun altro uomo deve ricapitare. E tutti noi siamo responsabili. [ o aggiungo per quanto voi vi crediate assolti\siete per sempre coinvolti. ] Datori di lavoro e non solo.
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