Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
15.1.19
adesso tocca a noi ricordare visto che stanno sparendo i testimoni .Torino, addio alla partigiana Marisa Scala, ex deportata nel lager di Bolzano
Torino, addio alla partigiana Marisa Scala, ex deportata nel lager di Bolzano Aveva 99 anni, aveva partecipato alla Resistenza nelle file di Giustizia e Libertà
repubblica online
15 gennaio 201
E' morta a Torino all'età di 99 anni la partigiana Marisa Scala (il cui vero nome era Teresa ma che era nota a tutti come Marisa), ex deportata nel campo delle SS di Bolzano. Nata a Verona nel novembre del 1919, figlia di un impiegato di banca che aveva perso il lavoro per la scelta di non iscriversi al partito fascista, Marisa Scala si era trasferita a Torino nel 1939 e, durante la guerra, si era avvicinata a personaggi di Giustizia e Libertà come il cugino Luigi Scala, condannato dal tribunale speciale, e come Ada Gobetti. Divenuta partigiana durante la guerra di liberazione, era stata catturata tre volte dai tedeschi e rinchiusa nella famigerata caserma di via Asti con il dirigente Fiat Aurelio Peccei (di quei momenti, aveva raccontato in un'intervista, continuava a sentire le urla dei torturati), per poi essere deportata a Bolzano e liberata solo alla fine della guerra.
Del suo trasferimento nel campo altoatesino aveva raccontato lo storico e partigiano Bruno Vasari nel suo libro "Il presente del passato", descrivendo Marisa Scala come l'unica donna ammanettata nel mezzo diretto a Bolzano: "Nell'autobus dell'azienda tranviaria di Milano in una serena notte autunnale, dal carcere di San Vittore veniamo trasportati verso l'ignoto che sarà il campo di smistamento di Bolzano. Unica donna, Marisa S., additando il cielo cristallino fittamente stellato, dice: 'Di questo non potranno privarci'". Da questo episodio trae il titolo "Volevano portarci via le stelle", il documentario che il regista Max Chicco aveva dedicato alla vita della partigiana ora scomparsa.
Così la ricorda l'Anpi Alto Adige Südtirol: "La sua testimonianza, fu decisiva per la condanna di Michael Seifert, aguzzino del campo di Bolzano. Seppe resistere anche alle aggressioni dell'avvocato filonazista di Seifert che cercò con ogni mezzo di minarne la credibilità. La sua forza, il suo coraggio e la sua coerenza di combattente per la libertà sono state, sono e saranno preziose per noi e per le nuove generazioni e vivranno nel nostro impegno per attuare i valori della Costituzione conquistata dalla Resistenza".
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