Ricordo che un tempo ero
affascinato dalla simbologia pasquale, e non mi perdevo nessuna celebrazione
religiosa o una pomposa manifestazione pubblica di tipica devozione popolare.
Forse perché sono nato il lunedì di Pasqua, oppure perché da ragazzo il mio
rapporto con la fede cattolica poteva definirsi davvero intenso. Per anni ho
fatto il ministrante e sono stato scelto più volte dai sacerdoti per il rito
della lavanda dei piedi del giovedì santo. Ciononostante anche se oggi non sono
più credente trovo sempre coinvolgente la celebrazione della morte e
resurrezione di Gesù. La Pasqua non è una festa di origine cristiana ma risale
all'Antico Testamento. Gli ebrei la celebrano ancora oggi (Pesach) e ricordano
la liberazione del popolo eletto dalla schiavitù d'Egitto. In lingua ebraica
Pesach significa passaggio. In entrambe le tradizioni si affronta il tema della
rinascita e della transizione da una condizione all'altra. Dalla schiavitù alla
libertà (Pasqua ebraica), e dalla morte alla resurrezione (Pasqua cristiana).
Tranquillizzatevi, non ho alcuna intenzione di propinarVi una mini lezione di
catechismo bensì mi preme sottolineare la visione filosofica che si cela dietro
la festa di Pasqua. Jiddu Krishnamurti sosteneva che per poter vivere dobbiamo
morire e rinascere quotidianamente. Lui si riferiva alla morte dell'io, alla
rinuncia dell'ambizione ed egoismo. Morire alle piccole cose per poi approdare
ad una nuova nascita e aprirsi alla Conoscenza. Se non ci accostiamo al mondo
con lo stupore della prima volta non comprenderemo mai il significato della
nostra esistenza. Se le vecchie conoscenze muoiono costantemente in noi ci
ritroveremo ogni giorno desiderosi di apprendere nuove realtà. Accumulare
ricordi, talvolta astiosi e negativi, significa solamente collezionare
ciarpame. Tutto quello che non è in grado di spingerci al cambiamento e
all'amore universale non è di nessuna utilità. Anche nei PC, smartphone e iPad
di tanto in tanto facciamo un po' di pulizie di file cosiddetti inutili. Non
bisogna dimenticare che alla base della filosofia c'è lo stupore per ciò che
non conosciamo. Per stupirci dobbiamo essere sempre aperti alle novità, alle
diverse prospettive di vita. Non dobbiamo sentirci ancorati ad antiche
tradizioni che eternano messaggi validi solo per la società che li formulò
secoli fa. Occorrono, invece, occhi nuovi ma soprattutto menti vergini per
vedere il lato nascosto della nostra realtà esistenziale. Gesù ha sconfitto i
pregiudizi e le falsità che si annidano nel cuore dell'uomo. Egli è morto sulla
croce ma è risorto dopo aver piegato la morte. Non importa se crediamo o meno
alla verità di fede tramandata dai vangeli, ma conta invece se riusciamo ad
annientare in noi la stupidità, la violenza, l'ignoranza per poi rifiorire e
dotarci di un pensiero nuovo. Essere, in altre parole, persone nuove. Come
scrive Enzo Bianchi: "L’uomo nuovo è un orfano felice. L’eredità non ha
per lui alcun interesse sostanziale. Illusioni, favole, saperi inutili, di cui
liberarsi in ogni modo". Il mio consiglio per celebrare anche laicamente
le imminenti festività pasquali è proprio quello di rinunciare alle ostilità e
ai facili moralismi. Riflettiamo sui giudizi insensati che elargiamo con così
tanta superficialità, e impariamo che le parole uccidono più delle armi. Certe
frasi dette in un momento di rabbia si fissano nella memoria di chi ci sta
davanti. Le parole scagliate come pietre non solo restano impresse nella
memoria per lungo tempo, ma incidono sulla nostra psiche in modo quasi indelebile.
Dunque cogliamo tale occasione per sopprimere la nostra individualità, e
abbracciamo idealmente la nostra parentela universale. Celebriamo il passaggio
o meglio la fuga dalle gabbie del pregiudizio per approdare ad una vita
caratterizzata da empatia e Conoscenza. E ricordiamoci sempre che: "La più
alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza
giudicare" (J. Krishnamurti).
(Criap)
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riservata
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