No, non è una festa. Ha i paramenti rossi come il sangue. E sangue ne è scorso a fiumi, oggi, ad Alessandria e al Cairo. Vittime, ancora una volta, i cristiani copti, massacrati dai jihadisti durante la Messa delle Palme. Il sorriso di questa domenica mostra i denti, finge il tripudio ma prelude alla Passione. In Egitto, terra così vicina a quella di duemila anni fa, il buio è piombato all'improvviso.
Non è la prima volta. Lontani i momenti in cui il futuro papa copto Shenuda III veniva allevato da una famiglia musulmana e giocava coi figli di quest'ultima in qualche cortile a Cleopatra. Da molti anni i cristiani sono nel mirino del Daesh; il martirio di Sirte, due anni fa, ne rappresentò solo l'episodio più sconvolgente.
Ma chi sconvolse, poi? Europa e Usa, no davvero. I media neolaici continuano a disinteressarsi della sorte dei cristiani mediorientali; e lo stesso può dirsi di certo terzomondismo "progressista". In effetti, per quest'ultimo sembra non esistano chiese distrutte in Medio Oriente, non famiglie perseguitate, non bambini rapiti e convertiti a forza.
Forse non li considerano abbastanza indigeni per destare interesse.Forse li ritengono un prodotto del colonialismo europeo.
Forse pensano Gesù provenga da Lentate sul Seveso e non li sfiora neppure l'idea che quei luoghi non sono nati musulmani, bensì cristiani.
Forse, e senza forse, si vergognano di loro. Non li prevedono. Oggi, un occidentale desideroso di passare per aperto, intelligente e dialogante "deve" rinnegare il cristianesimo.
Ebbene: queste vittime, questi morti mettono a soqquadro il perbenismo corretto. Il quale, del resto, ha i giorni contati. Molto presto saranno costretti ad ammetterlo: sì, li uccidono perché cristiani. I cristiani vengono martirizzati, oggi come ieri. Addirittura più di ieri, secondo osservatori qualificati e secondo papa Bergoglio, atteso proprio in questi giorni. I cristiani sono inscindibili dalla croce.
E non perché amino la sofferenza, ma perché ne sono attraversati, lo siamo tutti, è la cifra del nostro esistere. Averlo dimenticato significa vivere fra parentesi, simulare la festa. In tal modo non resta nulla, se non un'idiota allegria di naufragio, ondivaga come la folla. Che prima acclama, poi ripudia.
I nostri fratelli e sorelle copti, appena calcato il terreno della città, sono stati crocifissi. Vittime designate. È l'unica, lapidaria realtà.
E oggi, in questa domenica delle Salme, per sentirmi realmente vicina a tutti, devo distinguere quelle morti, restituir loro l'originale, specifica fisionomia. Non voglio mescolarle a nessun altro. Oggi, affinché la mia solidarietà universale non risulti posticcia, sono cristiana copta.
© Daniela Tuscano
(Grazie per l'immagine alla comunità "Gesù Buon Pastore" di Madre Longhitano)
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