Torino, il fisco "congela" nove anni di tasse all'imprenditore che denunciò la 'ndrangheta
Mauro Esposito
Mauro Esposito, testimone chiave del processo "San Michele" alle cosche del Nord Ovest, aveva accumulato un milione di debiti. Ora commenta: "Boccata d'ossigeno per me e i miei dipendenti"
di CARLOTTA ROCCI
Mauro Esposito non dovrà più pagare pagare le tasse arretrate all’agenzia delle entrate. L’imprenditore di Caselle che aveva avuto il coraggio di denunciare le minacce subite dalla ‘ndrangheta e si era costituito anche parte civile nel processo San Michele, ha vinto la sua battaglia contro il fisco in una vicenda che in tanti avevano definito assurda. Il debito con l’erario e con Inarcassa ammontava a circa un milione di euro, soldi che Esposito non aveva potuto pagare proprio perché stritolato dalle cosche. Eppure l’Agenzia delle Entrate aveva sostenuto che le minacce della ‘ndrangheta non costituivano una “causa di forza maggiore” tale da giustificare il mancato pagamento. Una situazione che aveva spinto Esposito a fare appello anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nel frattempo sono arrivate 17 condanne nel processo San Michele. Ora, in accordo con la Procura che già in ottobre aveva deciso una "tregua fiscale" di tre anni,, l’Agenzia delle Entrate ha sospeso il debito di Esposito a partire dal 2011 fino al dicembre 2019. Tutte le sanzioni e le more sugli importi già rateizzate sono state annullate. Per l’imprenditore e architetto, che era arrivato a un passo dal fallimento, è una "boccata d’ossigeno per me, la mia azienda e i miei dipendenti" che gli permetterà di riprendere in mano le redini della sua "Me Studio". L’udienza per il pignoramento della ditta era già stata fissata per il 15 maggio.
La vicenda di Esposito inizia quando l’architetto viene nominato direttore dei lavori di un maxicantiere a Rivoli. Il lavoro viene acquisito dalla società Rea di Nicola Mirante, uno degli imputati poi condannati nel processo San Michele. Era stato lui a fare pressioni su Esposito fino a minacciarlo per fargli approvare delle varianti nel progetto che avrebbero fatto
lievitare i costi. Esposito rifiuta e la sua presa di posizione gli costa il posto, poi denuncia tutto e parte il procedimento penale, ma accanto a quel filone si apre un procedimento civile che vede lo stesso Esposito colpevole di aver violato le normative di una vecchia legge secondo cui le società di ingegneria non potrebbero lavorare per i privati. Esposito perde la causa e accumula un debito di circa un milione di euro. Un debito che avrebbe potuto schiacciarlo definitivamente.
sempre dalla stessa fonte
I veleni di una finta Antimafia
di Stefano Esposito
Stefano Esposito - Senatore del Partito Democratico
Immaginate l’Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti di Italo Calvino. Aprite gli occhi e sentirete come anche il ruggito del mare, imprigionato in un muro di cemento, gridi e parole che nessuno ascolta. Mafia. Ostia è un mondo capovolto.
In quel pezzo di Roma dimenticato da tutti, nulla è come appare. L’emblema di quanto succede a 22 chilometri dal centro di Roma si riassume nell’ultima, scandalosa, manifestazione: una fiaccolata contro la proroga del commissariamento per mafia. Solo il X°Municipio riesce a negare confini storico-culturali: Sinistra italiana che sfila insieme a Casapound che sfila assieme al clan Spada, ai quali poi si uniscono squallide categorie di finti paladini dell’onestà.
Il paradosso di Ostia sono proprio loro, le false associazioni antimafia, ovvero personaggi dai legami inquietanti (che ho denunciato in una lunga e dettagliata relazione consegnata nelle mani del presidente della Commissione parlamentare Antimafia) che in quel territorio tengono in piedi sei diverse associazioni diverse. Si occupano di tutto, loro: urbanistica, antimafia, comitati sulla salute pubblica. Strizzano l’occhio ai clan, dileggiano chi combatte davvero su quel territorio per il ripristino della legalità, puntano al potere politico che - per ben due volte - le urne hanno loro negato. Un centinaio di voti alle ultime amministrative e un veleno diffamatorio quotidiano contro chiunque lotti contro le famiglie malavitose. E contro le categorie che hanno imprigionato il mare di Roma. Anatemi, ricatti, dossieraggi e uno stillicidio quotidiano di bugie contro il loro nemico: la legalità.
Eppure si professano paladini dell’antimafia e qualcuno (come i clan) si appoggia alle loro menzogne per isolare e denigrare chi mette loro i bastoni tra le ruote.
Impossibile capire Ostia per chi lì non ne ha respirato l’aria. O toccato con mano cosa è capace di fare la stampa locale per favorire la criminalità, in combutta con quelle finte associazioni e qualche piccolo personaggio politico locale che, pur di avere un giorno da leone, prende per buone verità capovolte. Capovolte sì, come è capovolta una realtà. Dove i cattivi si nascondono sotto l’abito dei buoni e tutti vivono felici e contenti. Con la loro sporca coscienza.
UN COMMENTO
Maria Calabrese 13 aprile 2017 alle 13:07
Finta Antimafia? Cioè mafia! Se faccio il palo durante una rapina, sono criminale tanto quanto chi ruba, perché permetto, lavoro, collaboro, rendo fatto, azione, il crimine. E spesso leggiamo, sentiamo tutto e il contrario di tutto. A chi credere, se, chi in cui tu credi, dice il falso, permette l'omertà, lascia fare il peggio e l'impossibile? Ci sarà un perché. Si chiama convenienza. E ho deciso da un po' di disotterrare la penna, ora consapevole del dono che ho ricevuto, perché ho avuto la gioia di incontrare, conoscere chi "sa trasformare i deserti in foreste", come ha detto loro il magnifico Papa Francesco, il 4 febbraio in Udienza, in Vaticano. Se amiamo ciò che facciamo, saremo, siamo contagiosi. Incontrare su Avvenire le parole di Luigino Bruni, è stato straordinario. Non avevo minimamente idea di chi fosse, a dicembre. Ma quando ti sai spiegare così bene, con sapienza infinita del cuore, e parlando di soldi, come continuo a leggere, impari, leggendo, che non puoi stare zitta, non puoi lasciare perdere, non puoi stare a guardare. Il bene non fa rumore. Il male sí, e parecchio. Per questo sto scrivendo, per condividere il desiderio infinito di bene, solo di bene. Se avessimo autentica attenzione all'altro,tutti, tutt'insieme... pensate che "effetto domino" immediato! Non possiamo "asciugare il mare, con un bicchiere, da soli". Gli "Uomini Soli", Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ce lo hanno già insegnato.
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