22.6.17

dev'essere lo stato a ricordare o gli interessati ? dubbi sulla proposta di alessandra berardi sorella della sequestrata cristina bverardi


anche  se   voi  credete  assolti    siete lo stesso coinvolti 

in questi  giorni su  siti  e  giornali  locali  ed  alcuni flash  d'Ansa  ed  aaenzie  (  destinati   al  90  %  a   essere regalati in cronaca   locali    anzichè nazionale   e quindi ad essere  dimenticati   e  sostituiti  d'altre  notizie   , spesso frivole  )   d'informazione  è comparsa  questa  news  

Ricordiamo, raccontiamo, intitoliamo strade per vittime dei sequestri di persona (Alessandra Berardi)
  da http://sardegna.admaioramedia.it/   del  20 giugno 2017


20 giugno – 19 ottobre 1987: la voce strozzata di mia madre, al telefono, che diceva qualcosa di assurdo: “Hanno preso Cristina”. E io che non capivo, mi rifiutavo di capire.
Stamattina, trent’anni esatti dal sequestro di nostra sorella Cristina, tenuta dai banditi per quattro mesi tra le forre dell’Ogliastra, liberata dall’eroica Squadra Catturandi della Polizia di Stato. Sequestro seguito da attentati e da altre disgrazie e paure e malattie per la mia famiglia, e ovviamente dai segni di quell’esperienza per Cristina. Dei colpevoli, solo il telefonista fu catturato e ha scontato la pena. Per il resto, fascicolo di indagine riaperto solo nel 1998, ricerche tardive, esame del Dna inattendibile per pronta distruzione della maggior parte dei reperti da parte di un giudice, cattiva conservazione dei reperti analizzati. L’ideatore e basista-colletto-bianco e i latitanti – sua manovalanza criminale – individuati, anche grazie alla perspicacia e alla tenacia di nostro padre: ma nulla di fatto a loro carico, per mancanza di prove, tanti anni dopo.
Resta la felicità che lei sia tornata, e che tante persone buone ci siano state vicine. Molti sequestrati non sono tornati mai, altri sono ritornati in condizioni terribili. E in Sardegna, neanche una strada – a quel che mi risulta – intitolata alle “Vittime dei sequestri di persona” (i sequestrati, le loro famiglie, la comunità). Non una lapide con i nomi delle persone sequestrate e mai ritornate, morte per gli stenti o uccise durante la prigionia. Dovremmo invece ricordare una per una tutte quelle persone, vittime innocenti di una pratica terribile che, se scandalizzava le coscienze vigili, veniva spesso presa come un’usanza locale inestirpabile e non proprio deprecabile da menti confuse e confusamente ideologizzate; e con una colpevole moderata attenzione da parte della stampa nazionale, che trattava i sequestri quasi come fenomeni endemico-folclorici, fino a tutti gli anni ’80.
Il sequestro è stato anche un freno potentissimo allo sviluppo imprenditoriale del centro Sardegna: l’aveva detto e scritto mio padre, che per il suo innovativo operare per il progresso di quella collettività, ha pagato prezzi altissimi. Il sequestro, per chi aspetta il proprio caro, mette alla prova cuore, mente e corpo: è una morte-in-vita; e anche la felicità che si prova al suo rientro, così estrema e persistente – circa un anno di umore alle stelle senza un solo momento di malumore – è logorante per i nervi, e ti lascia stremato. Dovremmo ricordare ad alta voce quelle stagioni efferate, quel mezzo secolo crudele che ha sparso lacrime, sangue e fango per la nostra terra bellissima. Ricordiamo, raccontiamo, intitoliamo strade, incidiamo lapidi, e pronunciamo i nomi delle vittime dimenticate.

Alessandra Berardi


ed     dalla nuova  sardegna   del  21 giugno 2017

Cristina: «Spero non scelgano una via zozza e abbandonata. Dopo 30 anni sono serena»
Nel 1987 Cristina Berardi aveva ventisei anni, faceva l’insegnante ed era fresca di nomina alle scuole medie di Tertenia. Da qui tornava, in direzione Nuoro, il 20 giugno al termine di una mattinata...

Nel 1987 Cristina Berardi aveva ventisei anni, faceva l’insegnante ed era fresca di nomina alle scuole medie di Tertenia. Da qui tornava, in direzione Nuoro, il 20 giugno al termine di una mattinata di scrutinii, quando con la sua auto trovò la strada sbarrata nei pressi di Villagrande. I banditi la fecero scendere con la forza e la tennero in una tenda sui monti per quattro mesi esatti. Fu ritrovata da una pattuglia della polizia durante una battuta nel territorio di Arzana il 19 ottobre dello stesso anno. Il rapimento lasciò segni soprattutto psicologici sulla donna nuorese, che pochi anni dopo denunciò come lo Stato le chiedesse di ritornare a insegnare nei luoghi del sequestro, proprio in una scuola ad Arzana, nonostante lei avesse chiesto l’avvicinamento a Nuoro. Un trasferimento che rifiutò anche per evidenti motivi di sicurezza (la sua famiglia continuò a subire intimidazioni dopo il sequestro). 
Tra i tanti commenti all’appello di Alessandra Berardi, sorella di Cristina, in cui si chiede al sindaco di Nuoro di intitolare una via o una piazza alle vittime dei sequestri di persona, c’è anche il suo: «Se il sindaco decidesse di intitolare una via agli ex sequestrati spero che non ce ne dedichi una di quelle zozze, incolte e abbandonate. Oggi dopo 30anni sono serena e nel pomeriggio andrò in carcere a festeggiare la vincita al concorso dei libri tattili realizzati con i suoi ospiti». Oggi infatti Cristina continua a lavorare come insegnante e opera come volontaria a Badu ’e carros. 
Per il suo sequestro, nonostante anni di indagini e numerose piste seguite, è stata individuata e condannata una sola persona, che però avrebbe avuto il ruolo marginale di telefonista della banda. Dopo aver trascorso 15 anni in carcere, nel settembre 2011 fu trovato privo
di vita in una via appartata di Nuoro. Cristina Berardi pubblicò un necrologio in cui esprimeva le proprie condoglianze alle sorelle dell’uomo. «Ha avuto un ruolo marginale nel mio sequestro. E per quel ruolo marginale, se pur grave, ha pagato. A differenza di tutti gli altri». (p.me)

Ora IO penso  , rispondendo alla domanda  fatta   nel  titolo  del  post  ,  che  :
  chiedere   e pretendere    che  sia  lo stato   coltivi organizzi   iniziative   su detterminati   fatti storico  sociali   è come lavare  la testa  all'asino   con il  sapone   in quanto  vedere il caso del  giudice  Luigi  Lombardini   che  


Come giudice istruttore, con competenza dapprima limitata a Cagliari, quindi estesa a quasi tutta la Sardegna, dal 1969 al 1989 istruì quasi cento procedimenti per sequestro di persona, contribuendo al drastico ridimensionamento dell'odioso fenomeno criminaleGrazie alla cosiddetta "zona grigia", assoldò come emissari per i sequestri ex banditi che in cambio di forti sconti di pena lavoravano per lui. Come provato in alcuni casi Lombardini favorì la costituzione di latitanti pagandoli: la sua politica di favoreggiamento per il pentitismo fu oggetto di feroci polemiche perché fece esplodere faide in alcuni paesi sardi, soprattutto a Mamoiada.      da https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Lombardini


Ecco   che  lo  stato  è troppo  coinvolto  e  responsabile  E  ciò sarebbe   un pulicoscienza  .  Secondo   me  la  lodevole iniziativa delle due  sorelle Berardi  ,   come  tutte   quelle   volte  ad evitare  l'oblio   su detterminati fatti della nostra  storia   devono venire  dalle  persone  stesse o  nel  caso di persone morte e non più  tornate   dai loro  eredi   . 
Quindi  chiedo ,lanciando  il messaggio   nel mare  del  web , che  lo  facciano   da  soli coinvolgendo   anche  l'opinione  pubblica senza  aspettarsi  niente   da  questo  stato balardo  .






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