Paris 13, il paradiso dei graffiti
Quest'estate in Italia c'è stata un'escalation di repressione nei confronti dei writers, che a Milano sono stati anche condannati per associazione a delinquere. Il sindaco del 13° arrondissement di Parigi invece ha scelto un'altra strategia: trasformare questo fenomeno in risorsa.
L'evento più eclatante è in corso proprio in questi giorni: un intero palazzo, che a novembre verrà demolito per far posto al nuovo progetto di edilizia popolare, è stato interamente consegnato a 108 writers e artisti di strada, che nell'ultimo mese hanno trasformato l'edificio malridotto in un enorme museo effimero della street art. Risultato? Code chilometriche e migliaia di persone disposte ad aspettare anche 6 ore, compresa la moglie del Primo Ministro Ayrault e la candidata alle comunali di Parigi del centro-sinistra Anne Hidalgo.
È una tappa fondamentale del percorso messo in piedi dal sindaco del tredicesimo arrondissement, Jérôme Coumet, che ha deciso di depositare l'ascia di guerra contro la comunità dei graffitari e aprire invece una collaborazione per provare a rilanciare un quartiere considerato dormitorio. Una scommessa che si sta dimostrando vincente.
L'esperimento è iniziato tre anni fa quando Coumet ha deciso di far dipingere i muri dell'arrondissement dai più importanti esponenti della street art a livello internazionale. L'iniziativa ha raggiunto dimensioni talmente significative che l'amministrazione ha cominciato a organizzare anche tour guidati tra i muri del quartiere, addirittura a bordo di una mongolfiera.
E così oggi si è deciso di organizzare il mese della street art, che terminerà con una grande asta di opere di artisti che provengono dal mondo dei graffiti e che nel frattempo stanno esponendo le loro opere direttamente dentro al palazzo del municipio.
Secondo Mehdi Ben Cheikh, che con la sua Galerie Itinerrance sta accompagnando l'amministrazione in questo percorso, è il modo per Parigi di partecipare alla grande competizione tra capitali di tutto il mondo per guadagnarsi il titolo di capitale internazionale della Street Art. Una competizione a cui partecipano ad esempio Oslo, Atlanta, Lisbona.
«E Roma e Milano?», gli chiediamo. «No, Roma e Milano sono assenti. Gli italiani sono sempre stati precursori in campo artistico, ed è bizzarro che manchi una riflessione sull'arte contemporanea, e l'arte contemporanea è l'arte di strada, di questo è bene che tutti prendano coscienza, perché tra 20, 30 anni sarà troppo tardi. Sarebbe veramente sciocco da parte della politica italiana insistere esclusivamente sulla strada della repressione».
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