La Sardegna secondo i produttori di souvenir: un uomo con la coppola in testa, i baffi, una cravatta rossa sulla camicia bianca e un completo nero.
Il tutto accompagnato da una scritta: "u mafiusu". Sotto, per completare il quadro, spuntano anche le canne di un fucile. Che, a occhio e croce, potrebbe sembrare una lupara. La donna accanto? Velo nero in testa, vestito tradizionale bianco e rosso. Anche lì c'è una didascalia: "a mafiusu". Nel piedistallo, bianca su sfondo marrone, la dicitura: Sardegna. Un po' di confusione: vero che si parla sempre del pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata. Ma, a quanto raccontano gli esperti, nell'Isola la mafia, in pianta stabile, non c'è e non c'è mai stata".L'Ansa ha scoperto la statuina tra le tante messe in vendita in un negozio di souvenir in via Baylle, nel cuore della Marina, a pochi passi dal porto di Cagliari. Un errore che sicuramente non farà fare salti di gioia ai puristi dell'identità sarda. Il souvenir -si trova in mezzo ad altri prodotti dello stesso tipo in cui l'essenza della Sardegna è rappresentata dai soliti clichè: un faro sul mare azzurro, una pecora, un nuraghe o un cestino con vino e pecorino.
CAGLIARI. Un tempo in Sicilia si vendevano ai turisti le statuine di Turiddu, "u mafiusu" e Mara, "a mafiusa". Quei souvenir, in versione riveduta, cioè solo senza i nomi di battesimo, sono arrivati anche a Cagliari, e sulla base di u mafiusu e a mafiusa c’è scritto SARDEGNA. I commercianti, tutti stranieri, giurano di essere vittime: Kabir, originario del Bangladesh, a Cagliari dal 1998, guarda e riguarda quell’oggetto che ha messo in vetrina nel suo negozio di via Baylle, a pochi passi dal porto. «Non mi praxiri» (non mi piace) dice in casteddaio stretto. Forse c’è da credergli dal momento che vive qui da quindici anni e la mafia, ma anche l’intolleranza razziale, da queste parti, non l'ha mai vista.Ad avere responsabilità sono certamente i produttori di quella statuina in vendita nelle botteghe della Marina. Da lontano, in una fabbrica di chissà quale continente, hanno scambiato un’isola con l’altra e anche abbigliamento e particolari dato che l' uomo del souvenir sardo ha la coppola in testa, non la berritta, i baffoni neri e porta una cravatta rossa sulla camicia bianca e pantaloni e giacca neri e una lupara.La donna accanto ha il velo nero in testa e il vestito tradizionale bianco e rosso della Sicilia. Non sembra proprio un costume sardo. Ma anche lei è accompagnata dal bollo di mafiusa. La confusione insomma sembra tanta, la pubblicità per la Sardegna in ogni caso pessima, se questo è il ricordo che devono o possono portare via i turisti che arrivano da altri Paesi.È vero che si parla spesso del pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata, che viene denunciato l’arrivo dei mafiosi, ma a quanto sostengono gli esperti, Cosa nostra qui non ha ancora messo radici. Resta quindi il caso della statuina che si trova in mezzo ad altri prodotti dello stesso tipo, e sempre di pessima fattura, in cui l'essenza della Sardegna è rappresentata da un faro sul mare azzurro, da una pecora, da un nuraghe o da un cestino con vino e pecorino.L’errore sicuramente farà torcere il naso a più di un sardo che non troverà la faccenda spiritosa. Kabir, intanto, è mortificato. «È sbagliato – dice – prometto che non le comprerò mai più. Quante ne ho venduto? Mi sembra nessuna, forse solo una, a un turista». Di certo non si è ricoperto d'oro: il souvenir costa appena un euro. «I sardi – si affretta ad aggiungere il venditore – brava gente: mi sono trovato benissimo qui. Peccato (e strofina il pollice con l'indice) che i soldi in giro siano pochi».Ma da dove arriva l’oggetto incriminato? «L'ho comprata all'ingrosso», dice. Ergo, non è il solo a venderlo. Anche se non è in vetrina, infatti, è in esposizione nelle botteghe degli stranieri della zona. E dunque basta girare l'angolo ed eccone un' altro identico.La titolare del negozio è una cinese. E anche lei prende le distanze: «Sbagliato, sbagliato – si affretta a dire – volevamo rimandare indietro».Tutti si giustificano, come se non vedessero quello che comprano, mentre cominciano ad arrivare le prime reazioni politiche. Federico Ibba, portavoce regionale Udc, interviene su facebook e sollecita meno buonismo e un fermo intervento da parte del Comune e della Regione.«Facciano luce su questo episodio gravissimo e soprattutto provvedano a creare le condizioni affinché almeno i nostri souvenir vengano ideati e prodotti in Sardegna – dice – . Immagino le migliaia di turisti che arrivano con le navi da crociera e che portano a casa questa rappresentazione dei sardi. Se gli oggetti fossero prodotti da aziende dell’isola, questo non accadrebbe».
ci stiamo preparando ad essere colonizzati ulteriormente dalle mafie vistpo che nlle carceri sarde ci stanno mandando mafiosi al 41 bis o si tratta di un errore o creazione di pessimo gusto ?
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