è tratto da una storia vera . Poi passano i mesi e casualmente su da http://www.repubblica.it/ riscopro con maggiori dettagli il fatto in questione
Nel 1971 mise in ginocchio la polizia di New York denunciando la corruzione dilagante. Due anni dopo Sydney Lumet gli dedicò un film, con Al Pacino nel suo ruolo. Oggi Frank Serpico ha 76 anni e gira le università per raccontare la sua storia di 'whistleblower'
LA STORIA
Il superpoliziotto che faceva lo sciuscià
Serpico, un esempio anche 50 anni dopo
Nel 1971 mise in ginocchio la polizia di New York denunciando la corruzione dilagante. Due anni dopo Sydney Lumet gli dedicò un film, con Al Pacino nel suo ruolo. Oggi Frank Serpico ha 76 anni e gira le università per raccontare la sua storia di 'whistleblower' di RANIERI SALVADORINI
Frank Serpico |
Da ragazzino aiutavo mio padre come lustrascarpe. Ogni giorno dovevo arrampicarmi sulle panchine per prendere un posto. Una volta si sedette una poliziotta. Era bellissima, i capelli rossi, con la divisa sembrava Dio in persona. Feci un lavoro perfetto. Ma lei se ne andò senza pagarmi, senza darmi la mancia o ringraziarmi. Ci rimasi malissimo, come si poteva fare una cosa del genere?". Frank Serpico ha 9 anni quando fa lo "sciuscià" (italianizzazione per shoe shine boy, lustrascarpe) a fianco del padre, originario di Marigliano, Napoli. Ne ha 35 quando mette in ginocchio il New York Police Department (NYPD).
Serpico è il superpoliziotto che a ogni arresto calpestava l'accordo tra polizia corrotta e crimine: "Vuoi fare quel che vuoi? Basta pagare". Si rivolge ai superiori, denuncia le connivenze. Quelli non ci sentono, alza il tiro. Niente, ogni tentativo va a vuoto. E' il 1971 quando fa nomi e cognomi al New York Times.
L'effetto è devastante: Serpico da quel momento è un bersaglio. E' solo - come ben racconta Sidney Lumet nel film capolavoro del 1973 interpretato da Al Pacino - a soli due anni dall'inchiesta della "Knapp Commission", istituita dopo che la vicenda era venuta fuori. Un intervento incisivo, quello della commissione, soprattutto dopo il drammatico "incidente" che quasi costò la vita a Serpico: durante un'operazione antidroga uno spacciatore gli sparò un colpo in faccia.
E' lui stesso a raccontare il seguito: "Dopo lo sparo crollai a terra. I miei colleghi rimasero a guardarmi senza fare niente, l'immagine dei loro sguardi fissi su di me è un ricordo che non passa. Se sono vivo è perché un signore portoricano che aveva assistito alla scena chiamò i soccorsi". Il proiettile entra da una guancia e si ferma a 5 millimetri da una delle arterie principali per il sistema nervoso, lasciandolo sordo da un orecchio. Poco dopo la deposizione lascia la polizia e parte per l'Europa. Per riprendersi. Tornato negli Usa negli anni ottanta oggi gira le università americane raccontando la sua esperienza e aiuta i poliziotti che denunciano la corruzione o metodi violenti.
A 'lezione' da Serpico. "E' un pezzo di storia americana", dice una ragazza venuta a sentirlo al John Jay College of Criminal Justice, a New York. L'aula magna è colma. Ci sono tre televisioni, una delegazione ufficiale della polizia turca (con equipe televisiva al seguito), studenti, poliziotti e professori.
La conferenza fa parte dell'American Whistleblower Tour: Essential Voices for Accountability. "Accountability", non la responsabilità individuale comunemente intesa ma "la capacità di rendere conto dell'azione". Quel che è poco noto, oltre al fatto che non si tratta solo di un film, è che Serpico è un "whistleblower". Alla lettera: "colui che soffia nel fischietto". Il "fischiare" rimanda all'arbitro, a qualcuno che si prende la briga di mettere uno stop a una situazione che ha passato il limite.
Siamo nel cuore della cultura protestante: chi "soffia" si affida alla forza etica della verità per far fronte alle reazioni dell'organizzazione "svergognata". E Serpico, che pure preferisce l'immagine del "lamplighter" ("colui che accende la luce del lampione"), nel senso della "luce della verità", fa fatica a credere che non esista una traduzione italiana del termine. Ma nel suo paese nativo chi "soffia" è solo un infame. Un curioso paradosso.
La platea è ipnotizzata da questo signore di 76 anni in grande forma. Indossa un gessato che contrasta con l'anello con il teschio (ricordo dei travestimenti che utilizzava per infiltrarsi), un paio di sandali e un ciondolo un po' fricchettone di quando abitava al Greenwich Village, incuriosito dal mondo hippie degli anni Sessanta.
Le prime steccate sono per il dipartimento di polizia di New York: "Vengono a trovarmi le polizie di tutto il mondo, eppure per loro sono ancora nella lista nera! Ho smesso da tempo di andare alle loro manifestazioni, ancora oggi sono dei corrotti". I frammenti di proiettile che Serpico porta in testa non sono la sola ragione della sua rabbia. Chi "fa la soffiata" viene ostracizzato, relegato in un isolamento teso a spezzarne credibilità e resistenza psicologica. Ed è proprio di lì che inizia il racconto, dai tentativi di emarginarlo.
"Sei un reietto". Racconta Serpico: "Durante il periodo della 'Commissione Knapp', una volta, mentre ero a un talk show, telefonò un poliziotto e avemmo un breve botta e risposta. Mi disse: 'Il giorno che hai testimoniato è stato il più nero nella storia del NYPD. Quella sera non sono riuscito a guardare negli occhi mia moglie e i miei figli' - 'Perché, che avevi fatto?' - 'Niente! Non ero un corrotto'. Chiesi allora: 'E perché non sei venuto anche tu a testimoniare, perché non mi hai aiutato?!'. E lui: 'A che scopo, per diventare un reietto come te?'".
Ma è solo la prima parte. Lasciata la polizia racconta della "persecuzione" da parte dell'Fbi fino in Europa. "In Svizzera mi crearono più problemi. I federali venivano al mio chalet per ripetermi: 'Te ne devi andare di qui, devi tornare in America'. Era un assillo. Ovunque andassi me li ritrovavo tra i piedi. Andai in Danimarca, dove, tra l'altro, avevo un appuntamento galante, e dovetti fare le acrobazie per evitare i loro controlli. Mi spostai in Germania, stessa storia. Fu un incubo".
Si può dire che Serpico sia il "padre spirituale" di tutti i "whistleblower" d'America. Per questo è uno degli uomini-simbolo del Government Accountability Project (Gap), l'Ong che ha organizzato il tour e che, oltre a fare pressioni sul Governo per una copertura legislativa più forte per chi "soffia nel fischietto", offre a oltre cinquemila "guardiani" tutela legale e sostegno psicologico. Soprattutto, favorisce i loro rapporti con i media. Perché se il profilo del "whistleblower" non ha sufficiente forza mediatica (o i riflettori di Hollywood, come nel caso di Serpico, in questo fortunato) l'isolamento, l'ostracismo o i tentativi di screditarlo possono diventare insostenibili.
Le studentesse che si sono volute immortalare con Serpico non sono le sole sedotte da questo settantaseienne che entra ed esce dal proprio mito con scaltrezza tutta napoletana. Ci sono anche giovani poliziotti che lo hanno preso a riferimento ideale. Dalla platea si alza un tizio robusto, è della stradale di New York: "Nei momenti duri, quelli in cui vorrei mollare, penso alla tua storia e alla tua forza. E vado avanti".
Altri giovani raccontano che la storia di Serpico è il motivo per cui sono entrati in polizia, testimonianze che l'ex superpoliziotto incontra di frequente, senza nascondere che il sostegno è reciproco.
"Sei il tuo comportamento". Alla fine della conferenza Serpico si dà con generosità. E' molto stanco, ma a ogni minimo cenno del pubblico si ferma e riprende a raccontare, prende in giro i vecchi colleghi, parla del backstage del film, di Al Pacino, fa il galante con le ammiratrici. Insomma non si tiene. E' di eccezionale simpatia, una battuta continua, a sdrammatizzare anche i passaggi più tesi. Nulla a che vedere con l'italoamericano "drammatizzato" da Lumet.
E poi, l'ultima domanda: "Insomma, come si combatte la corruzione?". Serpico si fa serio: "L'unica cosa che conta è come ti comporti. Nient'altro. Un buon poliziotto deve essere un esempio di rispetto dell'altro, solo a quel punto è credibile per la comunità. Se perdi la fiducia della comunità sei finito". Quel che diceva già 50 anni fa.
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