Colonna sonora
PER LA PRIMA STORIA : INNO NAZIONALE - LUCA CARBONI
PER LA SECONDA STORIA Creuza -de- ma Fabrizio De Andrèda http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2019/09/05/
Ferdinando Cravero, impiegato, 42 anni, vive a Roma, intristito dall’imbarbarimento del nostro tempo
"Agosto è stato il periodo delle sagre di paese per eccellenza, dalla Sicilia al Trentino si celebrano tradizioni e specialità gastronomiche locali. Così è anche per il paese di Plan (Bolzano) in Valpassiria, Sudtirolo, che il 15 agosto organizza la propria festa. Dimenticate zucchero filato, croccante e bancarelle, perché troverete un grande capannone dove viene servita birra a fiumi, e poi würstel, crauti e patate, tutto accompagnato da musiche e balli tradizionali tirolesi; una piccola Oktoberfest, che viene celebrata a ferragosto anziché a ottobre, in un comune italiano invece che a Monaco di Baviera"."Organizzazione perfetta, efficiente, se non fosse per lo scoglio linguistico: nessuno degli organizzatori parla italiano. In realtà neanche i partecipanti alla sagra, giovani o anziani che fossero, parlavano italiano, e questa condizione stupisce perché in qualsiasi paese, anche il più remoto della Sicilia o Sardegna, l'italiano è lingua conosciuta. E' anche questa l'Italia, la stessa lingua declinata in diverse sfumature, che ci fa sentire la ricchezza delle diversità del nostro paese. Non è così in Sudtirolo, l'italiano non viene insegnato a scuola o viene insegnato come seconda lingua, si costruiscono muri invece che ponti tra diverse culture dello stesso paese, non era così anni fa quando il bilinguismo era sostenuto da politici più illuminati"."Abbiamo aperto i confini all'Europa, alla moneta unica, alla libera circolazione delle merci e delle persone, abbiamo colto le opportunità di essere europei prima che italiani. Oggi viviamo un processo inverso, un imbarbarimento. ‘Prima l'Italia e gli italiani’, ‘prima l'Alto Adige’, ‘prima il Sudtirolo’, ‘prima il mio comune’, ‘prima il mio quartiere’. In un mercato sempre più globale l'Italia vuole chiudersi in sterili campanilismi, dimenticando quella che è stata la nostra storia e la nostra grandezza"."L'Italia è un ponte naturale sul Mediterraneo che unisce l'Europa all'Africa e che ha permesso l'incontro dei popoli, che ha portato conoscenza, arte e cultura. Le contaminazioni greche, islamiche, normanne, non hanno forse generato tanta bellezza nel sud Italia? Se tanta bellezza, se la conoscenza, l'arte e la cultura, sono frutto delle contaminazioni tra i popoli, mi piacerebbe sentire slogan per realizzare ponti che permettano all'umanità di incontrarsi, slogan per innalzare scale per guardare oltre i muri che i nostri politici vogliono costruire".
https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/09/05/
Sbarcato a Lampedusa nel 2011, rifugiato si laurea a Torino con tesi sui diritti umani in Darfur
Il giovane era anche stato vittima di un'aggressione razzista a Mirafiori, ora spera di frequentare il dottorato
Sbarcato a Lampedusa nel 2011 senza documenti, oggi si è laureato a Torino con una tesi sui diritti umani in Darfur, l'area dalla quale proviene e dove è stato incarcerato e privato della nazionalità, dopo la tortura e l'uccisione del padre e di sei fratelli. I suoi primi giorni nel capoluogo piemontese li ha passati dormendo nella stazione di Porta Nuova. Un anno fa era anche stato vittima di un'aggressione razzista, nel quartiere Mirafiori. Oggi vive al Collegio universitario e punta al dottorato. Ha lo status di profugo e un figlio piccolo, che ha chiamato Nelson Mandela.
Il protagonista di questa storia è Ahmed Musa, 32 anni, nato a Entkena in Sudan. E' sfuggito al carcere perché, considerato morto, è stato abbandonato in un campo dove lo hanno trovato e soccorso dei contadini. Da allora all'arrivo in Italia passano cinque anni, tre dei quali trascorsi in Libia. Prima che i miliziani filogovernativi attaccassero la sua città, si era laureato in Economia a Khartoum, dove insegnava e si era sposato con una collega, ora rifugiata in Norvegia.
"Lo studio - spiega Musa mentre attende di entrare a discutere la tesi, relatrice Valentina Pazé - è un mezzo per dimostrare che nessuno può distruggere la volontà di un altro. Con lo studio, mi hanno insegnato i miei genitori, puoi cambiare la vita tua e quella degli altri. Ecco perché ho fatto questa scelta. E' stato difficile ma qui mi trovo benissimo, sono fuggito da una guerra e ora sono una persona normale".
Il protagonista di questa storia è Ahmed Musa, 32 anni, nato a Entkena in Sudan. E' sfuggito al carcere perché, considerato morto, è stato abbandonato in un campo dove lo hanno trovato e soccorso dei contadini. Da allora all'arrivo in Italia passano cinque anni, tre dei quali trascorsi in Libia. Prima che i miliziani filogovernativi attaccassero la sua città, si era laureato in Economia a Khartoum, dove insegnava e si era sposato con una collega, ora rifugiata in Norvegia.
"Lo studio - spiega Musa mentre attende di entrare a discutere la tesi, relatrice Valentina Pazé - è un mezzo per dimostrare che nessuno può distruggere la volontà di un altro. Con lo studio, mi hanno insegnato i miei genitori, puoi cambiare la vita tua e quella degli altri. Ecco perché ho fatto questa scelta. E' stato difficile ma qui mi trovo benissimo, sono fuggito da una guerra e ora sono una persona normale".
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