invece di lamentarsi pensino che ci sono tante terre incolte che aspettano d'essere coltivate da quelle parti.e che se si vuole non si rimane senza lavoro
ottiene risposte come queste
Nessuna battuta , almeno non in questo caso , ma una verità scomoda . Chi lo dice che fare il contadino sia dequalificante . Mio padre ed mio zio sono stati mantenuti agli studi da mio nonno che prima di lavorare all'Inail faceva coso come i bisnonni , l'ortolano ed il contadino . Ed mio padre ha sempre lavorato in campagna prima di convertirsi e creare un vivaio ed un negozio di fiori . Nonostante le disgrazie e le calamità : dell'incendio del 1983 ed la nevicata del 1986
La sardegna prima delle chimere industriali della petrol chimica a Porto torres , Ottana ed macchiareddu e poi del turismo rapina con la costa smeralda e porto rotondo e la deturpazione delle coste , con le basi ed i poligoni militari ed ora con il mater olbia ha sempre vissuto di pastorizia ed agricoltura . Ora che i modelli imposti , alcuni morti e falliti ,diventati cattedrali nel deserto o quasi ( le industrie ) o proprietà privata o di rapina ( la speculazione delle coste ) o d'avvelenamento ( i poligoni e le basi militari ) ed ora la privatizzazione della sanità a scapito di quella pubblica con il mater olbia . Penso che l'unica soluzione sia il ritorno ala terra .
Ed peer questo che riporto questa storia tratta dalla nuova sardegna del 18\9\2019 magari può essere da spunto per i giovani che vi lavoravano o le loro famiglie a non vivere solo di sussidi \ reddito di cittadinanza e magari riuscire a trasformare \ riconvertire con la creazione di una cooperativa \ consorzio l'industria delle armi in un industria di conserve o altro legata ai prodotti del territorio
Da cuoco a ortolano bio: la nuova vita di Antonio Santa Teresa, dopo anni dietro i fornelli della rosticceria si è dedicato alla terra. Con il suo negozietto trainato da un trattore vende i prodotti nelle vicine frazioni di Walkiria Baldinelli
SANTA TERESA. Ortolano per scelta. Antonio Occhioni, 56 anni, da un lustro ha cambiato vita: tolto il cappello da cuoco che indossava nella sua rosticceria, ha deciso di dedicarsi alla terra. E in un ettaro di terreno coltiva prodotti genuini e biologici. Durante la settimana, con il suo casottino realizzato su un carrello trainato da un trattore – entrambi furono fabbricati nel 1968 – , fa la spola tra il suo orto a Porto Pozzo in cui abita, e la vicina frazione di San Pasquale. Una filiera corta apprezzata da residenti, visitatori e turisti, soprattutto nel periodo estivo. Il suo “negozio” ambulante non passa inosservato e per molti è diventato un'attrazione: immancabili i selfie scattati per ricordare le vacanze in terra gallurese o davanti alle cassette della verdura. Sul trattore c'è un via vai di bambini, quasi tutti raccontano di non esserci mai saliti. C'è anche chi tiene in mano un modellino di questo mezzo agricolo e chiede di potersi sedere su questo di colore arancio parcheggiato in uno spiazzo che costeggia via Nazionale, la statale che taglia in due il paese di Porto Pozzo. Oltre a essere fonte di attrazione è diventato anche un “dissuasore” naturale di velocità per gli automobilisti che di solito sfrecciano lungo questa arteria di collegamento. Alla vista della colorata casetta delle verdure su ruote, rallentano la loro corsa. «Ho scelto un mestiere che mi fa sentire libero – spiega Antonio –. Amo la vita di campagna, ho un ettaro di terreno che coltivo da almeno dieci anni, con una guardiana d'eccezione: Nuvola, la mia cagnolina. Lavoro all'aria aperta, dalla produzione alla vendita ambulante, senza sosta. Sono sempre stato a contatto con i clienti, sino al 2015 avevo una rosticceria. Nelle ore di chiusura ogni giorno mi recavo nel mio paradiso agricolo, dove coltivavo uno dei miei sogni più grandi: diventare ortolano». Una passione nata con Antonio, a cui però non aveva mai dato seguito. «Eppure già a otto anni volevo fare questo mestiere. Un lavoro duro e difficile, ma ricco di soddisfazioni. Basta stringere le mani delle persone affezionate ai miei prodotti. Arrivano a Porto Pozzo o a San Pasquale da ogni parte della Gallura per fare acquisti».
Dopo aver rimesso a nuovo il trattore e il carrello immatricolati 51 anni fa, ora Antonio sta studiando il modo di poter usare anche durante la stagione invernale inverno il suo negozietto ambulante. E di aggiungere un’altra tappa al suo mercatino: Santa Teresa. «Cinque anni fa sono stato uno dei primi ortolani a chiedere la licenza per il commercio itinerante – racconta con orgoglio –. Ma posso vendere direttamente anche dove ho l’orto». Nelle cassette di legno c'è la verdura di stagione: patate, pomodori, zucchine, melanzane, fagioli, aglio e cipolla. Appesi alle pareti gli oggetti simbolo del suo percorso da ortolano. «Vecchi cestini impagliati o di pelle, con disegni raffiguranti i costumi tradizionali
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