...DI PASSAGGIO Un ricordo di Franco Battiato © Daniela Tuscano

 


Ognuno è legato ad almeno un brano di Franco Battiato. Nella mia compilation ideale, #vogliovedertidanzare occupa un posto d'onore. Non è la mia canzone preferita, non è neppure la migliore, è uscita nel periodo più insidioso per un artista: quello successivo all'affermazione. Il momento in cui le case discografiche non lasciano tregua, esigono l'album piacione, che quasi sempre risulta la brutta copia dell'originale. Fase tanto più delicata per Franco, nato impopolare, guizzante e anarchico, soprattutto remoto: non si capiva mai da dove venisse, ma tutti sapevano che era qui #dipassaggio, come titola un'altra e più matura creazione. "Voglio vederti danzare" chiude un

disco non sempre felice ma, nella sua melodia inconfondibile, preludio - o eco, a seconda delle angolazioni - del Battiato più autentico, di quel suo libertarismo filosofico - spirituale, mentale - che lo portava sul palcoscenico di #ReNudo e al Teatro Greco di #Segesta, a posare travestito per una marca di divani e a esibirsi davanti a #giovannipaoloii . In tutti questi mondi Battiato entrava con la disinvoltura del ballerino, salutava e andava, ignoto come il dio dell'areopago. Poeta del fallimento, non della rivelazione; spirituale e antireligioso, Trinacria e Sibari, sufismo e teutoni, #lacura e #stranigiorni . Lo percepiamo sincero quando, in pieno deserto, confida all'amico beduino d'esser venuto "a fermare la latinizzazione della lingua araba"; perché non è una posa, perché c'è stata un'Europa che dialogava coi maomettani e lui lo sapeva. Gli si perdonavano le cadute - sempre leggere, attutite - perché era già altrove, di passaggio come tutti noi. Solo che Battiato, nel suo mistico nichilismo, l'aveva realmente compreso; altri s'aggrappano invano a minuscole deità.

© Daniela Tuscano

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