Cesare Lombroso vita e pensiero del fondatore della criminologia-

 

Cesare Lombroso

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Marco Ezechia Lombroso
, detto Cesare (Verona, 6 novembre 1835Torino, 19 ottobre 1909), è stato un medico, antropologo, filosofo, giurista, criminologo e accademico italiano, da taluni studiosi definito
come padre della moderna criminologia.[1] Esponente del positivismo, è stato uno dei pionieri degli studi sulla criminalità, e fondatore dell'antropologia criminale. Il suo lavoro è stato fortemente influenzato dalla Compiuti gli studi universitari a Pavia, Padova e Vienna, partecipò come medico
militare alla campagna contro il brigantaggio successiva all'unificazione italiana. Incaricato di Clinica psichiatrica e di Antropologia a Pavia, svolse ricerche sul cretinismo e sulla pellagra. Fu poi direttore del manicomio di Pesaro e ordinario di medicina legale nel carcere di Torino, dove studiò i detenuti e i loro cadaveri per convalidare le sue teorie sull'uomo delinquente. fisiognomica, dal darwinismo sociale e
dalla frenologia.Dopo il 1870, data assunta come inizio del "periodo pesarese", e dopo gli studi condotti

sulla pellagra, il Lombroso si concentrò più propriamente sullo studio dell'antropologia, dei pazzi e dei criminali, giacché in questi gli sembrava di rinvenire maggiormente le stigmate del primitivismo. Il primo caso che si trovò ad esaminare fu quello del brigante Giuseppe Villella, settantenne, datosi alla macchia sui monti. L'autopsia del Villella, probabilmente una di quelle che più s'impressero nella mente del Lombroso, evidenziò alla base del cranio la fusione congenita della parte corrispondente dell'occipite con l'atlante, ed altre caratteristiche anomale, quali ad esempio la mancanza della cresta occipitale interna, la deformazione della cresta mediana ed altre deformazioni delle ossa craniche, che spinsero il Lombroso a considerare che quelle peculiari caratteristiche ossee avessero avuto una certa qual influenza sull'attività del cervelletto; la probabilità dell'eziologia di queste anomalie poteva essere imputata ad un arresto allo stato fetale nello sviluppo del cervello, considerazione evidentemente embriogenetica che mise il Lombroso sulla strada che accostava l'analisi evoluzionistica alla medicina legale applicata alle patologie, attraverso un iniziale confronto con i primati.Trovare negli uomini la fossa mediana, di norma presente solo in primati e gorilla, suscitava l'ipotesi che fosse presente un nesso tra l'evoluzione naturale della specie ed i comportamenti del singolo all'interno del contesto sociale. Un primo accenno di ricerca in questo senso si può ricondurre all'anno 1869, quando studiosi inglesi avevano riscontrata la capacità cranica dei delinquenti minore di quella dei pazzi, ed anno in cui il Golgi stesso studiava le relazioni eziologiche tra delitto e pazzia. Fu così che nacque la convinzione atavica, avallata da un secondo caso, quello del contadino Vincenzo Verzeni, omicida ed antropofago, che presentava caratteri atavici o d'involuzione, vale a dire di mancata evoluzione, che, secondo il Lombroso, avrebbero, in una certa qual misura, motivato le manifestazioni anomale della sua condotta, derivanti, indipendentemente dall'atto di scelta volontaria e cosciente, direttamente da deviazioni della struttura fisica. Il problema che si presentò al Lombroso fu quindi quello di ridefinire alla luce di queste intuizioni e teorie il problema del delitto in termini di libero arbitrio e di responsabilità, ovvero di educazione, o addirittura di terapia. Le parole del Lombroso sono al riguardo vistosamente influenzate da un determinismo assoluto, derivante dal procedere delle indagini, preminentemente sperimentali, intrecciate con studi psichiatrici sia sulla pazzia sia sul cretinismo in genere, da cui prenderà corpo la "teoria dell'uomo delinquente".Genio e follia furono due elementi che il Lombroso associava.[33] All'inizio l'opera di Lombroso dovette combattere per sradicare i pregiudizi morali relativi alla delinquenza, ormai ben radicati nel substrato sociale. La maggior parte dei contemporanei continuava a considerare i delinquenti unicamente colpevoli, reputando irrilevanti gli studi di Lombroso. Nonostante ciò la teoria dell'equivalenza epilettica del delitto (o meglio, della sua componente epilettica) guadagnava terreno, benché proclamata relativamente tardi (ma già individuabile in testi quali Genio e Follia e Du démon de Socrate, 1836, del francese Lélut). L'interesse per il genio derivava anche da concezioni residue di stampo illuminista relativamente ad un'immagine della storia come "catastrofica" (nel senso greco di catastrophè), caratterizzata da subitanei rivolgimenti dovuti a cause naturali o individuali (cioè i genii), teoria avallata dall'evoluzionismo emergente contemporaneo al Lombroso, che tendeva a considerare a tal proposito i geni come una certa qual sottospecie di eroi.In una pubblicazione di Lombroso al riguardo, Sulle malattie proprie degli uomini dati ai lavori intellettuali, è concepito il legame tra genio e follia, che aveva collegato a questi due fattori anche peculiarità fisiche riscontrate dal Lombroso nei pazzi. Nei vari manicomi in cui condusse le sue analisi, il Lombroso, oltre a trovare le tare ed i difetti, le anomalie individuali, aveva trovato anche lampi di genialità e passione, coltivando ipotesi che per certi versi lo allontanavano un po' dalla teoria epilettica. Era stato molto colpito dalle idee dei pazzi, dai loro lavori ingegnosi e dai loro calcoli prodigiosi, continuando sulla strada secondo cui tra i pazzi abbonderebbero i fondatori di religioni e partiti come, ad esempio, Lutero, Savonarola e Giovanna d'Arco. Le distrazioni dei genii erano ritenute dal Lombroso come momenti di assenza epilettica, così come le loro visioni notturne (in Dostoevskij, Maupassant, Musset), le malinconie (Voltaire, Molière, Chopin, Giusti), i tentativi di suicidio (Rousseau, Cavour, Chateaubriand), le megalomanie (Maometto, Colombo, Savonarola, Giordano Bruno), la timidezza (Leopardi), l'amore infantilistico (Dante, Alfieri, Byron).Fisicamente il Lombroso asseriva la predominanza tra i geni di caratteristiche quali il pallore, la magrezza o l'obesità, l'essere rachitici, sterili o celibi, di cervelli per la maggior parte di volume superiore alla media e con deformità (come le suture anormali nel cranio di Volta); esistevano poi anche casi in cui i genii erano totalmente ed irreversibilmente pazzi, non soltanto in alcuni momenti o in manifestazioni latenti, si vedano gli esempi di Tasso, Gogol, Ampère, Kant e Beethoven. Tuttavia, insieme a queste analisi caratteriali, il Lombroso sosteneva anche alcune teorie più opinabili, come ad esempio quella che le grandi variazioni barometriche e la canicola influenzerebbero la pazzia e le grandi scoperte o le osservazioni più acute (adducendo come esempi i casi di Malpighi e Galvani).Dal 1876 divulgò la propria teoria antropologica della delinquenza nelle cinque successive edizioni de L'uomo delinquente, che successivamente espanse in un'opera in più volumi. Tra i massimi studiosi di fisiognomica, Lombroso misurò la forma e la dimensione dei cranii di molti briganti uccisi e portati dal Meridione d'Italia in Piemonte, concludendone che i tratti atavici presenti riportavano indietro all'uomo primitivo. In effetti, quella che sviluppò fu una nuova pseudoscienza che si occupava di frenologia forense. Egli dedusse che i criminali portavano tratti anti-sociali dalla nascita, per via ereditaria, cosa che oggi si considera del tutto infondata. Da notare che Lombroso aveva sviluppato la teoria dell'atavismo un anno prima della pubblicazione de L'origine delle specie di Darwin (1859).Di fatto il suo lavoro nella prima metà del XX secolo venne strumentalizzato nel contesto dell'eugenetica e da certe forme di "razzismo scientifico". Lombroso sostenne sempre con forza la necessità dell'inserimento della pena capitale all'interno dell'ordinamento italiano. Riteneva infatti che se il criminale era tale per la sua conformazione fisica, non fosse possibile alcuna forma di riabilitazione, individuando in tal modo l'obiettivo cui il sistema penale doveva tendere per la sicurezza della società.Sono da menzionare anche le analisi compiute dal Lombroso riguardo alle patologie femminili, completando il richiamo all'evoluzione, nell'affermazione che la donna avrebbe minori "stigmate degenerative", perché le sue caratteristiche psichiche e fisiche tendono a variare in misura minore che negli individui maschi. La minore frequenza del tipo criminale della criminalità-nata nel soggetto femminile non era tuttavia abbastanza per impedire la creazione di un'immagine poco morale della donna. Accanto alle constatazioni più propriamente fisiologiche questa volta si trovarono a confronto anche fatti e credenze di costume sociale: ad esempio il fatto che l'equivalente femminile degli atavismi maschili potessero essere più che il delitto, azioni quali la prostituzione, parallelo femminile del furto nell'uomo. Così il passo dai problemi fisio-antropologici a quelli sociali ed etici era molto breve e potrà aiutarci nella riflessione il considerare la posizione del Lombroso: preminentemente scienziato, incline all'emancipazione femminile nel combattere le coercizioni crudeli di sempre che accrescevano la condizione di sottomissione della donna.L'analisi partiva, statisticamente, dal rapporto di ciascun campione con una tipologia di donna definita "normale" (come gli scarti dei valori statistici dalla media aritmetica). L'anatomia e la biologia della donna erano strumenti di conferma della sua inferiorità di statura e peso dopo la pubertà, rispetto al maschio; molteplici furono le osservazioni sui vari organi, sul sangue e sul suo contenuto in globuli rossi (inferiori nella donna), sul cranio e sul peso del cervello. L'analisi psicologica invece è dominata da un atteggiamento strutturalista; secondo i più la donna sopportava meglio le disgrazie, era più irritabile e sovente dominata dall'amore materno, anche indiretto. Secondo il Lombroso caratteristiche proprie del genere femminile erano il misoneismo, l'intelligenza automatica ed intuitiva, l'iracondia e la coscienza giuridica nonché la propensione "ciarliera". La definizione della degenerazione femminile e delle forme patologiche di interesse ai fini dell'opera fondava il proprio agire sulle ricerche anatomo-patologiche, considerate di maggiore utilità rispetto all'antropometria cranica; le anomalie patologiche degne di nota erano: apofisi ingrossate, bozze temporali, parietali ed occipitali molto sviluppate, fronti sfuggenti o strette, fossette occipitali, platicefalia, prognatismi, sclerosi craniche, zigomi sporgenti, ossa wormiane. Molti studi condotti sulle 'prostitute' rilevarono la presenza di patologie quali asimmetria cranica, troncocefalia, idrocefalia e soprattutto altre anomalie del cranio e dei denti.Le criminali-nate erano, secondo il Lombroso, in minor numero ma spesso di maggior efferatezza dei criminali-nati(maschi), alcuni elementi poco presenti nell'eziologia dei delitti maschili (ad esempio la premeditazione) sarebbero invece presenti in modo evidente nei gesti scellerati delle donne, portando alla predominanza del delitto passionale egoistico e del suicidio. Quantunque da un'attenta osservazione dei dati statistici rilevati possano sembrare affrettate, le conclusioni del Lombroso su questo tema vanno tenute comunque in considerazione, se non altro per il fatto che hanno dato inizio all'analisi di queste tematiche (ponendo l'accento anche sull'aspetto più biologicamente sessuale) in un periodo in cui questa classe di problemi incominciava appena ad eÈ innegabile il ruolo preminente occupato, almeno all'inizio, dal fattore antropologico nell'elaborazione della metodologia del Lombroso. Occorre inoltre considerare il contesto all'interno del quale si è sviluppata tutta la sua teoria, vale a dire quello positivistico, che promulgava la predominanza dell'intelletto e della ragione, della misurabilità e dell'approccio scientifico come l'unico dotato di innegabile realismo e veridicità in opposizione a tutto ciò che lo aveva preceduto. In questo ambito risultano giustificati gli interessi del Lombroso per materie quali la razziologia, l'antropometria, l'etnologia e la morfologia umana, tutte materie, tra l'altro, riconducibili al più vasto ambito dell'antropologia generale, che essa stessa, sotto influenza positivistica, vede accentuata la sua connotazione biologica e somatica, rispetto a quella filosofica e culturale, in realtà parimenti importante. ssere considerata scientificamente dal punto di vista medico ed anatomo-fisiologico.Presso l'Università degli Studi di Torino è attivo dal 1876 un Museo di antropologia criminale da lui stesso fondato[19].Il museo contiene 684 crani e 27 resti scheletrici umani, 183 cervelli umani, 58 crani e 48 resti scheletrici animali, 502 corpi di reato utilizzati per compiere delitti più o meno cruenti, 42 ferri di contenzione, un centinaio di maschere mortuarie, 175 manufatti e 475 disegni di alienati, migliaia di fotografie di criminali, folli e prostitute, folcloristici abiti di briganti, persino tre modelli di piante carnivore. C'è anche lo scheletro di Lombroso, che egli, spegnendosi un secolo fa, volle lasciare alla scienza, così come il suo volto conservato sotto formalina (non esposto).Il Museo nacque come raccolta di oggetti che Lombroso aveva accumulato lungo il corso di tutta la sua vita, custodendoli in un primo tempo nello spazio privato della propria abitazione. Non esistono quindi criteri selettivi espliciti e prestabiliti, ma solamente il tentativo di mettere del materiale insieme, preliminare alla collezione. La figlia Gina, nella biografia del padre, descrive bene questa attitudine: “Lombroso era un raccoglitore nato – mentre camminava, mentre parlava, mentre discorreva; in città, in campagna, nei tribunali, in carcere, in viaggio, stava sempre osservando qualcosa che nessuno vedeva, raccogliendo così o comperando un cumulo di curiosità, di cui lì per lì nessuno, e neanche egli stesso, qualche volta avrebbe saputo dire il valore”[20].l pensiero di Lombroso si può riassumere genericamente in una sua famosa frase: «...il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell'umanità primitiva e degli animali inferiori». La teoria di Lombroso ha senz'altro avuto meriti e demeriti dal punto di vista storico, infatti egli è stato definito come «...un uomo di genio a cui mancò il talento»[37]. Alcune critiche che gli possono essere mosse sono le seguenti:

  • Lombroso in linea di principio voleva reclamare il primato dell'antropologia criminale sul diritto penale, salvo poi dover ammettere di doversi piegare alle leggi dello Stato; infatti l'esistenza di un'attitudine alla delinquenza non era verificabile a priori, ma si poteva constatare solo dopo la commissione del reato.
  • A Lombroso si può imputare l'accusa di cripto-abolizionismo, infatti voleva rifondare l'esperienza penale su basi scientifiche.
  • L'antropologia criminale è una scienza empirica e quindi si basa su un sistema di ipotesi, ma Lombroso tentò di dar loro oggettività senza dimostrarle adeguatamente.
  • La teoria dell'uomo delinquente fu formulata anche a scopo ideologico. Lombroso voleva inserirsi nel dibattito politico di quegli anni per aiutare, con il supporto della scienza, l'Italia postunitaria sul fronte del controllo sociale, e risolvere una volta per tutte il fenomeno della questione meridionale e del brigantaggio postunitario. Questa impostazione gli attirò severe critiche da parte di noti intellettuali dell'epoca. Nonostante le sue radici socialiste, fu aspramente criticato da Napoleone Colajanni, che raccolse in un libro i suoi biasimi[38], e da Antonio Gramsci, che nel 1926 scrisse: “È noto quale ideologia sia stata diffusa in forma capillare dai propagandisti della borghesia nelle classi settentrionali: il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce i più rapidi progressi allo sviluppo civile dell'Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale”. Lombroso non è esplicitamente nominato, ma si intuisce chiaramente il riferimento alla sua persona[39]. Anche Lev Nikolaevic Tolstoj (che in base alla bruttezza lui aveva classificato «di aspetto cretinoso o degenerato») arrivò a definirlo come un «vecchietto ingenuo e limitato»[40].
  • L'impostazione scientifica lombrosiana è da alcuni ritenuta la base delle teorie razziste del fascismo e del nazismo[41], nonché della legittimazione della pena di morte. «Non era personalmente un razzista […]. Ma come fondatore dell'antropologia criminale e fautore di quella corrente della psicologia che assumeva le caratteristiche fisiche come indizi esterni delle condizioni mentali egli ebbe un'influenza decisiva sul pensiero razziale da lui personalmente avversato.

In ogni caso, questo personaggio fa innegabilmente parte della storia della criminologia; i suoi meriti sono stati soprattutto l’aver stimolato lo studio del fenomeno criminale e l’aver tentato di indagarlo in modo sistematico.

Daniela Bionda

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