Lea Schiavi torna a casa: la reporter antifascista celebrata finalmente in patria

finalmente Martedì verrà ricordata ufficialmente, per la prima volta in Italia, da un Ordine dei
giornalisti, quello del Piemonte, grazie anche al libro- inchiesta "Il caso Lea Schiavi" che ho scritto su di lei.
Un altro avvenimentoi dopo l'iniziativa fatta Il 25 Aprile 2021 l'amministrazione comunale di  
Borgosesia, sua città natale, guidata dal Sindaco Paolo Tiramani le intitola i Giardini Pubblici.L'evento fu ripreso dai media nazionali, riportando in luce nel capoluogo valsesiano la figura della giovane reporter antifascista, evento a cui partecipano i famigliari.Infatti la sua storia è una storia particvolare scomoda ed indigesta . sintesi eccola .

Da  repubbblica  del 

ritorna a casa perché Lea, nata a Borgosesia il 2 marzo del 1907, era una brava e affascinante giornalista antifascista. Il suo omicidio fu opera di sicari curdi, su ordine verosimilmente del servizio segreto militare ( il Sim) dell’Italia fascista, allarmato dall’attività antifascista svolta da Lea in Iran.

Lea                                                       con alcuni colleghi
 
Per quasi un secolo, però, Lea non è mai stata celebrata nel nostro Paese, né dalle associazioni della Resistenza, né da quelle dei giornalisti e delle donne. Negli Stati Uniti invece, al Freedom Forum Journalists Memorial di Arlington, che ricorda i reporter caduti in guerra, come scrisse Ellen Nakashima sul Washington Post, il 22 maggio del 1996, “la prima giornalista donna elencata è Lea Burdett”.
Nel suo libro Novelli [    foto  a  sinistra   ]  ripercorre la storia di Lea Schiavi, piemontese di 
Borgosesia, prima reporter di guerra donna
Lea, che nel 1940 a Sofia si era sposata con il corrispondente della Cbs Winston Burdett, è stata dunque dimenticata, rimossa dalla memoria nazionale
. Uno dei probabili mandanti del suo assassinio, il generale dei carabinieri Ugo Luca, lo stesso implicato nella morte del bandito Salvatore Giuliano, fu prosciolto in istruttoria nel dopoguerra senza neppure essere stato interrogato. Luca, inoltre, è presente negli elenchi dei combattenti della Resistenza, anche se fino al settembre del 1943 era stato un pezzo grosso dello spionaggio di Mussolini.

Lea con lo scrittore Guelfo Civinini (a sinistra)
 
Il delitto Schiavi assomiglia a quello dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, fatti uccidere da sicari su ordine del servizio segreto fascista, il solito Sim. Come accadde per la morte di Lea, i mandanti dell’omicidio dei Rosselli vennero assolti, questa volta per insufficienza di prove. Si mise una pietra tombale sopra, insomma. I morti seppellirono i morti; i vivi, anche quelli con le mani sporche di sangue, fecero carriera.
Massimo Novelli, nato a Torino nel 1955, per oltre vent’anni giornalista e inviato di Repubblica, è autore di numerosi saggi

Chi era Lea Schiavi? Una giovane donna che amava la vita, l’avventura, il cinema, il giornalismo: lavorò per l’Impero di Roma, l’Ambrosiano di Milano, il raffinato Lidel, Cinema Illustrazione, il Milione di Cesare Zavattini, Tempo, Omnibus di Leo Longanesi. Winston Burdett scrisse nel memoriale presentato alla Regia Procura di Roma nel 1945: “Lea lasciò l’Italia per i Balcani nell’autunno 1939 per un incarico de l’Ambrosiano. L’incontrai a Bucarest nel giugno 1940 e ci siamo sposati a Sofia il mese seguente".

"Lea - continua Burdett - aveva sempre dimostrato apertamente i suoi sentimenti antifascisti, le sue idee erano ben note a tutti i colleghi italiani e parimenti alle legazioni italiane di Bucarest, Sofia, Belgrado. Le negarono il permesso di matrimonio (ci voleva il permesso del ministero Affari Esteri). Fummo espulsi successivamente da Romania, Jugoslavia, Bulgaria, in parte, e forse soprattutto, a causa dell’intervento italiano in guerra”.

Lea Schiavi divenne antifascista vivendo il fascismo sulla sua pelle, di donna, di giornalista, giorno per giorno. Nella prefazione al mio libro, Maddalena Oliva scrive: “ Sei un comunista?”, chiese Maria. “No, sono un antifascista”, rispose Robert Jordan. “Da molto tempo?”. “Da quando ho capito il fascismo”. Non “sappiamo se Lea ebbe modo di leggere Per chi suona la campana di Ernest Hemingway”, continua Oliva, “ma molto probabilmente sì. E non solo perché in vita fosse sposata con un americano, Winston Burdett, giornalista e corrispondente di guerra per la famosa Cbs. (...) Ma pure perché, per chi conobbe Lea Schiavi Burdett, il primo ricordo era sempre: ‘ Lea di se stessa diceva di essere antifascista’. Lo scrive allora George Weller, corrispondente di guerra e Premio Pulitzer, che aggiunge: ‘ È improbabile che Lea fosse comunista’. Perché? Per ‘ il suo chiassoso e allegro senso dell’umorismo’ “.
A squarciare intanto il lungo silenzio pubblico su questa gran donna è stato, rammenta Maddalena Oliva, “un giovane sindaco, Paolo Tiramani, oggi parlamentare per la Lega Nord, che ha deciso – il 25 aprile 2021 – di intitolare a Lea i giardini pubblici di piazza Martiri a Borgosesia”. Adesso tocca all’Ordine dei giornalisti del Piemonte. Il ricordo più commovente, tuttavia, data 15 maggio 1942, quando il Brooklyn Eagle, il vecchio giornale di Burdett, annunciò che la storia della morte di Lea, “newspaper correspondent”, sarebbe stata raccontata (“will be told in a dramatic form”) nel programma del Columbia Network “ They Live Forever”, “Essi vivono per sempre”, in onda alle dieci e mezza della sera della domenica.

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