italiani di serie A e italiani di Serie B

In un paese , come il nostro , che ha subito sulla sua pelle fra il 1880 -1970 i fenomeno dell'emigrazione , ed la cui costituzione e la forma repubblicana sono nate da una durissima lotta contro una dittatura ( e le sue forme di discriminazione vedi leggi anti meticciato prima e legge razziali dopo ) e da una violentissima ( non solo nel numero delle vittime ) guerra civile esiste ancora una fortissima discriminazione esiste una fortissima discriminazione accettata e tollerata dalla maggior parte del paese e per cercarla di proporla davanti all'immobilismo e chiusura parlamentare nessuno osa indire banchetti per un referendum o raccolte firme per una legge d'iniziativa popolare chela contenga . Infatti mi viene da chiedermi la stessa domanda della foto sotto riportata 
  •  dal    settimanale  Oggi
  •                                      Di ANDREA GRECO — foto di ARMANDO ROTOLETTI

  • «Studiano e crescono nel nostro Paese, non sono stranieri», dice Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia Romagna. Una nuova legge propone che, dopo 5 anni di scuola, venga data loro la cittadinanza. Passerà?

    Sono orgogliosissima». Elly Schlein , vicepresidente della regione Emilia Romagna, sceglie il superlativo assoluto per descrivere il suo stato d’animo rispetto alla decisione del comune di Bologna di dare la cittadinanza italiana onoraria ai bambini e ai ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, o che vivono in Italia e hanno completato almeno un ciclo scolastico nel nostro Paese. Una decisione, quella

    del capoluogo, che fa scuola: Faenza, Cesena, Modena e ora anche Napoli hanno deciso di seguire l’esempio. «Non è una gentile concessione. Si tratta semplicemente di riconoscere al tempo stesso un diritto e un’evidenza: questi ragazzi crescono e studiano nel nostro Paese. Nessuno li considera stranieri: non i loro compagni di classe, non gli amici, o i loro professori. Spesso sono nati qui, o sono arrivati quando avevano pochi mesi. Però per la legge non sono italiani. In questi giorni la commissione Affari Costituzionali della Camera ha adottato un testo per la riforma della cittadinanza, il cosìddetto Ius Scholae, che garantirebbe la cittadinanza a chi ha frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni. Ed è stato votato anche da Forza Italia. Sono per lo Ius Soli (prevede che chi nasce nel territorio di un certo Paese ottenga automaticamente la cittadinanza), ma questa proposta è un buon compromesso. Spero passi in fretta». La scorsa estate tutta l’Italia ha gioito per le medaglie conquistate dagli azzurri, e nessuno ha fatto caso che alcuni fossero di origine straniera. Magari anche questo ha contribuito…

    «Per i giovani non credo sia cambiato nulla. Loro hanno già assimilato questo cambiamento. Per le persone più mature è diverso. Gioire dei successi di atleti azzurri di origine straniera spero abbia fatto riflettere sull’ingiustizia dei tanti italiani che nascono e crescono qui senza la cittadinanza».

    Lei è cresciuta in Svizzera, suo padre è americano, ma gli avi erano di Leopoli. Sua madre invece è italiana. Lei ha la cittadinanza italiana, svizzera e statunitense. La sua storia influisce nelle battaglie per l’inclusione che conduce?

    «Influisce ovviamente, e soprattutto mi spinge anche a pormi degli interrogativi. Sono italiana per nascita, anche se ho passato i primi 18 anni in un altro Paese, mentre a tanti ragazze e ragazzi che li hanno passati in Italia questo è un diritto negato».

    Le ripropongo la considerazione standard dell’utente dei social: «C’è la guerra, l’inflazione, la crisi, la benzina a due euro e noi qui a perder tempo con lo ius

    ». A lei la chiosa.

    scholae

    «Per rispondere ho scritto un intero libro, si intitola La nostra parte. La verità è che diritti sociali e civili sono inscindibili, così come la lotta contro le diseguaglianze e contro i cambiamenti climatici. Transizione ecologica, politiche di inclusione, parità di genere non sono temi di cui occuparsi quando non c’è nulla di più importante in agenda, ma occasioni che dobbiamo sfruttare, per stare meglio tutti, persino economicamente. Se in Italia la percentuale di donne che lavora fosse uguale a quella di altri Paesi europei il Pil farebbe un balzo in avanti. Se imparassimo a sfruttare e far crescere le rinnovabili, evitando i veti incrociati, ora risentiremmo di meno del gas alle stelle. Il mondo sta cambiando e dobbiamo cambiare modo di pensare, se non per

    gli ideali, almeno perché conviene».

    mi citerebbe?

    Fino a ora abbiamo parlato dei temi cari a una nuova sinistra, così nuova che ha un’area che la sostiene, ma non un partito di riferimento. Però se lei dovesse salvare una frase della vecchia sinistra, quale «Mi viene in mente Antonio Gramsci e il suo “Odio gli indifferenti”. Perché da sempre, e ora di

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